Creato da giudigiorgio il 15/04/2013

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Riunione 9 GIUGNO

Post n°9 pubblicato il 05 Giugno 2013 da giudigiorgio
 

La prossima riunione del gruppo lettua si terrà il 9 giugno a casa di Luciano.

Potrebbe essere un tema di discussione un articolo di Scienze:

La scienza moderna ha posto gli esseri umani di fronte all'ineluttabile realtà del materialismo della vita e quindi della sua finitezza. Fino a che puntole arti, e la letteratura in particolare, sono riuscite a rappresentare ed elaborare il problema?

Massimiliano Parente

Noi siarno polvere di stelle: e un'immagine molto poetica e vera dal punto di vista scientifico. La materia che compone iI nostro corpo e composta di atomi che si sono formati in qualcbe supernova miliardi di anni fa. Se vi osservate una mano, come faceva ossessivarnente iI Monsieur Teste ill Paul Valery, nelle vostre cinque dita non vedrete solo I'arto di un mammifero imparentato con Ie ali  un pipistrello, Ie pinne d( un pesce 0 Ie zampe di un coccodrillo. Non e escluso, anzi, che nella vostra carne ci siano atomi appartenuti a un T. rex, 0 'ad altri esseri umani vissuti milioni di anni prima di voi.

E la grande tragedia deU'esistenza e, ridotta al1'osso, 0 meglio alla sua realta molecolare, è cbe essere vivi significa essere ancbe oggetti. Ci siamo dovuti inventare un'anima per sopmvvivere al nostro triste destino cellulare e termodinamico: la decomposizione. Anche il Sole, a cui guardiamo come un simbolo di etemita, tra 5 miliardi di anni si decomporrà, cesserà di essere una steIla.

Ma daJ materialismo della vita non si scappa: persino la Fisiica delle particelle elementari parla di materia e interazioni con la materia; ogni nosiro respiro e pensiero e dovuto alla materia. E l'iinesorabiJita dell a materia che Leopardi chiamava nulla: «Essendo tutto il reale un nulla, non vi e nulla di reale ne altro di sostanza al mondo che le illusioni». Un Fisico probabilmente obietterebbe che il nulla non è esattamente nulla, ma è nulla per noi che vorrremmo essere qualcosa per sempre. 111 un'altra pagina dello Ziballdone, Leopardi specifieo che «tulio e nulla, solido nulla».

Tutio cio fa pensare che sentirsi condannati in un corpo non sia una percezione COSI controintuitiva. Tutti i popoli primitivi devono aver sentito lo spavento sitil della materia se hanno inventato monndi popolati di anime, fantasmi, spiriti, inferni e paradisi affrescati dagli artisti sulle pareti dei luoghi di mllo. Era in fondo I'unico modo data agli artisti per ilJudersi di controllare il caos.

Qui, a proposito del ruolo dell'arte nella propaganda dell'ordiine metafisico, si apre un'altra questione, gia aceennata addirittura da Galileo Galilei: 0 l'arte è importante per la conoscenza, 0 non è poi cosi importante. In realla Ie cosiddette «due culture» (quellla umanistica e quella scientifica, riprendendo I'analisi sViluppata da Charles Percy Snow in un suo famoso saggio) hanno cominciato a separarsi solo in tempi recenti. Ma solo perchè, fino a Darwin, scienza, filosofia e teo]ogia erano una cosa sola. Neppure Newton ha mai pensato a un mondo «senza Dio». William PaJey era sia un teologo che uno scienziato e si appoggiava tranquilJamente al1'orrdine «divino», ingenuamente primitivo, deIl'universo.ln definitiiva scienza e letteratura si sono separate quando il pensiero scienntifieo è entrato in rotta di collisione con la metafisica, ossia con la finzione mistica su cui si fondava quasi tutta la cosiddetta cultura umanistica. Uno strappo doloroso.ma neccessario, vissuto da Darrwin sulla sua stessa pelle.

In fin dei conti la vera tragedia dell'essere umano è proprio doover prendere coscienza delia materia di ogni cosa. II dualismo carrtesiano, che separa la sostanza deIla mente da queIla del corpo, e di nuovo iI rifiuto platonico di essere organismi mortali alJa deriva in un universo senza scopo. Tuttavia, al contrario, non si da vera tragedia nell'immortalita, e perfino il mondo di Shakespeare e un mondo mistico, dove mal che vada si diventa fantasmi.

L'indifferenza è nellla natura nell'arte

Ecco percbè il disfacimento dell'ordine mitologico del mondo non poteva non portare con se il disfacimento delJ'arte, e sono proprio Ie prime avanguardie artisticbe del primo Novecento a strappare ]a tela per attivare e mettere in scena iJ caos deIla materia stessa: l'oggetto senza significato. Non penso tanto alia scommposiz.ione cubista 0 all'astrattismo, visioni ancora legate alla cerrtezza metafisica del dipinto. Penso a Marcel Duchamp. Duchamp

Scienza e letteratura hanno imboccato percorsi separati quando il pensiero scientilico è entrato in rotta di collisione con il concetto di  ordine metafisico.

Mentre artisti come Duchamp hanno accettato e fatto proprio iI conseguente diisfacimento dell'arte,  attacca l'idea di rappresentazione alla base: smise di dipingere perchè non ne poteva piu della visione superficiaJe, da lui chiamata «retinica», delia pittura, ritenendo inutile quaJsiasi forma d'arte cbe non implicasse «un approfondimento del pensiero». Una risposta a GaJileo sul ruolo delJ'artista, quattro secoli dopo.

Duchamp non fù un fulmine ciel sereno: gia da qualcbe decennio l'arte presentiva una certa inquietudine nei confronti dei propri fini I" dei propri mezzL Mentre gli impressionisti esordivano studiando la visione, Maurice Denis definiva i quadri «una superrficie piana ricoperta di colori», Duchamp, però andò oltre, e innventò il readymade: qualsiasi oggetto seelto dall'artista poteva diiventare un'opera d'arte. Proprio cosi, qualsiasi oggetto, Tutto era arte, ma anche niente poteva esserlo più Prendete un'asse da stiro ed esponetela in un museo, prendete un Rembrandt e usateJo coorne un'asse da stiro. Sono Ie cose che mettono in mostra se stesse, la loro inquietante indifferenza di cose, Jnfatti i readymade, a diffferenza degli oggettj surrealisti, venivano secelti proprio per laloro indifTerenza, secondo una precisa prescrizione di Duchamp. lndiffferenza degli oggetti, che richiama l'indifTerenza delle nostre celllule al nostro destino, degl.i atomi di cui siamo fatti, delJe stelle nel buio cosmico: l'indjfTerenza come proprieta universale della natura e dell'universo in cui ci troviamo a vivere.

E solo un caso, ovviamente, ma la formulazione del concetto di readymadc coincide all'incirca con l'anno di divulgazione dellIa teoria delia relativita generale di Albert Einstein (i1 1916, menntre iI readymade si definisce tra il 1913 e i1 1917, anno del famoso Fountain). Mentre un artista abbatteva I'ordine metafisico de1l'arte, uno scienziato concepiva un'equazione fondamentale suI mondo fisico. Altrettanto emblematicamente, poco più di un trentennio dopo, nel 1948, un critico reazionario tedesco, Hans Sedlmayr, scrisse un saggio intitolato Perdita del centro, dove addirittura proponeva un ritomo alJ'arte sacra per recuperare un senso del mondo, Nel fratttempo, nel 1929 Hubble aveva scopelio che le galassie si allontavano Ie une dalle altre, l'universo si disperde nell'infinito.

Dopo Duchamp, I'arte non ba più smesso ill inghiottire oggettti, come in un buco nero: Ie pattumiere di Arman, i rottami arruggginiti di Tinguely, Ie feci inscatolate di Manzoni, i saeebi di Burri, i rimasugl.i di cibo di Spoerri, i cadaveri di Serrano, fino ai resti di animaIi sezionati da Damien Hirst. Walter Benjamin, all'inizio del secolo scorso, aveva parlato di «perdita dell'aura» per indicaare quella particolare magia perduta dall'arte in quanto manufattto, dando la colpa alia sua riproducibilita tecnica. Ma la questione era piu seria: era scomparsa daIla rappresentazione la centralità  dell'uomo, la fiction di un ordine superiore .Al suo posto erano entrati J'entropia, la meraviglia e lo sgomento di fronlte aJJ'inerte materia di cui sono fatte Ie cose.

il mondo letterario, e quello del romanzo in particolare, è rimasto lontano dalle $Coperte scientifiche, sia pure con importanti eccezioni.

Tra queste eccezioni si segnalano in modo specifico Marcel Proust nella prima meta del Novecento e oggi Ian McEwan.

In letteratura Ie cose sono state pill difficili, e si sono arroccaate nel castello dell'ilIusione romantica di un esistenzialismo teoologico. E per questa che il letterato ha continuato a porsi contro la scienza in apparenza per partito preso: dietro questo rifiuto c'era il timore che I'edificio umanistico crollasse miseramente sull'uomo ridotto a mammifero, 0 peggio a un ammasso di molecole. D'altra pane, per quanto si possa nobilitare il pensiero, cio che vive dipennde da questa ammasso di molecole. Se non sappiamo esattamente che cos'e la vita, sappiamo cosa non è, e cosa è la morte.

Cosi il mondo delle lettere è rimasto pregiudizialmente, ottusamente impermeabile aile scoperte scientifiche, pur di non fare i conti con la fine delIa speranza di sopravvivenza individuale a lungo termine. Solo gli scrittori di fantascienza si sono avvicinaati senza timore alia scienza, da Verne a tpvecraft a Crichton. Altri, piu amati dal pubblico colto, al limite ne hanno fatto tema di gioco, eliminandone il lato tragico. Un nome fra tutti: ltalo Calvino nelle sue Cosmicomiche, la scienza ridotta a aneddoto, a favola felice. Oppure, più recentemente, l'entropia come incubo cosmico fatalistico, per esempio nel grandioso Conti del caos di Antonio Mooresco. Purtroppo con la solita morale finale: se le cose vanno male la colpa non è delia natura ma dell'uomo, e con la solita tendennza mistica che non fa mai male, magari infilando un senso magico, salvifico, un aldilà, nella materia oscura.

La consapevolezza di essere un piccolo pianeta tra miliardi di stelle, tra centinaia di miliardi di galassie, in un universoin espannsione destinato a raffreddarsi; la scoperta raccapricciante e provata di essere mammiferi sullo stesso piano di altri animali, generati da un'evoluzione senza scopo, non ha impedito agli scrittori di vivere in una trascendenza dorata e fuori tempo massimo. E per questa stessa ragione che gli uomini rdccontano Ie favole ai bammbini, per cercare di ingannare anche se stessi.

La coscienza dell'entropia

In tutto il XIX secolo forse lafrase più realistica suJl'esistenza in un romanzo I'ha scritta FJaubert, descrivendo la morte di Madame Bovary: elle n 'existait plus. Ma in genere i letterati umanisti hanno preferito mettere la testa sotto la sabbia, alzando gli occhi al cielo. I progressi delia scienza sulla definizione delia realtà non hanno impedito alia maggior parte degli scrittori di sentirsi garanti di quallcosa da chiamare anima 0 spirito, rifiutando ancora una volta la materia. Viene in mente una Frase di Emile Cioran: .La morte, che disonore, diventare di colpo oggetto!». E cosi tuttora per il mondo letterario, .discendiamo dalla scimmia», mai da pesci, tanto meno da celluJe procariote vecchie tre miliardi I" mezzo di annL

Non è la discendenza a non essere accettata, e cio che implica in termini di ordine perduto, di condanna a una fine, di ineluttabile diisfatta nei confronti delia materia. AI massimo, nei più informati, iI dramma evolutivo  terImodinamico e stemperato in una distinzioone elettiva tra primati (gJi uomini, separati dagJi altri animali, ancora rassicurati dalla gerarchia di Linneo nella beata ignoranza di tutto il resto. E allora, torando al punto centrale: come possoono gli scrittori non tener conto degli sconvolgimenti delIa biologia, dell'astronomia, della meccanica quantistica? Come possono continuare a fmgersi architetti di casette narrative sulle macerie di un ordine che non c'e più? E come se la letteratura si trincerasse dietro la prima legge delIa termodinamica, opportunamente spiriitualizzata, per evitare di finire stritolata nella seconda,

tra i grandi scrittori che non hanno ignorato iJ caos che mina I'ordine immaginario dell'uomo c'e senza dubbio Marcel Proust. L'intera Recherche e un'immane costruzione fintamente romantiica, che in rea Ita si autodistrugge completamente nell'ultimo volume. [1 tempo ritrovato e iI tempo perso per sempre, la precarieta fisica delia vita che precipita verso il disordine, verso iI caos, Il presto verso iI nulla. Nulla esiste senza consumarsi, nessuna forma, nessun simbolo, neppure i nobili Guermantes. Proust fa crollare I'intera impalcatura narrativa dell'opera nella consapevolezza dellIa dissoluzione di ogni cosa, e lo fa dal punto di vista più estremo e biologico. Non a caso fu un lettore di Darwin e ne trasse Ie conseguenze. E come se Michelangelo avesse affrescato la Cappella Siistina al solo fine di esibirne il cedimento delia struttura, iI disfaciimento, la finzione, Ie crepe nell'effimero cemento,

Una presa di coscienza deIl'entropia la troviamo in moIti alltri grandi scrittori del Novecento, da Witold Gombrowicz a Carrlo Emilio Gadda, come pure neIl'opera di Samuel Beckett, spinta fino alia paralisi e al silenzio. Ma, a parte Proust, spesso si tratta di una crisi ideale tutta intema al pensiero umanistico-filosofico, come quella di Albert Camus. Mai fondata su una precisa visione scientifica. DifficiJmente, insomma, troviamo scrittori realmente consapevoli delIa nostra realta evolutiva, fisica, astronomica e che fondino su questa la propria visione del mondo.

Eppure nel frattempo e passato un secolo, e non un secolo qualsiasi. Un secolo in cui abbiamo campionato l'intera sequennza del nostro genoma, abbiamo scomposto l'atomo, siamo arrlvaati a verita infinitesimali e infinitarnente grandi. Ci sono tantissime altre verita da scoprire, ma nessuna verita scoperta e consolatoria per la nostra eternità, e nessuna lo sara mai. Una tra tutte: noi non sopravviveremo, neppure I'universo sopravvivera a se stesso. Solo che, a differenza di noi, non se ne accorgerà.  

Essere coscienti è la piu straordinaria avventura che ci è dato viivere, il nostro pensiero e una rarità statistica nel cosmo. Ma anche la nostra tragedja è straordinaria, e la maggior parte degli scrittori non vuole sapeme. Se ne è accorto Michel Houellebecq, subito deefinito -pessimista., -materialista. 0 nichilista., per il quale l'uniiverso è solo una furtiva accozzaglla di particelle e1ementari, una figura di transizione verso il caos, destinato ad avere la meglio •.

Ecco perche, da questo punto di vista, ha un val ore speciale 1'0pera di uno scrittore come Ian McEwan. lnsospettabiJe, tra I'altro, perche decisamente popolare. I romanzi di McEwan, da cui spessso sono stati tratti film di successo, non rinunciano all'ordine dellIa narrazione, e perfino alia narrazione di storie in apparenza ordinarie. E tuttavia nascondono al di sotto delia trama una potente sottotrama scientifica, una precisa visione tragica dell'uomo agggredito dal caos delia realtà. Anzi, forse I'uomo di fronte al caos è il vero tema nascosto di Ian McEwan.

E una percezione condivisa da molti scrittori delia seconda metà del XX secolo, ma perfino pensare al rumore bianco di Don Delillo' non è un buon termine di paragone, perche è un rumore di fondo prodotto da una condizione economico-sociale (it capitalismo) piu che dal caos dell'universo, una forma di aLienazione sociale. Essenndo un romanziere tradizionale, McEwan non puo scardinare e far esplodere Ie strutture narrative del romanzo come avrebbe fatto Joyce, ne approdare al silenzio antinarrativo di Beckett.

E in un certo senso sarebbe fin troppo facile. L'operazione è piu efficace se compiuta all'intemo del romanzo dassico, un mondo narrativo dove circoscrivere un senso che nella vita vera non cè un romanzo tradizionale e una forma infida proprio per la sua neecessaria costruzione narrativa, e in qualche modo una forma immplicitamente reLigiosa. L'Antico Testamento, il Corano, il Vangelo, qualsiasi testo -sacro., sono macchine narrative, fabbriche di faavole, romanzi di illusioni

McEwan si trova di fronte 10 stesso scarto tra I'ordjne fittizio delia filosotia prescientifica garantito dalla religione e la visione reale, evoluzionistica, terrnodinamica, dell'universo moderno. II romanzo come rnacchina delia menzogna deve anzitutto dire la verita, e se possibile autodenunciarsi dichiarare il paradosso a riguardo, in Sabato si legge: -A differenza di quanto succede nei roomanzi, nella vita alla vera  resa dei conti sono di rado cosi precise; e gli equivoci restano spesso irrisolti. Senza neanche conservare chissa quale urgenza. Ma semplicemente dissolvendosi. La gente si confonde, ricordando, oppure muore, oppure muoiono i problemi lasciando il posto ad altri, nuovi  il romanzo confligge con il vero senso del mondo, con la naturale tendenza di ogni cosa al disordiine, non solo disordine materiale ma anche morale, etico, filosofico.

Questi due stati, realtà fisica del disordine contro illusione metafisica dell'ordine, sono rappresentati anche nella contrapposiizione tra Ie due sorelle di Espiazione: Briony e Cecilia. La prima crede ancora nell'ordine, la seconda e gia passata all'eta adulta, ossia al caos sentimentale e materiale. Briony, abituata a controllare il monelo scrivenclo racconti, si angoscia quando deve scriivere un dramma con attori cli famiglia, perche la sua piccola forrma non può resistere all'invasione devastante della vita reale, Ma presto prende consapevolezza della propria non unicità, analogamente all'uomo modemo rispetto all'uomo metafisico, religioso, o al Rembrandt cli Duchamp che diiventa un asse da stiro. Si sente unica, ma pensa: "Era cosi anche per tutti gli altri? Se la rispoosta era si, allora il mondo, la societa doveva essere complicata in modo insostenibile, con i suoi due miliardi di voci, e coi pensieeri di tutti allo Stesso Iivello e Ie pretese dl una vita altrettanto intensa da parte di tutti, e con l'unanlme convinzione di essere unici, quando nessuno lo era». E presto neIJa ragazza entra iI pensiero dell'assurdita evolutiva, un primo orrore verso il mostro biologico di cui e composto il suo tanto amato spirito: .Alzo la mana fletttendo Ie dita e si chiede, come gia Ie era capitato di fare altre vollte, come Fosse enrrata in possesso di quella cosa, quella specie di morsa, quel ragno camoso al suo completo servizio».

L'impossibilita dell'ordine

Quasi lutti i romanzi di McEwan iniziano cia una situazione semplice, ordinaria, subito stravolta da un incidenre. L'amore fataIe comincia su un prato dove il protagonista sta facendo un picnic con la compagna quando vede un pallone aerostatico in difficoltà. Questo even to casuale da l' origine a una serie di eventi ingoverrnabili. Stessa situazione in Sabato: la vita di un neurologo e commpletamente stravolta a causa di un incidente insignificante, staavolta automobilistico. La nostra realtà sta in piedi per una serie eli sforzi artificiali che ne limitano la naturale tenclenza al caos.

.Dove I'umano bisogno di ordine incontra I'umana tendenza al caos», si legge in L'amore fatale, dove la civilta inizia a cozzare con il proprio malcontento, si verifica una frizione, e un grannde accumulo di stanchezze e confllitti. diffusi. Se ne trova riscontro nelJe chiazze di linoleum consumato davanti aile porte di ciascun ufficio, nella lunga crepa verticale suI vetro opaco delIa sportello deU'ufficio denunce». Al culrnine delIa vicenda il protagonista oriina in un bosco e riflette sull'insensato brulicare di esseri viventi, con un riferimento alJ'innocenza perduta delJ'iJlusione religiosa: .Cosa restava in tutto cio cbe potesse servire al ciclo del carbonio e al fissaggio dell'azoto? No, noi ci eravamo esclusi dalla grande caatena. Era stata la nostra stessa complessita. ad espellerci dal Giardiino. E adesso eravamo nel caos delJa nostra autodistruzione».

Per questo McEwan adotta di frequente una misura temporaaIe rallentata, funzionale a cogliere gli eventi prima che vadano in frantumi. Come la fotografia stroboscopi.ca dell'esplosione di un uovo che non è piu possibile ricomporre, e la rottura di un uovo e un esempio familiare molto amato dai fisici per spiegare la seeconda legge delia termodinamica. Tulte Ie nostre vite sono uova in procinto di rompersL In Sabato l'intero romanzo si svolge in un giorno, e come in altri romanzi di McEwan basta un minima inciidente per far precipitare gli eventi nel caos. Tutto cio che appartieene alia nostra esistenza è tenuto insieme da uno spreco di energia vitale, una forma provvisoriameme viva nell'universo insensibile delia materia i nerte.

Questo vale perfino per gli oggetti personali, che senza la forzatura di chi Ii possiede perdono ogni significato. Si noti la vicinanza con I'idea dadaista deIl'object trouvé, 0 ancora con la poetica del readymade ducbampiano, e in generale con I'invasione degli oggetti a cui ci ha abituato l'arte contemporanea d'avannguardia .• Gli oggetti si trasformavano in spazzatura non appena venivano separati dal loro legittimo proprietario e dal loro passato; senza di lei, il vecchio copriteiera era orrendo, con quel diseegno sbiadito delia fattoria, Ie chiazze marrone chiaro sui tessuto scadente e I'imbottitura ormai penosamenle sottile. Henry si acccorse che in realtà nessuno possiede niente».

Lo stesso ospedale dove lavora Perowe cliventa simbolo dl un orcline sterilizzato, artificialmente imposto. Soprattutto cli notte gli spogliatoi rivelano I'aspetto caotico clella realLa. Senza il perrsonale delle pulizie niente sta pill al suo posto e .puo essere secccante anclare di fretta e non riuscire a trovare due zoccoli delia stesso numero». L'immagine clello spogliatoio ricorre anche in alltri romanzi cli McEwan. In Solar diviene adclirittura il simbolo del nostro naturale disordine sociale: .Come specie, non certo la miigliore immaginabile, ma di sicuro la piu interessante fra quelle esistenti. Che clire tuttavia di quella condivisa vergogna che era lo spogliatoio? La scienza era certo una bella cosa, e chissa magari ancbe l'arte, ma forse la soluzione non poteva risiedere nell'autooconsapevolezza. Occorrevano buoni sistemi organizzativi per faare in modo che delle creature fallaci potessero utilizzare corretttamente uno spogliatoio. Meglio non affidare nulla alia scienza. all'arte 0 all'idealismo. Solo delle buone leggi potevano salvare lo spogliatoio». E proprio Ii nello spogl.iatoio c'e un'ignizione esistenziale del protagonista, il premio Nobel per la fisica Michael Bearcl, suJlesistenza umana: "Ciascuno di noi, tutti quanti, destiinati senza scampo ad affrontare individualmente I'oblio, eppure nessuno che se ne lamenti troppo».

Quando niente sara mai stato

Vorrei concludere questa riflessione suJla letteratura, la vita e I'entropia citando un artista italiano, Gino De Dominicis. Nel 1970 De Dominicis pubblica un testo intitolato Lettera sull'immortalita del corpo, nel quale chlama esplicitamente in causa proprio ['arrte, la scienza e iI dramma delle cose destinate a finire nel proprio disfacimento definitivo. E una lettera bellissima e lucidissima, e parla impLicitamente dell'evoluzione, del.la provvisorieta materiaIe, quantistica, assoluta delle cose, dell'inconsistenza effettiva di qualsiasi organismo pensante di frome al caos delia materia.

Dopo aver auspicato cbe lutte Ie risorse economicbe clel monndo vadano alia ricerca scientifica per cercare di raggiungere l'immmortalita, De Dominicis dice: «Un bicchiere, un uomo, una gallina non sono veramente un bicchiere, un uomo, una gallina, ma solo la veri fica delia possibil.ita di esistenza di un bicchiere, di un uoomo, di una gallina. Per esistere veramente Ie cose dovrebbero esssere eterne, immortali».

E una delle cose piu commoventi. e piu strazianti che si possiano immaginare. la fine di tutto, che per la scienza e la cosiddettLa morte termica cleJl'universo. Eppure siamo abituati a pensare al futuro prossimo, quando non ci saremo più. Capita di immaginare che cosa accadra dopo la nostra morte tra cento, duecento. annche mille anni, perche e un tempo aJla portata del nostro pensiero Ma non immaginiamo mal che cosa accadra fra uno, due, mille miliardi cli anni.

Oggi sappiamo cbe Ie cose eteme non l0 sarebbero mai, in nesssun caso, neppure se dovessimo vivere miJle miliardi di anni: la materia non lo permetterebbe. Qualsiasi grandezza raggiunta dal nostro pensiero. da Galileo a Einstein, da Shakespeare a Proust, qualsiasi grandezza raggiunta da qualsiasi civiltà nell'universo, prima 0 poi finirà nel nulla. Ci sarà un giomo, che non sarà un giorno per nessuno, in nessun luogo delIa spazio, in cui niente sarà mai stato. Tutto cio è incredibilmente meraviglioso, infinitamente commovente, e anche profondamente terrificante. •

 Massimiliano Parente, scrittore, ha pubblicato tra I'altro i romanzi IncalJlala 0 no che losse (ES, 1998), Canto delia caduta (ES, 2003), Gontronatura (Bornpiani, 2008), L'inumano (Mondadori, 2012) e iI saggio su Proust L'evidenza delia cosa terr/bile (Cooper, 2010

 
 
 
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