Un blog creato da librodade il 26/01/2008

Canto XXXV - Inferno

Donne affette da Endometriosi

 
 
 
 
 
 

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Storia di Marta

Post n°182 pubblicato il 26 Maggio 2008 da librodade

Ciao Veronica,

il mio nome è Marta e ho 27 anni. Approfitto di un barlume d’ispirazione per scriverti, il che non mi capita spesso. Passo da un po’ sul tuo blog, e ti confesso che non so mai se sentirmi sollevata dal fatto che siamo così tante (incredibilmente) a soffrire per questa condizione, o se disperarmi per le  possibilità di sempre più inimmaginabile sofferenza a cui la diagnosi di questa malattia può lentamente portare. Per una personalità ipocondriaca come la mia, e fortemente pessimista, a volte (eufemismo) propendo per la seconda. Mea culpa.
Non ho mai avuto il coraggio di scrivere questa email, perché in me esiste una specie di autocensura nei confronti di questa malattia. La stessa parola “malattia” inibisce ogni mio principio di realtà, secondo il quale invece dovrei abituarmi a convivere con questa parola e associarla alla mia persona. Io non sono malata, mi dico. Oggi magari sì, ma domani forse no. Il fatto è che, come più volte ribadito in questo blog, la parola “endometriosi” è considerata una parolina di significato pari ad un qualunque vocabolo cinese, e spiegare mi stanca quasi tanto quanto rendermi conto che non viene compresa. Una volta dissi ad una mia amica “Temo che rimanere incinta mi sarà difficile” e mi sentii rispondere “non dirlo a me, io ho il bacino stretto!”. Credo che questo esempio sia sufficientemente esplicativo.
Non credo di aver mai capito come è cominciata questa (dis)avventura. Ogni tanto tento di ravanare nella memoria, in cerca di segnali primordiali che possano ricondurmi verso la situazione odierna, eppure riesco solo a rimpiangere quando durante il periodo della mestruazioni riuscivo a far ginnastica, uscire o impegnarmi in una qualunque attività.
Volendo proprio fare qualche collegamento, ricordo che il ciclo mi arrivò a 11 anni e la seconda volta mi portarono in pronto soccorso per quello che allora fu definito un “blocco intestinale”. Chissà… il resto della storia  è molto più recente e di correlazione meno azzardata.
Nel 2002, un caldo giorno di agosto, cado in terra come una pannocchia in preda a tremende coliche addominali, durante il mio consueto pomeriggio lavorativo in albergo. Allarmati dallo svenimenti, i miei datori di lavoro mi spediscono a casa. Mia madre viene a prendermi e io la ringrazio vomitandole sul freno a mano, cosa che, al di là del disgusto, le fa intuire la presenza di qualcosa di anomalo. Tuttavia, l’idea di essere portata in pronto soccorso mi terrorizza tanto da supplicare di essere portata nel mio letto. Qualche ora dopo mia madre chiama la guarda medica, che mi diagnostica una gastroenterite. Per qualche giorno a stento riesco a camminare, poi magicamente mi riprendo e torno al lavoro.
Un paio di mesi dopo le coliche riprendono con intensità spaventosamente simile alla suddetta volta, così mi viene consigliata un’ecografia. L’ecografia mi rileva una cisti di 5 cm e senza tanti preamboli mi viene annunciato che dovrò essere operata. Non si preoccupi, mi dicono, farà l’intervento e dopo tutto sarà bello e ameno come un tempo. Nessuno, ovviamente, mi parla di endometriosi.

Totalmente ignara di tutto, mi sottopongo alla laparoscopia e dopo due giorni di dolori lancinanti allo stomaco me ne ritorno a casa. Alcune settimane dopo nel mio referto clinico, in seguito all’esame istologico, compare la parola “cisti endometriosica”, ma mi assicurano che non era niente di grave, e che ora starò benissimo. Mi prescrivono la pillola, ma smetto di prenderla quasi subito, perché tanto, mi ripetono, una recidiva è assai improbabile.

Bella tranquilla trascorro un anno senza mai pormi un mezzo problema a riguardo, finché un giorno dalla mia ecografia non risultano altre cisti: una di 3cm sull’ovaio sx (quello già operato) e una di 5 cm sull’ovaio dx. Oh oh, mi si dice. Allora la situazione non era poi così amena e bella come pensavamo, guarda un po’.
Nuovamente avvolta in un’ignoranza imbarazzante, mi risottopongo ad un’altra laparoscopia, dalla quale esco con qualche domandina in più da porre. Candida nella mia ingenuità vengo condotta nell’ambulatorio del chirurgo, il quale finalmente mi chiarisce la situazione. Siamo a novembre del 2004. Ho l’endometriosi.
Il chirurgo, che in seguito alla sua dettagliata spiegazione diventerà il mio ginecologo, mi dice che l’altro intervento probabilmente mi ha danneggiato una tuba, che c’erano focolai sparsi e che dovrò stare in menopausa chimica con l’Enantone per sei mesi, perché la situazione non è felice. Esco dal suo ambulatorio e, probabilmente, da quel momento non sarò mai più la stessa persona di prima.

Da allora all’avvicinarsi di ogni controllo divento sempre più nervosa. E soprattutto, da allora le mie mestruazioni sono diventate, piano piano, qualcosa di sempre meno sopportabile. Due anni fa, per circa sei mesi, mi sono trovata con una febbricola costante sui 37° che mi lasciava senza forze. I sintomi peggiorano di mese in mese nonostante la pillola, per qualche giorno al mese sono quasi incapace di muovermi e i dolori sono talmente forti che già una volta mi hanno condotta in pronto soccorso. Ultimamente mi hanno parlato di una possibile endometriosi intestinale e persino a livello della vescica, anche se nessuno è ancora riuscito a vedere niente di che.

Nel frattempo sono riuscita, grazie ad una sospensione del ciclo di 6 mesi, a laurearmi e mi accingo a sospenderlo nuovamente per poter almeno sostenere un lavoro estivo che mi impegnerà per tre mesi.

La cosa più snervante di questa situazione è l’incertezza totale nella quale si è costretti a vivere. Non so mai cosa mi succederà, né cosa mi accadrà tra qualche anno, e mi sento così vulnerabile che ogni cosa diventa fonte di problemi. Organizzare una gita? Aspetta che guardo quando mi deve arrivare il ciclo.. ah, no, quel periodo rientra nei giorni in cui non posso garantire niente. Trovarmi un lavoro? Uh, e come glielo spiego al mio capo che per almeno due giorni al mese non sono in grado di alzarmi dal letto?

Sono stata ad un incontro all’APE di Ferrara, con il mio ragazzo e mia madre (durante il quale mia madre ha acquistato il tuo libro, che abbiamo letto e commentato), e parlandone insieme abbiamo capito che urge fare qualcosa di più. Ho intenzione di rivolgermi ad un centro specializzato e riprendere in considerazione l’idea di rioperarmi appena terminata la stagione estiva, qualora altri esami clinici ne presentassero la necessità.
Tutto si fa sempre più nebuloso riguardo al futuro, ma, per quanto possibile, cerco di far finta di nulla. Lo so che non è un gran metodo, ma ognuno ha i suoi meccanismo di difesa, mi dico, mentre cerco di dare un senso ai miei studi di psicologia. La verità è che accettare di avere dei limiti, e di non poter programmare, fa male a chi come me, si è sempre sentita in dovere di darsi delle “regole”.

Perché l’endometriosi non ha nessuna regola, ahinoi.

Intanto ho scritto questa email, che per me rappresenta già un passo importante nel mio percorso di presa di coscienza. Perché mi rendo conto che è facile per me lamentarmi che nessuno parla di questa malattia, quando poi sono io la prima a tacerla.

 

Marta
http://blog.libero.it/ausdauer/

Sai Marta sono felice che tu abbia fatto un passo avanti oggi.
Capisco quanto ti sia costato mandarci la tua testimonianza, e quanto ti sia costato ricordare e mettere insieme i pezzi.
Spero che pian piano questo cammino ti porti verso una serenità maggiore, anche se ... lo so non è facile proprio perchè come dici tu .. non sai mai cosa accadrà domani.
E' questo forse l'errore, quello di ragionare "come prima".
Mentre prima programmavi le vacanze anche tre mesi prima, ora puoi solo permetterti di programmare la giornata.
Ma una volta accettato questo ... ti assicuro che ti accorgerai di star vivendo tante buone giornate, le valorizzerai e apprezzerai meglio il tuo essere stata bene.
E'il concetto di tempo che deve cambiare in noi.
Ti abbraccio forte, e ti mando l'indirizzo della pagina dove potrai trovare altre ragazze della tua città ... che potranno esserci quando vorrai scambiare due chiacchiere o quando vorrai qualche consiglio.
Vero


 
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