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attualità, politica, cultura

 

 
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Il popolo siciliano ha in mano il futuro dell'Italia e dell'Europa

Post n°1618 pubblicato il 01 Settembre 2017 da r.capodimonte2009

Nella storia recente dell’Italia, mai la Sicilia era stata così strategica dal punto di vista politico: e non solo perché si tratta di un pezzo preponderante della cultura e dell’economia del Paese, ma soprattutto perché è il cuore della malavita organizzata: la quale, dopo anni di lotta serrata e di lutti, e dopo l’arresto di Rejna e Provenzano, è stata costretta ad indossare vesti più consone, e quindi ad interpretare parti più adeguate, quelle del rapporto con i partiti di potere. Ne è nata così una “mafia geneticamente diversa”, che ormai è penetrata nel tessuto stesso delle istituzioni, dalle più alte e insospettabili, a quelle più infime, e contrabbanda, attraverso di esse, il suo vasto impero finanziario. E’ ovvio che tutti quei partiti che si sono susseguiti finora nel controllo amministrativo dell’isola siano stati intaccati da questa plaga pestifera, chi più chi meno, alternandosi, senza soluzione di continuità, palleggiandosi le loro gravi responsabilità, ma godendo degli immensi vantaggi accumulati. Questo è avvenuto fino al 2013, quando il fenomeno Cinquestelle, iniziò a turbare i sonni di costoro, beatamente immersi nella predazione siciliana. E oggi abbiamo la chiara dimostrazione del terrore, vero e proprio, che li ha assaliti, al pensiero che gente come Giancarlo Cancelleri possa non solo assumersi il governatorato di Palermo (che già sarebbe una iattura, per quella burocrazia, incrostata da decenni di malaffare, che intorbida la funzione pubblica regionale); ma soprattutto scoperchi tutte le pentole e i tegami ripieni di malgoverno e corruzione, e li consegni a quei magistrati che, come patrioti, stanno attentissimi a che questa operazione si svolga nei modi più limpidi possibile! Eh sì, perché è l’ennesima occasione storica, dopo la caduta del generale Dalla Chiesa, e poi di Falcone e Borsellino, per cambiare per sempre la struttura di questa “loggia mafioso-massonica”, e quindi, di conseguenza, salvare l’intero Paese.

E quindi non è un caso che i due fronti della battaglia, uniti in un losco “arco costituzionale” teso a isolare il M5S, si stiano adoperando per fare fronte al pericolo: anche se non sarò facile, perché l’avidità e gli appetiti sono raddoppiati, in questi tempi di crisi, e l’accozzaglia, a destra e a sinistra, non è stata mai tanto frammentata.

Da poco il M5S ha finito il suo assaggio pre-elettorale, percorrendo la Sicilia “povera” quella che più di tutti (una specie di Middle West americano) è stata lasciata nuda, a cercare di campare spesso aldilà o al di sopra della legge, ma non per volontà criminale, ma per mere esigenze vitali (vedi l’abusivismo edilizio dei sans papier!). Presto Renzi, col suo treno blindato, cercherà di fare lo stesso. Poi toccherà agli agenti dell’ex-cavaliere, arruolati a suo tempo dal capo di tutte le massonerie criminali, quel Dell’Utri che preferì sacrificarsi lui, per ordini ricevuti dalle logge superiori, al posto suo. Alla fine nessuno si aspetta miracoli, ma solo che i siciliani capiscano cosa li aspetta, e come debbono comportarsi: i sondaggi sono prematuri, ma ci dicono, ahimè, che al solito c’è un 50% che si è schifato dei seggi, e che se ne starà a casa.

Non vogliamo crederci! Perché la Sicilia, alla fin fine, non è l’Italia: è fatta di cuore, è fatta di solerzia e di lavoro, è fatta di cocente ribellione contro i tiranni: e oggi la classe dirigente italiana è portatrice diretta di tirannie, di servaggio, di miseria, di prepotenza.

I Siciliani hanno un compito estremamente delicato: se il M5S dovesse vincere, a primavera del prossimo anno prenderà il potere in Italia, e tutto potrà cambiare: i reprobi saranno cacciati, e la nuova democrazia trionferà. Se perderà, l’Italia è avviata verso la triste sorte della Grecia, una terra da cui, duemilacinquecento anni fa partirono quegli esploratori audaci, che fondarono le colonie che si sarebbero poi chiamate Sicilia. E non è detto che la riscossa del mondo mediterraneo non possa iniziare proprio dalla rivoluzione siciliana, e la consorella greca, alla fine, ne possa usufruire, liberandosi anch’essa dal suo giogo. (R.S.)

 
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