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Post n°720 pubblicato il 26 Giugno 2008 da vocedimegaride
 

Napoletani, Napolitani e Partenopei

ARTICOLO RIPORTATO SUL “MATTINO” DEL 23.06.2008 NELLA RUBRICA DI PIETRO GARGANO

Carissimo Pietro, sono stato a Palazzo Berio in via Toledo, in occasione della distribuzione delle tessere di identità di “Cittadino di Partenope”. Ero stato invitato. Ebbene, pochi minuti dopo esservi entrato, sono riuscito (senza tessera). Non conoscevo nessuno dei numerosi intervenuti, ma in realtà li conoscevo tutti. Non erano i cittadini di Chiaiano, in lotta, in difesa della loro salute, non erano i cittadini della Napoli degradata materialmente e moralmente, a seguito di scelte politiche ed economiche contro la nostra città e l’intero Sud, scelte che risalgono all’epoca dell’unità d’Italia, fatta come s’è fatta. Non erano nemmeno quelle persone pensose, che si incontrano all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che spesso interrogano e si interrogano sulla storia e sul futuro di questo martoriato Paese. Vorrei sbagliarmi, ma la mia impressione è stata questa: si tratta di gente che si vorrebbe sentire “altra” rispetto alle “negatività” della realtà sociale di cui siamo tutti vittime. Ma, se non si vuole arrivare ad un ultra-localismo, che farebbe impallidire quello di Bossi e Calderoli, dividendo e contrapponendo una città-bene ad una città-male, in un momento in cui si dovrebbe dare una risposta unitaria al degrado, sarebbe opportuno contrastare pericolose divisioni e distinzioni tra una mitica “Città di Partenope” e Napoli. Casomai un utile distinguo filologico si potrebbe fare tra “napoletani” e “napolitani”. Sul monumento a Piazza dei Martiri, c’è scritto esattamente napolitani e non napoletani. In realtà sarebbe corretto dire napolitani, come costantinopolitani, empolitani e via dicendo, perché c’è la “i” di “polites”(cittadini). Qualcuno, a cui ho fatto osservare la cosa, ha replicato che quella “e” in luogo della “i” sarebbe avvenuta per un influsso dialettale, ma non è così. Anche nella nostra lingua originaria c’è la “i” e non la “e”: noi diciamo « i’ so’ napulitano », con la “i”, e non « i’ so’ napuletano », che sarebbe sgradevole. Chi ci ha scippato la “i” di “polites”, nell’ottocento, ci ha tolto la “i” di cittadini (e sarebbe da riconquistare), di cittadini con una civiltà che risale a duemilacinquecento anni.
Enrico Moscarelli

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Anonimo il 28/06/08 alle 19:20 via WEB
da www.cittadipartenope.it Inviata a "Ditelo al Mattino" - in attesa di pubblicazione Inserito da claude il 27 Giugno, 2008 - 18:08 Napoli, 23 giugno 2008 Inviata a "Ditelo al Mattino" - in attesa di pubblicazione Gentile dott. Gargano, oggi sotto il titolo “Siamo napolitani e non napoletani” il giornalista Moscarelli riferisce chi non sono – secondo lui – i “Cittadini di Partenope”, intervenuti numerosi alla fondazione della nuova città virtuale chiamata Partenope, presso lo studio di pubblicità Agrelli&Basta di Napoli. Non sono i cittadini di Chiaiano in lotta per difendere la propria salute. Non i cittadini di Napoli degradata da scelte politiche risalenti all’unità d’Italia. E nemmeno i cittadini pensosi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Con molta onestà Moscarelli racconta che lui alla festa ci è andato perché invitato (da chi?), ma pochi minuti gli sono bastati per capire tutto. Subito se n’è andato senza ritirare nemmeno la carta d’identità, che lui chiama erroneamente “tessera”. A dimostrazione che è rimasto forse con idee un po’ confuse sull’iniziativa. Difatti subito dopo il giornalista spiega chi sono -secondo lui- questi partenopei: “gente che si vorrebbe sentire ‘altra’ rispetto alla negatività della realtà sociale di cui siamo tutti vittime”. Come dire: “sono degli snob”. Di snob, caro direttore, noi abbiamo solo la puzza sotto il naso, la stessa che oggi a Napoli sentono tutti. Diverse le impressioni di Santa Di Salvo, altra giornalista de Il Mattino, che qualche giorno fa in maniera meno sbrigativa ha dato conto sul vostro gionale di Città di Partenope: “una campagna pubblicitaria senza precedenti –ha scritto- una sorta di Second Life in cui noi – tutti noi che vogliamo riconquistare le regole di una convivenza civile, i comportamenti educati, abbandonando volgarità e malcostume, anarchia e sporcizia, disordine e colpevoli tolleranze – proveremo a rifondare Napoli, pardon Partenope”. Oggi circola nel mondo un impasto napoletano a tinte fosche, ma Napoli non ha mai avuto un appeal mediatico così forte. Forse sta scadendo anche il tempo dell’ultima occasione per reagire. Lo dico perché sono trentenne e pubblicitario. Le chiedo: ho sbagliato a pensare di fare qualcosa e di chiamare a raccolta la gente? E’ snob abbandonare l’apatia e organizzarsi per tentare di riconquistare un onore smarrito? E’ velleitario sognare uno scatto d’orgoglio di massa? E’ stupido pensare di usare la tecnologia della Rete per svegliare le coscienze? O forse è più utile disquisire in questo momento di filologia, chiedendosi se sia più corretto dire napoletani o napolitani? Le confesso francamente, caro direttore, che trovo gli intellettuali come Moscarelli pericolosi, perché sono pronti a distruggere qualsiasi iniziativa, a stroncare qualsiasi giovane entusiasmo, ostentando e rivendicando il primato della propria erudizione (che non è cultura). Sta qui l’errore: c’è chi continua a compiacersi di guardare ai 2500 anni della nostra storia e ripropone in eterno il solito macigno di retorica borbonica che ci schiaccia, la rappresentazione di un passato diventato un gigantesco luogo comune in cui croggiolarsi. E così facendo, rimane nell’immobilismo e distoglie lo sguardo dal baratro morale in cui Napoli è precipitata oggi agli occhi di tutt’Italia e del mondo. E c’è chi vuole riprendersi in mano il destino della città, che è anche il proprio destino, inventando qualcosa. Io ho inventato www.cittadipartenope.it e ho lanciato un’idea. Sa cosa le dico? Se Napoli cambiasse nome e si chiamasse, non so, per esempio Macerata, tanto per dire un nome qualsiasi, tutto forse sarebbe più facile. Claudio Agrelli agrelli@agrelliebasta.it
 
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A www.vocedimegaride.it è stato conferito il prestigioso riconoscimento INARS 2006:
a) per la Comunicazione in tema di meridionalismo, a Marina Salvadore;
b) per il documentario "Napoli Capitale" , a Mauro Caiano
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