Creato da La_Chambre_d_Isabeau il 10/09/2006

Quaderno a righe

scusate sto imparando a scrivere

 

 

No Family, no party

Post n°339 pubblicato il 04 Giugno 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 
Tag: satira




Ormai è sicuro: dal Family Day nascerà un Family Party, il cui compito sarà difendere i valori della famiglia tradizionale cattolica insidiati dal complotto omosessuale. Sulla cui esistenza sono stati fugati gli ultimi dubbi grazie alla diffusione, da parte di Roberto Calderoli, del "Protocollo dei Savi di Milanovendemoda", un inquietante documento nel quale i più celebri stilisti gay teorizzano il lancio della minigonna maschile, la barba finta obbligatoria per le femmine e l'instaurazione di una spietata dittatura omosessuale. La calligrafia del Protocollo, scritto a mano su carta intestata del quotidiano "La Padania", è identica a quella di Calderoli, ma i dubbi che si tratti di un falso teso a mettere in cattiva luce la comunità omosessuale sono stati fugati da una perizia effettuata dallo stesso Calderoli.
Ma vediamo come sarà strutturato il nuovo Family Party.

Il simbolo Dovrebbe essere un centrino da tavola, opera del designer bergamasco Bartolo Ostia. Bocciata la proposta della Lega Alpina Sanfedista, che voleva una valanga stilizzata che travolge una comitiva di prostitute rumene in gita: il bozzetto che prevedeva sullo sfondo anche una famiglia di stambecchi in atteggiamento esemplare (la femmina che allatta, il maschio che incorna un escursionista depravato, distinguibile per il rossetto sulle labbra) è stato ritenuto troppo complicato dalla commissione giudicante, formata da un parroco, una perpetua, un carabiniere in pensione e un cappellano militare. Deluso anche Savino Pezzotta, che aveva proposto come simbolo un'immagine di san Giuseppe sulla Milano-Brescia.

Il programma Tra i punti fermi l'abolizione del divorzio (anche retroattiva, con l'obbligo dei divorziati, compresi quelli molto anziani, di risposarsi e rifare il viaggio di nozze, partendo in auto con i barattoli appesi al paraurti), l' uso del tesoretto come sussidio statale per il pranzo di Natale e le pulizie di Pasqua, sgravi dell'Ici per chi dimostra di usare sempre le pattine in casa, diritto di voto all'embrione congelato, rinnovo della Cresima ogni cinque anni come per la patente. Bocciata la proposta di ricostituire la Santa Inquisizione, contestata dall'ala ambientalista a causa dei fumi tossici che si sprigionano dai roghi.

Omosessuali Potranno curarsi in appositi centri specializzati, con terapie a base di docce ghiacciate, recita integrale del rosario (con lo speciale rosario di Medjugorie, lungo due metri e mezzo), enormi porzioni di minestrone (pare mortifichi la libido per almeno una settimana) e infermiere scollate, con tette gigantesche, che cercano di redimerli o, in caso di rifiuto, di soffocarli nella scollatura.

Scuola Abbandono definitivo del darwinismo: i libri di testo verrano corretti, le immagini di scimmie antropomorfe sostituite da fotografie di vescovi della Cei. La scuola pubblica verrà parificata a quella privata, purché il preside sia un salesiano e adotti gli stessi programmi della celebre Riforma Calderon, varata nella Spagna del Seicento e giudicata dal family Party molto più avanzata della riforma Gentile. Crocefisso appeso in tutte le aule, ma a grandezza naturale, infisso sopra ad un piccolo Golgota costruito con terra di riporto dietro la cattedra. Negli istituti di nuova cotruzione un impianto di amplificazione riprodurrà i gemiti del Cristo morente. La tradizionale campanella di fine lezioni è sostituita da una campana di bronzo di sei tonnellate che il preside farà vibrare con un enorme batacchio, lo stesso usato per punire gli studenti.

Organigramma Il Family Party sarà retto da un direttorio maschile di 50 anziani, sul modello armonioso di comunità arcaiche come la Sacra Corona Unita o le Pro Loco delle valli bresciane: agli uomini il governo, alle donne il rigoverno.


 
 
 

... E lo chiamavano il paese del sole

Post n°338 pubblicato il 03 Giugno 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 




Un’ alba plumbea sotto la pioggia battente. Solo il segnale luminoso della sferatempo mi dice che è l’aurora.

Da quando il clima è definitivamente impazzito, noi sopravvissuti viviamo sotto una pioggia torrenziale e un cielo livido.
Ci vuole coraggio per uscire dal cubicolocasa, ma devo pur mangiare tutti i giorni e gli estratti di vegetali idroponici costano sempre più cari.
Mi copro con la mantella e mi incammino verso la fermata della metrostellare. A tenermi compagnia il ritmico pulsare delle idrovore: il cuore battente di questa città.
Ho ancora qualche minuto.
Mi soffermo davanti agli ologrammi che trasmettono le ricostruzioni fatte dai sapienti sulla vita di 5000 anni fa.
La città era immensa rispetto all’ attuale, stretta tra il mare e il vulcano. Milioni di persone che si spostavano di continuo. Tutti rinchiusi in quelle buffe scatolette di plastica e metallo. Strade piccole che si insinuavano fin dentro le case. Un costante ed incessante rumore di fondo che costringeva le persone a parlare due ottave sopra il tono normale. L’ arroganza e l’ inciviltà che serpeggiavano ovunque: la legge del più forte o forse solo del più furbo.
E il vulcano che guardava tutto quell’agitarsi con occhio distaccato. Imperturbabile.
Sono solo alla fermata della metro. Ovunque la muffa la fa da padrona. Il silenzio è rotto soltanto dall’ incessante martellare della pioggia. Mi sento molle e bagnato, come tutti i superstiti. Se continuerà così, le mutazioni genetiche inizieranno a diventare più evidenti. Per ora riesco a nascondere le minuscole branchie sotto ai capelli. Hanno cominciato a svilupparsi da oltre un centinaio d’ anni, da quando la percentuale di H2O nell’ aria si è fatta così elevata.
L’ altoparlante computerizzato annuncia: R2 direzione Nord è in arrivo. Allontanarsi dalla linea gialla.
Il mezzo è quasi deserto. Solo pochi fantasmi incappucciati, i pochi rimasti. Prendo posto e mi preparo alla spinta dell’ accelerazione.
Inforco gli occhiali polarizzati. Una frazione di secondo e sono oltre la cupa cappa di nuvole. La fitta agli occhi è atroce. Come tutte le mattine il sole mi acceca. Mi chiedo come facessero a sopportare quel dolore.
Pochi istanti e comincia la decelerazione.
Qui, ai piedi del ghiacciaio, il clima non è cambiato di molto. La nebbia è sempre fitta e piove.
Scendo e mi avvio verso il lavoro.







 
 
 

Arrevuoto

Post n°337 pubblicato il 02 Giugno 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 

Arrevuoto – espressione napoletana che traduce, in senso lato, il concetto di rivoltare, mettere sotto sopra, scuotere dalle fondamenta – è un progetto triennale di teatro rivolto ai giovani e agli adolescenti del quartiere Scampia e del centro storico di Napoli. Ne sono protagonisti, da Scampia, studenti provenienti dalla Scuola Media Carlo Levi, dal Liceo Elsa Morante e ragazzi rom del Gruppo chi rom e…chi no e, dal centro storico, studenti del Liceo Classico Genovesi.
Le attività hanno avuto inizio nell’ottobre del 2005, con un calendario di incontri, dibattiti e approfondimenti che hanno portato alla definizione di un compatto gruppo di 70 adolescenti-attori e di uno staff di guide, di collaboratori e tecnici.
Oggetto della prima edizione del programma sono stati il laboratorio, l’adattamento e l’allestimento dello spettacolo Pace! da Aristofane, su drammaturgia e regia di Marco Martinelli. Lo spettacolo, con i suoi 70 giovani interpreti, è stato presentato il 21 aprile del 2006 presso l’Auditorium di Viale della Resistenza, varando contemporaneamente l’apertura dell’unica sala teatrale e di spettacolo del quartiere.
Il successo della rappresentazione, la forza del suo impatto sul pubblico, gli operatori e la stampa presenti, si sono ripetuti alla successiva rappresentazione del 24 aprile al Teatro Mercadante a Napoli, e a quella memorabile del 30 maggio al Teatro Argentina di Roma.
Lo scorso febbraio il progetto ha ricevuto il Premio Speciale UBU 2006 con la seguente motivazione: “Per la valenza sociale, pedagogica e umana del progetto, condotto in un contesto sociale particolarmente difficile, e per la forza espressiva dei suoi esiti scenici.”
Con alle spalle questi risultati, dal mese di ottobre 2006 è iniziato all’Auditorium di Scampia il secondo movimento del progetto Arrevuoto, ai cui protagonisti della prima edizione – quasi tutti riconfermati – se ne sono aggiunti di nuovi, portando a oltre 90 il gruppo dei partecipanti.
Quest’anno Arrevuoto ha per tema una riscrittura-riadattamento di un testo di Alfred Jarry, Ubu sotto tiro, su regia di Marco Martinelli.
Il regista, presentando il lavoro, ha dichiarato: “Questa riscrittura di Ubu sotto tiro vede protagonisti un coro di pulcinelli dei nostri tempi, abituati ai rifiuti tossici e all’immondizia, inguainati in una bianca tuta da disinfestazione che alla fine del prologo si liberano dal bozzolo e svelano gli abiti multicolori della favola “polacca”.
La prima rappresentazione dello spettacolo si è tenuta sabato 31 marzo 2007 al Teatro Auditorium di Scampia alle 21.00, con una replica il 1 aprile sempre alle 21.00. Mercoledì 4 alle 18.00 e giovedì 5 alle 21.00 lo spettacolo è andato in scena al Teatro Mercadante di Napoli.
“Con Arrevuoto, - ha scritto Roberta Carlotto, attuale Direttore del Teatro Mercadante - quest’anno come in quello precedente, si è stati capaci di costruire un gruppo molto trasversale, sia sul piano sociale che su quello delle competenze, facendo tesoro proprio della eterogeneità che costituisce la realtà di Napoli come di nessun altro luogo in Italia. E’ questo secondo me un metodo di lavoro che potrebbe indicare una strada per avvicinare il teatro alla società e viceversa, senza derogare dalla propria sensibilità artistica ma stabilendo un rapporto con la vita più reale”.

La critica

“Un miracolo è avvenuto di nuovo a Scampia. Arrevuoto, un progetto teatrale presentato dal Teatro Mercadante di Napoli, quest’anno vede il suo secondo movimento, Ubu sotto tiro, una riscrittura da Alfred Jarry. […] Gli attori, un centinaio,  non sono solo ragazzi di periferia che invece di spacciare e sparare recitano, non è un diversivo, non è una recita di fine anno, ma quanto di meglio il teatro italiano abbia prodotto negli ultimi anni. Le loro scelte future, la loro situazione o il quartiere in cui sono nati divengono carburante ai loro talenti, forze per credere che la loro arte non è un mestiere da dame, né un divertimento da ricchi. Non c’è l’idea di recupero. Neanche un momento. Ma c’è la voglia di fare ciò che si vuole e nel migliore dei modi come forma di ribellione ad un luogo dove tutto sembra già deciso”. (Roberto Saviano, la Repubblica, 2 aprile 2007)

“L’anno scorso fu «Pace!» tratto da Aristofane, e il discorso verteva sulla follia della guerra. Ora, con «Ubu sotto tiro», nel mirino c’è il Potere, con le sue insanie e le sue cupidigie, messo in farsa, in burletta attraverso la vena dirompente di Alfred Jarry. E forse non ci poteva essere scelta più adeguata per il secondo movimento di «Arrevuoto». […]Il gioco corre veloce. Corone di cartone e spade di legno per Ubu, per le sue guerre, per la sua sete di potere, fra crudeli balzelli e stragi di popoli. Spettacolo collettivo, definito con un lungo lavoro di laboratorio, i giovani attori hanno contribuito alla scrittura scenica mettendo in scena se stessi, il loro vissuto, con istintiva capacità istrionica e con il linguaggio del proprio gergo quotidiano, anche il più duro. Una festa, con i ritmi dell’hip hop, della disco music, della taranta. Ma anche con l’aspra canzone finale: «Nui simme fantasme, simme ‘na massa di guarrattelle cecate, aizamme ’e cape nostre d’ ’o palcoscenico, spannimmo ’a scienza nostra ’nfaccia ’o popolo». Contro tutti gli Ubu che ci sono nel mondo, e dalle parti nostre. Una favola per la loro speranza, che non vuol essere utopia”. (Franco De Ciuceis, Il mattino, 3 aprile 2007)

“La creatura tragicomica, padre di ogni avanguardia del novecento diviene ora a Napoli, Ubu sotto tiro. […] Procede pieno di invenzioni lo spettacolo, sullo scheletro della struttura originale, ma sul corpo scattante dei ragazzi, che si passano i ruoli come le battute. Ogni esplosione di musica e ogni rombo di protesta mostra breakers e hip hop di forza naturale, talenti già pronti per la scena, comici dai tempi già rodati. […] Veloce nelle mmagini e nel ritmo, Ubu sotto tiro mette sotto tiro davvero modi di vivere e mentalità. Ma nel frattempo scopre una consapevolezza molto lucida, e una forza rabbiosa, in quegli attori. Che vogliono cambiare non tanto il mondo […] quanto almeno la loro vita e la loro città. Si resta ammirati e forzatamente coinvolti. Per una volta, uno spettacolo prende il valore di un impegno, o di un patto, che dalla sala sembra estendersi al quartiere emblema, a un modo di giocarsi e vivere la propria vita. (Gianfranco Capitta, il manifesto, 4 aprile 2007).

“A gennaio andò via lanciando un appello alle istituzioni: «Il futuro sono i giovani», disse. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ieri è tornato a Napoli in visita privata e ha ripreso il suo dialogo con la città ripartendo dai giovani. Quelli di Scampia, della periferia degradata e alla ribalta delle cronache per fatti di sangue, che hanno messo in scena al Mercadante «Arrevuoto»: cento attori sul palco travestiti da Pulcinella per dire che un destino diverso e migliore è possibile anche per chi vive a Scampia. «Attendiamo con grande interesse di vedere lo spettacolo», ha detto il Presidente all’ingresso del teatro, mentre la folla lo salutava con affetto. «Ho letto molte cose positive su questo lavoro, e mi pare che abbia rappresentato un contributo importante per alimentare un clima di fiducia in città. Questa è la cosa che più conta: un clima di fiducia che viene dai giovani dei quartieri a rischio». […] Il capo dello Stato e la signora Clio si sono seduti in quinta fila, al loro fianco i parenti dei giovani attori oltre le autorità. Alla fine è apparso compiaciuto e soddifatto dal vigore, della forza e della speranza che lo spettacolo infonde. Una reattività che il capo dello Stato ha apprezzato molto. «Napolitano è il migliore spot per la città» ha detto la Iervolino. «Attraverso la sua presenza - continua - l’Italia si accorgerà della ricchezza artistica e civile dei ragazzi di Scampia». Il governatore Antonio Bassolino è sulla stessa lunghezza d’onda: «È la Napoli che non si piange addosso - scrive nel proprio blog Bassolino in riferimento allo spettacolo - ma che con determinazione e grande passione va avanti e si inventa il futuro. È bello condividere questa passione con il nostro Presidente ancora una volta vicino alla Napoli che ama di più, quella che reagisce, intelligente, creativa e coinvolgente». (Luigi Roano, Il mattino, 6 aprile 2007)

“Lo spettacolo nello spettacolo arriva a sipario calato: quando tutti i giovanissimi attori di «Arrevuoto», capitanati da Pulcinella, circondano Giorgio Napolitano e la signora Clio e gli tingono la faccia di nerofumo. Trucco scenico per il capo dello Stato che esclama: «Bellissimo, mi avete fatto la festa». Lo stesso trattamento affettuoso sarà riservato al sindaco Iervolino e al presidente della Regione Bassolino”. (Giuseppe Crimaldi, Il mattino, 6 aprile 2007).

“Dopo essersi ispirato nella precedente proposta alla Pace di Aristofane, stavolta Martinelli ha attinto all’Ubu re di Jarry, opera in sé profondamente anarchica, eversiva, irriguardosa. Si trattava di un Ubu variopinto, corale, aperto dall’irruzione di decine di pulcinella e vertiginosamente contaminato con cori da stadio e truculenze del gergo suburbano. […] Anche il ghigno beffardo, anche la liberazione delle energie – una volta convogliati in un’azione scenica – non possono però che passare attraverso una severa disciplina collettiva, un rigore, una necessaria capacità di attenzione al lavoro degli altri: è questo il primo requisito per stare alla ribalta, è questo l’insegnamento principale con cui i partecipanti si sono dovuti confrontare. E’ difficile dire se il teatro potrà mai cambiare le loro vite: se tuttavia le loro vite in qualche misura cambieranno, si potrà essere certi che ciò sarà avvenuto grazie soprattutto all’incontro col teatro. (Renato Palazzi, Il sole 24 ore, 8 aprile 2007)

“Sul palcoscenico del Mercadante irrompono riempendolo tutto novanta ragazzi, con la tuta (bianca come il Pulcinella che li ha chiamati) degli operatori ecologici, quelli che stanno in mezzo ai rifiuti. Se ne liberano e rivelano i colori. […] La novità di quest’anno è che i giovani attori del Laboratorio si muovono non più soltanto come coro, cominciano ad emergere sicure individualità. Ma è la loro straordinaria energia a riempire di significato questo Ubu sotto tiro, a consentire di rileggerlo da una nuova, imprevista, angolazione. Il tempo di Ubu, il tempo per cui tutto è possibile, per la violenta determinazione del potere, ed in cui l’unica misura all’avidità è il proprio appetito divenuto insaziabile come la spirale di Ubu, il tempo delle congiure e dei colpi di stato: non è questo il tempo in cui viviamo? La nuttata di Eduardo non è ancora passata. (Renato Nicolini, l’unità, 15 aprile 2007)

Notizie tratte dal web
 
 

 
 
 

Una Favola

Post n°336 pubblicato il 01 Giugno 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 

E' una vecchia favola inventata dalla nonna di cui porto il nome. Mi faceva compagnia nelle lunghe sere estive passate in un cortile a spannocchiare la meliga.


In un bosco di noccioli, viveva, tanti anni fa, una dolce e piccola creatura. Camminava scalza e beveva acqua di ruscello. Non aveva amici se non le farfalle e le lucciole nei caldi mesi estivi. Ella avrebbe voluto essere una principessa amata da tutti, ma la sua solitudine era assoluta. Specchiandosi nelle gelide acque del ruscello si chiedeva chi mai avrebbe potuto amarla. Lei così selvaggia.
Passarono lunghi anni e la piccola creatura era sempre sola e ormai disperava di trovare la persona a cui donare il suo immenso amore.
Un giorno di un freddo inverno, nel bosco di noccioli fece la sua comparsa una tenera tartaruga. Si muoveva lenta, lenta ed a ogni piccolo rumore si rintanava, impaurita, nel suo guscio. La gioia della creatura fu enorme, finalmente qualcuno da amare, ma non appena si avvicinava la tartaruga ritraeva il capo. Andarono avanti così per lungo tempo, ma la creatura era ostinata e non demordeva, forte del suo amore.
Passarono lenti i mesi, al freddo inverno sopraggiunse una stentata primavera, ma la tartaruga ritraeva sempre il suo capo. La natura stessa sembrava impaurita dal lungo e gelido inverno e i germogli erano solo dei vaghi accenni sui nudi rami dei noccioli.
Poi, improvvisamente, quando nessuno ormai ci sperava più, ecco fare capolino fra le foglie degli alberi i caldi raggi del sole, e la natura si risvegliò.
I prati erano verdi, i ruscelli scendevano a valle gioiosamente e gli animali si svegliavano dal lungo sonno invernale.
Calò tiepida la notte. La tartaruga stava su una roccia e la dolce creatura sedeva come al solito a poca distanza. Una luna enorme illuminava il bosco e l’unico rumore era il dolce scroscio delle limpide acque.
E poi eccole, le amiche tanto attese, fecero la loro comparsa: le lucciole erano finalmente tornate. Gli occhi colmi di lacrime di gioia, la creatura non si mosse, sapeva che le si sarebbero avvicinate da sole. Simili a piccole stelle vaganti si muovevano delicatamente tra gli alberi e ben presto le si avvicinarono circondandola come un mantello di luce. La tartaruga osservava affascinata, commossa dallo spettacolo, nessun timore vi era nel suo cuore.
Timidamente chiese alla creatura:” chi sei tu che ti ammanti di luce?”.
La creatura rispose:” Sono la regina delle fate:” E così dicendo si trasformò in una bellissima donna dagli occhi splendenti. La tartaruga, impietrita dallo stupore, non cercò nemmeno di trovare rifugio nel suo guscio; ammaliata osservava la dama e il suo mantello luminoso.
La Regina le si avvicinò e con un gesto lieve le carezzò l’antico e rugoso capo. Magia, mistero, favola la tartaruga si trasformò nel Re del Bosco e fu amore, fu passione per l’eternità.



 
 
 

Anche lui sorride

Post n°335 pubblicato il 31 Maggio 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 





The Smiling Spider

Odilon Redon

1881 (230 Kb); Charcoal, 49.5 x 39 cm;
Musee du Louvre, Paris


 

 
 
 

'Due cuori e una capanna a New York'

Post n°334 pubblicato il 30 Maggio 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 

L'Hotel Plaza, costruito nel 1907, fin dall'inizio della sua storia, è uno degli hotel più permissivi di New York. A differenza degli altri consente una libera frequentazione dei suoi ristoranti anche a signore non accompagnate e le esclude solo dal Fith Avenue Café (fino al 1920) e alla celebre Oak Room (fino al 1950), tutta rivestita di quercia e con affreschi di castelli bavaresi: riservata a banchieri e finanzieri.
Il Palm Court Café, la Oak Room, la Ballroom (aggiunta nel 1921) e poi la magnifica Edwardian Room affacciata su Central Park rendono come meglio non potrebbero l'idea di 'Grand Hotel, gente che va, gente che viene' e sono una vera e propria calamita per clienti più che illustri: da Mark Twain a Eleanor Roosvelt, da Groucho Marx a Frank Lloyd Wright, che vi soggiorna mentre è impegnato nel progetto del Guggheneim.
Negli anni Venti Fitzgerald, per una delle sue consuete mille e una notte, organizza nella Ballroom del Plaza un ballo per '600 amici intimi'. Nel 1948 Simone de Beauvoir, seduta nel Palm Court, studia meravigliata i cappelli da cocktail delle signore che, dice, sarebbero del tutto improbabili a Parigi: "ornati da intere aiuole fiorite e gabbie per uccelli di velluto".
Nel 1966 Truman Capote festeggia il successo di A sangue freddo con un grande ballo mascherato 'Black and White' al Plaza, dove pubblicamente annuncia: "Non sono un santo. Sono un alcolizzato, sono un drogato, sono un omosessuale, sono un genio".


Laura Magni


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Lamento a Tore

Post n°333 pubblicato il 29 Maggio 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 

Tore non c’ è più. Se ne è andato in punta di piedi. Com’ era nel suo stile.
Lasciandomi sgomenta ed attonita.
Per anni compagno fedele, il migliore. Mai un litigio, mai una parola di troppo. Né un’incomprensione o una falsa promessa. Nessuna occhiata di traverso, nessuno sbuffo.
Sempre disponibile Tore. A qualsiasi ora, sapevo di poter contare su di lui.
Vedevo le mie amiche piangere e disperarsi. Io no, avevo Tore.
Che abbia la miglior sepoltura, affinché se ne preservi il ricordo. Una cassa semplice in tek e del raso su cui possa riposare. Niente fiori.
Sul porfido della lapide scolpite solo il suo nome.

VIBRA TORE




Da uno spunto di N. ricordando delle lunghe chiacchierate in orari improbabili deliziate dal profumo delle "graffe".

 
 
 

Lasciate che il Gabibbo venga a me

Post n°332 pubblicato il 28 Maggio 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 
Tag: satira

Dopo Rutelli, Bertinotti e Fassino anche altri politici e intellettuali, soprattutto se di sinistra, hanno voluto fornire ragguagli sul loro percorso religioso.
La Chiesa ratzingeriana ha fatto sapere, infatti, che anche i curricula più scalcinati o difettosi saranno presi in considerazione: "In questi tempi di secolarizzazione", fa sapere un'autorevole fonte di Oltretevere, "non è che possiamo stare tanto a fare gli schizzinosi. Anche un anziano libertino terrorizzato dalla prima visita alla prostata, per noi è grasso che cola. Non parliamo,poi, di un comunista divorziato, bigamo, puttaniere e bisessuale che confessi di apprezzare il Beato Angelico: quello, lo facciamo perlomeno vescovo". Ma vediamo quali sono i casi che fanno più discutere.

Norberto Bobbio Fu uno dei padri nobili del pensiero razionalista e laico. Ma un vicinodi casa sostiene che nelle ultime settimane di vita, a causa dell'età molto avanzata,se ne era dimenticato. E questo, secondo un editoriale dell''Avvenire', è il segno inoppugnabile di una clamorosa conversione.

Portuali di Livorno L'intera categoria, per decenni simbolo della classe operaia di orientamento marxista, è seguita con molto interesse dagli uomini di Chiesa più sensibili al sociale. Pare infatti che le loro bestemmie, così articolate che nei documenti sindacali arrivano a superare la mezza cartella dattiloscritta, siano considerate da alcuni studiosi cattolici "segno di una non comune attenzione alla divinità, considerata un interlocutore insostituibile".

Gabibbo Esisterebbe un fitto carteggio tra il popolarissimo conduttore tv e il cardinal Ruini. In esso, il Gabibbo lascerebbe intendere di avere intrapreso da anni un faticoso avvicinamento alla Chiesa, nonostante il suo accesso alle funzioni religiose sia spesso osteggiato da parroci poco sensibili, spaventati dalla gigantesca bocca del pupazzo quando si presenta per ricevere l'eucaristia. Sgradevole anche la frequenza con la quale il Gabibbo rovescia inavvertitamente le candele accese, gridando "belìn" quando l'ingombrante costume prende fuoco. Il caso è allo studio del Sinodo. A favore del popolare conduttore il suo status di pupazzo, che garantisce la verginità sessuale. Contro, la bolla di Sisto IV nella quale si negava che i pupazzi avessero l'anima, pur riconoscendo loro il diritto di versare l'obolo annuale alla parrocchia.

Marta Marzotto La musa di Guttuso (convertitosi sul letto di morte), per non essere da meno, sta preparando un colpo di scena all'altezza. Nel 2056 la contessa accoglierà il vescovo di Cortina, monsignor Skilift, nella sua villa, sdraiata su un triclinio di broccato, e riceverà i sacramenti a patto che monsignore accetti, subito dopo, di fare il quarto a canasta.

Riccardo Schicchi Il re del porno all'italiana, nonostante una tesi di laurea su 'La Maddalena e le posizioni sessuali nella Galilea del primo secolo', non ha il benché minimo interesse per la religione. Ma ha scoperto che, con la nuova Finanziaria, le fondazioni cattoliche sono esenti da Ici anche qualora gestiscano alberghi e ristoranti. Ha dunque trasformato la sua factory a luci rosse in ordine monastico, con il nome di 'Convitto delle Consorelle dell'Amore Inesausto'. Il suo esempio è contagioso: per non pagare l'Ici stanno mutando ragione sociale, definendosi fondazioni cattoliche, anche tabarin, case chiuse, bische clandestine e sale di bingo.

Margherita Hack È forse l'unica persona, in Italia, che osi professarsi atea. Ultimamente gira anche con una t-shirt con la scritta 'Sono atea', e per sicurezza scrive ogni settimana al cardinal Ruini per confermargli di essere sempre più atea, di detestare i preti e di avere una gran voglia di mettergli le mani addosso. Ma è proprio questa cristallina insistenza ad aver suggerito ai vescovi italiani un documento nel quale si sostiene che "la grande forza d'animo e la coerenza intellettuale della signora Hack fanno del suo ateismo una forma originale e ammirevole di fede. Dunque, anche lei è dei nostri".


Michele Serra


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Sul tempo

Post n°331 pubblicato il 26 Maggio 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 

Un quarto d’ora, quindici minuti, novecento secondi…

Era il mese di febbraio di una trentina di anni fa. Ero una ragazzina come tante: studiosa, acqua e sapone, pochi grilli per la testa. Banale, insomma. Le poche mattane sarebbero venute da lì a qualche mese. Una vita tranquilla: poche amiche, il grande amore ancora nel regno fatato dei principi azzurri.
Faceva freddo, questo me lo ricordo bene. Gli inverni erano ancora quelli di una volta: gelidi e nebbiosi.
In Ospedale si entrava alle diciannove, era da dopo l’Epifania che le mie giornate si erano adeguate a quegli orari. Della sua malattia sembrava che ne nessuno ne capisse qualcosa.
- Continuiamo gli accertamenti, era la bugia pietosa.
Lei lo sapeva, ne venni a conoscenza dopo molti anni. - Tanti piccoli grani di meliga nel fegato.
Quella sera, lei fu insolitamente dura e brusca. Dopo meno di un quarto d’ora mi rimandò a casa in malo modo. Ero una figlia obbediente e feci quello che avevo sempre fatto. Tornai a casa, seppur arrabbiata.
Il rituale della preparazione della cena: una minestra, se non ricordo male, la televisione accesa a far rumore di sottofondo.
Una scampanellata quasi esitante.
E chi sarà mai? Sono tornata da meno di dieci minuti.
Mi incammino verso l’ingresso con piedi di cemento che rovinano il parquet tirato a cera. Saranno dieci metri, ma paiono diecimila passi.
Di fronte a me il cappottone blu FIAT della divisa di zio. Non parla, ha gli occhi bassi. Gli vorrei sbattere la porta in faccia, ma succede solo nei film.
Infilo, impietrita, il giaccone di velluto marrone e mi avvio con lui. Le lacrime congelate.
Mormora con un fil di voce arrochita dalle ottanta Nazionali al giorno: - E’ stato il suo regalo, non lo dimenticare.
Per anni me la sono ripetuta come un mantra quella frase.

Un quarto d’ora, quindici minuti, novecento secondi…

Forse avrei preferito passarli con lei.

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Post N° 330

Post n°330 pubblicato il 25 Maggio 2007 da La_Chambre_d_Isabeau

Ricevo da shadows_on_hudson il testimone per l'iniziativa sugli incipit.


Flatlandia

Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a Voi, o Lettori beati, che avete la fortuna di abitare nello Spazio.
Immaginate un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure geometriche, invece di restar ferme al lor posto, si muovano qua e là, liberamente, sulla superficie o dentro di essa, ma senza potersi sollevare e senza potervisi immergere, come delle ombre, insomma - consistenti, però, e dai contorni luminosi. Così facendo avrete un'idea abbastanza corretta del mio paese e dei miei compatrioti. Ahimè, ancora qualche anno fa avrei detto: "del mio universo", ma ora la mia mente si è aperta a una più alta visione delle cose.



Edwin Abbott Abbott



Il vecchio e il mare

Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce.


Ernest Hemingway

La luna e i falò

C'è una ragione perchè sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo: dove sono nato non lo so; non c'è da queste parti una casa nè un pezzo di terra nè delle ossa ch'io possa dire "Ecco cos'ero prima di nascere". Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perchè no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perchè la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.

Cesare Pavese

La metamorfosi

Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso. Era disteso sul dorso, duro come una corazza, e alzando un poco il capo poteva vedere il suo ventre bruno convesso, solcato da nervature arcuate, sul quale si manteneva a stento la coperta, prossima a scivolare a terra. Una quantità di gambe, compassionevolmente sottili in confronto alla sua mole, gli si agitava dinanzi agli occhi.
Franz Kafka

Everyman

Intorno alla fossa, nel cimitero in rovina, c'erano alcuni dei suoi ex colleghi pubblicitari di New York che ricordavano la sua energia e la sua originalità e che dissero alla figlia, Nancy, che era stato un piacere lavorare con lui. C'erano anche delle persone venute su in macchina da Starfish Beach, il villaggio residenziale di pensionati sulla costa del New Jersey dove si era trasferito dal Giorno del Ringraziamento del 2001: gli anziani ai quali fino a poco tempo prima aveva dato lezioni di pittura. E c'erano i due figli maschi delle sue turbulente prime nozze, Randy e Lonny, uomini di mezza età molto mammoni che di conseguenza sapevano di lui poche cose encomiabili e molte sgradevoli, e che erano presenti per dovere e nulla più.

Philip Roth



Lascio il testimone a tutti gli amanti della lettura che si trovano a passare da queste parti.

Un ulteriore grazie a
Sandalialsole
Ossimora

 
 
 

CINQUE PEZZI FACILI

PRIMAVERA

La primavera senza una foglia che potesse venir rovesciata dal vento, nuda e luminosa come una vergine di scontrosa castità, di sdegnosa purezza,  si distese sui prati con gli occhi spalancati e attenti e del tutto indifferente a quel che facessero o pensassero quanti guardavano.

Gita al faro
Virginia Wolf
 
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