Messaggi del 19/02/2012

Scrittori dimenticati:Romain Rolland

Post n°1947 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Romain Rolland (Clamecy, 29 gennaio 1866Vézelay, 30 dicembre 1944) è stato uno scrittore e drammaturgo francese.

Dedicò l'opera e la vita alla diffusione di un credo umanitario di pace e di fraternità cercandone conferma, non senza un certo eclettismo idealistico, insieme in Lev Tolstoj, Gandhi, Gorkij, nella filosofia orientale e nella Rivoluzione russa.

Ricercò un'arte «per il popolo», specie in campo teatrale; va ricordato, tra l'altro, il suo Théatre de la Rèvolution, Les loups (I lupi), Danton, Le quatorze juillet (Il 14 luglio), pubblicati rispettivamente nel 1908, 1900 e 1902.

Compose poi numerose biografie esemplari, tra cui Beethoven (1903) e Michel-Ange (1905), tradotte, La vie de Tolstoj (1911; La vita di Tolstoj).

Jean-Christophe (Gian Cristoforo), pubblicato fra il 1903 e il 1912 sui Cahiers de la Quinzaine di Charles Peguy, è la sua opera più nota: si tratta di un romanzo in dieci volumi dove Rolland, sulla scorta di Tolstoj, rompe gli schemi del romanzo oggettivo alla Flaubert per descrivere il lento fluire di una intera esistenza.

Alla formula del romanzo-fiume tornò con minore fortuna pubblicando (1922-1933) i sette volumi de L'ame enchantée (L'anima incantata). Allo scoppio della prima guerra mondiale Rolland si trovava in Svizzera: Au-dessus de la mêlée (1915; Al di sopra della mischia), raccolta di articoli pubblicati sul Journal de Genève (e in seguito in volume), fece scandalo per la forte intonazione antimilitarista.

Nel 1915 gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura. Tra le due guerre Rolland partecipò ad alcune iniziative internazionali dell'intellettualità europea contro il fascismo e la guerra; nel 1923 partecipò alla fondazione della rivista Europe. Notevole fu anche la sua attività di musicologo, fu uno dei più straordinari interpreti di Bach.

 
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Scrittori dimenticati:Jacob Wassermann

Post n°1946 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

akob Wassermann (Fürth, 10 marzo 1873Altaussee, 1 gennaio 1934) è stato uno scrittore tedesco di stirpe ebraica.

Indice [mostra
Biografia [modifica]

Dopo aver terminato gli studi alla Realschule di Fürth, Wassermann sarebbe dovuto diventare commerciante come il padre, merciaio ebreo e fabbricante di giocattoli di poco successo. Nel 1890 interrompe invece il praticantato, iniziato a Vienna prssso lo zio Alfred Traub, per seguire la propria vocazione letteraria. Dopo un anno di servizio militare a Würzburg lavora per breve tempo in un'assicurazione, trascorre un periodo di vagabondaggio nel Sud della Germania, per trovare poi impiego come segretario dello scrittore Ernst von Wolzogen e, per sua intermediazione, nel 1896 conosce a Monaco l'editore Albert Langen, che lo accoglie nella redazione della rivista Simplicissimus (sulla quale pubblica poesie, novelle e racconti).

Da Langen pubblica la sua opera di debutto, Melusine - Ein Liebesroman (Melusina, Una storia d'amore) e altri lavori in prosa, tra cui il romanzo Die Juden von Zirndorf (1897), una cronaca attorno alla figura di Sabbatai Zevi, con la descrizione della vita nelle comunità ebraiche nelle cittadine della Franconia dell'Ottocento. A Monaco, dove Wassemann vive quasi tre anni, stringe amicizia con Thomas Mann e di Rainer Maria Rilke. Alla fine del 1897 inizia a scrivere feuilletons e recensioni teatrali per la Frankfurter Zeitung, su incarico della quale si trasferisce poi a Vienna, legandosi ai poeti del movimento della Jung-Wien, in particolare ad Arthur Schnitzler.

Nel 1899 Wasserman entra a far parte degli autori della casa editrice berlinese Samuel Fischer, presso la quale vede la luce nel 1901 il romanzo Die Geschichte der jungen Renate Fuchs. Nello stesso anno, Wassemann sposa Julie Speyer, donna eccentrica, di ricca famiglia viennese. Fin dall'inizio della sua attività letteraria, Wassermann coltiva in parallelo anche il giornalismo e la saggistica (tra i vari scritti, Casanova, 1901; Die Kunst der Erzählung, 1904), mentre sul fronte narrativo pubblica Der Moloch, 1902; Der niegeküßte Mund, 1903 e il libretto per l'opera Fortunatus, messa in musica da Clemens von Franckenstein (1900), alcuni romanzi e racconti storici (Alexander in Babylon, Donna Johanna von Castilien, 1905), che tuttavia suscitano scarsa eco. Perfino il romanzo Caspar Hauser oder die Trägheit des Herzens (1908), positivamente accolto dalla critica, all'inizio non vende molto. Poco prima dello scoppio della Prima Guerra mondiale, al tempo delle propria crisi matrimoniale, Wassermann porta a termine un romanzo che per la prima volta raggiunge alte tirature, Das Gänsemännchen (1915): atto d'accusa contro il filisteismo della piccola borghesia che perseguita e annienta il genio dell'artista.

Dopo la fine della guerra esce in due volumi il romanzo Christian Wahnschaffe (1919), protagonista un rampollo dell'alta borghesia, opera che lo scrittore dedica alla sua nuova compagna, Marta Karlweis Stoss. Con lei nel 1919 va a vivere ad Altausse, in Stiria (dove entra in amicizia con Hugo von Hofmannstahl), dopo aver lasciato la moglie, che per anni rinviò la separazione, fino al 1926, con continue cause legali e richieste di alimenti. Un riflesso di questa dolorosa esperienza si ha nel romanzo Laudin und die Seinen (1925). Marta, sua seconda miglie dal 1926, diverrà la sua prima biografa. Accolto nell'Accademia Prussiana delle Arti, tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta Wassermann acquista fama mondiale con diversi romanzi che mostrano una certa inclinazione per il sensazionale.

Le opere di Wassermann valgono anche come documenti della loro epoca: influenzato dalla psicoanalisi e dallo stile di Dostoevskij, Wassermann indaga con sottile penetrazione l'animo dei personaggi nelle sue mille sfumature. Convinto di poter promuovere attraverso la letteratura l'affermarsi di un'umanità nuova, Wasserman combatte contro ogni forma di "ignavia del cuore" e per il trionfo della giustizia. Sono questi ideali il nucleo dell'opera più famosa e più riuscita di Wassermann, il romanzo Der Fall Maurizius (Il caso Maurizius), pubblicato nel 1928.

Accanto ai romanzi, Wassermann continua a scrivere biografie di successo (Christoph Columbus, 1929) e saggi nei quali si interessa anche delle condizioni di vita degli ebrei in ambienti non-ebraici come in Mein Weg als Deutscher und Jude (1921) e ancora nelle Selbstbetrachtungen (Autoconsiderazoni) del 1933, l'anno della sua cacciata dall'Accademia Prussiana. Dopo i roghi nazisti del 1933, i suoi libri, pur tra i più letti dell'epoca, vengono messi all'indice (lo stesso Joseph Kerkhovens dritte Existenz non viene pubblicato da Fischer, ma dall'editore olandese Querido). Per lo scrittore signifca non solo la rovina materiale, ma anche il crollo delle speranze coltivate per tutta una vita: l'anelito a contribuire con la propria opera letteraria alla costruzione di un mondo di pace, privo di tensioni nazionalistiche e di odio razziale. Dopo una luminosa carriera, Wasserman si spegne il 1° gennaio 1934, all'età di 60 anni, per un attacco di cuore, povero e psicologicamente distrutto, ad Altaussee, dove è sepolto. Nel 1970 il quartiere Florisdorf di Vienna (21° distretto) ha dedicato una via allo scrittore, la Wassermanngasse

 
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Scrittrici dimenticate:Angela Carter

Post n°1945 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Angela Carter (Eastbourne, 7 maggio 1940Londra, 16 febbraio 1992) è stata una scrittrice e giornalista britannica, conosciuta per le sue opere femministe, di realismo magico e di fantascienza. La sua prosa concilia l'horror-fantasy più macabro con la commedia erotica.

Indice [mostra
Biografia [modifica]

Nata a Eastbourne, Sussex, nel 1940, Angela Olive Stalker si trasferì sin da piccola con la nonna materna nello Yorkshire. L'adolescenza la vide combattere con l'anoressia. Seguendo le orme del padre, cominciò a lavorare come giornalista per il Croydon Advertiser. Frequentò l'Università di Bristol dove studiò Letteratura inglese.

Le opere della Carter sono reti intertestuali. Si può notare tale influenza nel romanzo Figlie sagge, in cui si apprezzano i molti riferimenti shakespeariani. L'interesse di Angela Carter si rivolse anche alle opere di autori di sesso maschile, come il marchese de Sade (si veda La donna sadiana) e Charles Baudelaire (si veda il racconto Venere nera), oltre ad altri padri letterari. Fu però maggiormente ispirata alla tradizione matriarcale del racconto orale: riscrisse, infatti, molte fiabe nella sua raccolta dal titolo La camera di sangue, tra cui Cappuccetto Rosso, Barbablù e due rielaborazioni de La Bella e la Bestia.

Nel 1960 sposò Paul Carter, da cui divorziò dodici anni dopo. Nel 1969 utilizzò il premio del Somerset Maugham Award per lasciare il marito e volare a Tokyo, dove visse per due anni e dove, affermò, "imparai cosa significa essere donna e mi radicalizzai" (Nothing Sacred, 1982). Scrisse a proposito delle sue esperienze in Giappone in due articoli per New Society e in una raccolta di racconti, Fuochi d'artificio (1974). Stralci di quell'esperienza si ritrovano anche ne Le infernali macchine del desiderio del dottor Hoffman (1972). Nello stesso periodo, si trovava in Giappone anche Roland Barthes, che pubblicò le proprie esperienze in Empire of Signs (1970).

Successivamente la Carter esplorò gli Stati Uniti, l'Asia e l'Europa, agevolata dalla sua fluente conoscenza del francese e del tedesco. Passò gran parte del tempo tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta come scrittrice ospite delle università, dove tenne anche dei corsi di scrittura creativa, tra cui si ricordano l'Università di Sheffield, la Brown University, l'Università di Adelaide e l'Università di East Anglia. Nel 1977 sposò in seconde nozze Mark Pearce.

Già dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, La danza delle ombre (1966), iniziò ad essere considerata una delle scrittrici britanniche più originali. Ne seguirono altri otto, tra cui La bottega dei giocattoli (1967), premiato con il John Llewellyn Rhys Prize, Several Perceptions (1968), premiato con il Somerset Maugham Award, e Notti al circo (1984), premiato con il James Tait Black Memorial Prize. Un altro riconoscimento, il Cheltenham Festival of Literature Award, le fu conferito con la raccolta di racconti La camera di sangue.

Oltre a essere una prolifica scrittrice di fiction, redasse per The Guardian, The Independent e New Statesman numerosi articoli, raccolti in Shaking a Leg. Si occupò dell'adattamento radiofonico di alcuni dei suoi racconti e scrisse due drammi, sempre per la radio, per Richard Dadd e Ronald Firbank. Due dei suoi lavori, La compagnia di lupi e La bottega dei giocattoli, videro, rispettivamente nel 1984 e nel 1987, la trasposizione cinematografica, alla cui lavorazione ella stessa partecipò attivamente. Le sue sceneggiature furono pubblicate nella raccolta di opere drammatiche The Curious Room, insieme ad altri lavori, tra cui gli scritti radiofonici, un libretto per un'opera dell'Orlando di Virginia Woolf e una sceneggiatura inedita intitolata The Christchurch Murders, mai prodotta e basata sulla stessa storia vera di Heavenly Creatures di Peter Jackson. Questi lavori, per lo più trascurati dalla critica, insieme al suo controverso documentario televisivo, The Holy Family Album, furono discussi nel libro di Charlotte Crofts, Anagrams of Desire (2003).

Poco prima di morire, Angela Carter aveva iniziato a scrivere un seguito del romanzo Jane Eyre di Charlotte Brontë, basato sulla vita della figlia adottiva di Jane, Adèle Varens, di cui però è sopravvissuta solo una sinossi.[1]

Nel 1992, nella sua casa di Londra, Angela Carter morì di cancro all'età di cinquantuno anni.

 
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Scrittrici dimenticate:Luciana Peverelli

Post n°1944 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Nasce a Milano  il 16 febbraio 1902. Autrice dagli anni Trenta di numerosi romanzi e novelle di genere sentimentale, è tra le scrittrici italiane più popolari e le sue opere vengono più volte ristampate.
Iscritta all'Ordine dei giornalisti dal 1931, nel 1933 è direttrice del Monello, giornale settimanale a fumetti della Casa Editrice Moderna (poi Universo) dei fratelli Del Duca, a Milano.
Tra i titoli dei suoi libri troviamo "Giovanotti e signorine" (1932), "Piacere agli uomini" (1936), "Violette nei capelli" (1940) e, nel dopoguerra, "Sposare lo straniero" (1946), "Inchiesta su Mariana" (1955), fino a "I nostri folli amori" (1979) e "Dannata e felice" (1980).
In questa pagina alcune copertine di altri suoi libri: "Annì dai capelli rossi", "La donna che ho creato" (ill. di Walter Molino), "Siglinda", "Sogni in grembiule nero".
Negli anni Quaranta e Cinquanta fornisce il soggetto e partecipa alla sceneggiatura di alcuni film, diretti da Zampa, Bragaglia e altri.
Nel 1944 traduce "La luna è tramontata" di John Steinbeck per l'Editoriale Romana.
L'8 maggio 1947 appaiono in Italia i primi due fotoromanzi: sono il suo "Menzogne d'amore" e "Nel fondo del cuore" di Stefano Reda, pubblicati nel primo numero di Il mio sogno.
Dal 1963 dirige il settimanale popolare Stop.
Muore a Milano  il 5 agosto 1986.

 
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Un principe sfortunato

Post n°1943 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Napoleone Eugenio Luigi Giovanni Giuseppe Bonaparte, conosciuto, più sovente, come il «principe imperiale», Napoleone IV dai Bonapartisti o Luigi (o Loulou per gli intimi) (francese: Napoléon Eugène Louis Jean Joseph Bonaparte; 16 marzo 18561 giugno 1879), fu l'unico figlio di Napoleone III, Imperatore dei Francesi e della moglie, l'Imperatrice Eugenia.

Biografia 

La sua nascita, avvenuta negli anni migliori del Secondo Impero, sembrò garantire l'avvenire della dinastia bonapartista in Francia.

Dopo la proclamazione della Terza Repubblica francese, il 4 settembre 1870, Napoleone Eugenio Luigi si rifugiò in Belgio. Un mese più tardi sbarcò ad Hastings in Inghilterra per raggiungervi la madre, l'imperatrice Eugenia. Qui chiese ed ottenne di essere ammesso al British Military College. Al termine dei corsi fu trasferito in artiglieria, l'arma del suo famoso prozio.

Alla morte del padre, il 9 gennaio 1873, i bonapartisti lo proclamarono Napoleone IV. Nel corso degli anni ‘70 si discusse di un suo possibile matrimonio con la principessa Beatrice, ultima nata della Regina Vittoria.

Con lo scoppio della guerra degli zulu nel 1879, il principe imperiale, raggiunto il grado di sottotenente, insisté presso le autorità militari britanniche affinché lo inviassero in Africa per partecipare al conflitto, cosa che avvenne.

L'imperatrice Eugenia con il figlio
I quattro Napoleoni

Arrivato nella terra degli Zulu, fu posto agli ordini di Lord Chelmsford ma non poté prendere parte alle operazioni poiché quest’ultimo dispose che non fosse impegnato in combattimenti, temendo ripercussioni politiche nel caso avesse patito gravi ferite o addirittura fosse deceduto in battaglia. Il 1º giugno di quell’anno egli, il sottotenente Carey ed un scorta di sette cavalleggeri usciti in perlustrazione, si fermarono per una pausa di riposo in un accampamento abbandonato dagli Zulu presso il fiume Tyotyosi. Proprio quando tutti gli uomini erano ormai montati a cavallo per ripartire, tranne il principe che si era attardato, furono oggetto di un improvviso attacco da parte di una quarantina di Zulu che si erano avvicinati nell'erba alta fino a pochi passi dal gruppo. Tutti gli uomini a cavallo si diedero immediatamente alla fuga, benché due britannici e una guida fossero uccisi. Se i rimanenti riuscirono a fuggire, il principe, che aveva maldestramente tentato di balzare a cavallo riuscendo però soltanto a strappare una delle cinghie della sella, dopo una brevissima fuga a piedi venne raggiunto e ucciso dai guerrieri Zulu in un canalone poco distante. Seguirono molte polemiche sul comportamento del sottotenente Carey, accusato di aver abbandonato il principe per codardia, a prescindere dal fatto che fosse stato effettivamente possibile, in quel frangente, salvargli la vita. La sua morte fece un grande scalpore in Europa poiché egli era l’ultima speranza di una successione dinastica dei Bonaparte al trono imperiale di Francia. Più tardi i capi Zulu sostennero che, se avessero saputo chi era non lo avrebbero ucciso. Per cercare di placare l'ira dei bonapartisti, venne accreditata la leggenda che il principe fosse morto eroicamente. La sua salma, benché ormai decomposta, diversi mesi dopo fu riportata nel Regno Unito e sepolta a Chislehurst. Successivamente essa fu trasferita nel Mausoleo fatto costruire dalla madre come Cripta Imperiale presso l’Abbazia di San Michele a Farnborough nello Hampshire, accanto al padre.

Come suo erede il principe imperiale aveva nominato Napoleone Vittorio Bonaparte, trascurando il genealogicamente precedente padre di Vittorio, il detestato Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte, che entrò per questo in lite con il figlio.

Nel 1998 fu assegnato ad un asteroide il nome di Piccolo Principe, in ricordo di Napoleone Eugenio Luigi, poiché esso orbita intorno ad all'asteroide 45 Eugenia, che prese il nome da sua madre.

 
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L'Aiglon

Post n°1942 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Napoleone II di Francia (Parigi, 20 marzo 1811Vienna, 22 luglio 1832) , figlio di Napoleone Bonaparte e della seconda moglie Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, fu, per un breve periodo, Imperatore dei Francesi.

Il suo atto di nascita, posto in un registro speciale, recita:

«Sua Maestà l'Imperatore [dei Francesi, N. di r.] e Re [d'Italia, N. di r.] ci ha dichiarato essere sua intenzione che il re di Roma riceva i nomi di Napoléon, François, Joseph, Charles.»

Napoléon era il nome di suo padre, François quello del nonno materno, Charles quello del nonno paterno; quanto a Joseph si ricorda che Giuseppe Bonaparte fu il padrino del bambino con Ferdinando III di Toscana, presente in luogo di suo fratello, Francesco I, Imperatore d' Austria.

Erede dell'Impero
Bartolomeo Pinelli, la dea Roma e il re di Roma

L'atto con il quale il Senato, il 18 maggio 1804, proclamava Napoleone I imperatore della Repubblica francese (giacché le monete francesi continueranno a portare impressa la dicitura "Napoléon Empereur - République française"), concedeva il titolo di "Principe imperiale" al figlio maggiore dell'Imperatore e quello di "principe francese" agli altri principi della nuova dinastia. Il giovane Napoleone portò inoltre fin dalla nascita il titolo di re di Roma in virtù della decisione del Senato del 17 febbraio 1810. Questo titolo era destinato a ricordare al papa Pio VII che Roma non era più, ormai, che il capoluogo di uno dei 130 dipartimenti francesi. Inoltre Napoleone intendeva raccogliere in questo modo l'eredità dell'impero romano germanico: più esattamente, i principi elettori (appena riorganizzati sotto la tutela di Napoleone Bonaparte) avevano la possibilità di designare un successore con l'imperatore in vita, e l'erede riceveva allora il titolo di re dei romani.

1814, la caduta dell'Impero 

Dopo la campagna di Francia e la presa di Parigi, Maria Luigia e suo figlio risiedettero a Rambouillet, poi a Blois - e Napoleone a Fontainebleau.

Il 4 aprile 1814, Napoleone redasse un atto di abdicazione che manteneva i diritti di suo figlio. Ma il 6 aprile 1814, Napoleone dovette infine rinunciare alla corona per sé e per la sua discendenza. Napoleone salutò i suoi soldati il 20 aprile 1814 a Fontainebleau e partì per l'isola d'Elba. Il 23 aprile 1814 partiva da Blois il convoglio che portava a Vienna Maria Luigia e suo figlio.

Il regno (teorico) di Napoleone II durò dunque due soli giorni, ma sufficienti a giustificare il suo titolo.[1]

Ebbe anche il titolo di principe di Parma, giacché il trattato di Fontainebleau dell'11 aprile 1814 specificava all'articolo 5:

«I ducati di Parma, Piacenza e Guastalla saranno dati in completa proprietà e sovranità a S.M. l'imperatrice Maria Luigia. Passeranno a suo figlio e alla sua discendenza in linea diretta. Il principe, suo figlio, prenderà da quel momento il titolo di principe di Parma, Piacenza e Guastalla.»

Ma il trattato del 10 giugno 1817 tolse definitivamente al figlio di Maria Luigia sia il titolo che i diritti su Parma, che erano stati già rimessi in causa dall'articolo 99 dell'atto del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815.

Maria Luigia finì per lasciare suo figlio a Vienna ed andarsene a regnare a Parma a titolo vitalizio. Vero è che le fu imposto di considerare suo figlio illegittimo, giacché il matrimonio di Giuseppina di Beauharnais con Napoleone non era stato annullato dal papa in persona.

I cento giorni 

Durante i Cento giorni l'atto aggiuntivo alla Costituzione dell'Impero del 22 aprile 1815 rese al figlio del restaurato Napoleone I il titolo di Principe imperiale, ma non quello di re di Roma. Alla fine dei Cento giorni, l'abdicazione redatta all'Eliseo il 22 giugno 1815 recitava: «La mia vita politica è conclusa, e io proclamo mio figlio, con il titolo di Napoleone II, imperatore dei Francesi».

La commissione di governo lo designava in tutti i propri documenti come l'imperatore, prima di dissolversi il 7 luglio 1815. Ma Napoleone II viveva allora a Vienna, nelle mani del nemico e Luigi XVIII entrò a Parigi l'8 luglio 1815 per risalire sul suo trono. Tuttavia dai documenti ufficiali si può tranquillamente definire il figlio di Napoleone, come Napoleone II imperatore dei Francesi dal 22 giugno al 7 luglio 1815.

In Austria [modifica]

Con patenti imperiali firmate dal suo nonno materno Francesco I d'Austria il 22 luglio 1818, Napoléon François Joseph Charles Bonaparte fu fatto duca de Reichstadt. [2] A questo ducato erano associate rendite importanti.

Durante il suo soggiorno a Vienna il suo nome abituale fu soltanto François, o più precisamente Franz.

Nel 1830 (il ragazzo aveva 18 anni), durante la rivoluzione che portò all'abdicazione di Carlo X, a Parigi si gridava «Vive Napoléon II», e si pensava ad un trono per lui in Belgio (dove i cattolici stavano conquistando l'indipendenza dai protestanti dei Paesi Bassi) o in Polonia (dove erano vivi i movimenti indipendentisti).

La morte 
Annuncio della morte del re di Roma sulla Gazzetta di Parma del 28 luglio 1832

A poco più di un anno dalla morte di un altro dei Bonaparte, quel Napoleone Luigi Bonaparte che era stato per pochi giorni re d'Olanda, scomparso a Forlì durante i moti del 1831, il giovane Napoleone II morì di tisi in Austria, a Schönbrunn, senza aver contratto matrimonio e senza aver generato figli (anche se si attribuiscono a lui le vere paternità del futuro imperatore Francesco Giuseppe e dell'Arciduca Massimiliano d'Asburgo, futuro imperatore del Messico, che risulterebbero in questo modo, per sangue, nipoti di Napoleone)[senza fonte].

Fu seppellito a Vienna nella Cripta dei Cappuccini con gli Arciduchi d'Austria.

I suoi resti furono trasferiti agli Invalides il 15 dicembre 1940, per disposizione di Adolf Hitler, in una tomba vicina a quella di Napoleone I, recante l'iscrizione Napoléon II Roi de Rome (Napoleone II re di Roma). La data fu scelta per segnare il centenario del trasferimento agli Invalides delle spoglie di Napoleone, avvenuto appunto il 15 dicembre 1840.[3]

La leggenda 

L'appellativo l'Aiglon (l'aquilotto) derivò al giovane Bonaparte dal poema di Victor Hugo del 1852 intitolato Napoléon le Petit (il piccolo Napoleone), tutto all'interno della mistica napoleonica.

Il ragazzo fu oggetto di una certa popolarità tra i nostalgici di suo padre, e la sua morte in Austria lo rese leggendario. Un esempio di questa immagine fu il lavoro teatrale L'Aiglon di Edmond Rostand, che descrive un duca di Reichstadt alla ricerca della figura paterna, con gran disperazione della famiglia materna e degli ufficiali austriaci che lo hanno in custodia educativa.

Sotto il Secondo Impero furono intitolati alla sua memoria ben due nuovi spazi pubblici: l'avenue du Roi de Rome (che divenne avenue Kléber nel 1879), e la place du Roi de Rome, divenuta nel 1877 la place du Trocadéro.

Napoleone II e Luigi XVII [modifica]

Attraverso Maria Teresa d'Asburgo, madre dell'ultima regina di Francia Maria Antonietta, e bisnonna di sua madre Maria Luigia, Napoleone II era un lontano cugino di Luigi XVII di Francia: nessuno dei due regnò mai.

I rapporti con l'illustre padre 

Alla caduta del padre, il piccolo Napoleone aveva solo quattro anni e la madre lo portò alla Corte asburgica da dove non vi fece più ritorno. Tuttavia durante questi quattro anni, Napoleone padre fu abbastanza presente nonostante le incombenze degli affari di Stato. Ogni sera si sedeva accanto al figlio e e dopo aver firmato e studiato accanto a lui gli ultimi documenti, gli leggeva una fiaba. Nonostante fosse stato portato a Vienna e cresciuto in un ambiente fortemente anti-bonapartista, il ragazzo fece tesoro di questi ricordi e quando a sette anni, il padre tramite un messaggero gli chiese di scrivergli una lettera, lo lasciarono scrivere da solo. Per tutto il foglio Napoleone Francesco scrisse: Padre, vi amo e vi stimo con tutto il mio cuore. Era una piccola frase che permise al padre di conservare la gioia di vivere per gli ultimi anni.

 
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Per quanto sta in te (Kafavis)

Post n°1941 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

 
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Libri dimenticati:I peccati dei Borgia

Post n°1940 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Bellissimo romanzo storico,da leggere

 
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Frase del giorno

Post n°1939 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Temere qualcosa non impedirà a questo qualcosa di accadere

 
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