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La SERENISSIMA dei NAPOLITANI

Post n°1082 pubblicato il 26 Maggio 2009 da vocedimegaride
 

di Gigio Zanon

L’ultimo giuramento di 160 anni or sono

Nel luglio del 1848 Ferdinando II, re di Napoli, acconsentì a malincuore – costrettovi dal nuovo parlamento convocato dopo la promulgazione dello Statuto - che il generale Guglielmo Pepe, coadiuvato dai suoi ufficiali Girolamo Ulloa, Enrico Cosenz, Cesare Rossaroll ed altri e  alcune centinaia di volontari napoletani, partissero per il nord che si era ribellato all’Austria. Il re di Sardegna e principe del Piemonte, Carlo Alberto di Savoia, approfittando della cacciata degli austriaci dopo le cinque gloriose giornate di Milano e la rivoluzione di Venezia del 22 marzo, se ne era preso i meriti ed aveva occupato il Lombardo-Veneto all’infuori del famoso “quadrilatero”  del Veronese. Sennonché il 15 maggio Ferdinando abolì la Costituzione riprendendo in mano la situazione e impose al Pepe il ritorno a Napoli. Solo che il generale Pepe, e la maggior parte dei suoi soldati e ufficiali, disobbedì e si misero in marcia verso Venezia. Anche Pio IX fece fare ritorno ai suoi volontari, pur se parte di loro s’incamminarono verso Venezia. Intanto nei mesi di aprile maggio e giugno il re piemontese si adoperava senza sosta a creare una pressione politica per annettersi il Lombardo – Veneto. I Veneziani invece volevo tornare ad essere un Repubblica, pur se speravano in un intervento globale degli insorti italiani per caciare l’Austria dal territorio. Ma l’esercito piemontese, forte di 20mila uomini più 17mila “volontari” romani guidati male dal Durando, prima furono sconfitti a Cormons e poi subirono la catastrofe il 23 luglio a Custoza. Il 7 agosto venne firmato l’armistizio di Salasco, e le truppe di Radetzky ebbero la strada libera per arrivare fino alle Laguna di Venezia. E la cinsero d’assedio. Intanto in città erano scoppiati alcuni incidenti fra la popolazione e i volontari “stranieri”: nella contrada di Castello con i romani, in quella di S. Stefano con i piemontesi e in quella di Cannaregio con i napoletani. Nel mentre i primi due se ne andarono all’inizio dell’assedio, i napoletani, con il loro generale Pepe e i suoi ufficiali, rimasero a dividere le sorti di Venezia. Dall’agosto del 1848 all’agosto del 1849 rimasero in città e nei forti a combattere spalla a spalla con i veneziani contro gli austriaci, dividendo con la popolazione fame, colera e morte. Il 24 marzo del 1849 Carlo Alberto riprese le ostilità contro l’Austria, ma venne sonoramente sconfitto “nella fatal Novara”, e le sue truppe si abbandonarono ad ogni tipo di saccheggio e di violenza contro i loro stessi compaesani! Venezia era rimasta sola! Il 2 aprile l’Assemblea del popolo emise il famoso proclama “VENEZIA RESISTERA’ ALL’AUSTRIACO AD OGNO COSTO”! Manin lo andrà a leggere dal balcone di Palazzo Ducale alla folla lì radunata, e lo richiese a loro: “resisterete all’austriaco?  e tutto il popolo ad una sola voce rispose di sì. Ad Ogni costo?, ripeté. E loro ancora: SI’! E iniziarono i combattimenti a Marghera e Mestre. Guglielmo Pepe venne NOMINATO Presidente della Commissione Militare ed ebbe i pieni poteri, Gerolamo Ulloa il suo vice e gli altri ufficiali a capo dei vari luoghi dei combattimenti. Il 8 maggio gli austriaci iniziarono il bombardamento su Venezia dalla patti di Fusina, e i Veneziani li attaccarono da Marghera e Mestre. Heynau (soprannominato “la Jena”) e Radetzsky fecero venire i Granduchi affinché godessero della capitolazione di Venezia. Oltre mille bombe al giorno cadevano sulla città. Il 31 maggio, Manin si rivolse nuovamente al popolo per chiedere se si doveva continuare a resistere, e all’unanimità venne detto di sì: Venezia resisterà allo straniero ad ogni costo”. A questo punto tutti i volontari e i cittadini che volevano abbandonare Venezia ebbero libertà d’azione. Se ne andarono tutti, all’infuori dei Veneziani – ovviamente -  e dei Napoletani! Dal 6 giugno, scaduta la tregua concessa per l’evacuazione,  ripresero i bombardamenti sulla città. Gli atti di eroismo che vennero compiuti a Mestre, a Marghera, sul ponte della ferrovia e su tutti i luoghi da cui dovevano ritirarsi incalzati da migliaia e migliaia di austriaci non si contano. In due mesi caddero su Venezia oltre centomila bombe! Il 2 agosto il Patriarca Monico chiese a Manin e ai veneziani di arrendersi, affinché la popolazione non venisse più oltre a soffrire di fame di peste e di colera. I morti venivano accatastati dietro l’isola di S.Giorgio e bruciati. Alla richiesta del Patriarca, i veneziani risposero assalendo il suo palazzo e buttando in acqua tutti i mobili e costringendolo ad una ignominiosa fuga. Finché non intervenne Manin a sedare gli animi. Ma oramai Venezia era giunta allo stremo. Per la città si vedevano girare delle figure macilente, colpite dal colera, affamate: veneziani e napoletani, tutti assieme! Finché il 24 di agosto Venezia dovette arrendersi. Ai Napoletani superstiti venne concesso il lasciapassare per tornare alle loro case. 40 dei Veneziani più in vista dovettero andare in esilio. Gli austriaci, una volta entrati in Venezia, non solo non ebbero il coraggio di infierire contro una popolazione dimezzata e ridotta a mendicare un pezzo di pane, ma ne resero gli onori delle armi. Non un solo lamento, non un solo biasimo per i deputati da parte dei Veneziani.  Tutto il mondo civile del tempo emise un grido di stupore nell’apprendere del coraggio e della determinazione del popolo Veneziano. Quando Manin passò con la gondola per S. Moisè per andare verso la nave francese che lo avrebbe condotto all’esilio, un gondoliere si levò il cappello e gridò: “par l’ultima volta: viva Manin!”. “Tasi, mona!”. Fu la laconica risposta del nostro eroe.
In questi giorni di fine maggio ricorrono i 160 anni di quelle gloriose giornate, ed è doveroso però anche ricordare le centinaia di volontari Napoletani che sacrificarono la loro vita assieme ai Veneziani, unicamente per un senso di libertà e di democrazia. I loro Ufficiali sono ancor oggi ricordati nelle lapidi in marmo e bronzo poste dietro la Piazza S. Marco.

 
 
 
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PREMIO MASANIELLO 2009
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a Marina Salvadore

Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

PREMIO INARS CIOCIARIA 2006

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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
b) per il documentario "Napoli Capitale" , a Mauro Caiano
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RITENZIONE IDRICA? - Nella pentola più grande di cui disponete, riempita d'acqua fredda, ponete due grosse cipolle spaccate in quattro ed un bel tralcio d'edera. Ponete sul fuoco e lasciate bollire per 20 minuti. Lasciate intiepidire e riversate l'acqua in un catino capiente per procedere - a piacere - ad un maniluvio o ad un pediluvio per circa 10 minuti. Chi è ipotesa provveda alla sera, prima di coricarsi, al "bagno"; chi soffre di ipertensione potrà trovare ulteriore beneficio nel sottoporsi alla cura, al mattino. E' un rimedio davvero efficace!


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