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Che ridere, Ahmadinejad!

Post n°242 pubblicato il 05 Aprile 2007 da vocedimegaride
 

di Marina Salvadore

immagineNel ferale piattume opprimente della politica internazionale, finalmente un guizzo! Mahmud Ahmadinejad, il sesto presidente iraniano, con inattesa autoironia – che è qualità distintiva delle persone intelligenti - è riuscito a trasformare in accattivante, umoristica farsa, degna dei più grandi autori teatrali, quella minacciosa plumbea promessa di terzo conflitto americano nel Golfo, studiato a tavolino da qualche tempo, premeditato dalla lobby israeliana, devoluto all’esecutore materiale jankee e nell’attesa solo dell’occasione giusta per deflagrare in forma d’altro flagello per l’umanità. Ahmadinejad, che si è sempre distinto per le sue estemporanee e, spesso, urticanti e drastiche esternazioni proprie al “Feroce Saladino” delle memorabili figurine Liebig,immagine non è cascato – come tutti temevamo - nella trappola tesagli dagli alleati inglesi degli “USA e getta”, travolgendo senza armi, senza spargimento di sangue, senza ostentazione del nucleare che dice di avere, in una grottesca e mortificante debacle l’arroganza e le paventate “superiorità” e “democrazia” delle quali gli Inglesi, gli Americani e la loro regia massonica annaffiano a getto continuo il mondo. Assodato che per un occidentale è praticamente (fisiologicamente) impossibile condividere fede, usi e costumi degli integralisti islamici e sottolineando il fatto che sono altrettanto incondivisibili tutti gli altri integralismi che, tanto in Oriente quanto in Occidente, imperversano – persino in certi cattolicesimi estremi che offendono costantemente la poesia della Libertà e dell’Individualità portataci dal Cristo – non si riesce a capire perché la foga della globalizzazione imperialista, fondata sul mito del Dio Danaro, debba annientare quelle antiche Civiltà che hanno fatto la storia del pianeta, con la loro Cultura, i loro usi e costumi, tradizioni e vestigia, esattamente come sta accadendo in Gerusalemme ai luoghi simbolo della Palestina, laddove la bellezza e la poesia del genere umano sono da sempre esaltate proprio da certe unicità che emergono prepotenti, imponendosi, dalle diversità, ch'è un po’ come leggere un corposo romanzo storico sulle pagine di un libro stracciato, mescolate dispettosamente dal vento. Dopo l’umiliante “magra” dei potenti guerrafondai abbiamo più viva la convinzione che con una risata si può seppellire anche il Diavolo, volendo. Stavolta, per questa sonora risata liberatoria, irrefrenabile e rigenerante, dobbiamo sinceramente essere grati a quel minuto, urticante, testardo, torvo, Ahmadinejad che ci ha regalato una formidabile pièce teatrale, una lezione di palcoscenico mondiale, distogliendoci per un po’ dalla mestizia a labbra serrate d’ogni santo giorno, maledetto dall’angoscia e dall’impotenza!

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 12:08 via WEB
e mo' col petrolio fattici un bidet, signor bush e appicciati pure una sigaretta! Carmine
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 12:15 via WEB
Caro Carmine, credo proprio che le tue considerazioni, tradotte in arabo, siano le stesse fatte dal presidente iraniano mentre pregustava il"pacco" tirato agli imperialisti. Non c'è niente da eccepire: Napoli è veramente un po' Medina. L'arguzia non è di tutti. Claudia
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 12:42 via WEB
Brava, Marina! Io, di quelli che non sorridono mai, istintivamente non mi fido! Sono convinta che davvero per questa Pasqua si possa respirare un po' di pace, poichè sapevo anch'io da fonti autorevoli che si stava preparando per aprile l'attacco all'Iran. Benedetto sia chi ha illuminato il presidente iraniano che, anche se ha idee così diverse dalle nostre si è dimostrato davvero il più arguto e saggio tra tutti. Buona Pasqua anche a lui. Candida Jovene
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 14:06 via WEB
Non dimentichiamoci pero' che il Parlamento iraniano ha gia' votato il suo "impeachment". Risultato : il presidente andra' a casa a febbraio 2008 invece che ad agosto 2009. Speriamo che continui a ridere e che non scateni una guerra civile quando sara' giunto il momento del commiato. Ambro
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 14:35 via WEB
Caro Ambro, non mettiamo il carro davanti ai buoi. Il logorìo dell'era moderna ci ha abituati a vivere il presente, senza poter disporre nemmeno dell'immediato futuro, ed il presente, a noi comuni mortali, ci ha regalato questo sospiro di sollievo; ai POTENTI, una figurella da quattro soldi: ora, dovranno inventarsi altre strategie per scatenare la terza guerra in simultanea. marina
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 14:46 via WEB
Non dimentichiamo, cari fratelli, che anche noi meridionali ma soprattutto noi cattolici abbiamo subito le angherìe, gli stupri, i ladrocinii del Protestantesimo. L'Unità d'Italia ci rende simili ai palestinesi, musulmani o cristiani che siano. In fondo, noi terroni, siamo quegli italiani con un piede in Europa e l'altro a Medina ed olocausto e diaspora, invasione e occupazione, tutto è inciso nelle nostre carni. Vivi e lascia vivere! Antonio Di Capua
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 14:49 via WEB
e nuje nun tenimmo manco 'o petrolio, sulo munnezza! Carmine
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 14:57 via WEB
...però tenimmo Bassolino e Mastella! Lello
 
     
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Anonimo il 05/04/07 alle 15:01 via WEB
appunto, munnezza. Tie'! Carminuccio
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 15:36 via WEB
Cari lettori, forse io scribacchio su questioni incomprensibili ai più. Mi fido del mio intuito investigativo piuttostoché della esperienza che non ho ancora maturato... ma c'è il miglior giornalista italiano, Maurizio Blondet, che SCRIVE consapevolmente di queste importanti questioni. Ragion per cui non posso far altro che inchinarmi al "maestro" di giornalismo ed invitarvi a leggere, sul tema in evidenza, il suo illuminante articoloal link http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1882&parametro=esteri marina
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 21:42 via WEB
Io posso dire solo che sono stufa di questo clima opprimente. Mi piacerebbe viaggiare, andare in Palestina, in Siria, in Iran ed in Iraq... cucinare e mangiare nelle case di quei popoli, scambiandoci ricette delle rispettive tradizioni, suonare e cantare, apprezzare la loro musica e fare ascoltare la mia, parlare di Dio, del mio e del loro, capire quanto abbiamo in comune. Basta con tutte queste guerre, questi spauracchi, queste leggende razziste e cattive. Siamo UOMINI, tutti votati allo stesso destino. Voglio frontiere aperte, libertà di scambio, scampoli di umanesimo. Carmela
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 22:41 via WEB
Sono profondamente ignorante in fatto di politica internazionale, di lobby, massoneria e religioni ma mi sono fatto l'idea che pure gli israeliani sono un po' troppo rancorosi. Perchè non onorano tutti quei loro morti dei lager con promesse di bene e di pace, invece di farli rivoltare nelle tombe con la disperata sete di vendetta? Chi può rispondermi? Lello
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/04/07 alle 23:20 via WEB
Caro Lello purtroppo gli "EBREI" sono ancora in attesa del "LORO MESSIA" ... quindi sono ancora legati al VECCHIO TESTAMENTO ... quello di "OCCHIO PER OCCHIO ... DENTE PER DENTE" mauro
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 06/04/07 alle 18:00 via WEB
Complimenti cara Marina! Non è da meno il suo “pièce” che ha saputo cogliere un lato imprevedibile del presidente iraniano Ahmadinejad che veramente spiazza, e non credo proprio che la cosa poteva essere prevista dai politologi del momento. Tant’è che nella sua “platea” di Vocedimegaride non sono mancati applausi, che sono meritatissimi. Dal canto mio colgo l’occasione per aggiungere certe mie impressioni sul caso in questione. Per un attimo Ahmadinejad, così come tratteggiato da lei Marina, “paradossalmente” mi ha portato all’Apocalisse di Giovanni: «...Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora...» [6,2]. “Paradossalmente”, ripeto, per stare alla teatralità rilevata sul conto di Ahmadinejad! E poi in cascata son venute fuori alcune considerazioni meditate tempo addietro che ora sembrano pesare considerevolmente. Prima d’altro una velata ipotesi, quella sugli emblemi. Sono convinto che se si studiasse a fondo il valore intimo di certi importanti emblemi che fanno parte della cultura più antica e profonda dei popoli coinvolti per la maggiore nella questione in ballo, forse trarremo utili ragguagli tali da far emergere soluzioni che potrebbero ribaltare ogni cosa in meglio. Ma chi ci crede più in queste concezioni che valgono solo per i cineasti! Tuttavia, detto fra il serio e il faceto, non si può negare che non si è mai studiato abbastanza l’approccio con l’Islam percorrendo - come annunciato - la strada degli emblemi, dei simboli, che, in tanti modi, hanno segnato la loro storia, plasmandone i caratteri razziali, così come è stato per la nostra, quella del mondo cosiddetto occidentale. Conveniamo che la storia del mondo occidentale, in espansione politico-sociale-economico si sia giovato di molti fatti leggendari che oggi sono oggetto della fiction cinematografica e televisiva in modo molto incisivo, quasi a voler fissare nella mente simili cose. È così che la razza anglosassone si è affermata, partendo, appunto, dalla saga del «Re Artù» e dei dodici cavalieri della «Tavola Rotonda», tutto imperniato su un punto focale da cui ogni cosa è come se fosse germinata in seguito all’«estrazione» magica della famosa spada «Excalibur». Di qui le azioni “belliche”, per l’espansione, non solo degli inglesi, verso l’America, ne hanno costituito il superamento. La storia contemporanea, a partire da poco prima della seconda guerra mondiale, ha mostrato, poi, ancora il suo «Artù» nelle vesti del moderno Ron Hubbard, un avventuroso ed intraprendente americano, che “amando” la vecchia «Escalibur» [1] è come se l’avesse rinvigorita incantando mezza America e non solo, con i suoi mirabili racconti d’avventura e di fantascienza. Il seguito è travolgente perché, attraverso Hubbard, nasce in California, nel 1954, Scientology, la sua Bibbia, fatta di culto, setta, associazione e religione messa insieme, al punto da stimarsi addirittura Chiesa. Di Scientology si contano «più di 3000 chiese, missioni, organizzazioni e gruppi collegati che si prendono cura di circa 8 milioni di parrocchiani in più di cento paesi» [2]. Ecco, ho dimostrato, a mo’ di esempio, in che modo può aver influito, prima d’altro l’emblema degli anglosassoni, su moltissimi americani statunitensi ma anche europei. Ma dell’Islam cosa sappiamo in fatto di emblemi? Pochi, forse, hanno fatto caso all’analoga spada «Excalibur», nota nell’Iran, un considerevole mondo di religione maomettana da tenere presente. Quest’arma è riportata al centro della bandiera iraniana che ha gli stessi tre colori dell’analoga del nostro vessillo, ma disposti orizzontalmente. Non conosco alcuna storia né leggenda su questa spada, ma sembra ben chiaro qualcosa che illuminerebbe a giorno i lati oscuri razziali degli iraniani presi come un certo modello di riferimento per il mondo islamico per la comune radice religiosa. Ciò che colpisce dell’emblema in causa è l’impossibilità di estrazione della spada a causa dell’assenza dell’elsa relativa. Talché per agire comporta dilaniare le quattro lune che la contornano simili a odalische, onde manifestare la sua forza persuasiva bellica. Questo potrebbe spiegare il ricorso all’azione suicida dei terroristi islamici per colpire gli avversari. Però dove la causa scatenante, se così fosse? Se si ammettesse un occulto stretto legame fra questa spada iraniana e quella anglosassone, la «Excalibur», può essere verosimile pensare ad una avventata estrazione di quest’ultima, per esempio, con la decisione del presidente americano Bush e suoi alleati di far la guerra all'Afganistan ed all’Irak, sulla base di ipotetici equilibri turbati di natura imprecisabile, ovviamente. Ma la tematica sulla spada iraniana, appena sfiorata, chiarisce una cosa fondamentale, la necessità di “velare” il corpo riferito (le lune dell’emblema), appunto al ferro dell’arma in causa. Da qui la comprensione - sempre secondo la mia veduta - di un possibile dramma interiore da parte degli “iraniani”, da intendersi come modello razziale, tutte le volte che impattano in altri modelli razziali disposti, invece, a mettere in mostra la loro specifica “spada”, ovvero, il loro corpo biofisico al limite. Se ne deduce che, alla base di ciò che si cerca di capire sugli “iraniani”, pesa considerevolmente una chiara componente freudiana, il sesso da dover tenere adombrato. Da qui la necessità di irrinunciabili veli che hanno, tempo fa, creato seri problemi ai francesi, per esempio. La mia idea, perciò, è che occorrerebbe una seria svolta di costumi del mondo occidentale, se si vuole far qualcosa per familiarizzare bene col mondo islamico, onde isolare i riottosi intransigenti. Dunque che dire (e che fare) allora di costume e società epocale che ora pongo alla sbarra? Dall’Ararat iraniano si diffuse ogni cosa di un certo Dna di biblica memoria, quasi a costituire velatamente un mitico “ombelico” di uno specifico mondo cui si contrappone, oggi, l’esposizione diffusa di ombelichi femminili! Ma è proprio quel che non si doveva fare, se la mia teoria sulle due spade, anglosassone ed iraniana, è sostenibile! Di altro degli “occidentali”, che intendono “conquistare” anche l’Iran, l’unico grande paese ancora isolato, mi domando quanto sia stato valso loro quell’iraniano di prestigio Reza Palevi, un certo «Mosè» allevato alla corte U.S.A., e così anche l’iraniana Shirin Ebadi, una sorta di «Giuditta» “nobelizzata” per un incerto quieto vivere? Ma ora, si profila il vero pericolo della «Excalibur» iraniana, se ci si convince il fatto che sia veramente un’arma micidiale nel possibile caso che venga sguainata. Come dire di una «sezione aurea» a rovescio pronta a distruggere il mondo. Da un lato nascosto, un inconcepibile “astrale” della mostruosa «Bestia» del Terrorismo e dall’altro lato un altro “astrale”, quello della fisica termonucleare, intravedendo infide barre di uranio arricchito incapaci di dialogare correttamente nello specifico «pozzo di stagno» per restarvi «incatenate», traslando il fatto all'Apocalisse di Giovanni. E qui, purtroppo, è scritto anche con molta chiarezza: «...Dopo questi («il serpente antico - cioè il diavolo») dovrà essere sciolto per un po’ di tempo»[Ap 20, 2-3]. Ma per non farmi deridere con simili argomentazioni farò finta di aver raccontato favole per cineasti. Detto questo, il «cavallo bianco» della citazione dell’Apocalisse che ho fatto all’inizio, quasi quasi, non sembra tanto sballata, anche se ne ho preso le distanze. Ha detto bene lei, quasi elogiando la presunta parata scenica di Ahmadinejad capace di un’alta ingegneria (visto che è ingegnere) nel fabbricare cavalli dell’inganno come quello del furbo Odisseo ai danni di Troia. Quasi una rivincita? Ma è vero anche che è cosa di vecchi Saladini, la passione per i cavalli che mi porta alla memoria un episodio, rimasto memorabile. Non si sa se storia vera o leggenda, ma la si racconta sul conto del nobile e crudele re Saladino che conquistò Gerusalemme strappandola dalle mani del re inglese Riccardo Cuor di Leone, dopo la battaglia di Hattin del 20 settembre 1187. Si dice che durante la battaglia ingaggiata a poca distanza da Giaffa contro l’esercito di Saladino (5 agosto 1192), mentre re Riccardo Cuor di Leone, benché appiedato, continuava a combattere tra i suoi fanti, fu raggiunto da uno scudiero del sultano, incaricato da questi di consegnargli un inaspettato omaggio: due splendidi destrieri da guerra per permettere al re inglese di riprendere a combattere come il suo rango esigeva. Nonostante Saladino avrebbe tratto vantaggio dalla sconfitta del rivale, non tollerava l’immagine di un re che combatteva a piedi. La storia non dice se Riccardo ringraziò del pensiero “cavalleresco” il suo avversario, ma certamente ne approfittò per continuare con lo stesso impegno la battaglia; tanto che verso il tramonto l’esercito di Saladino ripiegò, lasciando il campo all’inglese. In effetti è probabile che lo stesso Saladino fosse rimasto affascinato dal modo in cui quel formidabile guerriero di Riccardo era riuscito a rovesciare le sorti di quella che sembrava essere un’imboscata perfetta [3]. Oggi non si può certo dire che si ha che fare con analoghi guerrieri leali, coraggiosi e intraprendenti, ma che importa l’etica del combattimento che non trova nemmeno più sostegno su quella del buon vivere sociale nel mondo occidentale, da cui ci si aspetta un buon esempio! Resta l’amara risorsa, da parte nostra che ora commentiamo le cose a riguardo, che le due “spade” precedentemente argomentate oggi prese a duellare, sembrano fatte l’una per l’altra. E come si dice a Napoli, «’O purpo se coce dinto all’acqua soja». Ora prevalgono in me vaghi ricordi di un viaggio fatto a Teheran molti anni fa. Si discuteva per il progetto di una vetreria da fare presso Teheran, insieme ad altri colleghi accanto. Di tanto in tanto interveniva qua e là l’ingegnere capo progetto di parte iraniana, scorrendo i grani di un piccolo rosario fra le dita. E poi, un matrimonio festoso nel grande albergo ove alloggiavo. Mi fu permesso di sbirciare nella sala dello sposo che era come in trono su una pedana, e tutti cantavano e ballavano fra loro ridendo festosamente. Sentivo a mala pena un brusio proveniente dalla sala del piano inferiore, quella della sposa, ma non mi era consentito accedervi. A pensarci oggi, mi dà un senso d’angoscia, come di un mondo svincolato dal tempo. [1] «Excalibur» è l’argomento del primo dei manoscritti di Ron Hubbard sul tema della vita. L’opera, risalente al 1938, può essere considerata la sua prima dichiarazione filosofica, che vede nella “sopravvivenza” l’unico denominatore comune dell’esistenza. Fu il primo passo per il successivo sviluppo di «Dianetics» che, etimologicamente è tratto dal greco dia che vuol dire attraverso, e nous, anima. Potremmo dire che «Dianetics» si occupa di “ciò che l’anima fa al corpo attraverso la mente”. (Tratto dal mensile «i Misteri» n.22-1997, ora «MySTERO» ediz. Mondo Ignoto srl, Roma). [2] Da «Scientology» - ediz. New Era Publications International ApS Kopenagen. [3] Da un articolo di Pierfrancesco De Marco, «Il Saladino: eroe o carnefice?», tratto dal periodico «Graal» di Gennaio/Febbraio 2004 - Edizione Hera. Auguri pasquali, Gaetano Barbella.
 
 
vocedimegaride
vocedimegaride il 07/04/07 alle 10:51 via WEB
Ben trovato, Barbella! Dovrebbe far più spesso capolino in queste pagine, perchè lei è più capace di Dan Brown nel decodificare simboli esoterici, miti e leggende ;-) Tuttavia, qualcosa non mi torna. Certamente non sono depositaria di tutto lo scibile umano ed extraumano; sono banalmente solo una "persona informata dei fatti", umile autodidatta... ma con riguardo alla Saga del Graal e di re Artù mi pare che gli Anglosassoni c'entrino poco! Infatti, la Casa Reale Inglese non è considerata autoctona poichè di origine sassone. Chi erano i Sassoni? Barbari conquistatori che attentavano con continue scorrerie, dal nord europa, i civili e pacifici "isolani" , la più antica genìa e civiltà britannica ovvero i Celti dell'antica Armorica (Bretoni e Britanni...Galli), se ricordo bene, di profonda religiosità e spiritualità che, purtroppo, avevano l'abitudine di trasmettersi per generazioni la propria storia solo oralmente, pur se depositari di un antico e ricco alfabeto detto "ogamico" e di una lingua detta GAELICA. Se ne sappiamo qualcosa sul loro conto è solo grazie al "De Bello Gallico", scritto dai conquistatori Romani durante l'ennesima invasione che subirono. I Celti, dall'Armorica o Bretagna (Fr) si stabilirono, espandendosi, lungo tutta la costa occidentale, da sud a nord, di quella che oggi chiamiamo Gran Bretagna. Impossibile dimenticare che la Sacra Pietra sulla quale venivano "incoronati" i re scozzesi, fu razziata dai sassoni e posta, fino in tempi recenti, sotto il trono della corona inglese. L'attuale regina Elisabetta, infatti, sotto continue pressioni, solo qualche anno fa restituiva ai fieri scozzesi la loro reliquia storica! La saga di Artù, nata in Bretagna (Fr) ma anche il mito di Robin Hood, l'arciere rivoluzionario, sorsero spontaneamente quali simboli di ribellione al cruento e vessatorio potere sassone.E' innegabile la progenitura scozzese dell'Inghilterra, spesso chiamata impropriamente Albione, dacchè Alba è il nome in gaelico della Scozia. Fin lì, da tempi antichissimi, mise piede anche il Cristianesimo e molti sono i santi scozzesi e irlandesi, in particolare, della Tradizione. Basti pensare alla simbologia insita nella Saga del Graal, al Pozzo del Calice, a San Patrizio... Excalibur, non a caso, è infilata in una roccia, tanto dall'essere più una croce piantata al suolo piuttostochè un'arma per offendere e, solitamente, non viene mai impugnata per l'elsa ma per la lama, come quando s'innalza un crocifisso durante le processioni ed i riti cristiani. Lei, sa meglio di me che nella stesura di miti e leggende (le leggende non sono favole o fiabe ma realtà accuratamente occultate) sin dai tempi dalle più antiche civiltà sul globo, le VERITA' erano trasmesse ai soli INIZIATI con l'adozione di un linguaggio ermetico (esoterico-simbolico) perchè non fossero accessibili e male interpretate dal volgo ch'era ritenuto ignorante. Concludendo, gli anglosassoni sono e restano quel che erano...in misura maggiore, ciò che furono i massoni protestanti garibaldini ed i piemontesi savojardi con noi stati pre-unitari italici e con il cattolicesimo, durante il "risorgimento"....e...la catena, nei secoli, non si è mai spezzata! marina
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 07/04/07 alle 11:05 via WEB
E' vero. La catena non si spezza mai! Nonostante la figurella di cacca che hanno fatto di recente con l'Iran, gli Inglesi ancora fanno gli spocchiosi. Invece di andare a nascondersi, mo' s'inventano altre scuse cretine per mitizzare la loro presunta superiorità e per fare la guerra ad altri: ai tifosi romani ed alla polizia italiana! Ubriaconi, mettetevi scuorno e stavi zitti! Lello
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 07/04/07 alle 11:56 via WEB
I romanisti dovrebbero attuare la stessa strategia iraniana. Nella partita di ritorno in Inghilterra, la ROMA dovrebbe distribuire a tutti gli Hooligans nello stadio, tonnellate di maritozzi con la panna, damigiane di vino dei Castelli, zuppierone di pasta all'amatriciana, dvd di Aldo Fabrizi, Nino Manfredi e Alberto Sordi, al suono di chitarre romane, ricchi premi e cotillons. Accussì imparano a campa', sti stuppoli! Carmine
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 09/04/07 alle 14:47 via WEB
Cara Marina, grazie della sua felice accoglienza e ben volentieri faccio ancora capolino in Vocedimegaride perché occorre aggiungere qualcosa che non ho detto su una questione molto cara agli “accademici” della cultura, la coerenza storica. E non è cosa da poco esaminarla e tentare di farvi chiarezza, almeno per quel tanto che basta per non far insuperbire chi crede nella ferrea logica della ragione dell’umana scienza. Questo, prima d’altro, per lasciar trapelare saggiamente ciò che la semplice ragione degli anziani di un tempo, ma della povera gente, diceva ogni qualvolta si parlava delle cose da fare: se vuole Iddio! Ma deve avere pazienza se mi dilungo abbastanza per allestire la replica alla sua cortese risposta. Dico subito che lei ha ragione di nutrire perplessità sulla questione anglosassone in relazione a «Excalibur» non riuscendo a trovare appigli alle mie concezioni a riguardo, da “persona informata sui fatti” (secondo quel che si accetta in modo “accademico”, e anche come cultrice di studi esoterici). Tuttavia, dalla storia circoscritta ai fatti in questione, già ci si rende conto che i relativi avvenimenti, rivelandosi ingarbugliati, possono offuscare e mettere in difficoltà il più ferreo ragionamento, e così «essere o non essere» ad ogni pié sospinto, pesa come un macigno. Dunque, volendo proseguire, nonostante il terreno qua e là paludoso e pieno di trappole, non resta che cimentarsi alla Dan Brown. Ma qui finisce il percorso dell’umana ragione, salvo a dar retta al cosiddetto sesto senso, altrettanto privo di fondamento scientifico. Ed allora ci si chiede a che possono servire i risultati di un simile procedere? Nondimeno, nel nostro caso di esseri “spersonalizzati” nell’Odissea del web e a margine di giochi di qualsiasi potere, pensiamo di poterlo fare, se non altro ci svincoliamo, con l’occasione, dal solito e noioso discutere e imprecare, continuamente disposti a lamentazioni d’ogni sorta sui fatti di questo mondo che non riusciamo ad accettare, se non peggio. E poi, giusto la sagace ironia di quella sorta di burlone dell’Iran del momento, Ahmadinejad, sul quale abbiamo chiacchierato a ruota libera, quasi ci autorizza a farlo, ma sempre «cum grano salis», beninteso. Perciò che ne dice se si comincia a soppesare l’ambiguità che, inevitabilmente e all’insaputa di tutti, decide sulla storia dell’uomo fino ai più piccoli ed insignificanti meandri senza tralasciare, nemmeno uno stupido volar di mosca? Ed allora accettando di ragionare lasciando da parte qualsiasi “Accademia”, per esempio mi vien voglia di tentare di far capo alle ingarbugliate Centurie e Presagi del famoso veggente francese Michel Nostradamus. Stuzzichevole no? Se non altro per coinvolgere i lettori di Vocedimegaride su cose insolite di cui si sente parlare con interesse, ma non “in diretta”. Dunque, sulla questione dell’ambiguità suddetta Nostradamus chiarisce la cosa senza mezzi termini perché ne tenga conto chi si avventura nelle sue Centurie e Presagi, ma è una sorta di massima che vale nell’impatto con i fatti della vita che ci sembrano comprensibili, invece non è così. Egli dice così con la quartina VI,61 (tradotta dall’originale dal noto Renucio Boscolo): «La grande pista incisa avvolta ne mostrerà / Forse la metà la maggior parte della storia: / Cacciato dal Regno Longo aspro apparirà, / Che al fatto bellico ciascun lo verrà credere.». Ora al di là di capire i primi tre versi che non sembrano così astrusi, ciò che conta nel nostro caso è ben soppesare l’ultimo. Di qui il passo è breve per gli storici in particolare, per inquinare loro le certezze. Con questa premessa ora (anch’io da modesto autodidatta e senza un supporto accademico, per giunta, che per queste cose è meglio che non ci sia) le propongo un buon esempio di come intravedere un certo parallelo alla questione dei reali inglesi non autoctoni con una possibile trama di certi avvenimenti che riguardano il tanto discusso Napoleone II, figlio di Napoleone Bonaparte, meglio noto come l’Aiglon. Di Nostradamus, sono diverse le profezie attribuite all’imperatore francese Napoleone I Bonaparte, non escluso il successivo imperatore, Napoleone III, in relazione all’attentato di Orsini nel 1858. Ma fa meraviglia non riuscire a trovare traccia, fra le previsioni nostradamiche, del tanto discusso ed emblematico figlio legittimo di Napoleone Bonaparte, l’Aiglon. Questo, a maggior ragione del fatto che gli si attribuisce, ma senza esserne certi, di costituire il padre di Francesco Giuseppe imperatore dell’Austria. Dal canto mio la sorte ha voluto che mi si parasse davanti ai miei occhi una quartina del veggente in discussione perché balenasse in me una certa luce che riguarderebbe, appunto il nostro Aiglon della curiosità. Ecco che nel leggere, appunto, la quartina 5 della Centuria 5 di Nostradamus, ancora da decifrare, mi si è parato innanzi un quadro che neanche immaginavo. Ma prima di parlarne riporto di seguito la quartina in questione. «Sotto l’ombra finta d’ostentata servitude, / Popolo e città l’usurperà egli stesso: / Malvagità farà con frode al giovane fanciullo, / Consegnato al campo-editoriale il falso proemio». Ed ecco le mie riflessioni che vi riguarderebbero. Prima di tutto la definizione data dal veggente Nostradamus, «giovane fanciullo» fa colpo e porta decisamente al riferimento dell’Aiglon, giusta la perfetta aderenza della descrizione dell’ambiente poco raccomandabile che lo circondava, come si sa dalla storia: «Sotto l’ombra finta d’ostentata servitude». Tutta una messa in scena che servì egregiamente a tenerlo lontano dagli avvenimenti politici per il fondato timore di rinascite bonapartiste. Resta la questione della giusta versione del personaggio rilasciato ai posteri in relazione al verso «Consegnato al campo-editoriale il falso proemio», sul quale, effettivamente, oggi si discute non poco a ragione di certe concezioni di cui, però, non si hanno certezze, ma indipendentemente dalla previsione nostradamica ancora “in bianco” come già detto. Infatti, riepilogando brevemente, i fatti relativi alla sua fine immatura a causa della tisi, sappiamo che morì a Schönbrunn, senza aver contratto matrimonio e senza aver generato figli. Null’altro di considerevole se non fosse per un gossip dell’epoca che attribuiva a lui la vera paternità del futuro imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che risulterebbe in questo modo, per sangue, nipote di Napoleone... Ecco ciò che mi ha portato sulla strada del «falso proemio» suddetto, il supposto “gossip” che sembrerebbe costituirne la giustapposizione storica, salvo a trovare altri spiragli, come farò vedere, nella quartina nostradamica, che lo confermano. Per esempio, cosa vuol indicare il verso «Popolo e città l’usurperà egli stesso» se riferito al nostro Aiglon? Ciò che ho immaginato con ancora più chiarezza a questo punto, è la comparsa di uno mostruoso scenario dietro le quinte della realtà storica, nelle misteriose mani di una sorta di velata giustizia da contrappasso. Di qui l’orizzonte di eventi voluti dalle potenze vincenti dell’Europa di quel tempo che hanno forzato la loro mano per obliare un scomodo gigante della guerra, l’imperatore Napoleone Bonaparte, non solo come “genia” bellica ma anche come “genia” biologica. Ma ironia del destino, quella stessa “genia” se la ritrovano comunque con Francesco Giuseppe e poi con Hitler («Popolo e città»). Come si sa i resti di Napoleone II furono trasferiti agli Invalides il 15 dicembre 1940 per disposizione di Adolf Hitler, appunto, in una tomba vicina a quella di Napoleone I, recante l’iscrizione «Napoléon II Roi de Rome». Non è una prova ma è pur sempre una inconcepibile mano del destino che ha voluto lasciare comunque la sua traccia occulta. La data fu scelta per segnare il centenario del trasferimento agli Invalides delle ceneri di Napoleone, avvenuto appunto il 15 dicembre 1940. Che dire? Quando si tenta di sfiorare il mistero, la ragione si rifiuta di soppesarla, non possedendo appigli concreti, tuttavia non si può neanche escluderne la possibilità. In tal caso, se non altro ci sarà pur sempre qualcuno incline a credervi in modo eccezionale, magari fra coloro che si sentono ancora alfieri di un potere supremo, non importa se «bonapartisti» o di tutti quelli che a suo tempo vi furono estremamente avversi. Se così fosse, riflettendo sul mostruoso disegno del destino racchiuso nell’emblematico presagio di Nostradamus, riferibile al «falso proemio» e rincarando la dose con la presa di coscienza di questa trama così bastarda attraverso questo mio dire, non potrà mai più sentirsi fiero del suo stato di antico privilegio, poiché peserà in un sol momento sulle sue spalle la tragedia di ben due guerre mondiali e i genocidi che ne son derivati. Ecco il segreto messaggio che trapela in quel «Popolo e città» che «usurperà egli stesso»! A chi toccherà? Intanto poco tempo fa c’è stato un «Principe» in guai seri, quasi a far luce su chi «usurperà» «Popolo e città» dell’Aiglon nostradamico secondo la mia visione. Riporto la notizia dell’ANSA in proposito: (ANSA) - Potenza, 16 giugno 2006 - Vittorio Emanuele di Savoia, di 69 anni, è stato arrestato per ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza. Nei confronti del principe le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e al falso e allo sfruttamento della prostituzione. A questo punto non mi va di puntare aspramente il dito su questo savoiardo e porlo nella schiera di ben altri reali della forza di cento cavalli, dai quali i suoi avi sono stati trascinati a poco chiare imprese come quella garibaldina sconvolgendo la buona pace del sud d’Italia. La sorte voleva un capro espiatorio per «Popolo e città» nostradamico e come è avvenuto con Gesù, il figlio prediletto di Dio, è stato messo in croce (per modo di dire!) un certo altro figlio, prediletto del «Longo aspro», sempre nostradamico. Ma è mia opinione che delle sorti dell’Italia e del suo popolo fu deciso al suo sorgere, allorché fu chiamata Saturnia Tellus dai siculi, cosiddetti «uomini della falce», tanto per sfiorare il mistero ivi riposto. Chiusa questa parentesi e portandomi verso la conclusione, almeno per una incerta «metà» della storia, non si potrà evitare di immaginare che in tema di razze, per limitarle a quelle europee, al «Longo aspro» nostradamico sembra che basti un po’ di “bastardume” per pilotare la relativa storia a suo piacimento, contenti tutti. Ma chi è questa specie di satanasso che Nostradamus chiama «Longo aspro»? C’è chi lo ha definito «Il dio sconosciuto» trattandolo con rispetto poiché non lo si conosce abbastanza e ne convengo. Chiaramente non è altro che il noto dio Saturno del paganesimo. E per i cristiani, satana, il diavolo, il serpente. Di lui Giuliano Kremmerz, jeronimo di Ciro Formisano (nato a Portici nel 1861 e morto nel Pricipato di Monaco nel 1930), ne parla in questo modo. Saturno è il «padre di tutte le divinità, e le falcia con inesorabile coraggio quando, vecchie, non sono più buone a nulla, neanche a farci ridere. Saturno è il tempo, qualche cosa o qualche animale che nacque camminando, che continua a camminare, che non si arresterà mai (io aggiungo che il tempo è impropriamente una sorta macchina: ovviamente non ha anima e per questo si nutre di quelle umane, l’energia per far girare la sua “macina” terrena). Per lui la morte non esiste.». A mezzanotte, la falce dell’inesorabile e famelico Dio si solleva e cade sulle cose compiute che non hanno più ritorno: L’onnipotenza di qualunque Nume non può distruggere né cancellare le cose che sono passate realmente nella vita. L’uomo può dimenticarle, ma nessun Dio distruttore può fare che non siano state. Saturno solo può troncarle, falciarle, farle spegnere, ma non può decretare che non siano esistite. È lui stesso che vi si oppone - ...» [1]. Ora a ragione di questa memoria che direi santa (menomale che qualcosa dell’uomo sopravvive (anche secondo la visione non cristiana), che è perciò il segno e garante della sua immortalità!), c’è da domandarsi in quale modo lo stesso Saturno, considerato che è lui il giustiziere (per il Cristianesimo, questo ruolo va visto nella coppia Michele-Satana in eterno contrasto) che architetta la giustapposizione per tenerne da conto tale che una certa “giustizia terrena” stia comunque in piedi, anche se artefatta? E qui ecco che si rivela in lui il satanasso nell’arte dei tarocchi, nel senso che gli basta «un po’ di “bastardume” per pilotare la storia (terrena) a suo piacimento, contenti tutti» come ho detto prima. E allora se «la Casa Reale Inglese non è considerata autoctona poiché di origine sassone», come lei ritiene decisamente a buon ragione, ecco che salta fuori un altro favoloso “Ron Hubbard” in seno agli americani, al secolo l’attore-regista Mel Gibson, predisposto magistralmente a taroccare la storia. Così, attraverso la fiction, apparentemente congegnata per spettacolarizzare il suo film, egli dispone un’impossibile storia d’amore dell’eroe scozzese, William Wallace con la principessa Isabella, discendente del re di Francia (Filippo il Bello), e moglie di Edoardo II d’Inghilterra. I risultati di questa messa in scena vengono rinforzati poi con estrema efficacia dai premi di riconoscimento del film in questione: 5 Oscar 1996, per “miglior film”, “miglior regia”, “miglior fotografia”, “miglior trucco”, “miglior montaggio sonoro” ed un Golden Globe per il “miglior film drammatico”. È quanto basta per rientrare nella storia dalla porta del futuro in una moltitudine di gente con una sorta di macchina del tempo e «mettere ‘na pezza culore» in un passato degli inglesi non in “linea” con i fatti della «Excalibur» del presente. Allo stesso modo va visto un altro tarocco di Mel Gibson, «The passion»! Come a dire che i diavoli vanno sempre a coppie. La verità è che le più efficaci battaglie di quest’epoca cruciale sono proprio quella a suon di fiction di ogni genere. E siamo proprio noi che ci lasciamo affascinare da simili nuove Excalibur, pronti sguainarle a tutto spiano. Ma esse sono prive di vero acciaio per le cose della vita pratica. E poi, come lei ha detto, le «Excalibur», per esprimere il loro potere vincente, occorre ignorare che sono dotate di elsa e quindi non c’è altro modo che impugnarle per la lama e questo comporta subirne le conseguenze. [1] «La scienza dei Magi» di Giuliano Kremmerz. - Vol. III. Pag. 56 - Ediz. Mediterranee. Gaetano Barbella
 
 
vocedimegaride
vocedimegaride il 09/04/07 alle 17:52 via WEB
Esimio don Gaetano, qui continuiamo ad aprire finestre, peggio di Bill Gates col suo Microsoft-Windows ;-) Certo, se qualche cineasta americano fosse in grado di leggerci... ma soprattutto di "seguire il filo" di questo scambio culturale, avremmo un futuro come sceneggiatori da far impallidire Dan Brown e Mel Gibson. Purtroppo, non v'è alcuna scientificità sull'interpretazione delle Centurie di Nostradamus: puntualmente, in questo superstizioso Paese - che non è da meno, in fatto di superstizione, ad Israele - solo dopo ogni catastrofe si è in grado di "tradurre la quartina" e di tagliarla a misura dell'evento, com'è nella tradizione dei più grandi sarti. C'abbiamo la fissa del "taglia e cuci" e la giustizia si applica con le forbici e non più con la nobile spada, impugnata per l'elsa o per la lama; così come la nascita al mondo di bimbi che spontaneamente non riescono a venire alla luce (interpreti in chiave simbolica) si demanda appunto al Parto Cesareo, che - personalmente - faccio discendere dal nome "cesoia" e non, come accademicamente, molti storici attribuiscono il termine alla nascita di Giulio Cesare che secondo la leggenda sarebbe nato in questo modo(latino:"forfex" = forbici), pur se è anche vero che una antichissima legge romana emanata tra il 715 ed il 672 AC sotto l'imperatore Numa Pompilio e denominata lex caesarea prescriveva l'estrazione addominale del feto in tutte le donne gravide che morivano a fine gravidanza... Come vede, potremmo coinvolgerci all'infinito nel surreale, grazie alla notevole fantasia che ci accomuna e ch'è divertente esercizio ginnico per la mente. Personalmente, rilevo che la geometria sacra partorisce simboli iniziatici rotondeggianti e senza vertici, leggibili da ogni punto di osservazione. Non a caso, tornando al mito del Graal e di Re Artù, il potente simbolo inciso pure sul coperchio del Pozzo del Calice a Glastonbury è il Cristiano VESICA PISCES, privo di lame e spuntoni. Tondo e avvolgente, come solo la Fede sa essere. Onestamente, partendo dal "cavallo di Troia" del simpatico folletto, novello "munaciello" Ahmadinejad non so se abbiamo ulteriormente confuso le idee ai nostri lettori...ma l'esercizio di meningi è stato divertente! marina
 
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Anonimo il 10/04/07 alle 08:01 via WEB
Cara donna Marina, non c’è cosa migliore che che metterla sul divertente e aprire “finestre” per far entrare una possibile luce ed aria nuova, anche se fetida per l’immondizia che ci si ritrova di sotto. Ma deve riconoscere di aver premesso di porre al bando la scienza accademica. E poi anche a lei piace sfarfallare di tanto in tanto sul fantasioso, come quella «Lettera aperta a Belzebù o come cappero si chiama». E visto che Napoli si deve rassegnare all’immondizia, chissà anche questa ha la sua «Excalibur» conficcata cui servirsi. Conveniamo che non può essere ‘na cosa tosta. È più ‘na schifezza ‘e fodero, ma c’è questo detto napoletano che ci rassicura sul potere di simili spade, proprie della povera gente: «I foderi combattono e le sciabole stanno appese»! gaetano
 
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Motivazione: “Pregate Dio di trovarvi dove si vince, perché chi si trova dove si perde è imputato di infinite cose di cui è inculpabilissimo”… La storia nascosta, ignorata, adulterata, passata sotto silenzio. Quella storia, narrata con competenza, efficienza, la trovate su “La Voce di Megaride” di Marina Salvadore… Marina Salvadore: una voce contro, contro i deboli di pensiero, i mistificatori, i defecatori. Una voce contro l’assenza di valori, la decomposizione, la dissoluzione, la sudditanza, il servilismo. Una voce a favore della Napoli che vale.”…

 

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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
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