La farmacia d'epoca
Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone
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La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, se conoscete delle curiosità, degli aneddoti, o anche solo qualche notizia in più, contattatemi, provvederò a modificare i post, per renderli ancora più ricchi!
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Grazie per la visita
Dott.ssa Giulia Bovone
I FARMACI NELLA LETTERATURA
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Colgo l’occasione dei 150 anni dell'unità d' Italia per porvi un quesito.
Se aveste preso parte ad una qualunque delle battaglie combattute per unificare questo Paese che proprio non vuole stare unito, e vi avessero sparato ferendovi, quali sarebbero state le prime cure a cui vi avrebbero sottoposto ?
Prima di tutto voglio che dimentichiate i campi di battaglia ordinati e composti a cui ci ha abituato il cinema, partecipare ad una battaglia nell’Ottocento era come gettarsi nella confusione più totale: batterie di cannoni da una parte, cariche della cavalleria, soldati che abbandonavano la posizione e disertavano, altri paralizzati dalla paura che venivano travolti dai loro stessi compagni mentre avanzavano, cadaveri ovunque e soldati feriti a terra, nell’attesa di essere soccorsi, oppure di ricevere il colpo di grazia.
Mentre nel Medioevo il numero dei morti sul campo di battaglia era relativamente basso, (perlopiù si moriva per le infezioni causate dalle ferite) con l’avvento delle armi da fuoco aumentarono il numero di morti nell’immediato (morti sul colpo durante la battaglia).
Anche i sistemi di soccorso erano quel che erano: i medici restavano nell’ospedale da campo e a cercare i feriti erano gli infermieri/e (c’erano anche delle donne!) con l’ambulanza ( carro trainato da buoi o cavalli), i quali non sempre avevano il fegato di buttarsi nella mischia, rischiando la propria vita.
Perciò per sopravvivere in caso di ferita bisognava rispondere ad alcuni requisiti:
-Avere la fortuna di non essere colpiti ad organi vitali o ad arterie o vene
-Avere la fortuna di una rapida avanzata del vostro battaglione lasciando così il campo libero alle ambulanze delle retrovie
-Avere la fortuna di non essere stati sommersi dai cadaveri (non sempre gli infermieri andavano a controllare che nel mucchio ci fosse qualcuno ancora vivo!)
-Avere la fortuna di resistere al dolore e di non perdere i sensi
-Avere la fortuna di essere soccorsi e medicati tra i primi (poi la sterilità degli strumenti sarebbe andata a farsi benedire)
Se corrispondete a questi requisiti e gli infermieri si sono accorti che siete ancora vivi, in teoria potreste essere salvi, ma solo se avete fortuna!
Vediamo, consultando “L’istruzione degli infermieri militari in campagna” del dottor Solaro, come vi avrebbero medicato:
“ I primi soccorsi che possa avere a prestare un infermiere sul campo di battaglia, si riferiscono a quattro casi principali, cioè: ferite, emorragie, deliqui e fratture”.
Ferite:” le ferite da armi da fuoco non sempre sono seguite da emorragia; in questo caso non incumberebbe all’infermiere, a risparmio di tempo, che trasportare direttamente e colle dovute avvertenze questi feriti al deposito d’Ambulanza. Se poi si avesse a percorrere un lungo tratto di strada, converrebbe allora prima medicare la ferita; a tal fine basterà coprirla con una morbida pezzuola piegata a più doppi, ovvero con piumaccioli di filaccia, imbevuti sì questi, sì quelli d’acqua fresca, mantenuti questi in sito con una fascia o con una sciarpa foggiata a cravatta, avendo cura poi durante il tragitto di umettare di tanto in tanto la medicazione.
Qualora la ferita fosse da taglio o da punta, sarà d’uopo lavarla con acqua fresca, accostarne con diligenza i lembi e medicarla nella stessa guisa della precedente. L’acqua fresca è il migliore medicamento che si possa applicare tanto sulle ferite d’arma da taglio, come su quelle da armi da fuoco. (poveretti!)
In generale poi tanto gli infermieri di servizio al campo, come quelli di servizio ai depositi d’Ambulanza, dovranno non mai dimenticarsi di nettare il naso e la bocca dei feriti dalla terra e dal sangue e da ogni altra cosa che, oltre a recare loro molestia, potesse turbare la respirazione. Dovranno, del pari, come già accennammo, nettare con tutta dolcezza le ferite, mondandole dai corpi estranei e da ogni sozzura che vi potesse essere e poscia, in assenza di ufficiali sanitari, medicarle nel modo ora detto.
Se la ferita fosse al petto , qualunque siasi la causa che possa averla prodotta e qualunque possa essere la natura della parte offesa, dovrà sempre l’infermiere limitarsi a coprirla con uno strato di filaccia imbevuto d’acqua; e se da taglio, procurarsi prima di accostarne bene i margini, porre poscia sulla filaccia una larga compressa bagnata essa pure, e poi fasciare strettamente il petto con il bendaggio a corpo, o in difetto di questo, con una larga benda circolare”.
Emorragia: “Le leggiere emorragie si arrestano dopo che le parti furono ricomposte e medicate, perocchè, come ognuno sa, il sangue dopo alcun tempo si rappiglia, e forma un grumo che si oppone ad ogni ulteriore emorragia. In simili casi, cioè quando trattasi di emorragia leggiera, sarà sufficiente di avvicinare accuratamente i lembi della ferita, senza punto rimuovere quei grumi, coprirla con piumaccioli di filaccia o con pezzuole bagnate d’acqua fresca, e fasciare la parte moderatamente stretto. Che se malgrado ciò continuasse la perdita del sangue, converrà allora togliere la medicazione già fatta, risciacquare ben bene la parte con l’acqua fresca, levare quei grumi che prima si erano lasciati e procedere all’otturamento della ferita. […] Si prenderà dunque un pezzetto di spugna, s’inumidirà nell’acqua fresca e si collocherà nel fondo della ferita, spingendovela quanto si può e sovr’essa si collocheranno poi i veri strati di cotone, di filaccia, di stoppa, ecc, inzuppati nell’acqua fresca, procurando sempre di spingerveli con moderata forza, e si verrà così a riempire bel bello tutta la cavità della ferita, la quale sarà poscia convenientemente fasciata.
Nell’operare questo riempimento, bisogna assolutamente collocare questi diversi strati uno ad uno per poter otturare compiutamente tutta la cavità della ferita senza lasciare alcun vano, e non mai metterli tutti ad un tratto, perché non si riuscirebbe mai ad arrestare l’emorragia. Invece dell’acqua semplice si potrebbe pur anco impiegare acqua vegeto minerale, facilissima ad aversi mediante l’acetato di piombo delle Ambulanze.[…]
Ove poi il sangue uscisse con impeto, e tanto più se per trovarsi la ferita in corrispondenza di alcuna delle principali arterie si avesse ragione di credere che un’arteria fosse lesa, si dovrà arditamente porre uno, due o più dita nella ferita (Oddio!), esercitando sempre nello stesso tempo una certa forza, finchè si vada a cessare il flusso del sangue. Frattanto se la lesione si trova in uno dei membri superiori o inferiori, nell’atto che il primo infermiere terrà salde le dita entro la ferita, l’altro si accingerà a praticare la compressione al dissopra della ferita medesima”.
Deliquio (svenimento): “Si osservano vari gradi di deliquio: nei più frequenti, la persona che ne è colpita cade a terra priva ad un tratto di senso e di moto; tutto il suo corpo diviene pallidissimo, la pelle si fa fredda e il corpo si copre di sudore più o meno copioso. Trovandosi l’infermiere militare presente ad un caso simile, dovrà anzitutto affrettarsi a sbottonare gli abiti e togliere la cravatta e la cintura dei pantaloni, […] collocherà la persona svenuta colla testa bassa, le spruzzerà con forza e replicatamente dell’acqua fresca in faccia. Non bastando questi mezzi, si praticheranno delle fregagioni sul cuore, non che sulle estremità colla palma della mano, facendo respirare degli odori penetranti, come per esempio, acido acetico o ammoniaca: quando la persona potrà trangugiare, le si darà qualche cucchiaiata d’elisir di china”.
Fratture: “Qualora non sia presente un Ufficiale Sanitario, la prima cosa a farsi in simile circostanza è di procurare di mettere il membro in buona posizione, se si vede che sia deviato. Supponendo, per esempio che la frattura sia alla coscia, se vi sono due infermieri, uno di essi dovrà abbracciare con ambo le mani la coscia stessa alla sua radica, vale dire all’inguine e mantenerla ferma, nell’atto che l’altro afferrerà la gamba e tirando verso di sé con moderata forza procurerà di ricondurre dolcemente il membro nella sua naturale posizione. […] Che se mai, per istraordinarie circostanze fosse urgente di trasportare altrove il ferito prima che abbia potuto ricevere una stabile medicazione, e che la strada a percorrersi fosse lunga, sarà necessario allora che l’infermiere procuri di assicurare il membro rotto in maniera che non abbia a smuoversi durante il tragitto. […] Se trattasi delle estremità inferiori, si applicheranno i cartoni modellati, adattandoli sui pantaloni, coll’avvertenza però che nelle fratture di coscia, converrà impiegare tutti e quattro i pezzi, cioè i due della coscia e i due della gamba, ed involgere così l’intiero membro in questa specie di astuccio, mentrechè, nelle fratture di gamba basterà applicare solo questi due ultimi pezzi; e si stringeranno solidamente con fettuccia o con piccole fascie da salasso. Trattandosi di fratture alla mano o all’avambraccio, potrà bastare di situarli in una larga sciarpa estesa fino al gomito ed annodata al collo".
Avrei voluto riportare il testo intero, questo è solo un breve estratto, ma credo renda bene l’idea di che cosa vi sarebbe toccato se foste rimasti feriti mentre combattevate per l’unità d’Italia.
Spero di avervi fatto capire che cosa hanno passato i soldati che si sono trovati a combattere per quell’ideale che noi, centocinquanta anni dopo stiamo mettendo in crisi.
Mi piacerebbe lasciarvi un compito: alla prossima persona che si lamenta dell’Italia unita, fate leggere questo post e rendetela partecipe delle sofferenze (tutto senza anestesia!) passate da questi soldati. Perché, in primis, anche i soldati sono esseri umani e il loro sacrificio non può essere ignorato. Se fosse toccato a noi unire l’Italia, ci saremmo riusciti?
BUON COMPLEANNO ITALIA
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