Messaggi del 09/01/2012

Il ribelle di S.Tobia

Post n°1585 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Questa cronaca è diversa dalle altre,lettori miei.
Protagonista è infatti Lucio Cornelio Capricorni,terzogenito di Dio ci scampi e della Carolina,resosi a 7 anni protagonista di un sequestro di persona ai danni di una maestra.
Ma andiamo per ordine.
Tutto è cominciato quando,tornati a scuola dopo le vacanze estive, i 25 alunni della IIA non hanno ritrovato il loro amatissimo maestro Pandolfo Coltellacci,trasferito dopo lo scandalo che lo ha visto protagonista (Vedi "Scandalo a S.Tobia",bensì una certa Ermenegilda Sculacciabò da Busto Arsizio.
L'antipatia reciproca è stata fulminea e da lì alla guerra aperta il passo è stato brevissimo.
La situazione è precipitata una settimana fa,quando ,in occasione del compleanno della maestra,Transilvania Lepracchioni le ha regalato una pantegana (ovviamente viva) con tanto di fiocchino rosa al collo e campanellino.
L'Ermenegilda ha ricambiato il gentile pensiero spedendo la Lepracchioni alla lavagna e imponendole di scrivere 200 volte "Non si regalano topi alla maestra"
Il fratello gemello Pacuvio,trovando il castigo ingiusto,ha protestato e la Sculacciabò l'ha preso per un orecchio e voleva buttarlo fuori dall'aula.
Aveva fatto i conti senza Lucio Cornelio,che con un ben assestato calcio negli stinchi ha liberato il compagno e poi,zompato sulla cattedra,ha incitato i compagni alla rivolta.
I 25 demoni,legata la Sculacciabò all'attaccapanni,hanno barricato la porta.
La bidella Giustina,accorsa,si è sentita dire che era in corso un ammutinamento e che finchè Pandolfo non tornava nessuno si sarebbe mosso dalla IIA!
La notizia si è sparsa in un lampo,e tutti i paesani si sono portati davanti alla scuola.
Berengario ha provato a convincere il figlio a desistere:per tutta risposta, dalla finestra è stato lanciata la parrucca dell'Ermenegilda.
L'Assuera ha provato a parlare ai figli:si è sentita rispondere che se non la piantava la pantegana finiva dritta nelle mutande della Sculacciabò.
La Fidalma,madre di Tarquinio,col suo intervento ha fatto sì che i rivoltosi,per dimostrare che non scherzavano ,cominciassero a torturare la povera donna facendole il solletico sotto le piante dei piedi.
Ireneo ha minacciato di fare irruzione a colpi di bazooka:dopo un sonoro pernacchione gli è stato intimato di farsi i bippacci suoi,altrimenti avrebbero fatto mangiare vivo il topo all'ostaggio.
Non vi dico le urla della poverina.
E' stato chiamato Cuccurullo,ma si è riifutato d'intervenire contro dei bambini (tanto più che ai rivoltosi si era aggiunto anche il figlio Erode,entrato in classe dalla finestra per dar manforte all'amico Lucio Cornelio e al cugino Tarquinio)
La situazione pareva disperata,quando nel cortile è atterrato un elicottero,dal quale è sceso il Coltellacci,avvisato di quanto accadeva dalla Marianna.
Il nostro è entrato nell'edificio e dopo dieci minuti è uscito,seguito da tutti e 25 gli ammutinati.
L'incubo era finito.
E' passata una settimana.
i ragazzi sono tornati a scuola (qualcuno ancora fatica a sedersi per le sculacciate ricevute)buoni come angioletti perchè Pandolfo è stato reintegrato con decreto urgente della Gelmini.
La Sculacciabò è ricoverata nella clinica Luminaris:crede di essere una pantegana calva e ulula.
Lucio Cornelio ha vinto la sua battaglia.Se il buongiorno si vede dal mattino,ho idea che non sarà l'ultima volta che sentiremo parlare di lui

 
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Scrittori dimenticati:Luciano Zuccoli

Post n°1584 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Luciano Zuccoli (Calprino, 1868Parigi, 26 novembre 1929) è stato uno scrittore, giornalista e romanziere svizzero naturalizzato italiano.

Indice [nascondi
Biografia [modifica]

Il conte Luciano Zuccoli von Ingenheim (il cognome italiano era della madre, quello tedesco del padre) nacque in un paesino del Canton Ticino. Si definiva come

« riottoso e prepotente, bevitore e libertino, beffardo e cinico. »

Famoso scrittore del tempo, era anche giornalista: diresse a fine Ottocento la "Provincia di Modena", poi la Gazzetta di Venezia dal 1903 al 1912, succedendo a Ferruccio Macola. In seguito fu assunto dal Corriere della Sera su cui scriveva piccole novelle.

La sua opera più importante, con trentamila copie vendute, è Le cose più grandi di lui (1922).

In seguito al suicidio della moglie, si risposò con una donna giovanissima. La morte lo colse in seguito ad una polmonite nel 1929 a Parigi dove si era trasferito da vedovo.

Opere [modifica]
  • L'amore di Loredana
  • L'amore non c'è più
  • Baruffa
  • Casa Paradisi
  • La compagnia della leggera
  • Le cose più grandi di lui
  • Il designato
  • La divina fanciulla
  • Donne e fanciulle
  • I Drusba
  • Farfui
  • Fortunato in amore
  • La freccia nel fianco
  • Il giovane duca
  • Kif tebbi: romanzo africano
  • I lussuriosi
  • Il maleficio occulto
  • La morte d'Orfeo
  • Novelle prima della Guerra
  • L'occhio del fanciullo
  • L'oro e la donna: pagine di vita
  • Parisiana: aspetti e retroscena di Parigi
  • Il peccato e le tentazioni
  • Per la sua bocca
  • Il piacere di sognare
  • I piaceri e i dispiaceri di Trottapiano
  • I ragazzi se ne vanno
  • Roberta
  • Lo scandalo delle baccanti
  • La straniera in casa
  • Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati
  • Il valzer del guanto
  • Vecchie guerre vecchi rancori
  • La vita elegante
  • La vita ironica
  • La volpe di Sparta
 
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Scrittori dimenticati:Iginio Tarchetti

Post n°1583 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

gino Pietro Teodoro Tarchetti (Iginio è il nome con cui si firmava, mentre lo pseudonimo Ugo fu aggiunto a partire dal 1864, in omaggio a Foscolo)[3][4] nacque a San Salvatore Monferrato, vicino ad Alessandria, nel 1839.[1] Studiò a Casale e a Valenza, e si arruolò giovane nell'esercito, partecipando a varie campagne per la repressione del brigantaggio nel Sud Italia.[3] Descrizioni delle cronache del suo tempo ci descrivono Tarchetti come un giovane alto all'incirca un metro e ottantaquattro, con volto ovale, il naso diritto, gli occhi azzurri. Un bell'uomo, capace di provare e scatenare grandi passioni.[5]

Nel 1863 a Varese intrecciò una relazione sentimentale con Carlotta Ponti, testimoniata da varie lettere del suo epistolario. Trasferitosi a Milano l'anno successivo per motivi di salute, entrò in contatto con gli ambienti della Scapigliatura e strinse fraterna amicizia con Salvatore Farina. In questi anni compose e pubblicò lo scritto teorico Idee minime sul romanzo e il romanzo di scarso successo Paolina (entrambi usciti sulla Rivista minima nel 1865).[4]

Verso il mese di novembre del 1865 Tarchetti si trovava a Parma, ove aveva incarichi militari. Qui conobbe una donna, una certa Carolina (o forse Angiolina), parente di un suo superiore, malata di epilessia e prossima alla morte. Pur non essendo bella, questa suscitò subito un'attrazione da parte dello scrittore, forse per i grandissimi occhi neri e le trecce color ebano. Tarchetti stesso così la descrive: "Quell’infelice mi ama perdutamente… il medico mi disse che morrà fra sei o sette mesi, ciò mi lacera l'anima, vorrei consolarla e non ho il coraggio, vorrei abbellire d'una misera e fuggevole felicità i suoi ultimi giorni e v'ha la natura che mi respinge da lei".[6]

La relazione fra i due fu uno scandalo, e la donna fu forse di ispirazione per il personaggio di Fosca nell’omonimo romanzo (1869). Nel 1865 Tarchetti abbandonò la vita militare per problemi di salute, e si trasferì definitivamente a Milano. Qui trascorse i suoi ultimi anni, frequentando salotti culturali (come quello della contessa Clara Maffei)[4] e conducendo una frenetica attività letteraria, scrivendo articoli, romanzi, racconti e poesie.[7]

Malato di tisi, morì per una febbre tifoide nel 1869 in casa dell'amico Salvatore Farina, e fu sepolto al Cimitero Monumentale di Milano[5][4], successivamente trasferito al cimitero di San Salvatore Monferrato, ad Alessandria. La fine avvenne ben prima di quella della malata Carolina, che – si dice – gli sopravvisse e onorò la scomparsa del poeta il 1º novembre di ogni anno, mandando fiori alla sua lapide.

 
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Scrittrici dimenticate:Mazo De La Roche

Post n°1582 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

anadian author, whose popular Jalna saga has been translated into many languages. Her first book in the series was published in 1927 - in total it consists of 16 volumes and made de la Roche one of the most popular novelists. The series covers 100 years of the wealthy Whiteoak family history, and it is partly based on de la Roche's own experiences. The central characters are Adeline Whiteoak, his grandson Eden and his half-brother Renny, his wife Alayne with a number of spouses, ex-spouses, and spouses-to-be. Archer, Alayne's son, summarizes the theme: "The family has been the structure of all our lives. We don't think about it. It's like the air we breathe. It is sacred to us."

Mazo Roche (she later added the 'de la' to her name) was born in Newmarket, in rural Ontario, the setting for most of her fiction. She was the only child of William Roche, a salesman, and Alberta (Lundy) Roche. During her marriage, Alberta moved seventeen times. After the death of her parents, de la Roche moved also from place to place. In her childhood her parents adopted her orphaned cousin, Caroline Clement, who became her lifelong companion. Although her family wasn't rich, she spent some years as a child on a farm owned by a wealthy man who farmed as a hobby. There de la Roche began to develop her fantasy world of rural aristocracy. H. (Rache) Lovat Dickson, her close friend and editor later said, that the Whiteoaks were "idealized conceptions of ancestors whom she only just knew but had heard about, but if she hadn't had the sort of family background that she had, then she couldn't have written the sort of books that the Whiteoaks books are." De la Roche studied art and English at the University of Toronto. Between the years 1930 and 1940 she lived in Devon, England, where she was frequently a guest of the royal family at Windsor. De la Roche returned to Canada before the start of World War II.

In 1902 de la Roche published her first story in Munsey's Magazine, but it was not until the death of her father that she devoted herself to writing. Her early novels, POSSESSION (1923) and DELIGHT (1926), were romantic novels. JALNA (1927) brought her success when she was 48. It won Atlantic Monthly's $10,000 Book Award, and gained huge popularity among readers. The story was set in the 1920s, and the reader joins the family a year or so before the 100th birthday of its matriarch. Originally Jalna was intended to stand alone, but the critical acclaim inspired the author to produce sequels and prequels at a steady rate. The film version of the book of 1935, directed by John Cromwell, was according to Variety "a nice production of a not very good adaptation."
In the 1920s, when de la Roche began her Jalna series, the family saga was a well-established formula. But few authors have written about the same characters for 30 years. The story starts in the 1850s when a British soldier, Philip Whiteoak and his wife Adeline build a family residence in Clarkson, Ontario, and give it the Indian name Jalna. During the story Adeline becomes a 100 year old matriarch, who sees generations come and go. Renny, the young master of Jalna, is not always particularly likeable. Although Renny himself shows scant tolerance of artistic pursuits, one of his half-brothers is a poet, one becomes a concert pianist, and one a monk and then later an actor.

Grandmother Adeline Whiteoak was the central character in a long running play, WHITEOAK (1936). In 1935 the saga was adapted for screen. The melodrama about the intrigues, loyalties, and sexual irregularities of the aristocratic family anticipated the modern soap-opera. By the end of the life of the author, eleven million copies of the Jalna books had been sold in English and more than a dozen other languages.

De la Roche lived with Caroline Clement a fairly reclusive life; their relationship was not discussed widely in the press. In 1931 they adopted two children. She also wrote travel books, children's stories, drama, and her autobiography RINGING THE CHANGES (1957). "It seems to me that even to biographers can make an enigma," she wrote, "a mystery of any man, no matter how open his life." De la Roche traveled extensively. She journeyed to the United States and western Canada and made nearly twenty sea voyages, from the Caribbean to North Africa to Europe. De la Roche died in Toronto on July 12, 1961. Today her work is admired for its strong, optimistic characters and sense of place. With the Jalna saga de la Roche created a rich fantasy world which has ensured its place in the tradition of popular fiction.


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Scrittrici dimenticate:Fausta Cialente

Post n°1581 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Fausta Cialente nasce a Cagliari nel 1898, figlia di Alfredo (abruzzese) e Elsa Wieselberger (di origini triestine). A causa della professione del padre, ufficiale di carriera, è costretta fin dalla più tenera età a continui cambiamenti di residenza (Bologna, Roma, Firenze, Genova), ma considerò sempre Trieste la sua città d’elezione. Inizia fin da piccola a coltivare la passione per lo scrivere insieme all'amato fratello Renato il quale avrà una futura, luminosa e importante carriera di attore teatrale spezzata a soli 46 anni nel 1943, quando viene travolto da un automezzo tedesco (non è stato mai appurato se per un incidente stradale reale o simulato a causa della sua attività antitedesca).
Nel 1921, Fausta sposa l'agente di cambio e compositore Enrico Terni. I due si trasferiscono ad Alessandria d'Egitto. Il soggiorno in una terra piena di fascino e di mistero come l'Egitto, diventa il filo conduttore delle trame di alcune sue opere,Pamela e la bella estate (1935) e il Cortile a Cleopatra (1936). Con il suo primo romanzo Natalia (terminato nel 1927 ma stampato solo nel 1930), vince il Premio dei Dieci, presieduto da Massimo Bontempelli e con Marianna (1931), pubblicata sulle pagine de La Fiera Letteraria, fondata e diretta a quell'epoca da Umberto Fracchia, nel 1932 vince il Premio Galante, così chiamato in quanto conferito esclusivamente alle donne. In questi racconti e romanzi propone temi per il tempo non troppo consueti almeno in Italia. Quasi per una felice intuizione, la Cialente anticipa di decenni una problematica, quella femminista, degli anni Ottanta, che, per certi aspetti, costituisce la caratteristica saliente della sua produzione letteraria più matura.
Alla fine degli anni Trenta la scrittrice vive in maniera sofferta e indignata l'avanzata in tutta Europa del nazismo e del fascismo, partecipando alla vita culturale e sociale della comunità italiana e, durante la seconda guerra mondiale, collaborando alle trasmissioni di Radio Cairo, conducendo un programma di propaganda antifascista. Con questa esperienza ha modo di entrare in contatto con numerosi fuorusciti italiani, mettendosi in contatto anche con Palmiro Togliatti. Nel 1943, fonda e dirige il giornale per i prigionieri italiani "Fronte Unito", che verrà stampato fino al 1945.

Dopo la lotta di liberazione, nel 1947 torna in Italia e si dedica per qualche tempo al giornalismo, collaborando a Rinascita, Italia nuova, Noi donne, Il Contemporaneo e, saltuariamente, anche al quotidiano comunista L'Unità, e ad alcune sceneggiature per il cinema insieme a Sergio Amidei. Dopo un lungo silenzio, pubblica nel 1961 Ballata Levantina, riproponendosi all'attenzione della critica e classificandosi terza al Premio Strega con Un inverno freddissimo (1966), vicenda ambientata in una Milano invernale con tutti i problemi del difficile periodo postbellico. Trama dalla quale prenderà spunto lo sceneggiato televisivo Camilla interpretato dalla indimenticabile Giulietta Masina, la scrittrice abbandona l'ambientazioni esotiche e levantine che sinora avevano caratterizzato tutti i suoi romanzi. Nel 1972 pubblica il romanzo Il vento sulla sabbia e con Le quattro ragazze Wieselberger, dove ricostruisce le atmosfere triestine della sua infanzia e della sua cultura, vince nel 1976 il Premio Strega.
Fausta Cialente si separa dal marito e va a vivere a Roma con la vecchia madre, con la quale finalmente recupera un rapporto sofferto ma affettuoso e, dopo la sua morte (nel 1955), si trasferisce a Varese nella sua grande villa. Compie alcuni viaggi in Kuwait e dalla figlia Lily in Inghilterra. Nella sua piena maturità artistica nel 1982 ripropone all'attenzione della critica una nuova edizione del romanzo Natalìa, incappato a suo tempo, alla sua prima uscita, nelle maglie della censura fascista a causa della vicenda interamente imperniata su un’intensa, sia pur casta, amicizia fra due donne, apportandone alcune modifiche sia nella forma sia nella sostanza.

Stanca di una vita, ricca di soddisfazioni ma faticosa e, soprattutto, senza radici, la scrittrice si trasferisce definitivamente a Londra, occupandosi, nella sua frenetica voglia di vivere, ancora di traduzioni dall'inglese all'italiano. All'alba di un nebbioso giorno di marzo 1994 in un sobborgo di Londra, a Pangbourne, muore l'antesignana del femminismo moderno.

 
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Non solo rivoluzione russa

Post n°1580 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Sin dal 1613 i Romanov fondarono il proprio potere sul sistema feudale, ossia una classe ristretta di nobili che possedevano sia la terra sia gli schiavi. Il territorio dell'impero era immenso e comprendeva popoli di molte razze diverse, lo stato si identificava con il monarca assoluto, lo Zar (zar deriva dal latino caesar, il cesare). Nel 1722 lo zar Pietro il Grande costituì una scala delle carriere del servizio pubblico chiamata Cinovnik. Ad ogni gradino (in tutto erano 14) corrispondeva un diverso ceto arisocratico o grado militare. I Cinovniki erano i burocrati a vita dello stato. I primi tentativi considerevoli di ribellione contadina al regime degli Zar si ebbero nelle campagne russe verso la metà del XVII sec.
Stenka Razin Stenka Razin (1630-1671) fu il primo condottiero che capeggiò una rivolta di cosacchi del Don nel 1667 contro i proprietari terrieri. Dal 1668 al 1669 organizzò un esercito popolare e condusse una campagna militare contro la Persia, arrivando ad occupare Astrakhan, Zarizyn, Saratov e Samara.
Proclamata nel 1670 la Repubblica Cosacca e l'abolizione della schiavitù, sostenne l'uguaglianza di tutti e l'abolizione dei privilegi. Nel 1671 la rivolta contadina si estese anche alle regioni settentrionali della russia. In ottobre, Razin fu sconfitto sul fiume Sviyaga , presso Simbirsk, e costretto alla ritirata. Tradito, fu consegnato alle autorità zariste che dopo averlo torturato lo giustiziarono pubblicamente.
La sua memoria sopravvisse in numerose poesie, canti e ballate popolari russe, dove venne rappresentato come difensore degli umili e vendicatore degli oppressi.
L'imperatrice Caterina II cercò a lungo di introdurre delle riforme al fine di creare una monarchia più moderna e liberale, ma i contadini, insoddisfatti, aspiravano all'abolizione della servitù della gleba.
Caterina II Celebre fu la rivolta del cosacco Pugacev (1742-1775). Nelle steppe lungo i fiumi Don e Dniepr i nomadi cosacchi erano insediati fin dal XV secolo, mantenendo intatto il loro spirito di indipendenza che li spingeva a frequenti rivolte contro le imposizioni delle autorità statali.
Nel 1775 Pugacev, spacciandosi per il defunto zar Pietro III, incitò i contadini alla ribellione. Gli insorti arrivarono quasi alle porte di Mosca; a quel punto Caterina II, spaventatasi, mobilitò un imponente esercito per fronteggiare la situazione. Pugacev fu catturato, trascinato nella capitale e squartato vivo. Pugacev divenne un martire agli occhi dell'opinione pubblica, mentre la Zarina cambiò radicalmente la propria politica riformatrice, divenendo sempre più conservatrice ed oscurantista, forse comprendendo per la prima volta l'enorme potenzialità rivoluzionaria delle masse asservite.
Nel 1825 alla morte dello zar Alessandro I venne organizzato dagli ufficiali della guardia imperiale russa un tentativo di instaurare un regime costituzionale. La rivolta scoppiò il 14 dicembre, i membri delle società segrete che prepararono il moto sarebbero stati ricordati col nome di Decabristi (dal nome russo, dekabr', di dicembre) o Decembristi. Il centro principale dei tumulti fu San Pietroburgo, nel giorno in cui doveva avvenire l'incoronazione dello zar Nicola I alcuni reparti dell'esercito dettero vita ad una insurrezione cospirativa contro l'autocratismo governativo, che venne però circoscritta e soffocata. Minor consistenza ebbero i moti organizzati nella Russia meridionale che fallirono rapidamente. I ribelli furono impiccati o condannati ai lavori forzati o alla deportazione in Siberia.
La rivolta fu il frutto dell'aspirazione alla libertà sviluppatasi all'indomani della Rivoluzione francese in alcuni ceti nobiliari e borghesi. Giovani ufficiali che avevano combattuto contro Napoleone ritornarono in Russia portando con sé nuovi ideali comprendenti diritti umani, governo rappresentativo e democrazia di massa. I Decabristi per il loro programma di politica liberale vengono comunque ricordati come gli iniziatori del movimento rivoluzionario in Russia. Soltanto molti anni dopo Alessandro II avrebbe inaugurato una stagione di riforme sociali.
La disfatta della Russia nella guerra di Crimea (1853-1856) diede luogo infatti a carestie e disordini. Lo zar Alessandro II al fine di assicurarsi la fedeltà di un esercito composto in prevalenza da schiavi, con un'abile mossa abolì la servitù della gleba nel 1861. I contadini tuttavia furono sovraccaricati dalle spese di riscatto delle terre (ipoteche e tasse) che servivano a ripagare gli ex proprietari, i quali comunque mantenevano la maggior parte dei latifondi. Il 70% dei contadini emancipati non possedeva abbastanza terrra da sfamare la propria famiglia e venne a costituire una fonte di mano d'opera a buon mercato.
Tra il 1891 e il 1904 la Russia portò a termine un lungo tratto della Transiberiana, la linea ferroviaria più lunga al mondo. Più di novemila chilometri di rotaie avrebbero dovuto collegare lo sconfinato territorio russo dall'Europa a Vladivostok, sul mare di Giappone. La Cina diede il permesso alle ferrovie russe di passare per la Manciuria per raggiungere il Pacifico e Port Arthur, ma il Giappone divenuto una potenza imperialista, temeva di perdere la propria egemonia politica ed economica nelle regioni dell'estremo oriente, per questo, dopo alcuni tentativi falliti di intimidazione, nel gennaio 1904 dichiarò guerra alla Russia.
Il paese nipponico sfruttò la propria posizione geografica, la migliore organizzazione militare e la superiorità degli armamenti. Il 2 Gennaio del 1905, dopo otto mesi di assedio, la base russa di Port Arthur dovette arrendersi; il conflitto russo-giapponese si concluse drammaticamente nel maggio dello stesso anno, quando le corazzate nipponiche dell'ammiraglio Togo affondarono la flotta zarista al largo di Tsushima, presso la costa della Corea.
Nella pace di Portsmouth la Russia cedette al Giappone, con la mediazione del Presidente americano Theodore Roosvelt, le più meridionali delle Isole Sahalin riconoscendo anche la sua influenza in Corea e nella Manciuria.
La domenica di  sangue. I disastri russi nella guerra contro il Giappone, avevano rinfocolato l'insofferenza popolare contro il regime zarista che dal fallito complotto dei Decabristi non aveva mai cessato di provocare rivolte, sia pure isolate.
Il primo sintomo che il malumore e le esplosioni anarchiche stavano degenerando in moti rivoluzionari si era avuto il 9 gennaio: a Pietroburgo, una folla di dimostranti, guidati dal pope Gapon, mentre si stava dirigendo verso il Palazzo d'inverno, venne attaccata dall'esercito e dalla polizia zarista. Sul terreno rimasero centinaia di vittime. Dopo quella domenica di sangue quasi tre milioni di persone in Russia incrociarono le braccia. Mentre i rappresentanti degli Zetvo (consigli provinciali) e delle Duma (consigli municipali) chiedevano a Nicola II di cambiare la struttura burocratica governativa, autocratica e poliziesca, le organizzazioni rivoluzionarie puntavano su soluzioni più radicali. I “professionisti della rivoluzione” compivano attentati (il granduca Serej, zio dello zar, il ministro ed il ministro dell'istruzione Sipjagin caddero vittime del terrorismo politico) e allargavano le basi del loro consenso sotto la direzione di Grigorij Girsuni.
Il socialista Boris Savinkov da un elegante alloggio a Pietroburgo svolgeva la sua attività rivoluzionaria culminata con l'assassinio del ministro dell'interno Pleve; nel magazzino del Commercio all'ingrosso di frutta del Caucaso fu allestita nei suoi scantinati una intera tipografia clandestina. Contemporaneamente l'armeno Petrosian (divenuto famoso con il nome di Kamò) organizzava bande armate per portare a termine espropri proletari per i quali faceva da maestro il georgiano Dzugasvili, il futuro Stalin.
Ma era Odessa che deteneva da tempo il primato dello spirito rivoluzionario la cui Università era divenuta il covo degli agitatori. Nel maggio 1905, gli operai avevano iniziato ad armarsi mentre il comandante militare attendeva il manifestarsi di disordini per dare inizio ad una feroce repressione.
L'occasione si presentò con l'arrivo in porto della Corazzata Potemkin, ammiraglia della flotta zarista nel Mar Nero, il cui equipaggio, dopo l'esecuzione del marinaio Georgij Vakulenciuk da parte del comandante, si era ammutinato a Sebastopoli e aveva trucidato i suoi ufficiali. La salma della vittima, trasportata a bordo di una zattera dai suoi commilitoni e deposta sul molo, divenne meta di un incessante pellegrinaggio. Una grande folla invase la diga: le persone che sfilavano davanti al cadavere deponevano qualche moneta nella cassetta che gli era stata posta accanto e, istigate da gruppi di propagandisti infiltrati, imprecavano contro lo zar ed il suo governo.
La domenica di  sangue. Un gruppo di cosacchi inviato per prelevare la salma e darle sepoltura, fu affrontato e messo in fuga dai marinai ai quali si erano uniti i dimostranti. La Potemkin issò la bandiera rossa e comunicò che avrebbe ritirato il cadavere per dargli sepoltura in mare; se le autorità si fossero opposte la nave avrebbe aperto il fuoco sulla città. Dopo aver quasi terminato il carico di carbone, la corazzata segnalò che esigeva di essere rifornita di viveri, in caso di rifiuto avrebbe bombardato la città di Odessa con i suoi potenti cannoni. Cominciò così un braccio di ferro durante il quale iniziarono gli scontri. Dopo che una bomba lanciata da un dimostrante aveva ucciso un poliziotto, la polizia cominciò a sparare sui dimostranti. Intanto anche un'altra nave, la Pobedonosez, si era ammutinata.
Il giorno successivo giunse ad Odessa la flotta dell'ammiraglio Krieger composta da cinque corazzate e sette cacciatorpediniere e la Potemkin fu costretta a prendere il largo. Mentre la Pobedonosez rientrò in porto e si arrese, la corazzata ribelle cominciò a peregrinare facendo rotta prima su Teodosia e poi su Costanza ove il suo equipaggio, privo di approvvigionamenti, decise di arrendersi alle autorità rumene.
Intanto ad Odessa i tumulti si erano trasformati in rivolta che venne soffocata nel sangue: in una notte furono uccise non meno di 1800 persone e tremila feriti decedettero più tardi. I fatti di Odessa non fecero che attizzare l'incendio che covava sotto la cenere. Gli ammutinamenti (Kronštadt e Sebastopoli) ed i moti rivoluzionari si estesero a tutto il paese e solo la mancanza di una mente direttiva capace di dare uno sbocco alla lotta, la fedeltà della gran parte dell'esercito allo zar e le concessioni all'ala moderata del movimento rivoluzionario permisero al regime zarista di isolare ed annientare gli estremisti del proletariato urbano ritardando di dodici anni la grande rivoluzione del 1917.
Spaventati da ciò che era accaduto alcuni membri dell'alta borghesia e della nobiltà fecero pressioni sul regime zarista affinché attuasse delle riforme per riportare l'ordine tra le masse. Serov- Ritratto di Nicola II Nell'ottobre 1905, su pressioni del Primo Ministro Witte, Nicola II fece emanare quello che venne chiamato Il Manifesto di ottobre con cui concedeva una costituzione e proclamava i basilari diritti civili per tutti i sudditi. Il documento prevedeva anche l'elezione di una Duma, ossia di una parlamento, anche se con poteri molto formali. La prima Duma fu eletta nel 1906, nello stesso anno lo Zar decise di sostituire Witte con il meno indipendente Stolypin.
Il governo di Stolypin istituì un tribunale militare che in poco tempo condannò a morte più di mille rivoluzionari, mentre tremilacinquecento furono giustiziati nei tre anni seguenti per mano di tribunali ordinari. La corda del boia era chiamata in Russia la cravatta di Stolypin.
Grazie al clima di terrore controrivoluzionario che era riuscito ad instaurare, egli introdusse notevoli modifiche alla legge elettorale della Duma, riducendo sempre più il suo potere rappresentativo, e attuò una rilevante riforma agraria che prevedeva l'abolizione della proprietà collettiva delle terre nei villaggi e l'assegnazione ai contadini di piccole tenute, spesso inadeguate al sostentamento. Stolypin sperava così di costringere le comunità agricole(mir) alla vendita sottocosto dei poderi a favore dei grandi proprietari terrieri, fedeli allo Zar. Ma il suo programma fu un fallimento: quasi nessuno infatti acconsentì a privarsi dei propri possedimenti a condizioni così disdicevoli. Nel 1911 Stolypin cadde vittima di un attentato e la carica di Primo Ministro venne assegnata al ministro della Finanze, Vladimir Kokovtsov.
Tra il 1907 e il 1914 l'economia russa ebbe una significativa ripresa dovuta all'intraprendenza di nuove cooperative rurali e di giovani capitalisti. Benché il debito estero rimanesse estremamente elevato, l'incremento della produzione(in particolare dell'acciaio) fu uno dei maggiori del mondo; ma il 1° agosto 1914 l'intera società russa fu travolta dallo scoppio della Prima guerra mondiale.

 
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Pugacev

Post n°1579 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Quella degli ultimi quarant'anni del XVIII secolo in Russia è stata una storia turbolenta e violenta. Sono gli anni del regno della zarina Caterina II, donna di nerbo, di grande e raffinata cultura che subentrò al rozzo marito, Pietro III, spentosi in carcere dopo l'insediamento di Caterina al potere. Furono nondimeno gli anni di una ribellione che i cosacchi avevano architettato ai danni dello stato centrale. Agli ordini di Emeljan Ivanovic Pugacev, rivolsero le armi contro la zarina aprendosi la strada verso Mosca e San Pietroburgo.
Ora, su questo avvenimento storico che influenzò anche la letteratura russa (Puskin si riferì ad esso nel romanzo «La figlia del capitano») esce un volume dal titolo «La rivolta degli orfani» (Donzelli, pp. 250, euro 25) opera di Marco Natalizi, docente di Storia dell'Europa orientale all'università di Siena. Natalizi, sulla scorta di preziosi documenti d'archivio, ricostruisce la vera dinamica dell'insurrezione sgrondandola da tutte le leggende e le favole che, negli anni, sarebbero state costruite attorno ad essa. In primo luogo quella basata sulla rassomiglianza dello stesso Pugacev con il deposto Pietro III, niente affatto morto in carcere, ma evaso al punto da organizzare una sorta di golpe contro la moglie-zarina.
In realtà Pugacev altri non fu se non un disertore dell'esercito russo che aveva combattuto nella Guerra dei sette anni e che aveva sobillato il malcontento latente fra i cosacchi, al punto di mettersi a capo di questo manipolo per cercare di dare una speranza a chi si sentiva orfano di un potere paterno, ritornato ad abbandonare i propri sudditi in balia del ceto nobiliare. A ciò andava ad aggiungersi una sorta di insicurezza evidenziata dall'esecutivo di Caterina. Fu sostanzialmente questa la motivazione comune che spinse molti cosacchi a seguire Pugacev. L'avanzata, in primo luogo sottovalutata, cominciò a mettere paura dopo che i ribelli conquistarono ampie porzioni di terra conquistando la roccaforte di Kazan.
Solo allora Caterina decise di fronteggiare il problema e l'esercito della zarina riuscì a mettere in fuga le truppe di Pugacev, che si ritirò sulla riva sinistra del Volga. Qui tuttavia il capo dei ribelli fu tradito da alcuni cosacchi che riuscirono a consegnarlo ai generali di Caterina, i quali lo inviarono a Mosca dove fu condannato e giustiziato il 10 gennaio 1775 per squartamento.

 
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Ti auguro un'oasi di pace (Bello)

Post n°1578 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

La strada vi venga sempre dinanzi
e il vento vi soffi alle spalle
e la rugiada bagni sempre l'erba
cui cui poggiate i passi.
E il sorriso brilli sempre
sul vostro volto.
E il pianto che spunta
sui vostri occhi
sia solo pianto di felicità.
E qualora dovesse trattarsi
di lacrime di amarezza e di dolore,
ci sia sempre qualcuno
pronto ad asciugarvele.
Il sole entri a brillare
prepotentemente nella vostra casa,
a portare tanta luce,
tanta speranza e tanto calore.

 
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Libri dimenticati:Mia cugina Rachele

Post n°1577 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Bellissimo libro di Daphne Du Maurier,che tratteggia un altro stupendo ritratto di donna

 
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Frase del giorno

Post n°1576 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Dietro una grande fortuna c'è sempre un crimine

 
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