Messaggi del 16/01/2012

La tua assenza

Post n°1655 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

La tua assenza
mi scava il vuoto dentro.
A volte vorrei
fare quel numero.
vorrei raccontarti di me
come facevo prima.
Vorrei sentire la tua voce,
la tua risata,
ritrovare l'intimità
che avevamo.
Vorrei sentirti dire il mio nome,
vorrei parlarti per ore.
Ma non ci sei
ed io mi invento mille impegni,
mille occasioni,
mi perdo in altre braccia
quando la sola cosa che vorrei
sarebbe perdermi fra le tue braccia

 
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Scrittori dimenticati:Axel Munthe

Post n°1654 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

xel Martin Fredrik Munthe (Oskarshamn, 31 ottobre 1857Stoccolma, 11 febbraio 1949) è stato un medico, psichiatra e scrittore svedese.

È conosciuto principalmente per essere l'autore de La storia di San Michele (1929), un racconto autobiografico romanzato della sua vita e del suo lavoro, il cui titolo si riferisce alla villa San Michele che egli si costruì ad Anacapri con l'aiuto di manovali del luogo. S.Michele è un piccolo capolavoro di geniale architettura "spontanea", o meglio "dilettantesca", realizzata da un uomo di raffinata cultura, ed è visitata ogni anno da migliaia di turisti.

La sfinge di Villa San Miche
i
Vita 

Nacque ad Oskarshamn, Svezia. All'età di diciotto anni visitò Capri, e ne rimase folgorato, al punto da decidere di volervi un giorno vivere.

Studiò medicina ad Uppsala ed a Parigi, ove si laureò (1880). Esercitò la sua professione sia a Roma che a Parigi, e nel 1903 divenne medico della Casa Reale svedese. Nel 1908 fu tra i volontari stranieri che prestarono soccorso alla popolazione dopo il terremoto di Messina. A seguito di questa esperienza scrisse il libro: "Lettere da un città dolente" (1909), che egli cita anche nella "Storia di S. Michele".

Dopo essersi ritirato dalla vita pubblica, visse presso villa San Michele sull'isola di Capri. Scrisse La storia di San Michele quando ormai, negli ultimi anni della sua vita, fu costretto a tornare nella natia Svezia a causa di una malattia agli occhi.
Fu un "animalista" ante litteram; lasciò infatti una cospicua somma perché fosse creata una fondazione che si adoperasse per vietare l'impiego degli animali nei circhi equestri, nonché per eliminare i giardini zoologici, cose che egli reputava indegne della civiltà.
Villa San Michele fu da lui donata allo Stato svedese, ed è oggi gestita da una fondazione.

 
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Scrittori dimenticati:Salvator Gotta

Post n°1653 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Salvator Gotta (Montalto Dora, 18 maggio 1887Rapallo, 7 giugno 1980) è stato uno scrittore italiano.

Biografia [modifica]

Laureato all'Università di Torino, esordì nella produzione letteraria con Pia, del 1912, La porta del cielo, del 1913, Ragnatele, del 1915, anno in cui si arruolò volontario fra gli alpini. Da questa esperienza trasse nel 1926 il romanzo per ragazzi Il Piccolo Alpino, che ebbe grande successo. Aderì subito al fascismo e nel 1925 fu autore del testo dell'inno ufficiale fascista "Giovinezza". Il piccolo alpino Giacomino Rasi divenne così un piccolo squadrista ne l’Altra guerra del piccolo alpino, del 1935, e infine un Piccolo legionario in Africa Orientale nel 1938. Modificando i versi dell’inno goliardico di Nino Oxilia, Giovinezza, che era già divenuto, modificato, l’inno dei nazionalisti di Filippo Corridoni, consegnò al regime l’inno ufficiale del Partito fascista, che esaltò in diverse opere, come Mistica Patria, del 1932. Scrisse anche sceneggiature per il cinema e opere teatrali come Mille lire, del 1923 e La damigella di Bard, del 1936.

Continuò a scrivere, anche nel dopoguerra, romanzi di evasione, ormai dimenticati. Divenne popolarissimo tra gli adolescenti negli anni '60 e '70 perché teneva una rubrica di domande e risposte sul settimanale a fumetti Topolino e per i suoi romanzi storici sul Risorgimento. Fu influenzato dai veristi e da Antonio Fogazzaro. A Fogazzaro, Giacosa e a Gozzano dedicò un suo libro autobiografico, Tre maestri (1976). La sua autobiografia è contenuta nel libro L'almanacco di Gotta, Mondadori

 
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Scrittrici dimenticate:Paola Drigo

Post n°1652 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Paola Bianchetti Drigo (Castelfranco Veneto, 4 gennaio 1876Padova, 4 gennaio 1938) è stata una scrittrice italiana.

Indice [nascondi
Biografia 

Compie buoni studi, frequentando il ginnasio inferiore dell'istituto "Canova" di Treviso. All'età di 22 anni sposa l'agronomo padovano Giulio Drigo, andando a vivere a Mussolente, nei dintorni di Bassano del Grappa (Vicenza). Nel 1937, dopo la morte del marito (1922), si trasferisce a Padova.

Pubblicò novelle e elzeviri nei più prestigiosi giornali dell'epoca: La Lettura, Nuova Antologia, L'Illustrazione italiana, Corriere della Sera e altri, raccolti a costituire i tre volumi di racconti della sua bibliografia. È autrice poi di due rilevanti romanzi, editi entrambi nel 1936: Fine d'anno e Maria Zef. Quest'ultimo libro fu ripubblicato dall'editore Treves nel 1938, e in seguito nel 1939 da Garzanti, con successive ristampe del 1946 e del 1953. Parte della sua opera fu, ed è ancor oggi, tradotta in varie lingue europee; dal romanzo Maria Zef sono state tratte due trasposizioni cinematografiche, una diretta nel 1953 da Luigi De Marchi e l'altra nel 1981 da Vittorio Cottafavi.

Paola Drigo fu una voce importante e originale della narrativa italiana ed è riconosciuta dalla critica come la scrittrice d'area veneta più rilevante della prima metà del Novecento. Quando fu dato alle stampe, il suo romanzo Maria Zef fece scalpore per come adombrava un tema scabroso quale l'incesto in situazioni di estremo disagio economico e sociale.

 
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Marguerite Steen

Post n°1651 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Marguerite Steen (12 May 1894 – 4 August 1975) was a British writer, most popular in the 1930s and 1940s.

[edit] Life

Daughter of Capt. George Connolly Benson (King's Shropshire Light Infantry) and Margaret Jones, Marguerite was adopted by Joseph and Margaret Jane Steen. Educated at a private school and subsequently, with much more success, at Kendal High School, at 19 she became a teacher in a private school. After three years she abandoned that career and went to London to fulfill her ambition of working in the theatre. Failing to gain entry to the theatrical world, she accepted instead an offer to teach dance in Yorkshire schools. This earned her a comfortable living (rising to over £500 a year) which enabled her to spend long periods travelling in France and Spain—the latter becoming her adopted homeland. In 1921, she managed to join the Fred Terry / Julia Neilson drama company, at £3 per week, and spent three years touring with them. She was befriended by Ellen Terry, and when she found herself unemployed in 1926, took her advice and wrote a novel (not her first, strictly speaking, as she had made an attempt at the age of 8). This work, The Gilt Cage, was published in 1927, and was followed by some 40 more books.

Very much at home among creative people, she would write biographies of the Terrys, of her friend Hugh Walpole, of the 18th century poet and actress (and sometime mistress to the Prince of Wales) Mary 'Perdita' Robinson, and of her own lover, the artist Sir William Nicholson with whom she lived from the late 1920s until his death in 1949, and whom she would have married if his wife, from whom he formally separated in 1933, had been willing to grant a divorce. Marguerite had a fair artistic talent herself, and in the 1930s she also wrote a couple of plays, but her forte was the historical novel.

Her first major success was Matador (1934), for which she drew on her love of Spain, and of bullfighting. This was picked up by both the Book Society in Britain, and the Book of the Month Club in the USA. Also a best-seller on both sides of the Atlantic was the massive slave-trade and Bristol shipping saga The Sun Is My Undoing (1941); this was the first part of a trilogy, but the remaining volumes were far less popular. Though never quite accepted by literary critics- Sun..., for example, was described as "vigorous but tinselly"- she was elected a Fellow of the Royal Society of Literature in 1951. Her two volumes of autobiography, Looking Glass (1966) and Pier Glass (1968) offer some delightful views of the English creative set from the 1920s to the 1950s.

Her home at the time of her death was the cottage she had shared with Nicholson during the last years of his life, in the village of Blewbury, Berkshire, bought after their London home was destroyed by a Second World War bomb.

 
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Il maresciallo Ney

Post n°1650 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Michel Ney, duca di Elchingen, principe della Moskowa (Sarrelouis, 10 gennaio 1769 – Parigi, 7 dicembre 1815), è stato un generale francese, Maresciallo dell'Impero con Napoleone Bonaparte

Biografia

Di umili origini (era figlio di un mastro bottaio che aveva partecipato alla guerra dei sette anni), compì i propri studi presso il locale collegio degli agostiniani. Impiegato per qualche anno presso un notaio, divenne successivamente sovrintendente di miniere e fornaci. La sua vita cambiò radicalmente il 12 febbraio 1787: quel giorno Ney si arruolò come volontario in un reggimento di ussari dell'esercito regio.

Dopo quattro anni di servizio venne brillantemente promosso caporale. Allo scoppio della guerra con l'Austria, il 20 aprile 1792, Ney era già salito al grado di sergente maggiore di reggimento. La sua carriera militare riportò notevoli successi tanto che poco dopo il 1793 comandò uno squadrone di 500 cavalleggeri posto agli ordini di Kléber nell'Armata di Sambre e Mosa.
Maresciallo dell'Impero

Raggiunto il grado di generale di divisione fu nominato Maresciallo dell'Impero il 19 maggio del 1804. Fu grazie a Ney che il barone Jomini (1779-1869) poté pubblicare il suo trattato di strategia militare intitolato Traité des grandes opérations militaires.


Con la Grande Armée Ney riuscì vittorioso ad Elchingen, il che gli valse il titolo di duca di Elchingen. Assente alla battaglia di Austerlitz, partecipò alla battaglia di Jena, e pure al grande successo della battaglia di Friedland il 14 giugno 1807, sbaragliando l'ala sinistra dell'esercito russo (in quel momento lo stesso Napoleone commentò l'azione di Ney al maresciallo Mortier con l'esclamazione «Quell'uomo è un leone!»).

Nel 1808 Ney fu trasferito in Spagna dove rimase per circa due anni. Notevolissima fu la sua fondamentale azione nella difesa della retroguardia della Grande Armée durante la Campagna di Russia di Napoleone; tale azione gli valse il soprannome di "prode dei prodi" e il titolo di Principe della Moscowa. Contribuì in modo decisivo alla prima abdicazione di Napoleone e successivamente offrì i suoi servigi (che vennero accettati) all'esercito di Luigi XVIII, ma durante i Cento Giorni si schierò nuovamente a fianco di Napoleone Bonaparte prendendo parte alla Battaglia di Quatre-Bras.
Il ritorno con Napoleone e la morte

Dopo Waterloo, ove combatté in prima linea guidando la celeberrima carica della cavalleria, venne accusato di alto tradimento, processato dalla Camera dei Pari che lo condannò a morte (mentre molto probabilmente una corte militare lo avrebbe salvato) e fucilato. Il suo nome venne riabilitato solo dopo molti anni durante la monarchia orleanista.
Una leggenda su Ney

Non è del tutto certo che Ney sia morto fucilato. Infatti nel 1818 arriva negli USA dalla Francia un misterioso Peter Stuart Ney. Egli sbarca a Charleston, in Carolina del Sud e lo troviamo come stimato e conosciuto insegnante a Mocksville. Egli dichiarò di essere il Maresciallo Ney, tanto che sulla sua tomba, a Cleveland, in Carolina del Nord, si trova scritto:

“In memory of Peter Stuart Ney/ A native of France and soldier of the French Revolution under Napoleon Bonaparte/ Who departed this life November 15th, 1846/ Aged 77 years.”

(In memoria di Peter Stuart Ney/ Nato in Francia e soldato della Rivoluzione Francese sotto Napoleone Bonaparte/ Che è deceduto il 15 novembre 1846/ All'età di 77 anni).

Gli storici hanno molto dibattuto la questione. L'età coinciderebbe, essendo il Maresciallo Ney nato nel 1769, la calligrafia dei due Ney sarebbe identica, come pure la personalità e le caratteristiche fisiche. Peter Stuart Ney era anche conosciuto come Maresciallo Ney da coloro che avevano servito in Francia sotto di lui. Peter soffrì molto alla notizia della morte di Napoleone. A salvarlo con una finta esecuzione potrebbe essere stato tra gli altri anche il Duca di Wellington

 
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La duchessa di Berry

Post n°1649 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Arrigo Petacco nel suo libro "La signora della Vandea" rende omaggio alla duchessa di Berry,Maria Carolina di Borbone (1798 1870). Petacco, come del resto altri precedenti biografi di Maria Carolina, fa di tutto per mettere in risalto il "sogno romantico" della nobildonna, la quale nell' intento di far sedere il figlio sul trono di Francia (il minorenne duca di Bordeaux, nelle intenzioni della madre, avrebbe dovuto spodestare Luigi Filippo e regnare col nome di Enrico V), non esita a improvvisarsi guerrigliera, perfino a travestirsi da "ragazzo vandeano" e a riattizzare il fuoco della rivolta nell' ancora insanguinata regione francese. Ma i tempi erano cambiati, anche in Vandea; e se in quella terra martoriata dopo trentanove anni si riaccesero fuochi di guerriglia, non si arrivo' mai a una vera e propria rivolta. Si registrarono, anche quella volta, episodi di eroismo e di crudelta' , ma fu tutto inutile. Scrive Petacco: "Finiva cosi' il sogno eroico di Maria Carolina. Nei giorni che seguirono, la repressione fu feroce e in alcuni casi si ripeterono gli eccessi del ' 93...". Maria Carolina, mai perduta di vista da Talleyrand (i suoi dispacci agli ambasciatori di Francia sui movimenti della "congiurata" sono sempre puntuali e precisi), non riuscira' nel suo intento. Dopo avventure e disavventure in cui la realta' supera la fantasia, muore, a settantadue anni, nel castello di Brunnsee, in Stiria. Petacco, in un certo senso, tenta una riabilitazione della sua eroina ("...Maria Carolina si comporto' come gli uomini del suo tempo, ma, per sua sfortuna, stava dalla parte degli sconfitti e la storia, come si e' gia' detto, la scrivono i vincitori..."). Anche se piu' volte sottolinea la sua incultura e la sua cieca fede legittimista che ne fanno una degna nipote della regina delle Due Sicilie Maria Carolina, la quale, quando il cardinale Ruffo e l' inglese Nelson le salvarono il trono, diede sfogo a una terribile vendetta che non risparmio' neanche San Gennaro ("colpevole di avere osato compiere il consueto miracolo in onore del generale Championnet"). Ad aiutare Maria Carolina nel suo temerario piano (una Vandea numero due), tra gli altri, c' e' il re del Piemonte Carlo Alberto, nostro "eroe" risorgimentale, forse perche' . suggerisce Petacco . innamorato di lei. Fanno una strana coppia, i due aristocratici, negli incontri segreti destinati alla cospirazione: lei un tappettino, anche se di gradevole aspetto ("non bella, ma charmante", dice di lei Luigi XVIII, quando gli viene presentata), lui altissimo e impacciato. Petacco, precedentemente, ricostruisce con dovizia di particolari gli anni della dolce vita parigina che Maria Carolina condivise con il marito duca di Berry, ucciso dalla pugnalata di un sicario all' uscita di un teatro. Una coppia aperta, la loro, si direbbe oggi. E non poteva essere altrimenti, considerate le urgenze erotiche del duca, il quale, annota Petacco, dissemino' l' Europa di allora di suoi figli illegittimi. Sconfitta, messa nelle condizioni di non nuocere piu' alla corona di Francia, Maria Carolina, dopo alcuni mesi di prigionia nella fortezza di Blaye, edificata su uno sperone roccioso dominante l' estuario della Gironda, sposo' Ettore Carlo Lucchesi Palli di Campofranco. Fece altri figli (era nata per questo, annota il biografo), stabilendosi nell' amata Palermo (a Palazzo Butera), dove era stata felice da bambina, poi a Napoli e, prima di Brunnsee, a Venezia, dove possedeva Palazzo Vendramin.

 
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Il duca di Berry

Post n°1648 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Carlo Ferdinando di Borbone, duca di Berry (Versailles, 24 gennaio 1778Parigi, 14 febbraio 1820), era il figlio secondogenito di Carlo, conte d'Artois (futuro re di Francia con il nome di Carlo X), e di Maria Teresa di Savoia. I suoi nonni paterni erano Luigi Ferdinando di Borbone-Francia e Maria Giuseppina di Sassonia; i suoi nonni materni erano Vittorio Amedeo III di Savoia e Maria Antonietta di Borbone-Spagna.

Dopo la restaurazione fu tra i capi degli ultrarealisti.

Biografia 

Nasceva a Versailles, e come figlio di un Fils de France e non erede al trono, aveva il rango di petit-fils de France, e con questo rango divenne poi noto tra i nobili emigrati dalla Rivoluzione. In ogni caso, durante la Restaurazione borbonica, venne elevato al rango di Fils de France (utilizzata nel suo contratto di matrimonio, nel suo certificato di morte, ecc.) benché a regola lo sarebbe diventato solo alcuni anni dopo la sua morte. Durante la Rivoluzione Francese abbandonò la Francia con il padre, allora conte d'Artois e dal 1792 al 1797 prestò servizio nell'armata degli emigré guidata dal principe di Condé; successivamente fece parte dell'esercito russo. Nel 1801 si trasferì in Inghilterra, dove visse per tredici anni e dove conobbe una donna, miss Amy Brown Freeman, dalla quale ebbe due figlie che riconobbe solo sul suo letto di morte: Charlotte Marie Augustine de Bourbon contessa d'Issoudun (1808-1886), per matrimonio nel 1823 con Ferdinand de Faucigny-Lucinge, principessa de Lucinge, e Louise Marie Charlotte de Bourbon contessa de Vierzon (1809-1891), per matrimonio nel 1827 con Charles de Charette, baronessa de la Contrie.

Nel 1814 il duca tornò in Francia ed i suoi modi franchi e aperti gli fecero ottenere un po' di stima dai sudditi, tanto che Luigi XVIII lo nominò comandante in capo dell'esercito al momento del ritorno di Napoleone dalla Elba. Incapace di mantenere la lealtà delle proprie truppe, si ritirò a Gand con il resto della famiglia reale durante i Cento giorni per poi tornare in Francia dopo la caduta definitiva di Napoleone Bonaparte.

Nel 1816, sposò nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, la principessa Carolina di Borbone-Due Sicilie (1798 – 1870), figlia primogenita del re delle Due Sicilie Francesco I (1777 – 1830) e di Clementina d'Austria (1777 – 1801). Prima della morte del duca nacquero tre figlie femmine, una sola delle quali sopravvisse, la principessa Luisa, futura moglie del duca di Parma Carlo III.

Appartenente agli estremisti realisti, cioè coloro che propugnavano il ritorno all'Ancien Régime ed ai suoi valori tradizionali, fu assassinato all'uscita del teatro dell'Opera di Rue Richelieu da un fanatico, l'operaio sellaio Louis Pierre Louvel, che voleva contribuire così all'estinzione della dinastia dei Borbone e che il duca, sul letto di morte, cristianamente perdonò. Al suo funerale, celebrato presso l'abbazia di Saint-Denis venne eseguito il Requiem in do minore di Luigi Cherubini. Il duca di Berry è sepolto nella stessa abbazia di Saint-Denis. Il suo assassino venne condannato a morte e affermò di non avere complici.

Sette mesi dopo la sua morte gli nacque, postumo, l'unico figlio maschio, Enrico, conte di Chambord.

 
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Il duca d'Enghien

Post n°1647 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Louis-Antoine-Henri de Bourbon, duca d' Enghien, apparteneva al ramo cadetto dei Condé e aveva lasciato la Francia con la sua famiglia nel 1789 all' età di 17 anni. Nel 1792, quando la Repubblica vinse le sue prime battaglie a Valmy e a Jemappes contro gli eserciti coalizzati delle dinastie europee, combattè nelle truppe dei principi tedeschi contro i suoi connazionali. Nove anni dopo, nell' anno IX del calendario rivoluzionario, lasciò la vita militare e si trasferì nel castello di Ettenheim, un borgo del granducato di Baden in Germania. Era nel suo letto all' alba del 15 marzo 1804 (o, se preferisce, del 24 Ventoso dell' anno XII) quando un generale francese, scortato da 300 uomini del 26° reggimento dei Dragoni, lo arrestò per ordine del Primo console Bonaparte e lo trasferì a Strasburgo. La tappa successiva, due giorni dopo, fu il castello di Vincennes, nei pressi di Parigi, dove arrivò il 20 marzo alle 9 della sera. Nelle ore seguenti fu portato di fronte a una commissione militare che si componeva di un generale, cinque colonnelli, un capitano relatore e un capitano cancelliere. Gli fu letto un atto in cui lo si accusava di «avere portato le armi contro la Repubblica, di essere stato e di essere ancora al soldo dell' Inghilterra, di avere partecipato a conflitti orditi da questa potenza contro la sicurezza interna ed esterna della Repubblica». La condanna, dopo un processo sommario, fu la morte. Chiese un incontro con il Primo console, ma gli venne rifiutato. Dalla sala del processo venne fatto scendere per una scala a chiocciola e temette per un momento che lo avrebbero rinchiuso vivo in una segreta. Ma non appena arrivò nel fossato del castello e vide il plotone di esecuzione esclamò: «Ah! Grazie al cielo, morrò della morte di un soldato». Nelle cronache della vicenda diffuse dagli ambienti legittimisti, soprattutto dopo la Restaurazione, Enghien divenne un martire. Si disse che aveva chiesto inutilmente la presenza di un sacerdote e che la sua richiesta era stata respinta con parole sprezzanti. Si disse che chiamò «amici» gli uomini del plotone e che Gioacchino Murat, presente all' esecuzione, disse con voce insolente e feroce: «Tu non hai amici qui». Si disse infine che i soldati si avventarono sul suo cadavere e si impadronirono di due orologi. Resta da capire perché Bonaparte abbia voluto la sua morte. Nelle settimane precedenti si erano moltiplicate le voci di attentati contro la sua persona. Ma è probabile che la eliminazione del duca fosse il segnale che il Primo Console intendeva inviare ai Borbone e ai loro partigiani nel momento in cui preparava il colpo di Stato con cui, meno di due mesi dopo, si sarebbe proclamato imperatore. Nelle sue memorie Fouché (allora soltanto senatore) raccontò di avere incontrato Bonaparte alla Malmaison il giorno del processo. Gli disse che la morte del duca avrebbe provocato forti reazioni e sostenne che sarebbe stato necessario dare all' Europa le prove delle sue colpe. «A che cosa servono le prove?» gli rispose il futuro imperatore. «Non è forse un Borbone, e dei più pericolosi?». Dopo avere riassunto nelle sue memorie la conversazione con Bonaparte, Fouché commentò l' uccisione del duca con le parole «È più di un reato, è un errore!». E aggiunse, con una implicita rivendicazione di paternità: «Le riferisco qui perché sono state ripetute e attribuite ad altri». Ma le Memorie furono scritte dopo la caduta dell' Impero, quando Fouché aveva un evidente interesse a «sbiancare» il suo passato. Vi riuscì infatti e divenne ministro della polizia di Luigi XVIII. Qualche mese dopo, tuttavia, dovette dimettersi e abbandonare la Francia per passare gli ultimi anni della sua vita a Trieste,dove,a differenza di altri,morì nel suo letto.

 
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Le candele (Kavafis)

Post n°1646 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese,
dorate, calde e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine danno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.

 
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Libri dimenticati:Ritratto di un assassino

Post n°1645 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

L'affascinante ipotesi di Patricia Cornwell,secondo la quale Jack lo Squartatore sarebbe stato il pittore Walter Sickert

 
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Frase del giorno

Post n°1644 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Quello che veramente ami non ti sarà strappato.Quello che veramente ami è la tua eredità (Pound)

 
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