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Ipocrisie di un natale che non è più...

Post n°20 pubblicato il 22 Dicembre 2009 da johnnyscorner

presepe

Cosa ci sta accadendo? Dove stiamo andando? Cosa stiamo cercando?

In questi giorni di frenesia collettiva rido e piango più del
solito. Rido guardando il mondo degli “esseri umani”
correre senza sapere dov’è diretto. Piango pensando che di
umano c’è ben poco.

In mezzo al delirio collettivo, mi sento
come un cane che tenta di attraversare la strada sulle strisce pedonali (ho notato che i cani sono gli unici ad usarle),
quasi per istinto di sopravvivenza,  mentre rischia di essere travolto da auto che non hanno un cuore e un cervello esattamente come chi le conduce.  Mi sento come un gatto
che rovista nei cassonetti e salta fuori all’improvviso
rischiando di morire nell’indifferenza comune. Non c’è
tempo, non un destino, non c’è fede. Non c’è niente. Io il
natale spesso l’ho trascorso fuori, lontano migliaia  di
miglia dalle uniche persone che amavo e che mi amavano.
Ho sentito davvero la solitudine più misera e schifosa,
quella che una volta entrata dentro di te non ti
abbandonerà mai per il resto della tua vita. Strano il natale
a Cartagena de Indias, a maniche corte, in giro per le
spiagge e la città vecchia, mentre freddo e pioggia gelida lambivano le case dei miei cari, della mia Italia. Strano
vedere persone denutrite in Tanzania quando, nella stessa
notte,  c’era chi si abbuffava del superfluo fino a stare
male, proprio mentre gli occhi di un bimbo mi
imploravano per ricevere tra le mani “solo” una mela o un
tozzo di pane.
Dentro provavo vergogna per l’unico pasto fugace che
avevo consumato in tutta la giornata, nel riposo tra i turni
di guardia, nonostante avessi prelevato qualcosa dalla
cambusa anche per quegli occhi e per quelli di chi, come quell’anima innocente, mi supplicava ingiustamente.
Nessuno dovrebbe supplicare qualcun’altro per poter
vivere. Nessuno.

Umani, razza in pericolo di estinzione.

Ad accogliermi al mio rientro c’era la gioia dei miei, la
voglia di raccontarsi e di condividere l’incondivisibile
attraverso foto, parole e ricordi che sarebbero appartenuti
per sempre solo a chi li aveva vissuti. Il contatto fisico era
una sorta di sosta di rifornimento al distributore della
felicità e dell’amore vero, di un carburante che bruciando produceva solo gioia e serenità. Era come ritornare
bambino a Natale di qualche anno fa, anche in pieno
agosto, senza le strenne e le canzoncine, senza le poesie e
gli auguri, con gli abiti leggeri ed i cappotti ben conservati
e appesi a riposare negli armadi. Natale era tutto l’anno.
Della notte tra il 24 e il 25 dicembre ricordo la messa
notturna, l’attesa di babbo natale con un
occhio chiuso ed uno aperto per scoprire l’impossibile,
l’attesa di un dono modesto e stupendo nella sua
semplicità (potevano essere anche solo dei quaderni
nuovi per la scuola), la possibilità di vedere i cuginetti e
gli altri bambini come me che non vedevo durante il resto dell’anno. La sorpresa e lo stupore prima di tutto. Magia.

Con il passare degli anni io ho maturato un percorso
interiore
che mi ha portato lontano fisicamente e spiritualmente da
certi ambienti, ho raggiunto delle consapevolezze e dei
traguardi non necessariamente materiali. Non sono
cattolico e non credo in nessuna religione. Ma il presepe e l’albero, quando ero a casa, ero io a farli e a prendermene
cura. Ne rispetto il significato vero, oltre alla tradizione e
ai ricordi ad essi legati. Questo è per me il vero Natale,
non un natale qualunque.

Un mese fa tante parole inutili per accusare o difendere
un pezzo di legno e plastica e non il suo valore reale,
quello che dovrebbe renderlo meno impersonale. 
Il Crocefisso.  Si lottava a suon di insulti per mantenere o cancellare il
diritto per quell’oggetto di occupare qualche centimetro
quadrato sui muri. C’era chi si scagliava contro gli
stranieri e le loro usanze senza sapere
che in Italia ci
sono italiani che pagano le tasse come me e che come
me magari non partecipavano alla rissa ritenendola
inutile e sterile, nel rispetto di cose non rispettate da
chi avrebbe dovuto farlo, senza capire che è davvero
assurdo entrare in un aula di giustizia e trovare il
crocefisso sopra la scritta “la legge è uguale per tutti”.
Ed ora? Accusatori e difensori occupati nella scelta di
vacanze dell’ultima ora, di regali senza un’ anima, di
cose inutili, troppo distratti da altro per potersi
occupare di simili ”sciocchezze” e di qualsiasi
avvenimento, positivo o negativo, che l’anno che sta
per passare ha consegnato alle nostre menti e alla
storia, degli stessi accadimenti per cui si finge di
mobilitarsi salvo dimenticarsene dopo due o forse tre
giorni.
Tutto scuote le coscienze e tutto, con la stessa facilità,
scivola via come fa la pioggia su un impermeabile.

Più che freddi auguri di circostanza, vorrei che ognuno si augurasse la possibilità di fare autocritica, fuori da ogni stereotipo, moda assurda, pregiudizio, fobia, credenza,
ingerenza esterna o convinzione. Vorrei che l’utopia di
un mondo meno complicato e meglio abitato potesse
prendere corpo dal microcosmo di giustizia e di
impegno sociale che ognuno di noi può costruire attorno a
se, senza inveire contro chi la pensa diversamente, senza sfoderare l’inutile arma dell’appartenenza politica o
religiosa, pensando che in fondo, alla nascita, abbiamo
tutti due occhi, due braccia, due gambe, un cervello (che
pochi useranno da adulti), un cuore e tanto altro ancora.
Proprio come quel bambino divenuto così famoso, che
dicono sia nato in una notte di oltre 2000 anni fa e che
ancora fa discutere di se nel bene o nel male.

Io mi auguro di ritrovare un pò di serenità ed è questo
che auguro anche a voi,

tanta serenità!

 

 
 
 
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Un blog di: johnnyscorner
Data di creazione: 31/07/2009
 

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