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Post N° 312

Post n°312 pubblicato il 02 Febbraio 2007 da liberante
Foto di liberante

Tra mezzora saremo a Pescara      (1 di 3) 

Guardava dritto, davanti, oltre il vetro, la strada dritta e il bianco ritmato della linea di mezzeria. Buio e i lampi improvvisi delle macchine che incrociavano la loro, sfocati dalla pioggia forte.
Guardava dritto, davanti, l’ipnotico va e vieni dei tergicristalli e la luminescenza delle gocce che tracciavano percorsi tortuosi sui lati.
Restava immobile, le mani abbandonate in grembo semiaperte, come aspettasse un’elemosina. Il respiro inavvertito, lento.
Avrebbe potuto dire le parole che lui pensava.
Lui guidava calmo. Le mani appoggiate con leggerezza sul volante, la testa appena un po’ inclinata a destra, le labbra socchiuse come sempre. I loro cappotti sul sedile dietro e il freddo fuori. Nella macchine un tepore non invadente. Nessun suono. Solo il ronzare sommesso del motore. La voce di Paola suonò come uno sgarbo e lei stessa si stupì di aver parlato.

- Manca tanto?

- Un’ora. Un’ora e mezzo al massimo. Sei stanca?

- No. E di che? Sarai stanco tu che guidi da più di tre ore.

- Guidare di notte, con nessuno in giro, non mi stanca. Anche se piove.

- Già, piove.

Ancora silenzio.
Paola avrebbe voluto parlare, raccontare, spiegare, capire.
Avrebbe voluto, per capire.
Ma era confusa.
Si sentiva estranea a se stessa.
Non si riconosceva in quel viaggio, di notte, per andare dove non avrebbe mai pensato di avere voglia di andare.
Non capiva se la decisione di andare era stata per desiderio di non lasciare una cosa incompiuta o per senso di colpa.
Avrebbe voluto parlarne con lui, ma ne aveva paura. Cosa avrebbe capito e cosa avrebbe accettato di quel pezzo del suo passato che mai aveva detto a nessuno.
Le sarebbe piaciuto fermarsi in mezzo a quel buio e bere un caffè, parlare con Valerio e che le chiedesse il perchè. Forse aveva bisogno di una domanda.

- Paola, che ne dici se ci fermiamo in quell’autogrill a bere un caffè?

- Si. È una splendida idea.

Lo guardò sorridendo e anche lui le lanciò un’occhiata divertita.
Con lui era così.
Lei desiderava una cosa e la cosa accadeva. Spesso aveva pensato che Valerio avesse la capacità di leggerle nella mente. Una specie di mago con il magico potere di realizzare i suoi desideri.

- Lo sai che sei un mago. Avevo appena pensato che avevo voglia di un caffè.

- Lo so che sono un mago e tu la mia strega.

Ridono, quella risata bella che spiana gli spigoli delle incertezze e delle ansie di Paola.
L’autogrill è una chiazza di luce.
Alle due di notte è quasi vuoto. Due uomini che stanno pagando, la cassiera e una ragazza al banco.

Peter Gabriel - I Grieve

 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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