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Non sono necessarie  le prove quando i giudici vogliono condannare qualcuno

Post n°122 pubblicato il 25 Novembre 2006 da orion971

La Corte d'Appello di Roma ha confermato la condanna all'ergastolo inflitta in primo grado a dieci ex militari delle SS per la strage di Sant'Anna di Stazzema, nella quale furono uccisi oltre cinquecento civili per rappresaglia agli attacchi partigiani.
Chiunque senta distrattamente questa notizia, non potrà che accoglierla con favore. Bastano le parole "strage" e "SS". E' invece un tipico caso in cui fermarsi un attimo a riflettere può aiutare a capire come le cose possano essere meno semplici di come ci vengono servite dai media. 
I  processi per crimini di guerra sono sempre piuttosto controversi, in generale per la loro unilateralità ed in particolare riguardo alla legittimità della tesi difensiva di avere obbedito agli ordini. Ma stavolta siamo ben oltre quella disquisizione... anche ammettendo la possibilità di disobbedire (che potrebbe però - con non poca forzatura - essere accolta per gli ufficiali, non certo per un caporale, il grado di uno di questi ex-SS), il punto è un altro e, se vogliamo, più "originale". Si tratta del fatto che, a parte uno degli imputati che ha ammesso di essere stato presente a Sant'Anna e di avere effettivamente aperto il fuoco, gli altri hanno negato recisamente, e viene da domandarsi in base a quali prove possano essere stati smentiti. Sono stati forse riconosciuti dai superstiti a distanza di oltre sessanta anni? Naturalmente no, tra l'altro i soldati con divisa ed elmetto sembrano tutti uguali (e quelli tedeschi della seconda guerra mondiale più degli altri), al punto che non sarebbero stati riconoscibili neppure in un confronto all'americana effettuato la sera stessa dei fatti.
L'unica "prova" a carico degli imputati è la loro appartenenza alla 16ma Divisione Reichsfuehrer delle Waffen SS, della quale è storicamente accertato che facevano parte gli autori del massacro... Ma poichè non è pensabile che l'intera divisione possa essere entrata nel paese per compiere la strage, gli imputati avrebbero potuto:
- trovarsi in un'altra linea del fronte, fuori dal paese a fronteggiare i partigiani (saranno esistiti anche quelli, a meno che non si voglia dare ragione a chi dice che sono sbucati solo dopo il 25 aprile), o anche più lontano ancora;
-  avere marcato visita quel giorno;
- essere stati in licenza (dubito esistano ancora i carteggi relativi ai permessi di quella divisione);
- oppure trovarsi effettivamente a Sant'Anna ma non avere sparato a nessuno, magari anche - paradosso dei paradossi - rischiando a loro volta la fucilazione.
E si potrebbe continuare (varie ed eventuali).
In un processo di questo genere, fondamentale dovrebbe essere appurare chi era presente sul luogo e anche chi ha effettivamente sparato e chi no; in questo caso è stato  considerato irrilevante, cosa che,  giuridicamente, è semplicemente una bestialità. Con un procedimento non condizionato da fattori emotivi esterni, per almeno nove dei dieci imputati la sentenza sarebbe stata di assoluzione non per insufficienza ma, verosimilmente, per mancanza totale di prove. Non solo: non ci sarebbero stati nemmeno i presupposti per istruire un processo.
Parlo di fattori emotivi esterni perché la vicenda Priebke, con il Tribunale che aveva emesso la prima sentenza assediato dai giovani ebrei romani sostenuti dalla gran parte della stampa e dei politici,  ha insegnato che il copione (tale è) non ammette, nei processi per crimini nazisti degli ultimi anni, sentenze diverse dalle condanne all'ergastolo. Ma compito della Giustizia è fare giustizia applicando le norme del diritto, non fare contenti le comunità ebraiche e i familiari delle vittime. E il nostro diritto, già dalla Costituzione, stabilisce che la responsabilità penale è personale. Non esistono responsabilità oggettive ed un Tribunale deve processare i singoli individui per il ruolo da questi svolto in un fatto, non una intera divisione composta da migliaia e migliaia di militari.
Naturalmente non è questo processo-farsa in sé ad essere importante, dal momento che, innocenti o colpevoli che siano, nessuno di questi imputati finirà mai in carcere; è semmai interessante (o inquietante) domandarsi quante persone, per vicende attuali, vengano analogamente condannate sulla base di teoremi e senza stralcio di prova, finendo magari dietro le sbarre.
Qualche figura istituzionale continua a ripetere che bisogna avere fiducia nella magistratura. Io dico che bisogna averne soprattutto paura...

 
 
 
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