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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi di Dicembre 2016

 

Il "provocatore fascista" , conte Paolo Gentiloni da Tolentino

Post n°1487 pubblicato il 30 Dicembre 2016 da r.capodimonte2009
 

Durante tutto il ‘68 e oltre, tutta la canea che si definiva “sessantottina”, vestita di eskimo e con barbe alla “Che”,  violentava l’università e la scuola in nome di una rivoluzione che, intanto, negoziava con il potere, in nome di quella “strategia della tensione” che fece anche decine e decine di vittime: tant’è che la maggior parte dei leader di allora sono tutti sistemati in posti di prestigio e privilegio, dove di rivoluzione non si può parlare, e anzi, se lo fanno i grillini, vengono stigmatizzati come “fascisti”. Infatti, non è un caso che il vizietto che personaggi come il conte Paolo Gentiloni da Tolentino, anch’egli mascherato, all’epoca, da sanculotto al servizio di leader trasformisti molto esperti, avevano, era di definire qualsiasi avversario politico che non la pensasse come loro (oltre, naturalmente, ai quattro gatti veramente fascisti!), appunto, un “provocatore fascista”.

Tutti questi elementi raffazzonati, che mai ebbero l’idea di cambiare il Paese, ma anzi di conservarlo così com’era, carico di efferatezze e ingiustizie, oggi si permettono di fare orecchie da mercante del loro passato, e si sono messi a difendere la  peggiore reazione codina e corrotta, che sta portando l’Italia alla rovina. PER QUESTO UNA VOLTA TANTO, CI PARE GIUSTO ANCHE A NOI, DEFINIRLI “PROVOCATORI FASCISTI”!

Se una “faccia di bronzo” come questo marchigiano (mai più appropriato di lui nella definizione del motto “meglio un morto in casa che un marchigiano fuori dalla porta”), si permette questa mattina di tenere una conferenza stampa, PROVOCATORIA NEI CONFRONTI DEL POPOLO ITALIANO, che solo venti giorni fa lo ha svergognato, assieme a tutti i suoi “compagni di malefatte”, a tal punto da far rizzare i capelli in testa perfino ai colleghi del suo partito di plastica, vuol dire che siamo da capo. Questa è la stessa canea di 50 anni fa’, ma con i capelli bianchi, che ritenta il gioco di allora: l’inganno plateale, per consegnare il Paese allo sfascio.

La prima verifica è stata quella della sua considerazione sul voto referendario: causa principale, certo, della caduta di Matteo Renzi, ma non per questo, ci fa capire, così determinante da stigmatizzare il riformismo di questo sindaco promosso dalla peggiore  massoneria Presidente del Consiglio, che va salvato, e perpetuato: infatti, i colpi di coda di questo “avventurismo renziano” si vedono tutti nitidamente. Il crollo del sistema bancario italiano, la catastrofe di asset garantiti, quali, per fare due esempi, Alitalia e Almaviva (peccato che il ceo di Alitalia, Montezemolo, avrebbe voluto graffignare i fondi dell’Olimpiade, così come quelli messi a disposizione da Ethiad!), il de-profundis dell’’occupazione, l’aumento vorticoso delle tasse, l’immigrazione selvaggia che ha trasformato l’Italia in un ponte di transito del terrorismo, lo sprofondo dei parametri di Maastricht, con l’aumento verticale del debito pubblico e il crollo della domanda interna; la disintegrazione del welfare, con milioni di famiglie sul lastrico; la concessione ai grandi imprenditori di privilegi assoluti che hanno cancellato la pmi. “Continuità assoluta” ha affermato il “provocatore”, con questo baratro senza fondo, che terrà in piedi il Governo finchè avrà una maggioranza!

Così risponde ai 21 milioni di italiani che gli hanno segato le gambe, forte, quest’uomo meschino, di quella operazione “golpista” che il Quirinale, ancora una volta, ha portato avanti, su ordine dei poteri forti.

E la sfida si fa cocente, rabbiosa, quasi vendicativa: se gli chiedono perché ha confermato la persona più sputtanata del paese, Maria Elena Boschi, risponde che è stato lui a volerla, perché è una risorsa; e se gli domandano cosa pensa dello scandalo Consip, che sta travolgendo per l’ennesima volta il Governo, lui ribatte che tiene in gran considerazione sia il faccendiere Lotti che il generale Del Sette, ludibrio dell’Arma!

Insomma, il “provocatore fascista” mostra di non temere affatto il giudizio popolare, e forse spera che, alla fin fine, trucchi e imbrogli trascineranno il Paese fino alla scadenza della legislatura. E potranno rimettere in sella i vecchi equilibri, magari rinnovati con l’ausilio dei sempre disponibili centrodestristi.

Un piccolo consiglio al conte Gentiloni, da marchigiano a marchigiano: non tiri troppo la corda! Un tempo le famiglie di nobiltà nera, in caso di sommosse i ritiravano in Vaticano, in attesa che le acque si calmassero, e i gendarmi facessero il loro dovere. Che non sia mai che popolo e gendarmerie si sollevino, e assaltino il palazzo, questa volta, per i traditori e i provocatori, non ci sarà scampo! (R.Scagnoli)

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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I crucci di Mario Draghi

Post n°1486 pubblicato il 27 Dicembre 2016 da r.capodimonte2009
 

Mario Draghi non ce l’ha fatta più a tacere: non appena ha chiuso il faldone relativo al fallimento di MPS, sembra abbia rimbrottato: “Ma questi qui hanno veramente la faccia come il culo!”. Non solo hanno caricato di titoli tossici 40.000 obbligazionisti, costretti a partecipare all’acquisto di Antonveneta, per ricavarsi 5 miliardi di mazzette destinate alla “banca del buco, di Mussari & C. (C. sta per la Fondazione, per il PD, per Lega Coop, per il Comune di Siena); non solo hanno disintegrato il valore dell’azione, che in sei anni ha perso il 500%, nonostante gli interventi “mafiosi” di Tremonti, Monti, Saccomanni, e il silenzio della Consob su aumenti di capitale-truffa; non solo hanno falsificato anni e anni di bilanci, tacendo su mega operazioni derivate, per miliardi, che oggi, finalmente, trascinano in un’inchiesta lo stesso Monti che ne era perfettamente a conoscenza; ma addirittura che l’UE conceda alla banca senese di salvarsi tranquillamente con un grosso aiuto di Stato, contravvenendo alle regole di Maastricht, riducendo al minimo l’intervento del Tesoro (che si avvarrà del debito pubblico!), che invece è di quasi il doppio (da 5 a 9 miliardi), con bella pace di chi, zitto zitto, la lascerà tranquillamente come prima, anziché nazionalizzarla (che significherebbe strapparla dalle mani dell’attuale dirigenza, scollandola da una fondazione ormai priva di significato, e trasformandola in un asset esclusivamente in grado di finanziare progettualità di piccole e medie imprese, lasciando fuori le grandi, almeno fino a che non avranno pagato i 28 miliardi di crediti in sofferenza!); e, vergogna delle vergogne, che una magistratura più che collusa, non abbia ancora comminato pene severe, galera compresa, a questa cupola di malavitosi, che si sono ingoiati 30 miliardi senza colpo ferire; tutto questo è veramente troppo: anche per chi, come lui, da italiano dovrebbe “chiudere” un occhio! Ma questa volta ne va di mezzo la sua dignità, che già è in cima alle minacce tedesche, e che potrebbe, in caso di futura vittoria elettorale delle opposizioni, e la sconfitta definitiva di Renzi, convincere Mattarella a chiamarlo al capezzale della nazione, magari con l’appoggio di Grillo.

Non sarà perciò un buon Natale né per l’avatar Gentiloni, né per il buffalmacco Padoan (ricordate, il sistema bancario italiano è solido!), ma neppure per tutta la canea dei falsi imprenditori (ci viene in mente il figlio di Poletti!), che hanno svaligiato MPS, così come altre dieci banche, e nessuno muove un’accusa o fa un esposto, mentre su Roma piove di tutto. Ovviamente, per i giudici, non contano le migliaia di esposti delle 130.000 famiglie dei risparmiatori delle 4 “bancarelle” fatte fallire in fretta e furia (perché di scarso interesse per il “partito di Stato”), contro i loro vertici (nel rinvio a giudizio, guarda un po’, non appare il nome di papà Boschi!), ma se lo fa l’Ordine dei Revisori di Bilancio della giunta regionale laziale, allora è certo che il bilancio “preventivo” del Comune di Roma è fasullo; così come è “inquietante”, l’assunzione del fratello di Marra, che aveva tutte le carte in regola, prima, quando fu effettuato, mentre adesso, che al giudice delle cause perse, il presidente dell’ANAC, Cantone, arrivano ordini di scuderia, se ne è dimenticato: forse preso a ripassare i verbali degli imbrogli del sindaco di Milano, Sala, nell’assegnare le gare d’appalto, secondo mazzette (vedi gli alberi pagati il triplo, o i ristoranti regalati all’ex-lavandaio, ora veditore di caciotte, Oscar Farinetti!).

Se poi aggiungiamo che Gesù Bambino ci ha portato l’ennesimo mega-scandalo governativo, che coinvolge, il noto “fantasma” Tiziano Renzi, salvato dalle rivelazioni dell’amico Lotti, e gli  amici della famiglia fiorentina, i generali dei Carabinieri, Saltalamacchia e Del Sette (epigoni di altri noti generali già incappati nelle inchieste, ma questa volta della GdF!), sul fatto che la magistratura aveva scoperto un giro di mazzette nella Consip, l’ente addetto alle aste pubbliche di Stato; e ci mettiamo che, in almeno una decina di Comuni stanno saltando fuori firme false a gogò, raccolte per presentare liste del PD (mentre, guarda un po’, si parlava e si parla solo di quelle del M5S a Palermo!); allora Mario Draghi ha ragione ad essere prudente. Prima di accettare, ma forse di pensare di accettare l’incarico di Presidente del Consiglio, in una repubblichetta delle banane, così come è ridotta la nostra, fa molto bene a far ingoiare un po’ di ansiolitici a chi vorrebbe pretendere, dopo il NO referendario, che le cose restassero come prima, anzi peggio.

I “salvatori della patria”, e gli “uomini della provvidenza” che dir si voglia, quasi sempre camminano sulle rovine di un Paese, che poi vengono a salvare. Ma camminare sulle rovine, e camminare sulla merda, non è proprio la stessa cosa! (ST.JUST)

 
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La fine indecorosa del Monte Paschi Siena

Post n°1485 pubblicato il 23 Dicembre 2016 da r.capodimonte2009
 

Erano i tempi del “governo tecnico”, cioè del “colpo di Stato” che Giorgio Napolitano effettuò su input della Casa Bianca e dell’U.E. per cacciare via Silvio Berlusconi, ormai travolto dagli scandali, euroscettico per induzione di Tremonti, ma ancora con la sua brava maggioranza; e non ci nascondiamo che la magistratura per venti anni l’aveva arrostito a fuoco lento. Ci si chiese se Mario Monti, questo grande economista, che derivava le sue capacità di burocrate dalla Goldman & Sachs e dal Bilderberg, oltre che dal superdecantato dottorato della Bocconi, fosse l’uomo giusto al momento giusto, visto che aveva servito con eccessiva blandizie i palazzi di Bruxelles, e ne rispettava pienamente le regole, anche quelle più nefaste. La più nefasta di tutte, inventata a tavolino dalla banda guidata da Romano Prodi, d’accordo con l’alta finanza tedesca, era lo “spread” che commisurava, in senso stretto e artificiosamente, le emissioni di titoli tedeschi a confronto con quelli di tutti gli altri Stati europei, compresi i nostri, dopo che nel 2001 il concambio lira-euro aveva già visto una perdita secca a favore del marco del 30%. L’aumento vertiginoso e improvviso di questo “indice”, in realtà utilizzato come grimaldello contro il nostro Paese, si disse, dimostrava che l’Italia era alla frutta: e oggi, dopo cinque lunghi anni di “frutta e verdura” ci accorgiamo che questo stesso spread si è rimpicciolito anziché crescere, di fronte a condizioni economiche di gran lunga peggiori di allora!

La gente, impaurita come al solito dai media asserviti al potere, abboccò: Berlusconi fu cacciato, il Parlamento detronizzato da una paccottiglia politica e ruffianesca di moderati di F.I. e catto-comunisti del PD, e potè passare così il metodo Monti, che ancora ci sta martoriando.

Tra le subitanee iniziative di questo “squalo” e dei piragna al suo servizio, come Elsa Fornero, si ebbe il soccorso al MPS, allora considerata “banca debole”, ma non fallita e corrotta, come si rivelò in seguito. In realtà Monti sapeva da un pezzo che i suoi confratelli di loggia, la banda Mussari, d’accordo con la Fondazione, controllata per settant’anni dalla peggiore sinistra avventuriera e corrotta, avevano depredato la banca, e per favorirli, dopo aver constatato che l’aiuto del suo predecessore, Giulio Tremonti, altro personaggio coinvolto a tutelare i fidi del suo “alleato” di Arcore, erano andati insoluti, procedette ad un ulteriore regalino natalizio di 5 miliardi; mentre tutti sapevano che il buco reale era di oltre 20, e non certo e solo perché Beppe Grillo l’avesse dimostrato in assemblea dei soci (e il popolo senese, che adesso piange perché ha perso i privilegi che il Monte gli concedeva da anni, allora lo ignorò!), e magari il nostro direttore l’aveva rivelato, con prove, alla Procura di Roma. Si trattava di un regalino a due facce: la prima diretta a Bersani, perché gli sostenesse il governo, turandosi il naso; la seconda diretta a Berlusconi, perché si acquietasse, assicurandogli (falsamente) che lo avrebbe protetto dalla magistratura!

Non stiamo a dilungarci sui cinque anni di vicende scandalose di questa fetta di Toscana, che, insieme a Roma e Palermo, sta ormai facendo a gara ad ospitare i poteri mafiosi, ma oggi constatiamo che la nazionalizzazione dei resti di questo istituto sbrindellato e rapinato, è costata, alla fine, il doppio esatto di quanto sarebbe costato allora, 40 miliardi, tutti sulle spalle del popolo italiano, e non solo dei senesi (che avrebbero meritato non solo di pagarlo loro, ma di rimetterci tutti i loro investimenti, visto che il barracuda Padoan assicura chi ha votato SI al referendum, che non perderà un centesimo da questa operazione!).

Quel che continua ad essere strana è la “bonomia” della Commissione Europea, la quale, ha sempre detto, in tutti questi anni, che ogni tipo di intervento statale era proibito! In realtà la Commissione, da tempo, conosce l’inevitabile soluzione che sarebbe arrivata, dopo  lo spreco di denaro e gli imbrogli perpetrati a danno di azionisti, obbligazionisti e clienti, senza che una sole voce si levasse dai sindacati o dai dipendenti dell’istituto, in un’omertà tutta bancaria. Che cosa si sia imbrogliato là dentro, non lo sapremo mai: intanto perché i magistrati ci stanno andando col piede di velluto, in genere in tutti gli scandali finanziari, perché molti di loro sono “coinvolti”, e condannare i manager alla galera, costringerebbe questi ultimi a “quaquaraquare”... Poi, appunto, perché il Governo Gentiloni, adesso, mette una bella pietra sopra i 20 miliardi, dopo il fallimento del Fondo Atlante, con l’aiutino silenzioso di Bruxelles, la quale non ignora certo che la crisi bancaria italiana è molto peggio di quella greca, almeno in termini di grandezza. E che anche le banche tedesche e francesi, indubbiamente più furbe di quelle italiane, se il MPS fosse fallito, sarebbero state trascinate nel gorgo, esposte, specie la Deutsche Bank, di decine di miliardi, anche in derivati!

La cosa più grave resta il trattamento che riceveranno i 40.000 obbligazionisti “subordinati”, cioè che si sono fatti convincere con titoli tossici: Padoan dichiara che non perderanno un centesimo! Sarebbe un ulteriore scandalo nei confronti dei 130.000 investitori delle 4 banche fallite, a cui sono stati truffati circa 2,8 miliardi, non ancora restituiti neppure in parte. In tal caso il Governo rischia la piazza, e gravi implicazioni costituzionali, per una palese difformità di trattamento. Se, invece, quella di Padoan è un’altra menzogna, allora 20 miliardi sono una bazzecola, perché dentro MPS cova un cancro di oltre 30 miliardi di crediti in sofferenza: i quali, sommando, appunto, il rimborso dei titoli tossici, supera i 40 miliardi.

Infine, il piano industriale di salvataggio, recita che ci sono da sistemate oltre 150 dirigenti e funzionari e oltre 5.000 dipendenti, e già immaginiamo che il sindacato, finora silente, proporrà anticipi pensionistici e cig a gogò, e i costi saliranno di altri 10 miliardi.

Che il popolo dei 17 milioni di famiglie disagiate, e dei 4 milioni di famiglie diseredate, sappia allora che fine hanno fatto i soldi del “reddito di cittadinanza” che avrebbe migliorato, e di tanto, le loro condizioni; lo stesso sappiano quelli degli “80 €”, che finalmente, visto che non li meritavano, dovranno restituirli tutti.

Ma soprattutto il popolo si svegli, a constatare, se ce n’era ancoa bisogno, di che pasta ammuffita e velenosa è composta l’Unione Europea! (David Ricardo)

 

 

 

 

 
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ANCHE NOI VOGLIAMO ESSERE "FAZIOSI"

Post n°1484 pubblicato il 22 Dicembre 2016 da r.capodimonte2009
 

Il 4 giugno 1944 Roma viene liberata dagli Alleati. Il primo direttore dopo la Liberazione è Tommaso Smith, personaggio non compromesso col regime. Malgrado ciò il 9 giugno le autorità vietano Il Messaggero,  «per la passata attività» di fiancheggiamento del fascismo e dell'occupante tedesco. Il giornale romano, ora appartenente ai tycoon di casa Caltagirone, che con il titolo a tutta pagina di ieri, dal carattere terroristico a dir poco, sulla bocciatura del “bilancio di previsione” dei Cinque Stelle (l’unico bilancio preventivo della storia ad essere stato presentato entro l’anno previsto, cioè quello antecedente al bilancio fattivo), poneva in forse che l’avvistamento di taccole sul Prenestino, fossero uccelli e non Ufo! Le bugie hanno le gambe corte, caro direttore dal nome fascistizzante di “Virman”, per nascondere evidentemente le origine ebraiche della famiglia, in tempi in cui l’ebraismo non dovrebbe temere più nulla. Gli svarioni giornalistici di questo giornale, che fu talmente fascista da falsificare non solo le persecuzioni naziste a Roma, che culminarono con le Fosse Ardeatine, ma ancor prima da fare da cassa di risonanza dei bollettini di guerra fasulli, di un regime che la stava perdendo su tutti i fronti, non mentono. Forse in città c’è ancora qualche romano che legge questa spazzatura, convinto che sia  “giornalismo”, invece non è che stampa di carta da macero o da incartare il pesce o peggio, visto il precipitare delle vendite dell’intero gruppo editoriale; che non è che la punta dell’iceberg, ovviamente profumatamente sostenuta dallo Stato più corrotto dell’emisfero boreale, di un impero che non perdona a Virginia Raggi di avergli strappato una bella manciata di miliardi per costruire sui propri, loschi interessi, l’Olimpiade della miseria!

Credete che sia  faziosità la nostra? Allora andatevi a guardare gli interventi sui social (ripresi da interviste) di due giornalisti che stanno ai grillini come i pulpiti stanno alle polpette: ci riferiamo a Maurizio Belpietro e a Franco Bechis , uomini di centro-destra, che assieme a Marco Travaglio (lasciato solo questa volta dai “giacobini” Gomez e Padellaro), stanno faticosamente dimostrando quanto questa campagna totalitaria contro il Comune di Roma abbia un puntuale sponsor: ufficialmente, quel Matteo Renzi uscito a pezzi dal referendum, ma che resta in sella grazie agli occhiolini di Berlusconi e soci (e non ci pare che Il Giornale abbia preso bene il voltafaccia seguito al no alla fiducia di Gentiloni, da parte della sottospecie di servi di scena di Forza Italia, tutti allineati e coperti a difendere la cassaforte di famiglia di Mediaset, da parte di un caimano molto più arrapato delle “escort” dei festini!); ufficiosamente, il comparto dei poteri forti e massonici, che impestano la capitale della mafia settentrionale, dove si agitano come burattini i vari Poletti, Madia, Padoan, Pinotti e adesso il capo dei servizi segreti, Minniti, chiamato a studiare qualche “strategia” che contribuisca a segare Grillo; nonchè i dirigenti predatori delle principali banche italiane, che, non si sa bene il perché, in questo Paese vengono finanziati e salvati col denaro di tutti i cittadini, mentre dovrebbero finire in galera!

E quindi, di giornalismo si può anche morire... dalla vergogna, come giustamente fa notare Bechis. Specie quando si vuole identificare, come fece il Messaggero durante il fascismo e poi il nazismo, la libertà di stampa con le menzogne a favore del regime. Una macchia indelebile sulla coscienza di scribacchini, pagati con i vaucher e che temono di perdere uno straccio di lavoro, ottenuto oltretutto dalla mediazione dei propri parenti corrotti,  offendendo magari i  ragazzi che sono costretti a scappare all’estero per lavorare, perché non si chiamano né Manuel Poletti né Eleonora Padoan, né Silvia Deaglio Fornero, o Antonio Alfano, e altri cento di questi rampolli che il regime alimenta. E poi muoiono di terrorismo, come la povera Fabrizia Di Lorenzo. Gente che non ha neppure il coraggio di sentirsi parte di un "comitato di redazione libero"!

E la vendetta contro questi comportamenti barbari e sciacalleschi, caro direttore Cusenza, non riceveranno la pena su questa terra, che il dio di Abramo o di Pietro  o di Maometto hanno abbandonato da un pezzo, schifati del loro stesso lavoro, ma verrà consumata  dopo, quando di noi sarà perduto il ricordo, perché di ogni ignominia e abbiezione si paga sempre il prezzo, con un silenzio assordante, che la storia distribuisce col massimo disprezzo! (ST.JUST)

 

 

 

 

 

 
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Il regime anteporrà al popolo una nuova strategia della tensione.

Post n°1483 pubblicato il 21 Dicembre 2016 da r.capodimonte2009
 

TERZA PUNTATA

In Italia si narra che lo Stato si sia trovato, più volte, sotto minaccia golpista: dai tempi del generale De Lorenzo, fino al cosiddetto “golpe Borghese”, dalla vicenda intessutasi attorno ai piani di Licio Gelli, per un’occupazione totalitaria del potere da parte della massoneria, fino ai più recenti atti incostituzionali operati dal Presidente Napolitano, il quale, di fronte ad una inesistente pericolo di natura finanziaria (il più che spupazzato “spread”), approfittò per insinuare al potere un’intera classe politica, che era uscita a pezzi dal confronto elettorale, e che purtroppo, attraverso corruzione e trasformismo è giunta fino ad oggi.

Affermare, tuttavia, che questi gruppi, radiocomandati dalle centrali economiche e finanziarie degli Usa e dell’Unione Europea, siano riusciti a realizzare del tutto l’essenza stessa del “golpe”, attraverso l’uso indiscriminato delle “tagliole parlamentari”, cioè l’umiliazione delle opposizioni, la decretazione d’urgenza generalizzata, l’occupazione sistematica degli enti pubblici e mediatici, un certo “ammaestramento” della magistratura: e cioè il capovolgimento delle istanze sociali, disintegrate a favore dell’arricchimento delle lobby, e la riduzione in poltiglia del sistema imprenditoriale e artigianale delle pmi, in modo da favorire lo sgretolamento del sistema produttivo e manifatturiero italiano, per svenderlo agli investitori stranieri, al solo scopo di rimpinguare le casse dello Stato svuotate da anni e anni di sprechi e concussioni; il ridimensionamento del c.d. “populismo”, ormai seconda forza politica del Paese, sempre più proiettata verso il potere; e infine, un riformismo coatto della Costituzione, in grado di trasformare la repubblica democratica, in repubblica “autoritaria”.

Che costoro non abbiano mai nascosto le aderenze ricevute dal mondo dei media, dalla grande imprenditoria, dalla burocrazia e da parte della magistratura, lo si comprende dalla vittoria netta del No al referendum, quale reazione “popolare” a questa consapevolezza. Tant’è che è da capo ricominciata, questa volta con un dispiego di energie da capogiro, la battaglia finale contro il M5S (attraverso il Comune di Roma, ma altrimenti sarebbero venuti fuori altri “casus belli”!), per sminuzzarlo, e se non altro strappargli quell’impeto che ne fa l’oggetto più studialo della “sindrome di Lazzaro”: più lo si uccide, più resuscita.

L’operazione parte da lontano: cioè dall’accordo leonino che portò all’elezione alla Presidenza della Repubblica un’eminenza grigia da Prima Repubblica, un “esperimentatore” siciliano di lungo corso, di quell’andreottismo di maniera che aveva visto, e vede, la mutazione diabolica del cattolicesimo in socialismo, per allargare il potere, e sfruttarlo a meri fini personali. Esperimento, appunto che i Mattarella iniziarono, ma che non vollero condividere con coloro che Andreotti invece,  aveva fatto partecipi e soci, i mafiosi; e che si vendicarono assassinando Pier Santi. L’uomo doveva fare da collante con la precedente “consiliatura presidenziale” di Giorgio Napolitano, avallando da subito il suo pupillo e delfino, Matteo Renzi. E proprio a Renzi si deve il fallimento di quel disegno di cui sopra, e quindi la caduta del progetto. Da qui la spinta che l’ex-membro della Consulta ha esercitato sulla magistratura più allineata ai palazzi non solo del potere politico, ma anche massonico, per riaprire il conto con Beppe Grillo.

E’ chiaro che le facilonerie e l’inesperienza tuttora dimostrata dai grillini lo hanno facilitato, ma in ogni caso si sarebbe ricorsi ad escamotage “giudiziari” gli unici in grado di scuotere l’opinione pubblica attraverso la vergognosa diffusione di fonti, proprio da parte delle stesse procure.

Chiariamo subito: si tratta dell’estremo tentativo che il regime fa contro l’”antipolitica”: se non riesce a scardinarla prima delle prossime elezioni, non ci riuscirà mai più.  Ecco, le motivazioni per cui Mattarella ha fatto nel nuovo Governo alcune mosse importanti, per esempio, confermando la Pinotti al MID (idealizzando impossibili ritorni collusivi con Trump!) e promuovendo al Ministero degli Interni Domenico “Marco”  Minniti, detto anche il “Richelieu comunista”. Si tratta di un politico di lungo corso, fervente comunista, poi passato da D’Alema a Renzi, proprio per la sua influenza sia sulla magistratura che sulle Forze Armate e di Polizia, che in Italia, preventivamente, vengono sentite sui curricula delle più alte cariche dello Stato: Minniti, a capo della struttura di intelligence italiana, la più bizantina al mondo, decide se quel personaggio lo si debba “candeggiare” o “bocciare”. Dal 1994 siede ininterrottamente in queste stanze “oscure”, dove la vicinanza tra potere, corruzione, intrigo e quindi “manipolazione di cose e persone”, che tanto aveva contato nei vent’anni precedenti, quando i servizi “deviati” della Repubblica avevano sconvolto il Paese.  La sua stoffa si è raffazzonata ai tempi del passaggio della Russia, tra URSS e democrazia, tempi che gli sono serviti per “copiare” di sana pianta dai servizi “intrallazzatori”, amici dei nemici e nemici degli amici, in un caravanserraglio entro cui, questo calabrese figlio delle consorterie colluse con la ‘Ndrangheta, ha sheckerato Cia-Fsb (l’ex-Kgb), Mossad, palestinesi e perfino l’Isis; in modo talmente sapiente che, finora, e nonostante l’Italia rappresenti il ventre molle dell’Europa, il terrorismo “vero” l’ha risparmiata.

Ciò non toglie che Minniti sia stato chiamato da Mattarella a compiti più specifici, dopo la parentesi dei 4 disgraziati anni alfaniani.

In realtà, con l’avvento di Renzi, e su suggerimento della stesso senatore (dal novembre 2001 al maggio 2006 ha diretto il Dipartimento sicurezza e difesa della direzione dei Ds. È stato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio nei governi D’Alema I e II, sottosegretario al Ministero della Difesa nel governo Amato II e viceministro dell’Interno nel governo Prodi II), il Ministero dell’Interno è stato investito di nuove “regole d’ingaggio”, che prevedono, da una parte, uno stato di mobilitazione permanente a favore delle scorte o dell’assistenza connessa all’immigrazione; dall’altra un rinfocolamento deciso e intransigente dell’uso della forza, nei confronti delle proteste e delle manifestazioni. Ovviamente la filosofia (Minniti è un laureato in filosofia!) detta una  reazione direttamente proporzionale alla debolezza di chi va in piazza: si menano i  malati di sla, più che i black-bloc, gli studenti più che i sindacati. Né si può onestamente agire contro il “grillismo” pacifista, perché se ne ignora la reazione (sic!), anche se tutto questo innervosisce e non poco gli agenti di polizia, i carabinieri e la GdF.

Ma lo “stato di polizia” è già in formazione: e non è solo farina del sacco italiano. E’ da tempo che le milizie “europee” si stanno organizzando sotto la sigla Eurogendfor, e lo scopo non è certo quello di difendere il continente dal terrorismo, come si può facilmente vedere dalla libertà che questo ha di svolgere il suo lavoro, ma dall’”antieuropeismo attivo”, che traspare ogni giorno di più, dai movimenti che questi signori della guerra insistono a chiamare “populisti”. La prova generale si è avuta in Grecia, dove poliziotti tedeschi e francesi hanno spesso sostituito i poliziotto greci, solidali con la popolazione, ed osservatori dell’Eurogendfor sono in Italia da tempo, convinti che anche il popolo italiano, prima o poi si riverserà nelle piazze.

Nell’ambito di questa stretta autoritaria, rientra anche la militarizzazione delle Guardia Forestale nell’Arma dei Carabinieri, viste le simpatie “autonomiste” di questo corpo “incontrollabile”, perché disperso in località spesso remote, che, già in passato, ha nutrito simpatie troppo “popolari”. Ma la protesta di questi 8.000 ambientalisti “armati” non demorde. D’altra parte tutti i vertici delle Forze Armate e di Polizia sono politicizzati dalle “forche caudine” dei servizi segreti, e non si fanno eccezioni, anzi generali e ammiragli vengono regolarmente ricoperti di privilegi e provvigioni, per tenerli a cuccia.

Per concludere, tutto o quasi è pronto per scatenare la reazione poliziesca: e si aspetta solo che le provocazioni perpetrate ai danni del M5S si traducano in ribellione aperta. Ma ciò non avverrà, almeno fino a che il movimento agirà tramite Beppe Grillo e i suoi dirigenti. In questo caso Minniti e i suoi ricorreranno ad una nuova “strategia della tensione”, per altro già concordata con la Cia, quando sembrò che la Clinton potesse vincere e continuare la strategia “golpista” americana in Italia. Forse addirittura facendo ricorso al solito terrorismo arabo o palestinese “teleguidato da cospicue mazzette” così come accadde, per esempio, con la strage alla stazione di Bologna.

Quando il regime si accorgerà di non poter sconfiggere l’opposizione di un M5S che, per ipotesi, non subisse eccesive perdite neppure con l’uscita dal Comune di Roma, allora qualcosa succederà di certo: rifiorirà un fascismo morto e sepolto, oppure si incolperanno gli anarchici, in ogni caso la paura sarà la molla che, ancora una volta, raccapezzerà il popolo italiano sotto  una “democrazia di plastica”.

Questi sono i disegni di Mattarella, di Renzi, dell’UE, e di Minniti.  In ogni caso si farà di tutto per disperdere il M5S, o per amore o per forza.  Sempre che il popolo, e lo stesso movimento, non comprendano che i tempi della protesta alla Gandhi, che finisce sempre con la morte di Gandhi, siano finiti!  Una volta per tutte... (ITALIADOC)

 

 

 
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