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Tutta la vicenda relativa al gasdotto pugliese, il TAP, costruito dal consorzio Shah Deniz II, di cui fanno parte Enel, Hera, Shell, E.ON, Gas Natural Fenosa, Gdf Suez, Axpo, Bulgargaz e Depa (firmato a Baku con il contratti di fornitura per la più importante vendita nella storia del gas –stima: 130 miliardi di Euro), assume adesso colorazioni molto più evidenti. Tutta la storia di questi cinque anni, riguardante la malattia degli ulivi pugliesi, guarda caso scoppiata tra San Foca e Melendugno, il perimetro in cui non solo sfocerà la struttura, ma che diverrà un “cantiere permanente” destinato a cancellare centinaia e centinaia di agricoltori, ma anche una delle produzioni più importanti dell’agricoltura italiana, l’olio d’oliva leccese, assume il connotato di “beffa”, non solo ai danni dell’economia italiana, ma anche della dignità dell’Italia, trattata da minorata mentale, ma anche da vittima delle lobby multinazionali, a mezzo degli agenti che operano a nome di queste: il Ministero dell’Ambiente, quello delle Infrastrutture, la Procura di Lecce, e, ovviamente, i media di regime; i quali si sono limitati a sgranare gli occhi quando le popolazioni e gli amministratori pubblici pugliesi si sono ribellati, e hanno subito l’invereconda aggressione delle milizie di Stato, visto che si tratta, udite udite, “di sostituire l’uso del carbone con l’uso meno inquinante del gas”! Innanzi tutto cominciamo col dire che qui nessun vuole che si continui ad usare carbone, esattamente come l’energia nucleare: peccato però che proprio ieri, il Presidente Trump, che presiede il maggiori dei paesi al mondo per impatto nucleare delle sue 100 centrali, abbia decretato l’uso del carbone come “indispensabile fonte di energia” riaprendo le miniere, e quindi già possiamo immaginare l’impatto ambientale su queste tipologie estrattive, che già interessano Russia e Cina in modo invasivo per l’ambiente terraqueo. Ed è paradossale che a pochi chilometri, a Cerano, siano tuttora attivi la mega-centrale a carbone dell’Enel, e a Taranto, gli impianti dell’Ilva, tutti funzionanti a carbone, responsabili, questi ultimi, della distruzione ambientale della città! Voi direte: ma così il gas arriverà a fagiolo! Assolutamente no: sarebbe impossibile rifigurare impianti così grandi (e con bilanci costantemente in rosso!), da carbone a gas (la centrale elettrica della Sorgenia -gruppo De Benedetti- a Modugno, convertita a gas, è costata il fallimento di MPS!), come sosteneva il Governatore Emiliano, spingendo a spostare i cantieri più vicino a queste entità suicide! Secondo l'Agenzia Internazionale Europea (IEA) e secondo Eurogas (società che unisce tutti i distributori di gas in Europa), il fabbisogno di gas è all'incirca di 500 miliardi di metri cubi all'anno. Nel 2003 la Ue ha utilizzato 530 miliardi di metri cubi, mentre nel 2013 il consumo è stato di 460 miliardi di metri cubi. Il consumo quindi sta scendendo. Considerando che le infrastrutture europee, tra tubi e rigassificatori, consentono attualmente di importare 600 miliardi di metri cubi e che 100 miliardi sono già prodotti in Europa, è evidente che il nostro continente possa beneficiare oggi di una quantità di gas sovrabbondante rispetto al necessario, tanto più considerando la parabola discendente del fabbisogno europeo. Quindi, per riassumere, la storia vergognosa della “xylella” questo parassita delle piante d’ulivo, è un’invenzione bella e buona per tagliarle, e far posto a questi impianti industriali: e lo avete veduto con i vostri occhi questi giorni, quando le milizie di Stato hanno avallato il loro espianto, e quindi la distruzione: dubitiamo che 500 piante d’ulivo centenarie possano vivere dopo strapianti vari e irrorazioni velenose. Manca solo l’ultima chicca: perché questo gasdotto è riuscito a “scavalcare” altro progetti titanici, come Nabucco (americano) e South Stream (russo)? Perché nel frattempo le multinazionali dell’energia, che non hanno affatto l’intenzione di sfidarsi militarmente, come i loro gestori politici, hanno deciso che l’Europa, e le sue debolezze, fossero l’obiettivo ideale per demandare il disastro ambientale provocato da quest’opera, e tra i partner più “sfigati” c’erano la Grecia (che non gode più di alcuna sovranità), l’Albania (un’espressione geografica), e ovviamente l’Italia (la cenerentola), mentre loro sfrutteranno il monopolio e i ricavi stellari. Infine il pericolo: il TAP percorrerà oltre 100 chilometri sotto il Mare Adriatico, il più inaffidabile percorso “sismico” di tutto il Mediterraneo, su tubi da 1,5 metri, e da 2, 6 millimetri di spessore. E poggerà su un tappeto infinito di “metano naturale” dormiente, che si è accumulato nei fondali per millenni, causa la moria naturale di piante e animali marini, e recentemente, per la presenza dei rifiuti. Ora, ipotizziamo che un terremoto spacchi o incrini una tubatura, e provochi lo sversamento del metano gassoso, e capirete il rischio: si tratta di prodotto più leggero dell’acqua, che salirà in superficie, dopo aver reagito con quello di sottofondo: un fulmine, e il mare Adriatico potrebbe letteralmente incendiarsi! Fantascienza (*)? Forse, ma di certo non riguarderà mai i pasciuti tedeschi, o gli americani e i russi, e gli azeri e gli svizzeri, e gli altri, tutti soci di questa avventura tragica, lontani migliaia di miglia, che si godranno lo spettacolo! (Earth First) (*) Vi consigliamo di leggere, di Frank Schnatzing, IL QUINTO GIORNO, ed. TEA II.
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