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Passeggio lenta a piedi scalzi tra le dune di sabbia e tra i cespugli che ostinati crescono dove nulla potrebbe far immaginare che ci possa essere una foglia verde. Sono distanti uno dall’altro e non hanno una sincronia, chè la casualità del vento ha seminato nella primavera ed ha stabilito dove e quando.
Non ho mai messo i miei passi sulle dune del deserto, ma penso che non siano come queste. Queste rimangono, sono di sabbia in superficie, ma sotto c’è terra e sassi. Non affonda il passo, è come un velluto tiepido.
Arrivata in cima mi volto indietro e vedo la mia casa, tra le dune e la pineta.
Mi protegge e dà sicurezza con le sue imposte di legno raschiato dalla salsedine e i tre gradini di pietra grigia.
Sta piccola e raccolta con l’ombra lunga del sole basso e sembra essere al centro di tutte le direzioni possibili come fosse il punto di arrivo e di partenza, la sintesi del mondo.
Di tutta la mia vita prima di questa casa ho tenuto solo le parole, qualche vestito appeso nella nicchia vicino al letto e il sentimento.
Il bagaglio era leggero quando arrivai qui, chè poche sono le cose davvero importanti.
Mi volto indietro e riconosco le mie orme, le ultime lasciate, ma presto non ci saranno più e il vento della notte spianerà segni e impronte.
La luce del mattino troverà l’ordine umido della sabbia da asciugare e un giorno nuovo da inventare.
Cleo corre avanti e indietro, si ferma e mi guarda scodinzolando e chiedendo con i liquidi occhi scuri il legnetto che tengo in mano. Le sorrido e lei si prepara alla corsa, tutta tesa nell’attenzione di seguire il lancio. Le tiro il legnetto e la guardo correre sollevando sabbia e ascolto l’abbaiare soddisfatto di quando con la zampa tiene fermo il legnetto per terra e poi si accuccia vicino. Se ne starà per un po’ a mordicchiare la scorza e poi quando non mi vedrà più, lascerà tutto e mi verrà vicino per continuare a camminare con me.
Non è lontano il mare.
Vedo la striscia azzurra più scura del cielo
Il sole basso sull’orizzonte tra poco si colorerà di infinite tonalità di rosso e arancione.
Il tramonto allungherà le sue dita sottili e forti sulla mia pelle e starò seduta sull’ultima duna prima della spiaggia a vedere arrivare la notte.
Nel silenzio immobile di questi attimi il fruscio dei miei vestiti ed il respiro di Cleo riempiono lo spazio.
Divento cespuglio e granello di sabbia, mare, orizzonte e nuvole, unita a loro da una pulsazione dell’anima che non conoscevo.
La lenta risacca della marea che sale si insinua in me e quando mi alzerò e tornerò verso casa accompagnerà i miei passi finalmente sicuri.
So dove sto andando.
Sereno è il tempo che sto vivendo perchè questo è il mio sogno.
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)
" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......
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