Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Maggio 2014

Antigrippine Midy

Post n°375 pubblicato il 28 Maggio 2014 da lafarmaciadepoca
 

Buongiorno a tutti, il farmaco di oggi fa parte dell’ormai dimenticata categoria dei cachet, ma sicuramente molti di voi ricorderanno di aver preso il suo analogo in pastiglia: sto parlando dell’Antigrippine Midy.

La Midy nacque ad opera di Leon Midy nel 1867, quando per mantenere viva la tradizione della famiglia Midy, già farmacisti da più di due generazioni, decise di aprire a Parigi una farmacia nel quartiere di  Saint-Honoré, che in breve divenne conosciutissima per i suoi prodotti di punta: la Piperazina, l’Algipan e l’Antigrippine.
Nel 1895, proprio per riuscire a soddisfare l’aumentata richiesta dei suoi preparati galenici, Leon  Midy finanziò la trasformazione della sua farmacia in un laboratorio di produzione su scala industriale, iniziando ad esportare i propri prodotti anche all’estero, soprattutto in Argentina e a Cuba.
Alla morte di Leon Midy, avvenuta nel 1928 subentrarono nella gestione dell’azienda i due figli Marcel e André, che cambiarono la denominazione dell’azienda in “Midy Fréres”, mantenendo comunque il nome e la firma del padre che aveva caratterizzato le confezioni fino ad allora. Quindi, cari collezionisti anche se è firmata Leon Midy, ma il produttore è Midy Fréres, mi spiace ma è posteriore al 1928.

Ad André e Marcel si deve la diffusione di Midy a livello globale: negli anni Trenta il marchio era conosciuto e venduto in più di cinquanta paesi Italia compresa. Nel 1933 morì André e fu così che Marcel fece entrare in società i suoi due figli Pierre e Robert, ed in particolar modo quest’ultimo giocherà un ruolo importantissimo per permettere alla Midy di sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale.
Robert infatti, oltre ad essere vice presidente della Chambre syndicale des Fabricants de Produits pharmaceutiques, si occupava anche della succursale Midy dell’America Centrale, da cui giungevano le materie prime per la produzione dei farmaci Midy in Europa.
Attraversato quasi indenne il secondo conflitto mondiale, gli anni Cinquanta rappresentarono una nuova sfida per la Midy: dalla ricerca dei suoi laboratori nacquero nuovi anti – infiammatori, antibiotici ed ansiolitici, in più fu ampliato lo stabilimento di Evreux e riammodernati gli stabilimenti di Milano. Con la fusione con Clin – Byla, Midy entrò in possesso anche della licenza per la pillola anticoncezionale J – J, apparsa sul mercato nel 1968.
Ma Midy non si occupò solo di farmaci: curiosamente, prima di fondersi con Clin, aveva già assorbito la Banania, un’industria alimentare francese produttrice dell’omonima bevanda al cacao e farina di banana, e la Poulain Chocolat, arrivando ad acquisire anche una buona fetta della Suchard – Tobler, quelli del cioccolato Milka e Toblerone. Ne nacque così un ramo alimentare dell’azienda, che fu poi reso autonomo ed indipendente nel momento in cui la Midy decise di fondersi con Sanofi negli anni Ottanta.

L’Antigrippine ha accompagnato la Midy per tutta la durata della sua vita come industria farmaceutica: si trattava di un cachet antifebbrile a base di codeina, con polvere di Dower e caffeina, a cui si aggiungevano gli effetti dell’Atropa belladonna, Aconitum napellus, dimetilamminoanalgesina, e fenacetina: se mi seguite da un po’ di tempo ormai saprete anche voi che un antidolorifico antinfluenzale con questa formulazione, dalla terrificante efficacia, oggi sarebbe un prodotto da pusher. Se poi ci si aggiunge che lo stesso scatolino di cartone del cachet consigliava di assumerlo insieme ad una bevanda alcoolica, riusciamo anche a datare la confezione come antecedente agli anni Cinquanta, quando si credeva fermamente che l’alcool avesse effetti corroboranti sul corpo umano.

Ecco la foto del cachet:

Antigrippine



La confezione in foto risale agli anni Trenta, posteriore comunque al 1933, la posologia raccomandava un cachet ogni 17 – 21 ore.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Il curioso caso di Fortossan e Fitina

Post n°374 pubblicato il 21 Maggio 2014 da lafarmaciadepoca
 

Come tutto ciò che ci circonda, anche i farmaci cambiano. Alcuni vengono modificati nelle componenti, altri si “rifanno” il design della scatola ed alcuni invece mutano in superfice, ma sotto rimangono lo stesso identico preparato galenico: ecco il caso del Fortossan e della Fitina CIBA.

Solitamente sono restia a dedicare un post a più scatole, perché preferisco lasciare uno spazio adeguato per ogni farmaco, ma in questo caso non credo ce ne sia bisogno, in quanto il Fortossan e la Fitina erano la stessa identica preparazione. In particolare si trattava di un ricostituente fitinico a base di inositolesafosfato ricavato dai cereali e ricco in fosforo, nato in un periodo storico in cui le cure fosforiche erano il miglior coadiuvante alle terapie mediche per una pronta guarigione.

Il ricostituente comparì sul mercato tra fine Ottocento e i primissimi anni del Novecento, come prodotto dedicato all’infanzia, da affiancare all’allattamento artificiale per prevenire il rachitismo, oppure per rimediare alla “crescenza lenta” ( no, il formaggio non c’entra nulla, è solo il termine arcaico di crescita) e nell’arresto dello sviluppo dei bambini ( il discorso sugli ormoni era ancora da venire). Fu un buon successo, in quanto risultava innocuo ed era “ben tollerato anche d’estate”, non come quei farmaci buzzurri che li porti in piscina durante la bella stagione,  fanno i cretini, e non vedi l’ora di toglierteli di torno.

Il cambio di nome del prodotto, da Fortossan a Fitina credo che sia dovuto a due avvenimenti. Il primo è legato al fatto che la Ciba riuscì a legare a sé la fitina registrando il nome della molecola come marchio, il secondo ha a che fare con l’esplosione dei ricostituenti a base di fosforo, i quali erano impiegati anche in altre patologie non strettamente legate all’infanzia: tubercolosi ossea, polmonare e cutanea, pleuriti, strapazzo intellettuale, scrofola, nevrastenia, isterismo e anche fratture ossee, ma stando alla scatola la Fitina dava il meglio  di sé come “aperitivo” contro l’insonnia nervosa. Perché offrire il solito banale bitter, quando puoi elargire ai tuoi ospiti tubetti gelatinosi di ricostituente?

Personalmente ritengo che alla Ciba convenisse avere un unico ricostituente per più patologie, piuttosto che produrne di specifici, quando l’ingrediente di base era lo stesso: in questo modo bastava una linea di produzione sola, una sola scatola per il prodotto e così via. Ovviamente questa è una supposizione, e se avete documenti o ricordi che riescano a provare il contrario fatevi avanti, io ho ipotizzato solo il ragionamento più logico che avrebbero potuto seguire.
 
Ecco la foto delle scatole:

Fitina e Fortossan

Fortossan dei primissimi anni del Novecento. Metallo 8,4 cm x 5,2 cm x 4,0 cm.

Fitina fine anni Trenta / inizi Quaranta. Cartone 10,4 cm x 6,8 cm x 2,1.

Se siete dei buoni osservatori, sicuramente avrete notato un particolare che collega ancora di più questi due preparati galenici: il disegno della donna intenta a raccogliere i fiori rimane lo stesso.
Il Fortossan era sotto forma di polvere, da somministrarsi a cucchiaini da 2 a 4 fino  ai sei anni, 3 - 4 dai sei ai dodici e poi più di 4, da somministrarsi due volte al giorno. Curiosamente anche la Fitina ricalca un po’ questa posologia: 1 -2 tubetti  fino ai sei anni, 3 – 4 tra i sei e i dieci e per gli adulti 4 tubetti.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

I consigli del dottore nel 1920

Post n°373 pubblicato il 15 Maggio 2014 da lafarmaciadepoca
 

Buongiorno a tutti, oggi ho il piacere di proporvi un post nato in collaborazione con Elisa, la quale mi ha gentilmente inviato un estratto dalla rivista illustrata “Tutto” con i consigli medici dell’anno 1920.

 

tutto

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Personalmente non amo commentare con la mentalità moderna questi consigli, ma credo che un medico del genere al giorno d’oggi suonerebbe un po’ indisponente e pieno di sé, per non parlare delle sue raccomandazioni, le quali, nonostante alcune di esse siano ancora valide ai giorni nostri, non sono proprio il massimo. I progressi nel campo della patologia ci hanno insegnato che non tutte le malattie hanno a che fare con l’alimentazione, che per la salute della puerpera è sempre meglio partorire in ospedale, e soprattutto, se state avvelenando qualcuno con la stricnina, aspettatevi che sia un po’ intrattabile a causa della dissenteria.

Grazie per aver letto questo breve post e grazie ancora ad Elisa per avermi inviato questa “chicca”!

 
 
 

Le mentine anticarie Chlorodont

Post n°372 pubblicato il 09 Maggio 2014 da lafarmaciadepoca
 

Sicuramente molti di voi ricorderanno le mentine anticarie della Chlorodont, e sicuramente qualcuno di voi possiederà la piccola scatolina della foto qui sotto:

Chlorodont

Risale all’inizio degli anni Ottanta e misura 2,5 cm di diametro x 1,2 di altezza. Non era una confezione commerciale, si trattava di un saggio di prova, abbinato al dentifricio: io non ho l’età per averle provate, ma dal momento che non sono più sul mercato, molto probabilmente non erano poi così efficaci!

Grazie per aver letto questo veloce post!

 
 
 

Medomina

Post n°371 pubblicato il 07 Maggio 2014 da lafarmaciadepoca
 

Il farmaco di oggi ha un nome che è tutto un programma, in quanto si chiamava “Medomina”, e basta qualche piccola reminiscenza di latino da liceo per capire anche il suo impiego, ovvero in tutte quelle patologie che necessitavano di essere "dominate" dall'effetto di un ipnotico - sedativo.

“Il ponte sicuro tra sera e mattino” così era definito nelle pubblicità questo prodotto Geigy, era a base di cicloeptenil – etil – maloniurea, un derivato dell’acido barbiturico, il capostipite di questa classe farmacologica.

I barbiturici basano il loro funzionamento attraverso l’aumento della permeabilità della membrana cellulare agli ioni cloro. I neuroni riescono a comunicare gli uni con gli altri attraverso il potenziale d’azione, ottenuto tramite una variazione della concentrazione degli ioni sodio e cloro, tale da provocare un’inversione di polarità tra l’esterno e l’interno della cellula, in maniera sequenziale. Se si va a verificare un aumento della permeazione degli ioni cloro in uscita dal neurone, ecco che la membrana diviene refrattaria allo stimolo, impedendo il propagarsi del potenziale e donando un bel senso di intontimento generale.

A questo farmaco è legata anche una tra le più grandi personalità letterarie peruviane della prima metà del Novecento:  José María Arguedas, antropologo, a cui si deve il merito di aver  salvaguardato e soprattutto aiutato a diffondere la cultura tradizionale delle popolazioni andine.
Ebbene, José, soprattutto nei suoi ultimi anni di vita faticava parecchio a dormire e allora per ovviare al problema, decise di fare uso della Medomina Geigy.

Non è uno dei primi personaggi noti che hanno fatto uso di barbiturici, ma si tratta di un caso molto particolare. Analizzando la sua lettera a Lola Hoffmann del 3 luglio del 1962, lo si vede esprimere i suoi pensieri riguardo alla Medomina:

"C'è qualcosa che mi preoccupa: non riesco a dormire. La 'Medomina' è stata molto efficace; mezza compressa era sufficiente. Da quando sono a Santiago però sono meno efficaci. Il mio medico mi ha prescritto il 'Vesparax'; Ho dormito, ma mi sono svegliato intontito e angustiato. Ho scelto di non prenderne più. Ora prendo una pillola di 'Medomina' prima di dormire, e devo prenderne mezza alle due o tre del mattino, per avere circa quattro ore di sonno, ma non profondo”

Sulla scatola della Medomina la posologia raccomanda da ¼ di pastiglia a 1 pastiglia intera, non 1 e ½ come nel caso di José María Arguedas, e considerato che lo scrittore morì suicida nel 1969, ovvero sette anni dopo, ormai dipendente dai barbiturici, i quali hanno il curioso effetto collaterale di causare depressione con tentativi di suicidio, forse i due fatti sono correlati.
Ovviamente, dal momento che ogni persona dotata di logica sa che prima di esprimersi sarebbe necessario visionare gli esami tossicologici, che sicuramente non esisteranno in quanto José María Arguedas si uccise con un colpo di arma da fuoco alla tempia, non è il primo caso di personalità storiche, assuefatte da barbiturici che tentano il suicidio, dando prova che forse alcune molecole hanno un potere inimmaginabile su chi siamo e come ci comportiamo.

Ecco la foto della scatola:

Medomina

Misura 6,1 cm x 2,5 cm x 0,5 cm, ha apertura a scorrimento, e risale agli ultimi anni di produzione della Geigy, prima che si fondesse con la CIBA: 1965 – 1970. Era la versione italiana del prodotto e non so se la stessa potesse trovarsi anche sul comodino di José María Arguedas, ma rimane una traccia indelebile di un passato in cui i barbiturici erano consumati come caramelle.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

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