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Creato da Massimiliano_Kosovo il 20/10/2005
Racconto del mio anno di servizio civile in Kosovo
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Ieri ero abbastanza contento per la prima neve caduta su Pristina. Oggi sono già meno entusiasta, perché ha smesso di nevicare, l’aria è gelida e mi sono beccato il primo raffreddore della stagione. La gita del sabato è rinviata per il freddo e ho paura che riprenderà solo ad aprile!
Alla sera Petra e io invitiamo Marco e Riccardo a cena. L’appartamento di Petra è abbastanza piccolo e per cucinare abbiamo notevoli problemi di spazio. In qualche modo ce la facciamo e spero che i nostri ospiti abbiano apprezzato. Dopo cena ci dirigiamo allo “Zanzibar”, un piccolo locale in centro che ospita sempre gruppi locali che suonano dal vivo. Incontriamo anche 4 ragazze e un ragazzo di una ONG italiana che lavora a Klina, una cittadina a circa 50 km da Pristina. Quando entriamo nel locale è ancora abbastanza presto e non ci sono molte persone. Nel giro di un’ora e dopo aver bevuto una buona birra di Peja, l’atmosfera si scalda: il locale si riempie, il gruppo comincia a suonare e la gente balla. La musica offerta non è male, anche se alcuni brani jazz sono (per me) abbastanza odiosi, mentre più interessanti sono cover rock degli Anni 80 e 90. Mentre gli altri si scatenano a ballare, il fumo fitto del locale rende ancora più difficoltosa la mia respirazione e abbandono la scena. Appena esco prendo una bella boccata d’aria, sempre più fredda. Vado a dormire starnutendo una quindicina di volte. Naten e mirë (buonanotte)
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18 novembre
Oggi è infine arrivata la prime neve della stagione. A sentire quello che dicono i locali, persino in ritardo. A me non mancava particolarmente, però, adesso che tutta la città si imbianca per la prima volta sono contento. Forse, perché i grigi condomini e le strade intasate di macchine sembrano essere coperti dal candore della neve. In tutti i casi, i fiocchi continuano a cadere, l’aria è fredda e io mi appresto a vivere il mio terzo inverno all’estero: dopo due gelidi inverni in Germania, è la volta del Kosovo. In primavera saprò dirvi dove è stato più freddo…
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17 novembre
La vita a Pristina: normalità apparente
Sono le sette del mattino. Di solito non scrivo mai a quest’ora, perché preferisco dormire nel mio comodo letto. Ma oggi sono stato svegliato dalla preghiera mattutina proveniente dalla moschea poco distante da casa mia e quindi colgo l’occasione per cercare di descrivere le mie ultime esperienze e le emozioni collegate ad esse. Sono in Kosovo ormai da circa un mese e comincio ad abituarmi alla vita a Pristina. Ci sono momenti in cui, addirittura, arrivo a credere che la vita qui non sia così diversa rispetto a quella alla quale ero abituato prima. Poi, però, basta un piccolo particolare, il canto dei fedeli musulmani, un racconto, un’immagine, e mi rendo conto di non essere né in Italia, né in Germania, né in Inghilterra, né in altri posti dell’Europa in cui ho vissuto o che ho visitato
Pristina e il Kosovo sono diversi. In Italia alcuni periodi che hanno segnato in modo indelebile la nostra storia (come il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale) sono ormai distanti, sia nel tempo, sia, soprattutto, nella memoria delle nuove generazioni. Non vengono dimenticati, ma vengono percepiti in modo più distaccato. In Kosovo, invece, i ricordi dei difficilissimi anni 90 sono ancora segnati nella biografia degli abitanti locali. Le violenze perpetrate dalla polizia e dall’esercito serbo sui civili kosovari di origine albanese hanno causato morte, torture, povertà e hanno colpito non solo il corpo, ma anche la mente delle persone. Ancora oggi c’è molto odio: gli Albanesi non hanno dimenticato e ora che sono stati “liberati” dall’intervento Nato richiedono l’indipendenza politica. I pochi Serbi rimasti vivono in enclaves superprotette, isolati dal mondo e senza più avere una patria. Il dialogo tra le due parti sembra praticamente impossibile. Ho avuto una prova simbolica di questa situazione il 1° novembre in un cimitero di Pristina, diviso in tre zone: quella musulmana, quella cattolica e quella ortodossa. Le prime due parti sono curate e visitate dai parenti dei defunti, perché i Kosovari di origine albanese sono musulmani e cattolici (una piccola minoranza); mentre la parte serba (ortodossa) è abbandonata: l’erba alta, le tombe sfregiate e la dimenticanza sembrano prevalere…
Per adesso la mia vita qui è, quindi, caratterizzata più dall’osservazione che dall’azione. Per aiutare le persone bisogna prima capirle e dialogare con loro, facendo attenzione a non offendere la loro sensibilità. Io sono in Kosovo per aiutare la popolazione locale, con i migliori propositi. Allo stesso tempo sono, però, ospite nel loro paese e cerco di adeguarmi alla nuova cultura, senza abbandonare la mia identità.
Il lavoro al Centro procede in modo positivo: il corso di italiano avanza, aumentano i contatti con gli altri professori della scuola, aiuto i Salesiani quando posso. Le giornate trascorrono veloci e sono sempre interessanti, con cambi di lingua molto frequenti: italiano, qualche parola di albanese con i colleghi locali, francese con il guardiano della scuola, tedesco con uno studente che ha trascorso un anno in Svizzera e inglese nei negozi quando non riesco a farmi capire in albanese…
Un altro fatto mi ha ricordato di essere in Kosovo, un paese a maggioranza musulmana. Il 1° novembre è stato un normale giorno di lavoro; in compenso, ho avuto due giorni di festa (il 3 e il 4 novembre) per il Bajram, la fine del Ramadan. Approfittando del tempo finora veramente bello e ancora relativamente caldo, io e alcuni miei colleghi abbiamo abbandonato il traffico di Pristina per andare a scoprire altre parti del Kosovo, che si sono rivelate estremamente belle. Abbiamo visitato le cascate di Mirush, camminando in stretti sentieri tra le colline e i bassi monti, circondati dai bei colori dell’autunno. Un giorno è stato anche dedicato alla visita della città di Prizren, con la stupenda moschea del 1300, le rovine di un’antica fortezza e, purtroppo, anche con i segni della guerra visibili in alcuni edifici distrutti. Il Kosovo, appunto. Uno stato da scoprire giorno dopo giorno, pensando al passato, soprattutto quello prossimo, per capire il presente e cercare di costruire un futuro migliore.
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16 novembre
Oggi è stata una giornata molto interessante. Dopo la lezione di italiano (siamo, nel frattempo, giunti alla metà del corso!), io, Riccardo e il Direttore del Centro Don Bosco abbiamo incontrato un gruppo di Austriaci venuti per conoscere la realtà della nostra scuola. Abbiamo conosciuto quattro persone: un delegato dell’Organizzazione austriaca “Jugend eine Welt” di Vienna, un possibile donatore al seguito e due soldati della KFOR che li hanno accompagnati.
Per quasi tutto il tempo dell’incontro ho avuto il compito di tradurre dal tedesco in italiano e viceversa. A parte qualche piccolo inconveniente causato da mie lacune su alcuni termini tecnici e dall’accento austriaco dei miei interlocutori, direi che è andata abbastanza bene. Abbiamo dapprima mostrato loro Pristina (anche se la città non ha molte bellezze da offrire) e poi il Centro Don Bosco: le aule, i corsi, i progetti futuri, ecc. Il delegato di “Jugend eine Welt” ha continuato a fare foto e a registrare le mie risposte per tutto il tempo, ha obbligato un gruppo di ragazze e una professoressa ad improvvisare una lezione di tedesco per poterle riprendere e ha più volte evidenziato il bisogno di documentare tutto quello che vedeva. Alle 5.30 circa il giro è finito. I visitatori ci hanno invitato ad andarli a trovare a Vienna e ci hanno di aspettare una loro risposta, per un eventuale finanziamento di futuri corsi del Centro. Noi li abbiamo salutati e aspettiamo, fiduciosi…
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13 novembre
Oggi il caso ha voluto che si potessero festeggiare non uno, ma due compleanni contemporaneamente: il 13 novembre 2005 Petra compie 22 anni e Marco 25 anni.
Per l’occasione decidiamo di organizzare una cena nell’appartamento che io divido con Riccardo e Laura. Il primo è un’ottima pasta alla matriciana cucinata da Laura con pancetta e pecorino provenienti dall’Italia. Per secondo mangiamo zucchine e un’immancabile insalata (da quando sono arrivato in Kosovo mangio insalata tutti i giorni!) di pomodori, feta e olive.
Per finire, una bella torta. Di solito si usa spegnere la luce e accendere le candele. La Kek (l’Enel kosovara) dà il suo contributo e prima del dolce salta la corrente, quindi non resta altro che accendere candele (per vedere qualcosa) e candeline (sulla torta), cantare la canzoncina e mangiare una bella fetta.
Essendo uno dei regali di Marco una bottiglia di vodka Smirnoff, decidiamo di inaugurarla subito con un paio di bicchierini. Poi ci mettiamo a giocare a poker, scommettendo non soldi, ma caffè da offrire durante il lavoro. Alla fine ci rimetto 6 caffè, ma, visto come stava andando all’inizio direi che ho limitato i danni. Sentiamo ancora qualche canzone in albanese e ce ne andiamo a dormire. Penso che i due festeggiati non dimenticheranno questo loro compleanno a Pristina, se non il piu’ bello, sicuramente molto particolare...
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Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 08:28
Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 08:28
Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 08:27
Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 08:27
Inviato da: toorresa
il 25/03/2009 alle 06:06