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Post N° 35

Post n°35 pubblicato il 02 Giugno 2007 da lecceeuropei

2 GIUGNO: FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA

In pochi sanno che questa festa é dovuta alla proposta di legge SBARBATI: «Ripristino della festività nazionale del 2 giugno» (655/2000); 

tratto da IL MESSAGGERO del 02 giugno 2002

Le radici più profonde di un ideale

di GIOVANNI SABBATUCCI

IL 2 GIUGNO 1946 gli elettori italiani scelsero di congedare la dinastia sabauda, e con essa l'istituto monarchico, e di dare all'Italia unita il suo primo ordinamento repubblicano. Lo scarto fu abbastanza netto in cifre assolute (circa due milioni di voti), ma non schiacciante. Oltre dieci milioni di italiani (per l'esattezza, 10.719.284, pari al 45.7% dei voti validi) avevano confermato la loro fiducia nella monarchia; e in quasi tutto il Mezzogiorno l'opzione repubblicana restava nettamente minoritaria.
Più delle voci mai provate di brogli (peraltro improbabili, almeno nelle dimensioni necessarie per pesare sul verdetto finale), più delle contestazioni successive al voto da parte di coloro che, appellandosi alla lettera della legge istitutiva del referendum, avrebbero voluto mettere nel conto anche il milione e mezzo di schede nulle (ma neanche questa anomala procedura avrebbe modificato il risultato), fu la relativa esiguità dello scarto a venare di perplessità la legittima soddisfazione dei repubblicani: fra i quali si annoverava la stragrande maggioranza dei dirigenti dei partiti che allora governavano il paese e che si videro confermata la fiducia popolare nelle contemporanee elezioni della Costituente. Se poco meno della metà degli italiani si schierava in favore della monarchia, nonostante le sue ultime catastrofiche prove, dalla chiamata al potere di Mussolini sino alla fuga dell'8 settembre, questo significava che il paese reale non si rispecchiava appieno nella rappresentanza che pure aveva liberamente scelto; e che il nuovo ordinamento repubblicano poggiava su basi non del tutto sicure.
Queste preoccupazioni si sarebbero presto rivelate eccessive. Anche coloro che avevano optato per la monarchia, vuoi per istintivo conservatorismo, vuoi per fedeltà a una tradizione non sempre ingloriosa, accettarono tranquillamente la nuova realtà istituzionale. Questa diffusa accettazione non era, a mio avviso, dovuta solo a fattori contingenti - da un lato la tenuta complessiva delle nuove istituzioni e il prestigio personale dei primi presidenti, De Nicola ed Einaudi; dall'altro il dignitoso riserbo mantenuto dal re in esilio e la pochezza dei suoi eredi -, ma poggiava anche su un deposito non trascurabile di culture politiche e di tradizioni in larga parte preesistenti allo stesso Risorgimento. Se è vero infatti che la monarchia sabauda aveva svolto un ruolo fondamentale nel processo unitario e che la classe dirigente liberale aveva esaltato, costruendovi attorno il più imponente apparato simbolico di cui disponesse l'Italia prefascista, è anche vero che il mito della res publica - intesa non solo come forma di governo, ma anche come cura del bene comune - era sempre stato ben presente nella storia e nella cultura nazionale.
Come ha spiegato Aldo G. Ricci in un bel libro (La Repubblica) uscito l'anno scorso nella collana del Mulino "L'identità italiana", l'ideale repubblicano aveva dunque nel nostro paese radici più profonde e diffusione più ampia rispetto ai gruppi e partiti che, a cominciare dal Pri, vi facevano esplicito riferimento. L'Italia diventata repubblica non sempre seppe o volle rifarsi a quell'ideale che, depurato delle sue componenti mitologiche e da eccessi di "virtuismo" incompatibili con una visione liberale della politica, avrebbe potuto costituire la base di una cultura civica condivisa. Mancò soprattutto, come dimostra in primo luogo la storia della festa del 2 giugno - la capacità di costruire attorno ad esso un apparato simbolico-celebrativo capace di colmare il vuoto apertosi con la fine della monarchia. Nel momento in cui il nostro presidente della Repubblica si sta adoprando per rimediare a questa carenza, è importante ricordare che i suoi sforzi non poggiano su un vuoto totale di memorie e tradizioni.
 
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