Creato da quotidiana_mente il 17/11/2005

Quotidianamente...

Vita di ufficio... ma quella è un'altra storia...

 

 

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Post n°505 pubblicato il 05 Maggio 2009 da quotidiana_mente
 






La mia collega aveva una faccia che non annunciava niente di buono. Ho pensato: “E che cavolo, dopo un week-end lungo non si può arrivare in ufficio così!” Nemmeno io ero tanto allegra di essere tornata al lavoro, però i tre giorni me li ero goduti e non mi sembrava il caso di fare il muso.

La mattinata volgeva al fine e sentivo la voce della collega che si agitava raccontando qualcosa al Gran Capo. Poiché non erano fatti miei, ho alzato un po’ il volume della radio e ho continuato a lavorare. Poco dopo, il Gran Capo è entrato nella mia stanza dicendo: “lo sai che hanno rubato la borsa alla tua collega?” No, non lo sapevo, non avevo con me la sfera di cristallo e le mie capacità di telepatia, quella mattina, non erano al massimo. Mi ha raccontato, vagamente, come erano andati i fatti e se ne è andato. Qualche minuto dopo, è arrivata lei, la mia collega, e ha iniziato a raccontarmi che mentre era in attesa di un treno, alla stazione Termini, qualcuno le ha rubato lo zaino che aveva sulle spalle. Per un attimo ci ho pensato e ho chiesto: “non hai sentito niente? Proprio niente di niente?” Ovviamente, lei ha risposto che no, che non aveva sentito niente, che ormai gli stranieri ladri e farabutti erano diventati bravi a tagliare le spalline degli zaini senza che la legittima proprietaria se ne accorgesse. Ci ho ripensato. Vero, l’arte dello scippo poteva aver avuto delle evoluzioni. “Non è che, per caso, lo hai dimenticato alla fermata della metropolitana prima di arrivare alla stazione?” Ho chiesto, sommessamente, immaginando già la risposta. “Ti pare che sono così rimbambita da dimenticare il mio zaino alla fermata oppure dentro la metropolitana?!” ha esclamato, scandalizzata. Ho risposto che io, una volta, ho dimenticato il beauty-case nell’autobus. “A me, non è mai successo, perché a me certe cose non capitano!” Ho fatto spallucce e ho continuato ad ascoltarla sempre più distrattamente. Lei si è ricordata che doveva chiamare qualcuno e se è andata dopo aver inveito contro tutti gli stranieri del pianeta. Che poi, a pensarci bene, per lei siamo tutti stranieri, tranne lei.

Ho immaginato la scena: Termini piena di viaggiatori anche per via del concerto del primo maggio. Un incubo. Ho anche pensato che era un’idea strampalata prendere un treno proprio la mattina del primo maggio. Ho cercato di mettermi al posto della collega, di immaginare qualcuno che prova a rubare lo zaino dalle mie spalle. Mi sono ricordata quella volta che, mentre aspettavo degli amici, e che ho sentito una mano poggiarsi sul mio zaino: mi sono voltata di scatto pronta a colpire. Era un amico che voleva fare uno scherzo ed è riuscito a bloccarmi la mano prima che partisse lo schiaffo. Da quel giorno si annuncia sempre prima di avvicinarsi a me. 

Ho ripensato alla collega, e trovavo inquietante il fatto che fosse così facile rubare uno zaino mentre è sulle proprie spalle.

Ero ancora assorta nei miei pensieri quando lei è ritornata a raccontarmi dell’entità del furto e delle procedure che ha dovuto fare per bloccare le carte di credito, il cellulare, non tralasciando nemmeno come ha fatto la denuncia alla polizia in stazione. Mi è dispiaciuto per lei. Ovvio.

Poco prima di pranzo, mentre lei continuava a parlare, ho risposto ad una telefonata. Era un signore che cercava proprio lei, una persona con un accento straniero. Ho detto alla mia collega: “o è il ladro oppure il benefattore e ha trovato la tua borsa”. Mi ha guardato in cagnesco mentre lasciava la mia stanza. L’ho sentita urlare, l’ho sentita aggredire verbalmente la voce al telefono. Ho pensato che fosse il ladro e ho continuato a farmi gli affari miei. Poco dopo, però, mi sono alzata e sono andata a vedere se aveva bisogno di aiuto. A volte, sono troppo buona. Ha continuato ad aggredire la persona al telefono ed io le ho fatto intendere, a gesti, che forse doveva  calmarsi, che forse la persona non la capiva. Stranamente, lei ha eseguito ed ha inserito il viva voce.

La persona al telefono cercava di mettersi in contatto con lei dal primo maggio, perché aveva trovato il suo zaino dimenticato su un sedile ad una fermata della metropolitana, non avendo mai trovato nessuno oggi ha chiamato l’ufficio dopo una successiva verifica sull’agenda. Lei ha urlato che sulla prima pagina della sua agenda c’è, in evidenza, il numero da chiamare in caso di necessità. Ho iniziato a pensare che se fossi stata io la persona al telefono, avrei riattaccato e avrei dato fuoco allo zaino e al suo contenuto, così tanto per… Mica erano modi, quelli, di trattare una persona!

Sono ritornata nella mia stanza, e ho rialzato il volume della radio.

Ho sentito i suoi passi che si avvicinavano. Era tornata per raccontarmi gli ultimi sviluppi: avevano preso appuntamento e durante la pausa pranzo, assieme al suo compagno, sarebbero andati a recuperare quanto smarrito. “Tutto è bene quello che finisce bene”, ho detto. Ha alzato le spalle e ha risposto: “chissà cosa devo imparare da questa storia, perché sicuramente c’è un messaggio sotto.” “Devi imparare che ci sono stranieri per bene e che non devi sempre pensare a male, ma soprattutto che nemmeno tu sei infallibile!”. Mi ha fulminato con lo sguardo e se ne andata.

Dopo pranzo, la mia collega è rientrata raggiante: il benefattore era un signore ucraino che non si è rivolto alla polizia per la consegna dello zaino perché non parla abbastanza bene l’italiano e di questo se ne scusava.

Mi è venuta una gran voglia di strozzare la mia collega, così tanto per…







 
 
 
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