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attualità, politica, cultura

 

 
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Il vero baratro in cui cadrà Matteo Renzi

Post n°1430 pubblicato il 04 Ottobre 2016 da r.capodimonte2009
 

Una situazione inverosimile: un intero sistema bancario minato dalle fondamenta, che la responsabilità scioccante di politici e tecnici ha portato fino al parossismo attuale, fin in fondo ad un tunnel che assomiglia molto a quello che la Grecia percorse, prima della catastrofe.

E non è un caso che la vicenda della ormai acquisita crisi di Deutsche Bank abbia messo in tutta la sua drammatica evidenza la situazione asfittica di tutta una serie di istituti di casa nostra, non meno di 15, che si trovano sul  baratro del fallimento, mentre ce ne sono 4 già falliti e vuoti di risorse come gusci di noce, e uno fallito da quattro anni, e che si cerca in tutti i modi di salvare, per impedire che la magistratura, in caso di insolvenza dichiarata, possa mettere il naso sui suoi conti e sui suoi clienti: tutto l’ambaradan di chi, dai posti di potere, principalmente il PD (ed i suoi ex-epigoni), non ha fatto altro che spremerlo come un limone, fino alla caduta.

Ed è proprio inutile che Matteo Renzi      cerchi di sviare l’attenzione da questa magagna verso un referendum e una legge elettorale che contano, nel panorama del default italiano, come il due a briscola: i bisticci con la giunta romana, o l’illusione che egli voglia tornare indietro, almeno sull’Italicum, dimostrano che è alle corde. Il progetto totalitario, così come lo ha progettato Giorgio Napolitano, che di totalitarismi se ne intende, va bene così com’è, ci sforziamo di dirlo da mesi, perché prevede, come giustamente ha fatto notare il prof. Zagrebelsky, la nascita di una “oligarchia” di potere, il famoso “partito della nazione”, che in effetti c’è già, ma aspetta di caricare a bordo gli ultimi transfughi del berlusconismo, una volta che l’ex-cavaliere, come sembra, sia costretto a dare forfait    per le sue gravi condizioni di salute. Renzi punta, se la situazione precipita, al “muoia Sansone con tutti i filistei”, è chiaro come la luce del sole!

In realtà le preoccupazioni del “menomato mentale” stanno da tutt’altra parte; neppure, oseremmo dire, sulla dose di “flessibilità” che vorrebbe ottenere dalla UE, perché non gli servirebbe a niente; né le balle su “Casa Italia” o sul Ponte di Messina, o sulle 14e dei pensionati, reggono un altro quarto d’ora. Ma per le balle non c’era posto, ieri, là dentro, al MEF, dove come se non fossero già la maggior parte tutti massoni, si sono visti a lume di candela, senza che ovviamente trapelasse un’oncia dalla riunione, tutti i poteri forti, compresi quelli malavitosi, per cercare una soluzione al disastro. C’era Confindustria, c’era la CDP, c’erano i banchieri, c’erano i burocrati di Stato, c’erano i sindacati, c’erano le lobby, c’erano i faccendieri, tutti corsi al capezzale di Giancarlo Padoan che, evidentemente, non ce la fa più da solo, come un Atlante che regge il mappamondo, a reggere le mistificazioni che finora l’hanno salvato dalle dimissioni: le bugie dell’Istat e i silenzi dell’Inps, le criminali responsabilità di Bankitala e della  Consob, l’atteggiamento complice e opportunista della Troika, che sta là, ad aspettare, come la serpe velenosa che ha puntato il topolino.

Tutti i nodi sono giunti al pettine: le risorse per salvare capre e cavoli non ci sono e non ci saranno.

Si era pensato di salvare il MPS con i trucchetti delle tre carte, ma, ammesso e non concesso, che si possano piazzare le sue bad-bank ripiene di debiti, il valore di mercato è troppo basso per non incidere su un bilancio apocalittico, che adesso, che non è più falsificato dai burocrati del PD, mostra una voragine; e per colmarlo ci vogliono altri 5 miliardi, che fanno 20, dopo gli interventi di Monti, e di altri tre aumenti di capitale, serviti alla banca, come serve il sangue ad un emofiliaco: dopo un  mese erano giù inghiottiti dalle sabbie mobili!

Si era pensato di vendere quei quattro cadaveri che rispondono al nome di Banca Marche, Cariferrara, Carichieti e Banca Etruria, e che finora sono allo stato di “zombie” solo grazie ai soldi turlupinati ai loro clienti ingenui, circa 1,5 miliardi, che fanno cassa, ma che stanno rapidamente finendo; mentre i sindacati tacciono sulla quantità di impiegati in mobilità che stanno per finire sul lastrico (tra tutte le banche in crisi, si parla di circa 40.000 dipendenti! –solo MPS-Unicredit-le due venete-Carigenova e le 4 fallite-). Ma non le vuole nessuno, neppure qualche “hedge fund” che le adopererebbe per attirare i gonzi, che già sono in caccia, come il Fondo Algebris, dell’amico della famiglia Renzi, delle obbligazioni cartolarizzate assai più speculative.

La mente al fulmicotone di Padoan, che dimostra come un burocrate non può mai assurgere a ministro dell’economia, si era illusa di utilizzare la liquidità delle due maggior banche italiane, Unicredit e Banca Intesa, per soccorrere MPS e le altre bancarelle decadute, ma poi viene fuori che questo mastodonte ha dentro di sé metastasi, cioè derivati e obbligazioni subordinate, in quantità talmente grandi da necessitare, entro l’anno di un aumento di capitale di 13 miliardi! La sua vicina, Banca Intesa, è quasi nella stessa situazione, mentre patrimonialmente le loro azioni sono scese a prezzi da liquidazione! Un disastro!

Non parliamo di CDP, ora in mano a due avventurieri di marca Goldman & Sachs, che si illudevano di svaligiarla, in breve tempo: purtroppo, e lo diciamo con un  mesto pensiero a tutti i milioni di pensionati che s’illudevano di salvaguardare i propri risparmi postali (perché CDP garantisce Poste Italiane Spa), i nuovo proprietari sono i cinesi, i quali non sono imbecilli, e non vogliono che il carrozzone delle Poste finisca in fallimento, perché CDP si impegni a salvare le banche fallite. Né lo permetterebbe l’UE, che considera questa asset del Tesoro, un alla stregua di un asset statale, e quindi, impossibilitato a intervenire!

Di tutto questo si è parlato ieri, e si è cercato di trovare delle “rape” da spremere, prima che la Troika intervenga con il “fondo di solidarietà”, esattamente come è accaduto in Grecia. E dietro il prestito usuraio del FMI scatterebbero i pignoramenti di quel che resta della nostra industria di Stato, quello che gli americani non vedono l’ora di realizzare, privando l’Italia dell’ultima parvenza di sovranità, per trasformarla in un’unica, immensa portaerei da mettere in contrapposizione a Putin!

Ma di “rape” non ce ne sono, altro che dei ciuffetti sparsi: la stessa Confindustria, i cui tycoon da tempo hanno trasferito i loro grassi profitti, derivanti dai miliardi di aiuti di Stato e di ammortizzatori sociali, all’estero, dove non pagano le tasse (e poi, come fanno  Murdoch, e gli altri ras dalle TV, criticano Trump perché ha fatto lo stesso!); e sono anni che non investono un centesimo nella ripresa, neppure con il Jobs Act, sono alle pezze, e neppure il loro giornale giallo, che doveva essere il simbolo della “prodigiosa manifattura italiana” si è salvato dal fallimento.

Cosa farà Renzi? Continuerà a dire bugie e a inventarsi corbellerie, sperando che il tempo lo aiuti, e che il referendum lo lasci in piedi, per portare la Troika qui, senza colpo ferire.

Ma già c’è chi, come il Governatore di Bankitalia e quello della BCE, entrambi vicini di casa, in vista del disastro, comincia ad indietreggiare, nel condividere certe responsabilità, e ieri costoro hanno parlato” di eccessivo ottimismo di Padoan”: il che, tradotto dal politichese significa, “basta menzogne”!  (R.S.)

 
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