Creato da quotidiana_mente il 17/11/2005

Quotidianamente...

Vita di ufficio... ma quella è un'altra storia...

 

 

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Post n°506 pubblicato il 08 Maggio 2009 da quotidiana_mente
 








Doveva succedere. Era già nell’aria da qualche mese. Quel rumore che, inizialmente, sembrava solo un leggero gemito di sofferenza, col tempo si è fatto sempre più doloroso, come a voler annunciare che il tempo era maturo per una separazione. Avevo provato a ignorare questi segnali. Non volevo credere che i miei timori si potessero rivelare fondati. Incolpavo il tempo, la pioggia che tanto a lungo era caduta proprio su di lei. Pensavo che qualche attrito fosse per via di tanta umidità che lentamente si era instaurata nel nostro rapporto, il quale durante tutti questi anni era stato più che ottimo, fatto di comprensione e di condivisione. Avevamo condiviso ogni singolo sanpietrino e nessuna buca ci aveva mai spaventato, avevamo subito gli stessi insulti. Sì, era un rapporto perfetto. Ma quell’urlo che ogni giorno diventava più insistente iniziava a preoccuparmi.

Ne parlai con chi di dovere. La diagnosi fu amara e dolorosa: è finita, ti devi rassegnare. No, non volevo, non mi sentivo pronta ad accertare tale soluzione.

Poi.

Poi, mi sono rassegnata e ho preso una decisione. Amara e dolorosa.

A decisione presa, mi sentivo una vigliacca, quasi una traditrice. Qualcuno se ne accorse. “Da qualche giorno hai uno sguardo colmo di nostalgia, quasi di rimpianto”, mi è stato detto. Non osavo dire la verità, preferivo sorridere a mo’ di risposta e allontanarmi.

E oggi è stato il grande giorno, la separazione è avvenuta. Domani il distacco sarà totale.

Domani avrò una bicicletta nuova, oggi ho regalato la mia bici al portiere dell’ufficio. La quale è ancora funzionante, ma potrebbe cedere da un momento all’altro almeno che non sia sostituito un pezzo e secondo il mio “meccanico” di fiducia non vale la pena continuare a investire soldi. La sua diagnosi è stata impietosa: è vecchia! Ti devi rassegnare, devi cambiare bicicletta, non ti conviene più investire soldi in riparazioni soprattutto di una certa entità, con un’aggiunta te ne prendi una nuova e per qualche anno stai tranquilla. Poi, ci sono gli incentivi dello Stato, risparmieresti un bel po’.

Ho passato tre giorni a pensarci perché non volevo abbandonare la mia bicicletta, quella con la quale ho trascorso così tanto tempo. Poi, mi sono rassegnata. Sì, il “meccanico” aveva ragione e lo sapevo.

Gli incentivi potevano essere uno stimolo al cambio della bicicletta, però… però, l’idea di cambiarla continuava a non piacermi.

Poi, ho deciso. Dovevo, però, prima trovare una sistemazione alla mia bici. Avevo letto, qualche anno prima, che c’era possibilità di mandare le bici usate in Africa e mi sembrava un’ottima iniziativa, ma di tempo ne era passato e l’iniziativa non c’era più. Portarla all’isola ecologica mi sembrava una cattiveria, non potevo rassegnarmi al fatto che fosse buttata come una vecchia scarpa. Cercando ho trovato un’associazione di solidarietà che era disposta ad accogliere la mia bici e a farla continuare a vivere tramite altre persone, meno fortunate di me, alle quali poteva essere molto utile. Mi era sembrata la migliore delle soluzioni possibili. Qualche giorno fa, mentre legavo la bici al solito palo, sotto l’ufficio, il portiere mi ha detto: “da un po’ che ti osservo la mattina quando arrivi e quando leghi la bici, ti fermi a guardarla, come se ti dispiacessi. Cosa c’è?”. Non osavo confessare. Ieri, invece, ho confessato e lui mi ha detto che a lui farebbe comodo la bicicletta per i suoi spostamenti nel quartiere. Ho spiegato che probabilmente tra qualche tempo, dovrà sostituire un pezzo, mi ha risposto che non è un problema che dovrà girare pochissimo e che comunque a lui fa comodo. Non fosse che per tutte le volte che ha gonfiato le ruote, mi è sembrato giusto darla a lui. Inizialmente, non ero convinta, perché l’idea di saperla così vicina ma non più mia m’infastidiva. Durante la pausa pranzo, ho consegnato la bicicletta e lui mi ha detto: “avrò per lei la stessa cura che tu hai avuto nei suoi confronti e se ti verrà un momento di nostalgia, sarà qui e potrai sempre farti una pedalata assieme a lei.” Mi ha risollevato il morale. Mi ha chiesto della futura bici e si ingegnato a trovare un deterrente per i ladri di biciclette. Sì, confesso che ho paura di subire un altro furto, negli anni che furono mi rubarono la prima bicicletta.

Domani, andrò a ritirare la nuova bicicletta. Sì, certo, è più moderna della mia, pesa meno, e sicuramente sarà più facile pedalare, ma ci vorrà un po’ di tempo perché io la consideri “la mia bici”, sì di questo ne sono certa.

Quando ho avuto la conferma di aver diritto agli incentivi di stato per l’acquisto della bicicletta sono rimasta stupita: è la prima volta che riesco ad accedere ad un incentivo, il quale non è per promuovere la mobilità sostenibile ma per incentivare l’industria. “A caval donato, non si guarda in bocca”, si suole dire e io non dirò nulla tranne: grazie a tutti voi, onesti cittadini, che pagate le tasse, grazie a tutti voi c’è l’incentivo e se avrò una nuova bicicletta è per merito vostro (e anche mio, visto che anch’io pago le tasse!).








 
 
 
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