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L'autunno delle nuove Innse

Post n°52 pubblicato il 23 Agosto 2009 da silvio.battistini

La crisi e la protesta
"Al rientro 50mila disoccupati"
Stefano Rossi

Già occupate tre fabbriche. A rischio anche i comparti che tirano. La Nokia Siemens (600 addetti) vuole trasferirsi in Cina.
I sindacati: è finito l'ossigeno. La ripresa di settembre sarà costellata di aziende che i lavoratori, al ritorno delle ferie, troveranno chiuse. E potrebbero fiorire molte nuove Innse, con occupazioni e presidi nel tentativo di salvare il posto di lavoro come nella fabbrica di via Rubattino. È la previsione del sindacato, che azzarda una cifra preoccupante: «Cinquantamila nuovi disoccupati a Milano e provincia al ritorno dalle ferie» dice Antonio Lareno, della segreteria della Camera del Lavoro.
Solo che le nuove Innse non saranno una storia romantica alla Ken Loach, che finisce tra brindisi ai lavoratori e a un nuovo padrone che salva la baracca. Saranno, piuttosto, aziendine con pochi addetti che chiudono alla chetichella in queste settimane. «Non succede a causa della cattiveria dei proprietari che approfittano dell´estate, ma perché non ce la fanno più, è finito l´ossigeno - spiega Maurizio Zipponi, responsabile Lavoro e Welfare di Italia dei Valori - e saranno un numero enorme».
Già oggi ci sono tre fabbriche occupate. Quella che più assomiglia alla Innse è la Ercole Marelli Power (idrogeneratori) di Sesto San Giovanni. Per Lares (circuiti stampati) e Metalli Preziosi (metalli nobili per l´elettronica) di Paderno Dugnano, che fanno parte di un unico gruppo, la storia è diversa: sono state dichiarate fallite e si spera che almeno la seconda venga salvata dai soci russi. «Già, se non si fa avanti un russo o un cinese ormai non si trova più nessuno - riflette il segretario regionale Uil, Walter Galbusera - dove sono finiti gli italiani?». «Milano ha manager, azionisti, consulenti, ma mancano gli imprenditori - conferma Zipponi - e non è il solo guaio. Gli altri sono la mancanza di un nuovo comparto produttivo in grado di sostituire quello in crisi, come avvenne con l´information technology al posto della siderurgia, e soprattutto il trasferimento dei centri di ricerca. Le multinazionali li chiudono a Milano a vantaggio di Parigi, Monaco, Francoforte».
La crisi, insomma, oltre a colpire il presente compromette il futuro. Nella ricerca medica, ad esempio, per arrivare al farmaco servono dieci anni di sperimentazione senza profitti immediati. Se alla Cell Therapeutics 55 ricercatori rischiano il posto, e se è in difficoltà il polo di Nerviano, che ha solo tamponato l´emergenza finanziaria e dove sono allo studio farmaci antitumorali, quando arriverà la ripresa si rischia di aver perso troppo terreno. Un pericolo che attraversa tutti i comparti produttivi: a Cinisello e Cassina de´ Pecchi, 600 persone lavorano al centro ricerche di Nokia Siemens: il settore è uno dei pochi ad andare a gonfie vele ma il colosso dei telefoni vuole spostare i laboratori in Cina, Vietnam, India.
Solo il mese scorso, una settantina di aziende milanesi ha avviato procedure di cassa integrazione o mobilità (e sono 400 dall´inizio dell´anno). Ci sono industrie chimiche, agenzie di viaggio e alberghi, filiali di multinazionali che naturalmente tagliano prima all´estero: la giapponese Yokogawa (software per processi industriali), la svizzera Liebherr (noleggio di macchine movimento terra), la tedesca Dürkopp Adler (macchine per cucire). «Siamo in trincea» riassume Lareno, invocando «un´agenzia che rilanci le aziende in crisi alla luce di una politica industriale regionale e metropolitana, senza la quale Milano rischia un pesante ridimensionamento». Richiesta condivisa dalla Uil.
Cinquantamila disoccupati a settembre, fra nuove richieste di mobilità e trasformazione in mobilità della cassa integrazione, secondo Zipponi «porteranno alla rottura sociale». Attualmente in Lombardia ci sono 60mila lavoratori in cassa integrazione, di cui un terzo con cassa in deroga per le imprese con meno di 15 dipendenti. A Milano, nel primo semestre 2009, sono stati autorizzati oltre 19 milioni di ore di cassa integrazione contro i 3,8 milioni del primo semestre 2008. «L´Innse - conclude Zipponi - ci dice che se uno è costretto ad arrampicarsi a venti metri perché non sa che altro fare, il messaggio alla politica e al sindacato è terribile: non abbiamo rappresentanza alla quale affidarci».

(20 agosto 2009)

 
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