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Canto XXXV - Inferno

Donne affette da Endometriosi

 
 
 
 
 
 

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Martina di Vicenza

Post n°208 pubblicato il 18 Giugno 2008 da librodade

Sono Martina, ho da poco superato i 40 anni. Era una notte d’inverno del 2005 quando il problema mi si ripresento’ in forma ancora piu’ grave di due mesi prima: accusai dolori acuti e persistenti all’addome. Fui ricoverata in ospedale con la stessa diagnosi (sub occlusione intestinale) ma ancora una volta i medici non seppero identificarne le cause. Mi vennero prescritte colonscopia e visita ginecologica. Il cuore mi batte' forte, avevo paura di avere qualcosa di molto serio e irreparabile. Per fortuna gli esiti dell' esame endoscopico esclusero questa ipotesi. Il ginecologo mi visito' e mi prescrisse una serie di analisi e accertamenti che feci diligentemente. Risultai positiva al ca125. Il verdetto fu chiaro ma allo stesso tempo "strano" . Endometriosi ma ".....signora non vorrei un giorno mettere le mani sul suo intestino" mi disse il medico analizzando gli esiti dell'ecografia. "Pillola e visita tra un anno" sentenzio' infine. 

Rassicurata, ma non completamente, cominciai a prendere confidenza con questo termine "endometriosi" ed a documentarmi. Passarono i mesi. I sintomi erano praticamente assenti per cui quasi mi dimenticai della malattia. Dopo un anno, come raccomandatomi, mi recai dal ginecologo (un altro , il primo si era trasferito) il quale, dopo avermi visitata, escluse la presenza di endometriosi. Passarono i mesi e questa volta i sintomi subdoli della malattia cominciarono a presentarsi facendosi lentamente ma inesorabilmente sempre piu' frequenti ma essendo aspecifici li attribuii a colite da stress. Per sicurezza andai, privatamente, da un altro ginecologo che mi era stato consigliato da amici. Paradossalmente, pur a pagamento, fu una visita molto deludente. Dopo avermi esaminata ed avere dato uno sguardo frettoloso alle analisi e radiografie che avevo portato con me, mi liquido' in pochi minuti malgrado i miei tentativi di spiegargli i molteplici sintomi che avvertivo da tempo. Evidentemente andava molto di fretta e sembrava quasi infastidito dalle mie domande. Me ne andai nonostante tutto rinfrancata in quanto la diagnosi non era mutata: lieve endometriosi, nessuna cura, nessun accertamento, avrei dovuto ripresentarmi dopo un anno. Di li a quindici giorni l'epilogo: la notte incominciai ad accusare acuti dolori addominali, accompagnati da nausea, che proseguirono sempre piu' intensi fino al pomeriggio del giorno successivo nonostante l'assunzione di spasmolitici e antidolorifici. Fui portata d'urgenza al pronto soccorso, sottoposta a radiografia e quidi trasportata in reparto. Il chirurgo si rese conto immediatamente delle mie condizioni critiche e predispose un intervento d'urgenza per evitare che la situazione precipitasse. Segui’ il rituale della preparazione: il camice, le luci fredde di una sala operatoria, l'odore acre dei disinfettanti, la faccia cordiale dell'anestesista che cercava di farmi coraggio, le flebo, le iniezioni poi, improvvisamente piu' nulla: sprofondai in un abisso da cui non sapevo se e come sarei uscita. Mi risvegliai 8 ore piu' tardi. L'intervento delicato si, ma che nelle previsioni sarebbe dovuto durare solo poche ore si era in realta' dimostrato molto piu' complicato e difficile. Mi era stato asportato un pezzo di intestino e di conseguenza, mi era stata praticata una ileostomia, per fortuna temporanea. I chirurghi mi dissero in seguito che avevo rischiato di portarmi il "sacchetto" per tutta la vita se non avessero deciso di aspettare l'esame istologico prima di resecare anche il tratto terminale dell'intestino, operazione necessaria nel caso si fosse trattato di tumore. Passai alcuni giorni da incubo nel terrore che potesse trattarsi proprio di questo, tormentata da spasmi e dolori continui che solo la morfina poteva parzialmente e temporaneamente mitigare. I minuti divennero ore, i giorni anni.... Finalmente la sentenza: endometriosi intestinale. Un sospiro di sollievo. Sarei ritornata in ospedale dopo pochi (forse) mesi per la ricanalizzazione dell'intestino e l'asportazione delle placche residue di endometriosi. Fui dimessa dopo pochi giorni. Mi ripresi abbastanza in fretta ma il colpo era stato molto duro. Non sapevo capacitarmi di quello che mi stava succedendo. Mi sentivo violata nel corpo e nello spirito, nella mia intimita' di donna: un sacchetto che si riempiva con estrema rapidita' fin quasi a scoppiare, questo mostro pulsante che fuoriusciva dall' addome vomitando liquidi nauseabondi. L'insicurezza mi accompagnava ovunque nella paura che da un momento all'altro il sacchetto si sarebbe potuto staccare. Le iniezioni di eparina sulla pancia (una ogni sera), le dolorose erosioni attorno alla stomia, le fitte causate dalle ferite e gli spasmi dell'intestino che si riassestava, divennero compagni inseparabili per molto tempo. La mia mente era percorsa da due pensieri antitetici: da un lato la speranza di poter fare al piu' presto l'intervento di ricanalizzazione anche perche' l'intestino, a valle della stomia, avrebbe potuto occludersi; dall'altro la paura del dolore che avrei dovuto nuovamente sopportare, ora che stavo lentamente ristabilendomi e che da testimonianze di persone che avevano subito interventi analoghi, sarebbe stato anche piu' intenso di quello patito in precedenza. Dopo circa 3 mesi, eseguiti gli accertamenti diagnostici del caso (inclusa una rettoscopia molto dolorosa), venni nuovamente ricoverata ed operata da una equipe di chirurghi che includeva anche un ginecologo. L'operazione riusci' alla perfezione ma il mio addome divenne "un campo di battaglia", come ebbe a dire uno dei chirurghi, attraversato com'era da nuove devastanti cicatrici. Purtroppo le previsioni sulla sofferenza si rivelarono esatte: per almeno 10 giorni patii spasmi e dolori acuti che fiaccarono le mie forze residue e il mio morale. Poi quando sembrava che mi stessi riprendendo fui colta nuovamente da violente fitte all’addome accompagnate da nausea e diarrea. Le analisi stabilirono che si trattava di gastroenterite da Clostridium Difficile. Il mio stato d'animo subi' un ulteriore duro colpo. Mi domandai come mai il destino continuasse ad accanirsi contro di me in questo modo.  Il nuovo antibiotico e il digiuno fecero il resto: non riuscivo a reggermi in piedi, pervasa da una estrema debolezza con nausea e continui crampi intestinali solo in parte attenuati dagli antidolorifici. Fui dimessa e finalmente tornai a casa anche se il mio stato fisico non mi permise almeno inizialmente di riprendere la mia vita sociale ne' di occuparmi delle attivita’ quotidiane.

Il Clostridium sembra ora essere stato sconfitto ma sono stata colta da una nuova enterocolite, forse da antibiotici, per fortuna piu' lieve della precedente, da cui sto lentamente guarendo. Ci vorranno probabilmente dei mesi perche’ il mio intestino torni alla normalita’. Attualmente sono seguita da un nuovo ginecologo di cui ho la massima fiducia e da cui mi sento ascoltata e capita. Cosa posso dire di questa mia esperienza? Che questa malattia mi ha segnata in modo profondo ed indelebile, che la sofferenza mi ha fatto capire il vero valore delle cose e le gerarchie della vita. Ma anche che mi resta il dubbio (e un po’ di risentimento) sul fatto che forse almeno parte di quello che mi e' accaduto si sarebbe potuto evitare solo se avessi incontrato dal primo momento le persone giuste,  quelle che considerano la professione medica come una missione piu’ che un mestiere;  medici che ti ascoltano, ti seguono, si prendono cura di te e vanno a fondo delle problematiche dei loro pazienti. Devo molto ai chirurghi che mi hanno operata, in particolare al Dr Cola che mi ha seguita non solo in sala operatoria ma anche in reparto offrendomi sempre, oltre che una assistenza competente, anche conforto morale e incoraggiamento. Spero solo di tornare presto ad una vita normale, con questo bagaglio di esperienze che vorrei trasmettere alle donne che dovessero imbattersi in questa variante insidiosa della malattia, per aiutarle ad evitare quello che ho passato io.            

Martina

Martina ... mamma mia ... mentre leggevo la tua storia pensavo a quelle donne che pensano che siamo esagerate.
Mi unisco al tuo augurio... che le tue parole possano evitare ad altre donne di passare quello che hai passato tu. La storia di Elena mi aveva fatta correre a fare una URO-TAC in un centro specializzato ... questo proprio per evitare che le mie sensazioni ... si tramutassero in realtà.
Meglio una visita in più che una in meno. Grazie di cuore per averci mandato la tua testimonianza.
Vero

 

 

 
 
 
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