Creato da Massimiliano_Kosovo il 20/10/2005
Racconto del mio anno di servizio civile in Kosovo

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Il mio secondo articolo sul "Nostro Giornale"

Post n°19 pubblicato il 10 Novembre 2005 da Massimiliano_Kosovo

4 Novembre

La mia vita in Kosovo: le prime settimane 

   Come in un sogno veloce, le prime settimane in Kosovo sono volate via. E’ difficile descrivere con chiarezza ed oggettività i miei primi giorni nei Balcani, perciò tenterò di schizzare un quadro del nuovo mondo nel quale ho cominciato a vivere.

Il Kosovo ha un territorio piuttosto piccolo (all’incirca quanto l’Abruzzo) e una popolazione di due milioni di abitanti, di cui il 90% di origine albanese, il 5% di origine serba, più alcune minoranze turche e rom. In seguito alla guerra del 1999 il Kosovo, pur essendo ancora formalmente parte della Serbia, è controllato dall’ONU e difeso militarmente dalla Nato. Per questo motivo sono presenti sul territorio kosovaro alcune decine di migliaia di soldati stranieri (italiani, americani, francesi, inglesi, austriaci, ecc.). Il Kosovo ha attualmente un suo governo, ma l’ indipendenza non è ancora stata sancita in modo formale. Nei prossimi mesi si dovrebbe giungere ad una decisione definitiva e i Kosovari aspettano con ansia le decisioni della comunità internazionale.

   Pristina, capitale del Kosovo, è cresciuta molto negli ultimi anni; la popolazione viene stimata tra i 500.000 e i 600.000 abitanti. E’ una città confusa, con case in costruzione dappertutto (spesso illegalmente), con un traffico caotico e un senso di incompletezza e crescita disorganica causata dalla mancanza di un piano regolatore. Pristina ha una forma particolare: il centro si sviluppa in una piccola valle leggermente a conca; la periferia cresce a vista d’occhio sulle due colline circostanti. Le due strade principali sono Viale Bill Clinton e Viale Madre Teresa (santa di origine kosovara a cui è dedicata una bella statua).  I monumenti più notevoli sono le moschee, la statua di Skerderbeu (un eroe locale kosovaro) e la biblioteca dell’università.

  Il mio appartamento si trova in una via laterale di Viale Madre Teresa, al quarto piano. Le scale sono da film dell’orrore, buie e sporche. L’interno dell’appartamento (che io divido con Riccardo, mio collega) si rivela, però, una bella sorpresa: la cucina, il salotto e il bagno in comune sono  carini e confortevoli, la mia camera singola è piccola ma accogliente. Un grosso problema è l’elettricità, che viene a mancare quasi ogni giorno per due o tre ore. Il primo acquisto consiste, obbligatoriamente, in una pila portatile e in un pacco di candele.

   Il mio posto di lavoro è il Centro Don Bosco di Pristina: una scuola professionale inaugurata due anni fa, gestita congiuntamente dai Padri Salesiani locali e dalla mia organizzazione d’invio (il Vis di Roma). I primi giorni sono dedicati alla conoscenza dei colleghi di lavoro: Bekim, il contabile; Leonora, la segretaria; Kujtim, il tecnico informatico e così via…La lingua di comunicazione negli uffici è l’italiano, conosciuto anche dai locali, che hanno trascorso quasi tutti alcuni anni in Italia nel passato. Sin dal primo giorno, però, mi riprometto di imparare la lingua del posto, cioè l’albanese. Per conoscere veramente un nuovo paese, la sua cultura, la sua storia e le sue tradizioni, la lingua è infatti uno strumento indispensabile, che permette non solo di comunicare parole, ma anche sentimenti. Una parola di saluto, anche se pronunciata male, fa sorridere la persona locale che la ascolta, ma contemporaneamente apre le porte all’accettazione e al rispetto reciproco. Per questo motivo, comincio la giornata salutando i colleghi: “Mirmënjes. Si jeni?” (Buongiorno, Come va?) e augurando loro buon lavoro (Puna e mbarë).

   Oltre a dilettarmi con la lingua albanese, il mio primo lavoro qui consiste nell’insegnare in un corso di italiano base per kosovari. Quando dopo una settimana dal mio arrivo ho la mia prima lezione, sono un po’ emozionato: per la prima volta in vita mia non sono lo studente che ascolta, ma il professore che spiega. Gli “alunni” sono in tutto otto: quattro “giovani” tra i 16 e i 25 anni, più quattro professori del Centro Don Bosco, che hanno il desiderio di imparare l’italiano. Nonostante la tensione iniziale, il corso risulta scorrevole ed interessante e, dopo 3 lezioni prevalentemente grammaticali, sono riuscito, tramite un gioco di ruolo, a coinvolgere attivamente gli studenti, creando scenette in italiano e permettendo loro di divertirsi, mettendo contemporaneamente in pratica quanto appreso.

Anche la vita sociale al di fuori del lavoro è abbastanza interessante: con i colleghi sono già uscito diverse volte, per andare a mangiare una pizza (qualità italiana a prezzi kosovari!), per ascoltare un concerto in un piccolo locale, per bere una birra e chiacchierare. L’unico svantaggio è che tutti fumano e io no. Nonostante tutto, non cambio idea e continuo a non fumare.

Insomma, le prime settimane distanti da casa sono state molto positive e, pur sentendo la mancanza della famiglia e degli amici, sono contento della scelta fatta. Ma è solo l’inizio, quindi devo darmi molto da fare, soprattutto con la lingua, A questo proposito, smetto di scrivere e vado a studiare albanese.

Shihemi (a presto).

 
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