Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Aprile 2016

Lysoform Primo

Post n°480 pubblicato il 27 Aprile 2016 da lafarmaciadepoca
 

C’è stato un tempo in cui con il Lysoform ci potevi fare di tutto, anche la lavanda vaginale o gli sciacqui tipo collutorio.

Ovviamente, non si trattava dello stesso prodotto che possiamo trovare oggi nei supermercati, era qualcosa di molto, molto peggio.

Il Lysoform d’antan conteneva olio di ricino, soda caustica, formalina, ed era aromatizzata alla citronella ed eucalipto. Il mix si è conservato talmente bene negli anni che ancora oggi agitandolo fa la schiuma, ma non c’è da meravigliarsi, il titolo di formalina è molto alto, e difficilmente il contenuto avrebbe potuto essere attaccato dai batteri.

Anche se da sempre è associato al suo effetto lassativo, l’olio di ricino ha anche proprietà antibatteriche ed antimicotiche, tanto che ancora modernamente è possibile trovarlo tra gli ingredienti di alcuni preparati contro l’acne, ma l’effetto d’urto era realizzato dalla combinazione tra soda caustica ( che è l’ultima cosa che vorreste entrasse in contatto con le vostre mucose) e formalina, il liquido da imbalsamazione più famoso , apprezzato e cancerogeno, infatti questa molecola è da tempo messa al bando in parecchi prodotti farmaceutici. Sì, pastiglie al Fomitrol, sto parlando con voi.

Il Lysoform “Primo”, perché ne esisteva anche una versione più pesante per lavare i pavimenti che prendeva il nome di Lysoform “Greggio”, era prodotto dalla Achille Brioschi di Milano, quella dell’Effervescente Brioschi, il conosciuto digestivo. Gli stabilimenti sorgevano in Riparto Gamboloita  89, e durante la Prima Guerra Mondiale furono adibiti ad ospedale militare in supporto di quello a Sant’Ambrogio. Oggi la parte dello stabilimento non esiste più a parte una piccolo fabbricato in via Pietro Gaggia, e il cuore vero e proprio dello stabilimento, sede dello Star Hotel Business Palace.

Come dicevo prima, per la scienza ho aperto il flacone, e devo dire che nonostante la sua ottantina d’anni non ha fatto una piega, a parte perdere l’odore di citronella ed eucalipto in favore di quello di formalina. Ipotizzo che se correttamente conservato, tra cent’anni sarà ancora tale e quale.

Il Lysoform Primo era presentato come un “antisettico non velenoso (testuali parole dell’etichetta), che per le sue proprietà di fissarsi sulla pelle e sulle mucose ostacola lo sviluppo e la moltiplicazione dei microrganismi, delle infezioni e dei processi suppurativi” perché non lasciava crescere niente, ma proprio niente.

Ecco la foto del flacone:

 

Lysoform

Misura 13 cm in altezza x 4,5 cm di diametro e risale agli anni Trenta. Poteva essere usato in soluzione al 5% per il lavaggio delle mani, o in soluzione al 2% nella pratica ginecologica.

E’ curioso come in fondo all’etichetta fosse riportato l’equivalente d’epoca delle  nostre frasi di rassicurazione tipo “senza OGM” o “senza additivi”: per gli anni Trenta era “esente da olio di anilina”.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Aristol?

Post n°479 pubblicato il 15 Aprile 2016 da lafarmaciadepoca
 

 

Aristol

Avete visto che bel flacone di Aristol, farmaco anni Venti, nato dalla collaborazione tra la Bayer e la Meister Lucius? Con la sua bella etichettina verde dal design Liberty, applicata sul suo grazioso flaconcino color ambra che dice “comprami, comprami, sono rarissima, pezzo unico introvabile”? Ebbene è un falso.

Quando dieci anni fa ho iniziato a raccogliere questi oggetti, non mi capitava quasi mai di incappare in un falso, ora invece non passa mercatino in cui io non trovi qualche flacone falso.

Mentre nel caso delle scatole di latta e di cartone è  molto facile riconoscere i falsi, per i flaconi può essere un po’ più ostico, soprattutto per i neofiti di questo tipo di collezionismo.

Realizzare un flacone falso è di una semplicità mostruosa: se volete far raddoppiare il valore delle vostre bottiglie senza etichetta vi basta un buono scanner ed un’etichetta originale, o ancora più semplicemente cercare con Google Immagini “ Etichette farmacia”, e  con un po’ di colla il gioco è fatto!

Vi posso assicurare che è difficile riconoscerle, come nel caso di Paola R., la precedente proprietaria di questo flacone di Aristol, che ha gentilmente deciso di donarmelo affinché fosse monito per tutti coloro che si approcciano per la prima volta a questo tipo di collezionismo.

Volete una prova di quanto sia facile realizzarle? Eccovi due bottiglie di Proton, una è originale, l’altra no perché l’ho fatta io: divertitevi a capire quale! La risposta corretta la pubblicherò lunedì.

Proton



Personalmente odio questa forma di “restauro stilistico”: se l’etichetta è andata persa, non ha senso rietichettare la bottiglia con etichette non coeve o che non c’entrano nulla con il prodotto, facendosi pagare bei soldoni.

Partendo dal presupposto che i farmaci sono da sempre oggetti di consumo, e che al momento in Italia le uniche bottiglie, scatole di latta, o di cartone rare / introvabili sono solo quelle dei trial farmaceutici, mentre tutto il resto è piuttosto comune, non ha senso pagare cifre astronomiche per questi oggetti, e ancora meno spendere denaro per dei falsi (non dichiarati!).

Infatti il problema principale è che non tutti sono come la signora Paola R. ossia che capiscono di essere davanti ad un falso, ho avuto modo di avere a che fare con persone che negavano l’evidenza, tipo di avere un’etichetta di carta lucida su una bottiglia di vetro di fine Ottocento / inizi Novecento.

Come fare per evitare fregature? Spendere del tempo nella vostra emeroteca di fiducia, o sulla Farmacia d’Epoca o dovunque preferiate visionare vecchie pubblicità di farmaci o immagini e foto di vecchie bottiglie. Purtroppo finché non avrete dimestichezza con i vecchi flaconi è difficile evitare i falsi, e per fare un po’ di pubblicità a “I Farmaci nella Letteratura” (edizioni N.O.S.M.), portandovelo dietro avrete un bel po’ di esempi di vecchi flaconi originali ed una nota a pagina 146 che vi può tornare molto, molto, molto utile.

E’ difficile dare dei consigli universali su questo argomento, in quanto ogni epoca ha il suo modo di realizzare packaging farmaceutici, comunque tenete bene a mente 2 fattori:

-I bordi dell’etichetta di qualunque farmaco commerciale su larga scala sono sempre netti e ben tagliati: una grande casa farmaceutica come la Bayer non immetterebbe mai sul mercato un prodotto dall’aspetto così approssimativo.

-L’etichetta deve essere proporzionata alla bottiglia: diffidate da etichette troppo grandi o troppo piccole, incollate storte. Se io sono un produttore e voglio vendere il mio farmaco, voglio che anche l’occhio abbia la sua parte, e non metterò mai sul mercato un prodotto poco curato.

Ovviamente c’è anche chi è in buona fede e non conosce a abbastanza fondo questi oggetti per capire che proprio originali non sono, ma fate sempre attenzione quando vi chiedono di acquistare un flacone di Estratto Cola Schiapparelli marchio ETOS alla modica cifra di 100 euro, quando a) non li vale, b) l’etichetta degli anni Venti è incollata su un flacone anni Cinquanta, c) quello dentro non è Estratto di Cola, ma rimasugli di un qualche sciroppo opoterapico (alcune bottiglie hanno un odore particolare di putrefatto se conservate in certe condizioni).

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Il Sale di Hunt

Post n°478 pubblicato il 07 Aprile 2016 da lafarmaciadepoca
 

So che in molti si sono lamentati della mancanza sul blog del famosissimo Sale di Hunt, ma lo tenevo in serbo per darvi prova di quella che vorrei che fosse la Farmacia d’Epoca.

Il Sale di Hunt fu creato su formula del farmacista Alphonse Brunot, classe 1865, diventando un successone commerciale tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, arrivando in breve tempo ad essere venduto in tutt’Europa.

Le scatole più vecchie di sale di Hunt presentano l’elenco degli ingredienti scritto in latino, infatti questo preparato galenico era a base di: saccharum (zucchero), calcium carbonicum (carbonato di calcio), magnesium carbonicum (carbonato di magnesio), saccharum lactis (lattosio), natrium carbonicum acidum (carbonato acido di sodio), oleum menthae piperitae (essenza di menta piperita).

Come potete osservare, il prodotto era il classico anti acido da impiegare in caso di dispepsie ed iperacidità, grazie all’azione combinata di carbonato di calcio, carbonato di magnesio, e carbonato acido di sodio, mentre il saccarosio, il lattosio e l’estratto di menta piperita garantivano un sapore palatabile al prodotto .

Il Sale di Hunt comparve in Italia con una scatola bilingue, in francese ed in italiano, ed era distribuita dal deposito centrale, ossia direttamente dai Laboratoires Alph. Brunot, con sede in Rue Boulainvilliers 16 a Parigi ( oggi il palazzo non esiste più). Alla morte di Alphonse, alcuni marchi passarono a Dame Dugniolle, ossia alla Signora Dugniolle, imparentata con la famiglia Brunot ( il suo nome da nubile era Eugenie Marie Jeanne Brunot, ma non ho abbastanza materiale per stabilire il grado di parentela), che continuò la produzione di alcune specialità medicinali come il Dyalil, mentre delocalizzò la produzione e la distribuzione del Sale di Hunt nei vari paesi europei. Per l’Italia gli agenti diventarono i Laboratori C&G Bonetti di Milano ( quelli della Diadermina).

Questo antiacido rimase sul mercato fino alla fine degli anni Sessanta, e nonostante i suoi tanti fans nel Mondo, nell’era degli inibitori di pompa protonica non ha più senso di esistere.

Ecco l’evoluzione della scatola del Sale di Hunt granulare:

Sale di Hunt

Si parte a sinistra, con la scatola di fine Ottocento / primissimi del Novecento: misura 13,9 cm di altezza x 4,8 cm di diametro. Le più antiche sono bilingue, ma lo stesso modello della scatola fu conservato fino agli albori della Seconda Guerra Mondiale. Quella al centro è forse il modello più difficile da trovare, in quanto risale agli anni Quaranta, ed è stato mantenuto per pochissimo tempo: misura 12,4 cm di altezza x 4,4 cm di diametro. A destra invece il comunissimo flacone degli anni Cinquanta / Sessanta in alluminio: misura 11,9 cm di altezza x 4,4 cm di diametro.

Per tutta la sua carriera, la formulazione del Sale di Hunt è rimasta invariata, così come la sua posologia: da 2 a 6 cucchiaini da caffè per gli adulti e da 1 a 3 per i bambini, da prendersi sciolta in mezzo bicchiere di acqua o latte un’ora circa dopo ogni pasto. Il Sale poteva essere assunto anche secco solo in caso di disturbi leggeri.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

E' uscito il libro "I Farmaci nella Letteratura"!

Post n°477 pubblicato il 02 Aprile 2016 da lafarmaciadepoca
 

 

Libro

 

E' ufficialmente in vendita il libro! Per ottenerlo potete:

a) acquistarlo direttamente presso l'editore (via più veloce):http://www.nuoviocchisulmugello.it/…/farmaci-nella-lettera…/

b) acquistarlo online su La Feltrinelli (promozione lancio) http://www.lafeltrinelli.it/…/…/catalogo/searchresults.html…

o IBS: http://www.ibs.it/…/bovone-g…/farmaci-nella-letteratura.html

o Amazon: http://www.amazon.it/farmaci-nella-letteratur…/…/ref=sr_1_1…

c) Prenotarlo presso la vostra libreria più vicina con il codice ISBN: 978-88-99624-02-6 (Edizioni N.O.S.M.)

d) Acquistarlo (autografato) dalla sottoscritta, durante una delle presentazioni dei prossimi mesi, di cui vi fornirò in dettaglio il calendario.

Non ho mai chiesto nulla a chi in passato si è rivolto a me per notizie o datazioni, ma per me è molto importante cercare di far "decollare" questo libro, perciò se potete condividete il post e considerate di acquistare la mia creazione, per dare un futuro alla misconosciuta storia del farmaco.

G.B.

 
 
 

Non solo Carlo Erba: le Pastiglie alla Codeina Farmac Zabban

Post n°476 pubblicato il 01 Aprile 2016 da lafarmaciadepoca
 

So che siete abituati alle Pastiglie per la tosse alla Codeina della Carlo Erba, ma sappiate che esistono anche altre industrie che nel corso della loro storia si sono cimentate con questo prodotto, come per esempio la Farmac – Zabban di Bologna.

Anche se molto più famosa per la produzione della sua famosa benda ingessata ed altri prodotti per la medicazione, esisteva anche una produzione di farmaci vera e propria, infatti le Pastiglie alla Codeina sono solo un esempio del ricco catalogo degli anni Cinquanta / Sessanta dell’industria.

Dal punto di vista farmacologico non sono assolutamente nulla di strano, in quanto sono composte semplicemente da codeina (l’alcaloide analgesico preferito da tutti, impiegato in terapia ancora oggi, soprattutto in combinazione con paracetamolo), saccarosio per rendere meno amare le pastiglie, e mucillaggine di gomma adragante per dare corpo alla pastiglia.

Ecco la foto della scatola:

Pastiglie Codeina

Misura 5,9 cm x 7,7 cm x 1,9 cm e risale agli anni Cinquanta / Sessanta del Novecento. Ogni scatola conteneva 36 pastiglie. Purtroppo non sono presenti indicazioni sulla posologia.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

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