Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Febbraio 2013

Isacol

Post n°284 pubblicato il 21 Febbraio 2013 da lafarmaciadepoca
 

Il farmaco di oggi è uno dei prodotti “minori” dei Laboratori Farmaceutici A. Malizia: si tratta del lassativo Isacol.

Questo preparato galenico anni Cinquanta era composto da  diacetildiossifenilisatina ( agisce direttamente sulla mucosa intestinale favorendo l’accumulo di liquido all’interno del lume. Può essere usato anche per lunghi periodi), estratto di carciofo ( stimola la produzione di bile e ha attività protettiva sul fegato), estratto di cascara ( lassativo di origine vegetale, abbastanza forte, per cui andateci piano) e carbone vegetale ( impiegato a tutto spiano nei preparati contro il meteorismo), insomma nulla di straordinariamente pericoloso o terrificante, anzi parrebbe un buon prodotto. Cosa non gli ha permesso di “sfondare”?

La risposta è semplice: un mercato saturo. Negli anni Cinquanta impazzavano i lassativi alla fenolftaleina (es. Dolce Euchessina e RIM), semplici da preparare ed economici, in competizione con il mostro sacro anti – stitichezza, la Magnesia San Pellegrino, e l’Isacol era troppo “avveniristico” per l’epoca perciò non riuscì a crearsi un pubblico e fu presto dimenticato.

Ecco la foto della scatola:


Misura 5,5 cm x 2,9 cm x 0,9 cm. La posologia non faceva distinzione tra adulti e bambini, raccomandava di prendere da 1 a 3 compresse la sera dopo il pasto.

Grazie per aver letto il blog!

 
 
 

Tema: Cosa hai fatto domenica scorsa.

Post n°283 pubblicato il 14 Febbraio 2013 da lafarmaciadepoca
 

Buongiorno a tutti. Prima di iniziare voglio mettere subito in chiaro i fatti: durante il mio corso di studi ho sempre odiato il tema “Cosa hai fatto domenica scorsa” e continuerò ad odiarlo per l’eternità, perciò cerchiamo di rendere il tutto più indolore sia per me, sia per voi.

Come tanti mi hanno segnalato e consigliato, alla fine ho deciso di cedere e mi sono recata a visitare la mostra “Carlo Erba” al museo Leonardo da Vinci di Milano.

Se devo essere sincera il museo merita tantissimo, anche se non avete conoscenze scientifiche e bambini tranquilli ( che potrebbero mettere la testa a posto e diventare scienziati) e colpisce molto per le sue collezioni, che spaziano dagli strumenti musicali agli aerei.

Per quello che riguarda la mostra “Carlo Erba” devo dire che mi ha lasciato con qualche opinione discordante, e come collezionista di vecchi farmaci forse anche un po’ delusa.

La parte biografica era curata molto bene, con addirittura la presenza del certificato di nascita e di morte di Carlo Erba, vari libri e registri dell’azienda, tanti cartellini e tantissime informazioni. I filmati disponibili erano curati molto bene, anche se dopo un po’ ripetevano sempre la solita solfa, cioè che nell’Ottocento iniziarono a comparire i primi farmaci “chimici”, ma credo che questo sia noto a tutti.




Belle anche le pubblicità d’epoca e un curioso catalogo con le etichette delle bottiglie dei farmaci marchio Erba. Belle anche le scatole, ma per la prima volta mi sono accorta di cosa non dovrà mai diventare il mio lavoro:



Quanto sono piene queste teche, non c’è che dire, ma non trovate anche voi che siano un’accozzaglia di scatole di latta e di cartone senza alcun filo logico?
Purtroppo e mi dispiace assai dirlo, mi sono trovata davanti delle teche di farmaci che non erano né datati, né perlomeno lievemente introdotti, e non si faceva accenno per quale patologia venissero utilizzati.

Ovviamente obbietterete: nel blog hai più spazio rispetto al museo. Giusto, ma il lavoro che porto avanti ormai da più di cinque anni, vuole dare valore storico e scientifico a questi oggetti  e vedermi buttati nella stessa teca farmaci di epoche diverse,  fino alla saturazione dello spazio disponibile è un po’ triste, soprattutto quando ne conosci le potenzialità e le date.

Io non sono qui per giudicare l’operato dei curatori del museo o di chi ha allestito la mostra, ma sinceramente trovo parecchio fuori – luogo che nella descrizione presente in foto, si parli del Prontosil, un farmaco Bayer,  quando il tema è l’industria Carlo Erba.
Riconosco anche che la Carlo Erba, come molte altre aziende italiane, sia arrivata seconda nel campo degli antibiotici, vi ricordo che i primi farmaci di questo tipo arrivarono in Italia con le truppe Usa, ma ciò non significa che “i non addetti ai lavori” non possano apprezzare altro.

A mio parere il “pezzo principale” della teca ( che purtroppo è stato relegato in un angolo per non far leggere le componenti!) era l’Opostenol, un farmaco opoterapico contro l’infertilità, all’estratto testicolare di toro. Per chi non lo sapesse i farmaci opoterapici sono caratteristici degli anni Venti fino ad arrivare ai Quaranta e sono considerabili gli antenati dell’ormonoterapia moderna.

Tralascio la mancanza del mio farmaco Erba preferito, il Tonergil, il ricostituente alla stricnina, tipico anch’esso della prima metà del Novecento, ma non potevo pretendere che ce lo mettessero; tralascio anche la mancanza di farmaci ottocenteschi, come le Pastiglie di Terra Catù, nelle scatoline JP (Jahngke’s Patent), e nemmeno un flaconcino di Betotal, ma comunque un po’ di attenzione nell’allestire le teche ci voleva.

Nella seconda foto avete notato anche voi l’infiltrato? Eh, sì c’è una scatola di dado da brodo Liebig spacciata per una scatola di farina lattea Carlo Erba. Non sto scherzando: sono entrambi indicate al numero 5 (su Facebook si vede meglio!).
Il fatto all’inizio mi aveva dato da pensare, ma svolgendo delle ricerche ho capito che non ero io a sbagliarmi, ma probabilmente leggere cosa c’è scritto sugli oggetti ormai non va più di moda.

Come al solito, e voi mi conoscete, io non sono una persona polemica e apprezzo lo sforzo fatto dal museo, ma sarebbe stato preferibile avere solo cinque o sei scatole rappresentative della storia dell’azienda, datate e commentate, piuttosto che un magro cartellino “alcuni prodotti della ditta Carlo Erba”.

Ricordo inoltre ai più, che il fatto che alcuni di questi farmaci siano stati esposti in un museo non significa che siano rari, anzi come collezionista devo sottolineare che i farmaci Carlo Erba sono i più comuni in assoluto, in quanto distribuiti in uguale misura in tutt’Italia. Difatti trovo irragionevole pagare per questi pezzi più di un “biglietto rosso”, questo non lo dico per sminuire l’azienda o i prodotti, lo affermo per esperienza e per onestà: sono molto più apprezzabili e rare le produzioni farmaceutiche delle piccole farmacie, la cui diffusione dei pezzi è locale e ovviamente i farmaci giunti fino a noi sono meno e perciò più rari.

Questo perché il museo Leonardo da Vinci espone anche il telefono di mia nonna ( e non credo che questo modello possa essere raro o terribilmente significativo)

        Nel cerchio il telefono come quello di mia nonna in tutto il suo splendore.

Mi scuso per la pessima qualità delle foto, ma tra gli ambienti bui, e i vetri delle teche, sono rimaste poche le foto nitide e “degne”.
Comunque chi volesse vedere anche quelle degli altri padiglioni può esaminarle tramite la pagina di Facebook della Farmacia d’Epoca, il link si trova sul lato sinistro del blog.
In conclusione, la mostra è validissima se vi piace il personaggio di Carlo Erba, ma se come me, l’avete visitata attratti dal sapere qualcosa di più sui suoi prodotti, rimarrete un po’ delusi,  
disappunto che però verrà compensato dal sottomarino Enrico Toti, dai modellini delle macchine di Leonardo, dalle pascaline, dal telegrafo interattivo, dal padiglione dei treni, da un bellissimo mobile con le televisioni ( quanto voglio quel mobile!) e dal padiglione aereo e navale ( che è fenomenale, portateci i bambini).
Purtroppo la pubblicazione delle foto può essere fatta limitatamente e per uso personale, perciò vi chiedo di non utilizzare nessuna di queste immagini in articoli di giornale o altro.

Grazie per aver letto il post!

 

 
 
 

Ganidan

Post n°282 pubblicato il 12 Febbraio 2013 da lafarmaciadepoca
 

Dal momento che qualche giorno fa vi avevo parlato di un farmaco inglese, per par condicio devo parlarne anche di uno francese.
Per l’occasione ho scelto un antibiotico, il Ganidan prodotto dalla Société Parisienne d’Expansion Chimique S. A. o SPECIA.

Il Ganidan era un sulfamidico e in particolare si trattava di pastiglie di sulfaguanidina.
Molto più utilizzati in passato, oggi i sulfamidici sono impiegati nella cura di poche patologie da infezione batterica, quasi sempre legate all’apparato respiratorio.
La sulfaguanidina inibisce la sintesi dei precursori dell’acido folico mettendo fuori uso l’enzima diidropteroato sintasi. In questo modo i batteri non riescono ad approvvigionarsi di acido folico e muoiono.

Come tanti altri sulfamidici anche il Ganidan non viene più impiegato nella medicina umana, ma solo in quella animale.

Ecco la foto del tubo:


Misura 8,3 cm x 1,5 cm di diametro e risale agli anni Cinquanta. Il Ganidan era prodotto dalla Société Parisienne d’Expansion Chimique  (SPECIA) con sede in Rue Jean Goujon 21 a Parigi.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Brooklax, the English laxative

Post n°281 pubblicato il 08 Febbraio 2013 da lafarmaciadepoca
 

Gli Inglesi sono un popolo fedele alle loro istituzioni e il Brooklax è una di quelle.
Dovete sapere che nei primi anni del Novecento, la pediatria non aveva fatto tutti quei passi in avanti verso la modernità, e si preferiva adottare un approccio ottocentesco per risolvere i problemi di salute dei bambini.
Ciò poteva riassumersi in una sola parola: purgante. Infatti, nei primi anni del secolo dell’automobile e dell’aereo si curavano ancora i bambini con la “purga”.
Sicuramente se il bimbo era stitico si risolveva il problema, peccato che il metodo venisse applicato anche in caso di febbre, vomito, mal di testa e diarrea (no, non sto scherzando).

Ovviamente, qualunque bambino con un po’ di buon senso, alla vista del temuto cucchiaio di olio di ricino sarebbe scappato a Bulawayo (nello Zimbabwe) e avrebbe perlomeno cambiato identità cinque volte, così si rese necessario rendere appetibile e desiderabile il lassativo.

Il Brooklax faceva parte dei lassativi a base di fenolftaleina (cancerogena) e cioccolato: preciso che non è un unicum, in Italia esistevano il Purgestol, il Kinglax e il famosissimo Purgante Aquila.
Questo farmaco, come potete ben vedere dalla foto , era presentato come “the british chocolate laxative” ovvero il lassativo al cioccolato inglese. Basta vedere la confezione per essere travolti dall’immagine della Regina che mangia fish and chips in cima al Big Ben. Poveri bambini.

Ecco una foto della scatola:


Misura 6,5 cm x 4,2 cm x 1 cm e risale agli anni Trenta. Una scatola conteneva otto “cioccolatini” e la posologia consigliava da una a due tavolette per gli adulti, mentre per i bambini da un quarto fino a metà. Il tutto era da prendersi prima di andare a dormire, anche se personalmente lo trovo un gesto crudele, che sottrae preziosi minuti di sonno.
Cotanta bontà era prodotta dalla Westminster Laboratories siti a Penn in Inghilterra.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Butazolidina

Post n°280 pubblicato il 05 Febbraio 2013 da lafarmaciadepoca
 

Il tubo che vi voglio mostrare conteneva un farmaco veramente particolare, la Butazolidina.

Butazolidina è il nome commerciale del 3,5 diosso – 1,2 – difenil – 4  n – butilpirazolidina (che si fa fatica sia a pronunciarla sia a scriverla!), un preparato galenico adatto a tutti,  persino ai cavalli!
 
Questa molecola è uno degli anti – infiammatori non steroidei o FANS, analgesici periferici che inibiscono i meccanismi biochimici che portano alla formazione dei precursori delle prostaglandine, altre molecole coinvolte nei processi di infiammazione.

Per chi avesse poca dimestichezza con patologia, ricordo che l’infiammazione non è una malattia, bensì un meccanismo di difesa da attacchi di genere fisico, chimico e biologico.
Grazie alla Butazolina, il corpo umano non può sintetizzare i prostanoidi, molecole responsabili della trasmissione del “dolore” al sistema nervoso centrale, “ingannando” così il nostro organismo.
A differenza di altri FANS, questo prodotto marca Geigy, non aveva funzioni antipiretiche, caratteristica molto ricercata nei farmaci moderni.

Negli anni Cinquanta era il farmaco d’elezione  per i reumatismi e la gotta, ad oggi viene utilizzato solo in ambito veterinario, soprattutto negli equini.

Ecco una foto del tubo:


Misura 7,5 cm x 1,5 cm e risale ai primi anni Cinquanta.
Le dosi erano di 1 o 2 confetti una o due volte al giorno, da assumersi con un po’ d’acqua preferibilmente durante i pasti.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

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