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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

 

 
« Insistiamo: i giudici fa...ANCHE NOI VOGLIAMO ESSER... »

Il regime anteporrà al popolo una nuova strategia della tensione.

Post n°1483 pubblicato il 21 Dicembre 2016 da r.capodimonte2009
 

TERZA PUNTATA

In Italia si narra che lo Stato si sia trovato, più volte, sotto minaccia golpista: dai tempi del generale De Lorenzo, fino al cosiddetto “golpe Borghese”, dalla vicenda intessutasi attorno ai piani di Licio Gelli, per un’occupazione totalitaria del potere da parte della massoneria, fino ai più recenti atti incostituzionali operati dal Presidente Napolitano, il quale, di fronte ad una inesistente pericolo di natura finanziaria (il più che spupazzato “spread”), approfittò per insinuare al potere un’intera classe politica, che era uscita a pezzi dal confronto elettorale, e che purtroppo, attraverso corruzione e trasformismo è giunta fino ad oggi.

Affermare, tuttavia, che questi gruppi, radiocomandati dalle centrali economiche e finanziarie degli Usa e dell’Unione Europea, siano riusciti a realizzare del tutto l’essenza stessa del “golpe”, attraverso l’uso indiscriminato delle “tagliole parlamentari”, cioè l’umiliazione delle opposizioni, la decretazione d’urgenza generalizzata, l’occupazione sistematica degli enti pubblici e mediatici, un certo “ammaestramento” della magistratura: e cioè il capovolgimento delle istanze sociali, disintegrate a favore dell’arricchimento delle lobby, e la riduzione in poltiglia del sistema imprenditoriale e artigianale delle pmi, in modo da favorire lo sgretolamento del sistema produttivo e manifatturiero italiano, per svenderlo agli investitori stranieri, al solo scopo di rimpinguare le casse dello Stato svuotate da anni e anni di sprechi e concussioni; il ridimensionamento del c.d. “populismo”, ormai seconda forza politica del Paese, sempre più proiettata verso il potere; e infine, un riformismo coatto della Costituzione, in grado di trasformare la repubblica democratica, in repubblica “autoritaria”.

Che costoro non abbiano mai nascosto le aderenze ricevute dal mondo dei media, dalla grande imprenditoria, dalla burocrazia e da parte della magistratura, lo si comprende dalla vittoria netta del No al referendum, quale reazione “popolare” a questa consapevolezza. Tant’è che è da capo ricominciata, questa volta con un dispiego di energie da capogiro, la battaglia finale contro il M5S (attraverso il Comune di Roma, ma altrimenti sarebbero venuti fuori altri “casus belli”!), per sminuzzarlo, e se non altro strappargli quell’impeto che ne fa l’oggetto più studialo della “sindrome di Lazzaro”: più lo si uccide, più resuscita.

L’operazione parte da lontano: cioè dall’accordo leonino che portò all’elezione alla Presidenza della Repubblica un’eminenza grigia da Prima Repubblica, un “esperimentatore” siciliano di lungo corso, di quell’andreottismo di maniera che aveva visto, e vede, la mutazione diabolica del cattolicesimo in socialismo, per allargare il potere, e sfruttarlo a meri fini personali. Esperimento, appunto che i Mattarella iniziarono, ma che non vollero condividere con coloro che Andreotti invece,  aveva fatto partecipi e soci, i mafiosi; e che si vendicarono assassinando Pier Santi. L’uomo doveva fare da collante con la precedente “consiliatura presidenziale” di Giorgio Napolitano, avallando da subito il suo pupillo e delfino, Matteo Renzi. E proprio a Renzi si deve il fallimento di quel disegno di cui sopra, e quindi la caduta del progetto. Da qui la spinta che l’ex-membro della Consulta ha esercitato sulla magistratura più allineata ai palazzi non solo del potere politico, ma anche massonico, per riaprire il conto con Beppe Grillo.

E’ chiaro che le facilonerie e l’inesperienza tuttora dimostrata dai grillini lo hanno facilitato, ma in ogni caso si sarebbe ricorsi ad escamotage “giudiziari” gli unici in grado di scuotere l’opinione pubblica attraverso la vergognosa diffusione di fonti, proprio da parte delle stesse procure.

Chiariamo subito: si tratta dell’estremo tentativo che il regime fa contro l’”antipolitica”: se non riesce a scardinarla prima delle prossime elezioni, non ci riuscirà mai più.  Ecco, le motivazioni per cui Mattarella ha fatto nel nuovo Governo alcune mosse importanti, per esempio, confermando la Pinotti al MID (idealizzando impossibili ritorni collusivi con Trump!) e promuovendo al Ministero degli Interni Domenico “Marco”  Minniti, detto anche il “Richelieu comunista”. Si tratta di un politico di lungo corso, fervente comunista, poi passato da D’Alema a Renzi, proprio per la sua influenza sia sulla magistratura che sulle Forze Armate e di Polizia, che in Italia, preventivamente, vengono sentite sui curricula delle più alte cariche dello Stato: Minniti, a capo della struttura di intelligence italiana, la più bizantina al mondo, decide se quel personaggio lo si debba “candeggiare” o “bocciare”. Dal 1994 siede ininterrottamente in queste stanze “oscure”, dove la vicinanza tra potere, corruzione, intrigo e quindi “manipolazione di cose e persone”, che tanto aveva contato nei vent’anni precedenti, quando i servizi “deviati” della Repubblica avevano sconvolto il Paese.  La sua stoffa si è raffazzonata ai tempi del passaggio della Russia, tra URSS e democrazia, tempi che gli sono serviti per “copiare” di sana pianta dai servizi “intrallazzatori”, amici dei nemici e nemici degli amici, in un caravanserraglio entro cui, questo calabrese figlio delle consorterie colluse con la ‘Ndrangheta, ha sheckerato Cia-Fsb (l’ex-Kgb), Mossad, palestinesi e perfino l’Isis; in modo talmente sapiente che, finora, e nonostante l’Italia rappresenti il ventre molle dell’Europa, il terrorismo “vero” l’ha risparmiata.

Ciò non toglie che Minniti sia stato chiamato da Mattarella a compiti più specifici, dopo la parentesi dei 4 disgraziati anni alfaniani.

In realtà, con l’avvento di Renzi, e su suggerimento della stesso senatore (dal novembre 2001 al maggio 2006 ha diretto il Dipartimento sicurezza e difesa della direzione dei Ds. È stato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio nei governi D’Alema I e II, sottosegretario al Ministero della Difesa nel governo Amato II e viceministro dell’Interno nel governo Prodi II), il Ministero dell’Interno è stato investito di nuove “regole d’ingaggio”, che prevedono, da una parte, uno stato di mobilitazione permanente a favore delle scorte o dell’assistenza connessa all’immigrazione; dall’altra un rinfocolamento deciso e intransigente dell’uso della forza, nei confronti delle proteste e delle manifestazioni. Ovviamente la filosofia (Minniti è un laureato in filosofia!) detta una  reazione direttamente proporzionale alla debolezza di chi va in piazza: si menano i  malati di sla, più che i black-bloc, gli studenti più che i sindacati. Né si può onestamente agire contro il “grillismo” pacifista, perché se ne ignora la reazione (sic!), anche se tutto questo innervosisce e non poco gli agenti di polizia, i carabinieri e la GdF.

Ma lo “stato di polizia” è già in formazione: e non è solo farina del sacco italiano. E’ da tempo che le milizie “europee” si stanno organizzando sotto la sigla Eurogendfor, e lo scopo non è certo quello di difendere il continente dal terrorismo, come si può facilmente vedere dalla libertà che questo ha di svolgere il suo lavoro, ma dall’”antieuropeismo attivo”, che traspare ogni giorno di più, dai movimenti che questi signori della guerra insistono a chiamare “populisti”. La prova generale si è avuta in Grecia, dove poliziotti tedeschi e francesi hanno spesso sostituito i poliziotto greci, solidali con la popolazione, ed osservatori dell’Eurogendfor sono in Italia da tempo, convinti che anche il popolo italiano, prima o poi si riverserà nelle piazze.

Nell’ambito di questa stretta autoritaria, rientra anche la militarizzazione delle Guardia Forestale nell’Arma dei Carabinieri, viste le simpatie “autonomiste” di questo corpo “incontrollabile”, perché disperso in località spesso remote, che, già in passato, ha nutrito simpatie troppo “popolari”. Ma la protesta di questi 8.000 ambientalisti “armati” non demorde. D’altra parte tutti i vertici delle Forze Armate e di Polizia sono politicizzati dalle “forche caudine” dei servizi segreti, e non si fanno eccezioni, anzi generali e ammiragli vengono regolarmente ricoperti di privilegi e provvigioni, per tenerli a cuccia.

Per concludere, tutto o quasi è pronto per scatenare la reazione poliziesca: e si aspetta solo che le provocazioni perpetrate ai danni del M5S si traducano in ribellione aperta. Ma ciò non avverrà, almeno fino a che il movimento agirà tramite Beppe Grillo e i suoi dirigenti. In questo caso Minniti e i suoi ricorreranno ad una nuova “strategia della tensione”, per altro già concordata con la Cia, quando sembrò che la Clinton potesse vincere e continuare la strategia “golpista” americana in Italia. Forse addirittura facendo ricorso al solito terrorismo arabo o palestinese “teleguidato da cospicue mazzette” così come accadde, per esempio, con la strage alla stazione di Bologna.

Quando il regime si accorgerà di non poter sconfiggere l’opposizione di un M5S che, per ipotesi, non subisse eccesive perdite neppure con l’uscita dal Comune di Roma, allora qualcosa succederà di certo: rifiorirà un fascismo morto e sepolto, oppure si incolperanno gli anarchici, in ogni caso la paura sarà la molla che, ancora una volta, raccapezzerà il popolo italiano sotto  una “democrazia di plastica”.

Questi sono i disegni di Mattarella, di Renzi, dell’UE, e di Minniti.  In ogni caso si farà di tutto per disperdere il M5S, o per amore o per forza.  Sempre che il popolo, e lo stesso movimento, non comprendano che i tempi della protesta alla Gandhi, che finisce sempre con la morte di Gandhi, siano finiti!  Una volta per tutte... (ITALIADOC)

 

 

 
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