Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Dicembre 2014

Coryfin

Post n°408 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da lafarmaciadepoca
 

Il farmaco di oggi è decisamente conosciuto, e scommetto che qualcuno di voi sicuramente potrebbe averlo nel proprio armadietto dei medicinali: si tratta del Coryfin.

Queste pastiglie per la tosse e il mal di gola, a base di etilglicolato di mentolo, molecola conosciuta con il nome commerciale di Coryfin, sono uno dei farmaci che possono vantare quasi cent’anni di onorato servizio senza che la sua composizione sia mai stata cambiata, a differenza dei suoi produttori.

Nel corso della sua lunga storia, il Coryfin è stato prodotto da diverse industrie farmaceutiche, tra cui la Bayer, la Drugofa, la Mirabent e oggi la SIT. Molto particolare dal punto di vista storico è stata la collaborazione tra la Bayer e la Drugofa: spesso è possibile rinvenire scatole di Coryfin, a marchio Bayer o Drugofa, con lo stesso design, ebbene sono frutto di una collaborazione tra le due aziende che porterà la Bayer ad inglobare l’altro marchio.

Circa l’etilglicolato di mentolo non c’è da dire molto, è una molecola ormai sul mercato da quasi un centinaio di anni e ha diverse proprietà balsamiche, emollienti e aiuta a combattere l’irritazione delle mucose, nei casi di tosse e raucedine.

In foto potete vedere due scatole di Coryfin prodotte dalla Bayer: la prima risale ai primissimi anni Venti, ed era destinata al mercato spagnolo, mentre la seconda è la classica scatola Bayer per l’Italia degli anni Cinquanta, con i caratteristici colori tenui per lo sfondo, scritta accesa e design pulito.

Coryfin

(7,2 cm x 3,6 cm x 2 cm )

Coryfin

( 7,5 cm x 5,7 cm x 1,3 cm)

La posologia anni Venti raccomandava un massimo di 4 - 6 pastiglie al giorno, quella degli anni Cinquanta era salita ad una pastiglia ogni una o due ore.

So che non è mia abitudine riunire più scatole in un post, ma per comodità ho deciso di operare questa scelta, perché a seconda del paese a cui era destinato il prodotto variava anche il design della scatola, quindi preferisco avere un unico articolo che le riunisce tutte, soprattutto per comodità di consultazione. Man mano che me ne capiteranno altre provvederò ad implementare il post.

Grazie per aver letto il post e buone feste!

 
 
 

Come si curavano nel passato: il diabete

Post n°407 pubblicato il 25 Dicembre 2014 da lafarmaciadepoca
 

 

Prima del 1922 una diagnosi di diabete equivaleva ad una sentenza di morte, preceduta da una lunghissima serie di pesantissime cure.

Ancora vent’anni prima delle scoperte di Banting, Macleod e a pari-merito anche di Paulescu, l’unico trattamento per il diabete non era l’insulina ma l’acido arsenioso.

Il Morgagni (edizione dell’anno 1900) è chiarissimo su come dovessero essere trattati i diabetici:

Quando il diabete determina un rapido dimagrimento ed esaurimento di forze, è necessario ricorrere subito ai farmaci.

Ve ne sono di adattissimi. In prima linea l’acido arsenioso, non gli arseniati. Lo si prescrive sotto forma di granuli di 1milligr da prendere alla dose progressiva di 2- 4 - 6 e anche 8 granuli, ma non più, in due volte dopo i pasti.

Si badi però che con questa cura possono sorgere bruscamente, nei diabetici, fenomeni di intolleranza digestiva ed epatica, contro i quali bisogna essere preparati e che si rivelano con un carattere subitterico accompagnato da imbarazzo gastrico improvviso. Per prevenire questi fatti d’intolleranza, prudenza vuole che si sospenda a capo di un mese, per una quindicina di giorni, la cura.

Dopo l’acido arsenioso viene l’estratto tebaico che , somministrato a dose crescente, è capace di esercitare una notevole influenza sedativa sugli accidenti proprii del diabete. Ma anch’esso ha i suoi inconvenienti. L’uso troppo a lungo protratto agisce anche peggio dell’acido arsenioso sul sistema digerente, provocando spesso l’abolizione dell’appetito. Quando bisogna ricorrere assolutamente a questo farmaco, è bene somministrarlo a dose di 4 -6 centigr al giorno, in due volte, con fasi di astensione di settimana in settimana.

Qualunque sia la cura scelta, le inalazioni di ossigeno sono il necessario adiuvante. Con esse, dopo pochi giorni è raro che non si constati una diminuzione notevole della glicosuria. E’ curioso che non si è trovata alcuna efficacia nell’uso dell’acqua ossigenata, che secondo i medici scandinavi dovrebbe agire come l’ossigeno inalato, ed in quello dello jaborandi.

Nei casi dove la persistenza del dimagrimento determina una vera autofagia, è molto utile la glicerina alla dose di 80 – 100 gr in un litro d’acqua con l’aggiunta di 2 gr di acido tartarico e di una bastevole quantità di rhum”.

Con la correlazione tra deficit completo di insulina o fenomeni di insulino-resistenza e l’insorgenza di diabete, la situazione iniziò a cambiare, facendo sì che questa patologia diventasse trattabile, e questo grazie al lavoro di tre persone: lo “sconosciuto” Nicolae Paulescu, scopritore della pancreina, estratto pancreatico contenente insulina, e i famosissimi  Frederick Grant Banting e Rickard Macleod i quali riuscirono a tenere in vita la cagnetta Marjoire di cui era stato rimosso il pancreas artificialmente, grazie ad iniezioni di insulina.

Come sottolinea Stefano Faré, il vincitore della piccola sfida che avevo lanciato su Facebook poco prima di Natale, molte sono le storie di animali simili a quella della cagnetta Marjoire, basti pensare agli esperimenti sui cani di Ivan Pavlov, che gli permisero di formulare la teoria dei riflessi condizionati, a Laika, il primo essere vivente nello spazio, e allo scopritore della morfina, Friedrich Wilhelm Sertürner, il quale sperimentò la sua molecola su topi e cani.

Nella mia vita ho avuto la fortuna di vivere la ricerca di persona e di confrontarmi con le migliaia di domande che si affollano nella mente quando ti trovi davanti l’ignoto, la soddisfazione di riuscire a far combaciare insieme quelle poche osservazioni sensate, ma soprattutto apprezzare la bellezza di come ogni piccola scoperta, per quanto possa essere insignificante, sia un passo avanti per comprendere il Mondo nella sua totalità e nella sua vitalità. Perché il “bios” non è uno scherzo.
Questo significa che sì, io ho lavorato con esseri viventi e ho sperimentato su di loro: nel particolare i miei compagni di ricerca sono stati centinaia di migliaia di microrganismi i quali non avrebbero esitato due secondi a farmi schiattare di meningite. Che dire, sono una donna a cui piace il “brivido”.

Rispondo a Stefano Faré su questo argomento attuale, quale è la sperimentazione animale, anche se dal mio punto di vista non credo che ce ne sia bisogno, in quanto la mia posizione sull’argomento credo sia abbastanza chiara.

Ormai sono quasi dieci anni che attraverso la storia della farmacia in lungo e in largo, osservando i successi come le sconfitte, cercando di mantenere un punto di vista il più imparziale possibile, ma quando mi capita di soffermarmi su alcune tragedie, come quella del talidomide negli anni Sessanta, mi rendo conto che la sperimentazione animale è ancora necessaria, soprattutto di fronte a molecole nuove, mai somministrate prima.
L’uso di animali nella sperimentazione scientifica è strettamente regolamentato e se nella tua mente è impresso il pessimo servizio di Stoppa di qualche giorno fa che accusa il dipartimento di neuroscienze dell’Università la Sapienza di fare esperimenti sul cervello dei primati (sono un dipartimento di neuroscienze cos’ altro dovrebbero fare?), sappi che tutti i loro studi sono pubblici e non segreti. In questi ultimi anni esperimenti sui primati hanno permesso di mettere a punto alcuni rudimentali chip da “neuroimpianto” i quali hanno lo scopo di aiutare a gestire mentalmente le protesi, destinati a persone che hanno perso uno o più arti a causa dei più svariati incidenti.
Ahimè la sperimentazione animale finora è ancora necessaria in quanto nessun computer è ancora in grado di simulare la complessità di un potenziale d’azione a livello neurale: la scienza moderna non è “così avanti” come sembrerebbe.

Oggi viviamo in un Mondo che ha molto da offrirci, e grazie alla ricerca scientifica le nostre vite si sono allungate moltissimo, ma la cruda realtà è che forse facciamo “scienza seria” solo dagli anni Settanta, con l’introduzione di importanti meccanismi diagnostici e di osservazione come la tomografia computerizzata e “scienza serissima” solo da quindici anni con la mappatura del genoma umano. Il nostro Mondo può sembrare all’avanguardia per un “non addetto ai lavori”, ma per chi come me veste il camice bianco, c’è ancora un’enormità da fare, vie biochimiche da scoprire, eziologie da identificare, comportamenti animali da studiare, che non ci sarebbe da riuscire a dormire la notte. Per quanto vi potrà sembrare irreale noi non conosciamo che la superficie di quel grande oceano che è la scienza, tutto ciò che si trova sotto è solo una grande incognita.

Gli animali non sono solo cavie da sperimentazione, sono compagni della ricerca in tutto e per tutto, perché   Marjoire non ha permesso di salvare solo esseri umani, ma ogni giorno molti animali di affezione malati di diabete riescono a sopravvivere grazie a lei e al suo sacrificio. Perché tutte le specie animali soffrono ( forse anche le piante stando a recenti studi), ma tutte egualmente sanno sacrificarsi, per permettere a chi amano, simili e non, di continuare a vivere. Tutte, tranne i miei batteri.

Grazie per aver letto il post e alla prossima sfida!

 

 
 
 

Buon Natale con la Pasticca del Re Sole

Post n°406 pubblicato il 24 Dicembre 2014 da lafarmaciadepoca
 

Colgo l'occasione di questo post per augurarvi Buon Natale e Buone Feste, e per farlo ho scelto una pubblicità natalizia delle Pasticche del Re Sole del 1925.

Ah, il 1925! Quando era così facile per un bambino avere accesso ai farmaci contenenti efedrina cloridrato: in fondo bastava inviare una cartolina postale alla Gazzoni ed il gioco era fatto!

Pasticca Re Sole

 
 
 

Chi ricorda l'Antisettico Dolly?

Post n°405 pubblicato il 19 Dicembre 2014 da lafarmaciadepoca
 

Se volete i capelli gonfi e voluminosi come il vello di una pecora, ma allo stesso tempo non potete rinunciare ad una chioma asettica tipo “sala operatoria”, l’Antisettico Dolly è ciò che fa per voi!

Questo curioso prodotto distribuito dalla Soffientini di Milano, risalente alla fine degli anni Venti, inizio anni Trenta, ci ricorda di quando pidocchi, pulci e zecche erano una sgradita compagnia.

Da quanto sono riuscita a trovare in giro, l’Antisettico Dolly era da utilizzare come una sorta di lozione dopo shampoo, che avrebbe assicurato l’igiene e la protezione dei capelli dagli infestanti dell’uomo.
Il flacone non presenta l’elenco delle componenti, solo una laconica etichetta che sottolinea il fatto che la lozione non sia infiammabile, probabilmente a differenza di altre formulazioni presenti sul mercato l’Antisettico Dolly non era a base di alcool.

Questo prodotto rimase pochissimo sugli scaffali italiani, nemmeno dieci anni, perché fu spodestato da prodotti più forti come il Mom e il Neocid, che iniziò la sua carriera nel 1942, quando erano in voga gli antiparassitari a base di DDT.

Ecco la foto del flacone:

Dolly



Misura 13 cm di altezza x 6 cm di diametro  e risale a fine anni Venti, purtroppo le informazioni su questo prodotto sono pochissime e dovrei accontentarmi di essere riuscita a trovarne ancora un flacone sigillato, ma io non voglio arrendermi, perciò vi chiedo: qualcuno si ricorda di questo prodotto? Se la risposta è affermativa, mandatemi una mail all’indirizzo in arancione nell’intestazione del blog oppure lasciatemi un commento!

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

La maschera Atomisor

Post n°404 pubblicato il 12 Dicembre 2014 da lafarmaciadepoca
 

 

Lo sapevate che nei primissimi anni Cinquanta, possedere un aerosol elettrico era quasi uno status symbol? Ebbene sì, del primo dopoguerra possedere uno di questi oggetti era un lusso da pochi, e chi non poteva averne uno in casa era costretto ad affittarlo.

Con l’instaurarsi di questa consuetudine, iniziarono a comparire sul mercato francese, e poi esportate in tutt’Europa delle maschere di caucciù destinate a coloro che affittavano l’apparecchio, in modo da garantire una certa sicurezza igienica per gli utilizzatori.

In foto è visibile il modello prodotto dalla francese Atomisor, una delle aziende dell’epoca leader nel settore, oggi parte della DTF Medical, colosso nella produzione di apparecchi per terapie a domicilio.

 Atomisor

Misura 6 cm x 6 cm x 7 cm di altezza e risale ai primi anni Cinquanta. La maschera in caucciù andava posizionata all’interno di quella dell’apparecchio preso in affitto.
Il risparmio era veramente notevole: una maschera costava 2,50 franchi, era riutilizzabile e sterilizzabile tramite ebollizione, mentre un apparecchio nuovo che poteva arrivare fino a quasi cento franchi e spesso era anche molto ingombrante. Fortunatamente la produzione in serie e la riduzione dell’ingombro dei compressori ha permesso all’aerosol di “entrare” letteralmente nelle case di molti.

 

Grazie per aver letto il post!   

 

 
 
 

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