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I capataz mondiali alla resa dei conti

Post n°1343 pubblicato il 27 Maggio 2016 da r.capodimonte2009
 

Martin Selmayr, chi era costui? Fino a ieri nessuno, tranne gli addetti ai lavori, ignorava, di fatto, che la museruola tedesca, invisibile, quanto inesorabile, fosse serrata attorno al corpo flaccido di Jean Claude Junker, questo ex-faccendiere lussemburghese, esperto in riciclaggi e in paradisi fiscali, dedito ad un consumo eccessivo di alcool, e quindi “doverosamente accudito” dalle “tate” lobbistiche di Bruxelles. E che questo legaccio letale fosse rappresentato da uno dei burocrati più potenti, sconosciuto ai più, con grossi addentellati con la massoneria internazionale, e, date le sue origini ebraico-caucasiche, legato mani e piedi alle consorterie dell’alta finanza internazionale, a capo delle quali, lo abbiamo visto, ci sono soggetti manigoldi, come la JP Morgan o come la Goldman & Sachs, o ancora, la Deutsche Bank, del ministro dell’Economia tedesco, Schueble. E perché Martin Selmayr sarebbe stato appioppato a Junker come un’ombra, e in modo così esclusivo, oseremmo dire, disumano, tanto da tagliare tutte le teste che si opponevano a questa condizione, compreso -operazione ovviamente passata sotto-silenzio dal buon Renzi-, l’italiano Carlo Zadra, consigliere della Commissione Immigrazione e Giustizia, gestita in modo “dispotico” da Selmayr, cacciato via e sostituito dall’inglese Shotter? Il motivo sempre lo stesso: che la politica dell’immigrazione, i cui risultati nefasti vediamo tutti i giorni, doveva cadere sotto controllo germanico, come tutti  gli altri settori dell’Unione, e che sia l’Inghilterra e la Francia, pure stanchi di questa “dominazione imperiale”, sono, tuttavia, sotto ricatto da parte delle lobby e delle grandi logge che dominano i mercati finanziari, pronte a scarnificarle, nel caso si mettessero in testa di uscire dall’euro! L’Inghilterra ci proverà, ma il popolo inglese assomiglia troppo a quello italiano per decidere una prova di coraggio incondizionato, contro la cupola neo-nazista che sta avvolgendo l’Europa, che, settant’anni fa, da sola affrontò, riuscendo a sbriciolarla. Mentre i francesi, stanno dando prova di come sono fatti, e il “nuovo maggio”, nato dalla resistenza contro i “compiti in casa” pretesi dagli usurai di Francoforte, e cioè l’abbattimento dei diritti dei lavoratori, per salvare le banche corrotte, non è altro che la prima, grande prova di forza di un popolo contro la casta. Casta a cui appartiene questo personaggio, grigio più del grigio, giovane rampante della globalizzazione (è uno dei padri del TTIP), nemico giurato di tutti quei movimenti politici, dalla Destra fino al M5S, che vogliono destabilizzare l’impero di cartapesta di Bruxelles.

Così, mentre a Tokyo era in corso l’ennesimo vertice-burla dei “potenti della terra”, un G7 (anacronistico, senza la Russia!), che deve solo sottoscrivere le manovre criminali di costoro contro i loro popoli (si pensi solo ai giapponesi, i quali, hanno causato il più grande disastro nucleare della storia, e solo perché hanno posto le loro centrali sotto controllo di gente incapace e corrotta!) (*), Martin Selmayr lanciava il suo tweet, scrivendo: “G7 con Trump, Le Pen, Johnson e Beppe Grillo? Uno scenario da horror che mostra bene perché vale la pena di combattere il populismo.”

I primi a rispondergli, e per le rime, sono stati i grillini, complimentandosi con il suo “capetto” Junker: “Con Junker 122 milioni di poveri, 26 milioni di disoccupati, un paradiso per le lobby e per gli scandali fiscali: ecco l’Unione Europea!” Al punto da assurgere a verità storiche, le altre parole, pronunciare, a caldo, dai parlamentari europei che si sono avvicendati nel rispondere a questa “tipica faccia di bronzo da burocrate non eletto”, ma spinto dalle logge massoniche europee e d’Oltre Atlantico! “Quello che viene chiamato populismo è in realtà la democrazia!” E che, a questo punto, anche dopo il libello pubblicato dalla JP Morgan, e di cui vi abbiamo parlato ieri, diventa il nuovo “patto d’acciaio” tra i poteri forti e la globalizzazione selvaggia.

Non dimentichiamo mai le origini di questi giganti finanziari: John Pierpoint Morgan, fondatore di due colossi, la J.P. Morgan e la Morgan & Stanley, fu un banchiere ebreo, che promosse l’intervento degli USA nella Ia Guerra Mondiale, e coprì di milioni di dollari del tempo la Gran Bretagna, in cambio della “dichiarazione Belfour”, con la quale si apriva la strada ai sionisti per l’occupazione della Palestina, araba da 1.300 anni; con uno scopo maligno, perché così evitava l’emigrazione alternativa, prospettata dall’ultranazionalista ebreo Theodore Hertzl, verso gli Stati Uniti, dove la maggior parte delle comunità ebraiche aschenazite, le più ricche e industriose, non avevano alcuna intenzione di ospitare milioni di confratellli  sefarditi (spagnoli), cochin (indiani), mizrahi (gli originali palestinesi), italkim (italiani), romanioti (greci e turchi) e falascia (etiopi). Poi, quando il Governo inglese, negli Anni Trenta, bloccò l’immigrazione in Palestina (già molto complicata), timoroso di inimicarsi la nazione araba, che simpatizzava per il fascismo, arrivò la risoluzione della Gran Loggia ebraica americana B’nai B’rith, che rifiutava definitivamente l’accoglienza massiccia di confratelli dall’Europa, ed entrambe queste situazioni determinarono, alla fine, l’impossibilità di milioni di ebrei di sottrarsi alle persecuzioni naziste, anche perché, la maggior parte, erano poco abbienti, e non poterono corrompere le autorità germaniche. A capo della B’nai B’rith era allora l’ennesimo banchiere,  Bernard Baruch,  responsabile del WIB (War Industry Board, il tink tank imprenditoriale dell’economia di guerra) e membro influente del Council of Foreign Relations roosveltiano.

Detto questo, non suona poi tanto strano, l’altro intervento, esternato sempre ieri da Barach Obama (il cui nome proprio, non si sa perché, è la traduzione ebraica di Benedict o Benedetto!), con il quale ha attaccato il candidato unico repubblicano alla Presidenza, Donald Trump, affermando che i capataz mondiali sono molto preoccupati di una sua eventuale vittoria, tanto da averlo appaiato, come ha fatto il lobbista Selmayr, con Grillo e la Le Pen.

Al che, giustamente, il tycoon statunitensse, molto amico dei poveri, e molto ostico alle elitè di potere yankee (che lui conosce molto da vicino!), ha risposto: “Se sono preoccupati, vuol dire che sono sulla strada giusta!”  (ITALIADOC)

(*) Il premier giapponese Shinzo Abe, comunque non finisce mai di stupirci. Dopo che, con la prepotenza, Barach Obama ha preteso una visita ad Hiroshima, nel 71° anniversario dello sgancio dell’atomica (e che costerà anche la protesta di migliaia di persone, per questo vero e proprio affronto alla storia e al popolo del Sol Levante da parte di chi usò, così sciacallescamente, l’energia nucleare a scopi di olocausto, aggravando ancora di più i rapporti, non certo buoni, con Tokyo; quest’uomo, che sta incarnando, dopo anni di potere delle lobby filo americane, la rinascita del Giappone tradizionale (non dimentichiamo l’omaggio reso a Yukio Mishima e agli eroici “kamicaze” dell’ultima guerra!), ha voluto rivalersi con una cerimonia, perditempo, agli occhi dei più superficiali, e accompagnata dalle parole idiote dell’unico inviato dei media di regime italiani, Pio d’Emilia, ex-giornalista del Manifesto: portando i suoi ospiti del G7, al tempio di Ise-Yingu, il più antico dello shintoismo, edificato proprio nella località di Ise-Shima (il che fa pensare che la faccenda fosse programmata), a “piantare degli abeti, simbolo di vita rigogliosa, e consolazione per i defunti”). Solo Pio d’Emilia, un ateo da quattro soldi, poteva criticare la scelta di Abe, dicendo che la cosa è stato un atto “fuori tempo”, che ha imbarazzato tutti, perché, alla fin fine, lo shintoismo è quella dottrina sacra in cui l’amore è universale e si estende a tutto l’universo, comprese le cose inanimate, come i sassi, dice lui. E non si vergogna neppure che dopo trent’anni continua ad offendere i suoi ospiti, con la sua presenza pulciosa! Ma c’è chi ha visto lungo, molto lungo, nell’atto del premier nipponico: questa piantagione di alberi, non ve ne ricorda, forse, altre, magari quella a cui fu costretto Berlusconi, o a cui aderì, con tanto di kippah, Fini? E che si svolse nei giardini del Museo dell’Olocausto, a Tel Aviv? E gli ideatori e i costruttori dell’arma atomica, non furono quasi interamente, scienziati e tecnici ebrei, che si volevano vendicare del Fascismo (che allora era anche stato abbracciato dal Giappone)? E, alla fin fine, olocausto per olocausto, non è giusto che sia rivendicato anche quello che subirono gli abitanti di Hiroshima e Nagasaki? Non ci possono essere alberelli di serie A e di serie B solo perché al mondo c’è una nazionalità che si è assunta l’esclusività drammatica e ripetitiva di essere stata e di essere vittima del “male”, mentre domina incontrastata le strutture civili e imprenditoriali di tutto il mondo, facendosene forza e potere. Con il beneplacito, ovviamente dei capataz mondiali! Bravo, signor Shinzo Abe, per la sua prova di coraggio e di coerenza!!!! GRAZIE IN NOME DEL PROSSIMO G7!

 

 

 

 

 
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