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MICROCOSMI 2 : Il Corso di Inglese

Post n°116 pubblicato il 15 Giugno 2009 da fonderiaromana
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Consolidata la consapevolezza che entrare nel cuore degli inglesi e’ una operazione ardua, se non impossibile e avendo maturato la convinzione che in un ufficio pieno di italiani il mio inglese restera’ lo stesso se non addirittura potra’ assorbire qualche flessione regionalpopolare, ho deciso di iscrivermi ad un corso di inglese.

Ho trovato dunque una scuola vicino l’ufficio, finanziata dal comune di Londra. Che poi scuola, loro lo chiamano college, ma e’ qualcosa di molto lontano dall’immagine che abbiamo noi di un college inglese. Che poi si chiama Trinity, ma e’ qualcosa di molto lontano dall’idea perfetta della trinita’.

In realta’ e’ una struttura polifunzionale, ci si fanno corsi di ogni tipo, c’e’ anche una simil mensa e un baretto molto economico, ci sono foto appese dei corsi di cucina, classi con forni e fornelli, laboratori, docce e scantinati pieni di libri. E ci sono i professori, tutti con il loro tesserino appeso al collo, tutti con la loro pronuncia perfetta, talmente perfetta che tu entri, inizi il corso e pensi “ma che cazzo lo faccio a fare??? Io capisco perfettamente tutto, non devo neanche leggergli le labbra, e addirittura, mentre parlo con loro, certe frasi che strutturo fuoriescono quasi puliti e corretti” , poi esci e ti scontri con un operaio sudato e incazzato di Manchester o con uno scozzese leggermente alticcio e capisci che non lo saprai mai l’inglese, nemmeno quando avrai appeso in bella vista sul muro della tua cameretta il tuo certificato incorniciato UPPER INTERMEDIATE.

Il mio professore, in particolare,  e’ un ragazzo gay piu’ giovane di me, con i capelli lunghi legati a coda di cavallo, razzista, fascista, pro-pena di morte e pro-USA,  non incarna dunque il prototipo dell’insegnante inglese. Io volevo un professore alla John Cleese, con i capelli bianchi, che sorseggia il te e fa battute alla inglese e massacra gli italiani e i francesi con il suo humour, invece mi ritrovo un filo americano giovane sorridente e cattivo.

Poi ci sono gli alunni, ovvero noi, il solito mix di storie e provenienze, di esperienze e aspettative.
Gli italiani non mancano, Londra ancora attira tante persone in cerca di lavoro o in cerca di una lingua universale e la colonia e’ nutrita. C’e’ Giuseppe per esempio, che viene dalla Sicilia e lavora in un ristorante, abita a Brixton un ex quartiere malfamato che ora stanno “ripulendo” (odio questa parola), con un mercato caraibico coloratissimo e odoroso e una pizzeria italiana da far invidia a Roma; il suo inglese non e’ eccezionale anche perche’ usa i costrutti italiani e pronuncia la “tr” alla siciliana e condisce i suoi discorsi con intercalari del tipo “take for example” che sanno troppo di dialogo al bar dopo l’Amaro Lucano la domenica pomeriggio. E’ espertissimo di musica house e assiduo frequentatore del Fabric, una delle discoteche piu’ popolari della capitale inglese.
C’e’ anche una nutritissima colonia polacca, in particolare ragazze, la piu’ assidua di queste e’ una signora di nome Anna: carnagione chiara, occhi azzurri, capelli biondi pettinati con un sobrio caschetto. A vederla mi viene in mente la nonnina di cappuccetto rosso, le manca solo la cuffietta.
Il suo inglese e’ timido e stentato e il suo tono di voce e’ bassissimo, ma e’ silenziosa e caparbia nell’appuntare tutto sul suo piccolo quadernino. Durante una lezione leggendo un articolo in inglese su George Soros, racconta le sue esperienze e i suoi ricordi sullo speculatore ungherese e sembra informata sugli uomini dell’est Europa che hanno avuto fortuna. L’ultima lezione ho lavorato con lei, e’ stata la mia partner, silenziosa e precisa e mi ha salutato consigliandomi una gita a Canterbury…”I suggest you to go to Canterbury” un sorriso e via verso casa.

Jose’ e’ un ragazzo portoghese, dall’eta’ indefinita. Col tempo ho scoperto che e’ sposato con una ragazza giapponese e che ha passato tanti mesi da solo,mentre lei era li’. Col tempo ho scoperto che vorrebbero avere dei figli, ma che forse ha avuto qualche problema eppure dice “i’m happy now…i think we have solved the problem”. Ha una parlata lentissima, quasi sonnolenta, che ben si addice al suo sguardo moscio con le palpebre semichiuse e con gli occhiali riposti a meta’ naso. Lui ha i suoi tempi, la sua lentezza portoghese: quando la classe si sofferma sulla 5° frase, lui fa una domanda sulla prima, quella discussa e analizzata corretta e sviscerata gia da 20 minuti. Mi confessa che vuole aprire una scuola di inglese una volta tornato in Portogallo e sembra cosi’ convinto che mi dispiacerebbe dissuaderlo, mi dispiacerebbe spiegargli che e’ troppo lontano dall’essere un insegnante. Mi racconta un’altra volta che e’ un tifoso appassionato del Benfica, una delle due squadre principali di Lisbona, e che da quando e’ a Londra ha scritto una tantissime lettere al presidente della sua squadra del cuore, chiedendogli informazioni sul club, raccontando la sua passione e suggerendo acquisti e iniziative (ha una folle idea di una lotteria allo stadio), mi dice inoltre che il presidente lo ha invitato nel suo ufficio, complimentandosi e promettendogli di realizzare alcune sue idee. Lo dice con i suoi occhiali a meta’ naso, le palpebre a meta’, un sorriso nero di sigaretta….come posso non credergli???

Il Sudamerica e’ rappresentato da German.

German e’ Peruviano, e’ vestito sempre nello stesso modo, con una maglietta fosforescente, dei pantaloni di una tuta e delle scarpe da ginnastica. Porta degli occhiali spessi e ha dei baffetti leggeri sotto i suoi occhi distanti. Sembra spesso assente, interviene poco e la sua pronuncia e’ terribile: sembra di sentire un disco al contrario, trasmette un ansia mostruosa, pero’ dal punto di vista grammaticale e’ infallibile. Non sbaglia un singolare, un plurale, un tempo di un verbo….e’ perfetto grammaticalmente quanto imperfetto nella pronuncia.
Forse questo deriva dal suo lavoro o da                 quello che capisco del suo lavoro.

Lui brucia documenti. O almeno questo ho capito. Cioe’ si occupa di documenti fondamentali e li elimina. Ma e’ legale tutto cio’??? Mi dice che deve avvenire nella massima segretezza e con il massimo riserbo. Gli chiedo se per caso ha qualche foto di una certa Noemi, ma non capisce….
German e’ estremamente pragmatico, negli esercizi e nelle opinioni, se c’e’ una questione intricata e poco chiara, chiama la polizia, se c’e’ un dubbio, lui chiama la polizia.

Poi ce ne sarebbero altri,  ci sarebbe Audrius un ragazzo dell’est europa muscolisissimo e glabro, che quando parla muove le braccia come un rapper, oppure ci sarebbe Carolina, un’altra ragazza polacca che parla un ottimo inglese e sta inglesizzando anche il suo vestiario: ormai ha un substrato poacco soverchiato da nuovi colori e mode inglesi. Poi ci sto io…nell’ennesimo dei microcosmi interessanti e solitari che mi si mostrano in questa citta’ enorme e piena…di storie.

 
 
 
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