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Post N° 362

Post n°362 pubblicato il 19 Giugno 2007 da quotidiana_mente
 





- “Buona giornata amore mio”.
- “Anche a te, tesoro”.
Vlan, rumore di una porta che sbatte violentemente. Ma come, penso, solo due secondi fa si scambiavano effusioni amorose, perché ora devono sbattere la porta e svegliare il condominio? Che poi, forse, il condominio dormiva ancora, ma ormai io ero sveglia, da quando le effusioni erano iniziate sul pianerottolo e non proprio sottovoce. Sarà anche ora di alzarmi, pensai prima di guardare la sveglia.  Le sei?! Mi sembrava un ottimo motivo per augurare ai due piccioncini un’immediata rottura. Poi, come spesso mi accade, ci ho ripensato, tanto ormai ero sveglia. Gli uccellini fuori dalla finestra, che sembravano si fossero alleati alla coppia del piano di sopra, cinguettavano da fare sembrare irreale l’alba.
Le sei. Almeno fosse sabato o domenica, prenderei la bici, andrei in giro per la città che ancora dorme a godermi l’alba, che è da un po’ che non capita. Invece è martedì e alle nove devo essere in ufficio. Cosa faccio ora? Potrei stirare. Idea che il mio cervello scarta molto velocemente, come se non mi avesse mai attraversata. Pensando e ripensando si fanno le sei e trenta. I miei pensieri possono, anche, diventare molto lenti.
Non solo gli uccellini cinguettavano ma l’odore che arrivava dalla finestra era di estate, di albe dove un treno aspettava per portare la famiglia altrove. Mi sembrava di sentire la voce di mia madre, la sua voce che ci richiamava all’ordine, che ci chiamava per la rassegna dei vestiti, per farci rassettare le ultime cose in casa perché si partiva. Ho provato una punta di saudades per quelle albe, per il taxi che ci portava alla stazione e da lì un treno fino ad un'altra stazione, dove per ventiquattro ore un altro treno ci avrebbe scorazzati fino in Portogallo. Sì, questa mattina mi è venuta un po’ di nostalgia ripensando a quelle albe cariche di promesse per un’estate fatta di sole, di mare e di un po’ di noia. Perché c’era anche la noia per via del sole che era sempre presente, per via di quelle stradine desolate nelle prime ore del pomeriggio e dietro le tendine tutto sembrava sonnecchiare, persino i soprammobili.
Alle sette, mi sono alzata tanto per dare un senso alla giornata. Ho gironzolato a vuoto, come spesso mi capita, per casa per poi tornare a leggere a letto. Ma sì, di tempo ne avevo. Il colmo, ho pensato, sarebbe arrivare tardi in ufficio proprio oggi.
- “Non hai paura che la gonna lunga com’è s’infili tra i raggi della bicicletta?” Ha chiesto il barista.
Non era mai successo. Con i pantaloni sono solita usare le apposite fascette, ma ieri in mancanza di quelle ho usate due attaches prese in ufficio, volevo chiedere delle mollette al portiere, ma era assente. Con la gonna non ho mai avuto problemi.
- “Ma non è che spesso sei in gonna”, ha precisato il barista.
Come sempre, ho pensato al perché le persone non si fanno gli affari propri. Poi, ci ho ripensato, come sempre, e mi sono detta che gli altri ci osservano come capita a noi farlo con loro.
Pago, saluto e me ne vado. Inforco il mio bolide ed inizio a pedalare. Solita salita e il piano. Pedalo, pedalo e pedalo. Qualcosa, però, mi attira verso il basso. Controllo con lo sguardo i pedali: liberi. Mi accosto nonostante l’autobus alle calcagnea, immaginando già il rosario di impropri che l’autista starà recitando. Un lembo della gonna è finito sotto il freno posteriore andando a ricoprire parte della ruota. Cerco di staccare il lembo senza strappare nulla, perché mi conosco e potrei fare danni degni di un Attila in gonnella. Il tutto riesce a meraviglia. Torno a pedalare, stando attenta a bloccare la gonna.
Arrivata in ufficio, il gran capo mi fa notare che ho la gonna sporca dietro. Lo fulmino con lo sguardo, così, perché non sta bene guardare il dietro di una gonna. Vado in bagno, alla meno peggio, inizio a pulire il lembo di gonna trovando, non so come, il modo per bagnarla completamente.
Ho anche pensato di affiggere un cartello sulla mia schiena precisando: “la gonna era sporca, l’ho lavata. Allora?”.
Poi, ci ho ripensato, un’altra volta, e mi sono messa dietro alla scrivania, seduta quietamente, congelandomi le gambe. Però la gonna è pulitissima.





 
 
 
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