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LE RAZZE ALIENE

Post n°258 pubblicato il 12 Giugno 2011 da tignalucida

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PER QUALCUNO FORSE QUESTE IMMAGINI SONO SCIOCCHE , TANTO LA MAGGIOR PARTE DELLE PERSONE DICONO E PENSANO CHE GLI ALIENI NON ESISTONO , MA SI SBAGLIANO , L'UNIVERSO E FORMATO DA MILIARDI DI MILIONI DI GALASSIE E SISTEMI SOLARI UGUALE AL NOSTRO QUINDI SE C'è VITA NEL NOSTRO PIANETA E PROPABILE CHE CI SIA ANCHE LI , E POI NON POSSIAMO PENSARE CHE IN TUTTO LO SPAZIO E L'UNIVERSO CHE E INFINITO SIAMO SOLI SAREBBE SPRECO DI SPAZIO , QUINDI VI CONSIGLIO DI INIZIARE A CONVIVERE CON QUESTE IMMAGINI CHE MOLTO PROPABILMENTE IN UN FUTURO NON MOLTO LONTANO DOBBIAMO FARE I CONTI CON ALTRI SPECIE DI ESSERI VIVENTI CHE SONO MOLTO MA MOLTO PIù EVOLUTI DI NOI E QUINDI SPERIAMO CHE SIANO PACIFICI , E NON VEDO L'ORA CHE QUESTO SUCCEDE , COSI CI DANNO QUALCHE DRITTA PER CURARE LE NOSTRE MALATTIE CHE ANCORA NOI NON SAPPIAMO FARE E PARLO DELLE MALATTIE INCURABILI , FORSE LORO SANNO COME FARE.

 
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Post n°257 pubblicato il 10 Giugno 2011 da tignalucida

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Post n°256 pubblicato il 10 Giugno 2011 da tignalucida

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DELITTI DI MAFIA

Post n°255 pubblicato il 07 Giugno 2011 da tignalucida

i giudici Giovanni Falcone e Paolo BorsellinoGiovanni Falcone e la moglie Francesca MorvilloPadre Pino Puglisi27 maggio 1993: a Firenze, in via dei Georgofili, sotto la Torre del Pulci, non distante dalla Galleria degli Uffizi, esplode un'autobomba provocando 5 morti.Pio La Torre (a sinistra)  8/10/1998: ucciso il sindacalista Domenico Geraci. 15/9/1993: ucciso padre Pino Puglisi, parroco della chiesa di San Gaetano a Brancaccio (quartiere di Palermo). 27/7/1993: a Roma, un’autobomba esplode nel piazzale antistante il vicariato, dietro la basilica di San Giovanni in Laterano. Poco dopo un’altra autobomba esplode davanti alla chiesa del Velabro. Lo stesso giorno a Milano, un’autobomba parcheggiata in via Palestro provoca cinque morti: quattro vigili urbani accorsi sul posto e un extracomunitario che dormiva su una panchina. 27/5/1993: a Firenze, esplode un’autobomba in via dei Georgofili, cinque morti. 14/5/1993: a Roma, esplode un’autobomba in via Fauro al passaggio dell’auto con a bordo il conduttore televisivo Maurizio Costanzo. 8/1/1993: a Barcellona (Messina) viene ucciso Beppe Alfano, giornalista del quotidiano "La Sicilia". 19/7/1992, ore 13:45: strage di via D'Amelio (Palermo), muoiono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna poliziotto ad aver perso la vita in un attentato della mafia. 23/5/1992, ore 17:58: strage di Capaci (sull'autostrada Palermo-Punta Raisi), muoiono Giovanni Falcone, già magistrato a Palermo, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, superstite l'agente Giuseppe Costanza che viaggiava sull'automobile guidata da Falcone. 29/8/1991: ucciso Libero Grassi, imprenditore che rifiuta di pagare il pizzo agli esattori della mafia. 9/8/1991: cade in un agguato Antonio Scopelliti, sostituto procuratore in Cassazione. Da lì a poco avrebbe dovuto sostenere l'accusa nel primo maxi-processo a Cosa nostra. 21/9/1990: Rosario Livatino, 38 anni, sostituto procuratore della repubblica presso il tribunale di Agrigento, ucciso sulla strada a scorrimento veloce Caltanissetta-Porto Empedocle. 19/6/1989: sulla scogliera dell’Addaura (Palermo) viene trovato un ordigno destinato a Giovanni Falcone, la cui villa delle vacanze si trova poco distante. 27/9/1988: a Trapani Mauro Rostagno, giornalista e sociologo. 25/9/1988: lungo la strada che porta da Canicattì a Palermo vengono assassinati il presidente di Corte d'Appello di Palermo Antonino Saetta e il figlio Stefano. Aveva condannato in appello i capimafia Michele e Salvatore Greco per l'attentato a Rocco Chinnici ed i killer del capitano Emanuele Basile, scandalosamente assolti in primo grado (ma il processo era stato annullato dalla cassazione), si apprestava a presiedere l'appello del maxiprocesso. 14/1/1988: a Palermo assassinato Natale Mondo, l’agente di polizia sopravvissuto all’agguato in cui avevano perso la vita Cassarà e Antiochia. 12/1/1988: ucciso Giuseppe Insalaco, sindaco di Palermo per pochi mesi, avversario politico di Lima e Ciancimino, aveva apertamente denunciato i condizionamenti dei vari comitati d'affari sul comune. 5/8/1985: Antonino Cassarà, vicequestore di Palermo e l’agente di polizia Roberto Antiochia. 28/7/1985: Beppe Montana, capo della squadra catturandi della polizia di Palermo. 2/4/1985: Barbara Asta e i suoi due bimbi Giuseppe e Salvatore muoiono al posto del giudice Carlo Palermo, bersaglio dell'attentato lungo il tratto stradale Pizzolungo-Trapani. 2/12/1984: Leonardo Vitale, il primo pentito di mafia, viene ucciso appena uscito dal manicomio dove era stato rinchiuso. 5/1/1984: a Catania, Giuseppe Fava, fondatore del settimanale "I Siciliani". 29/7/1983: autobomba di via Pipitone Federico (Palermo) muoiono il capo dell’ufficio istruzione del tribunale Rocco Chinnici, due carabinieri della scorta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. 13/6/1983: Monreale (Palermo). Assassinato il capitano dei carabinieri Mario D'Aleo, comandante della locale compagnia. Con lui cadono l’appuntato Bonmarito e il carabiniere Marici. D’Aleo aveva preso il posto del cap. Basile. 25/1/1983: Giangiacomo Ciaccio Montalto, giudice di Trapani. 3/9/1982: Palermo. Strage di via Carini. Uccisi il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo, l'autista che li seguiva sull'auto di servizio. 16/6/1982: agguato al furgone che stava trasportando Alfio Ferlito dal carcere di Enna a quello di Trapani. Oltre al boss catanese, muoiono tre carabinieri di scorta e l’autista del mezzo. 30/4/1982: Pio La Torre, segretario del P.C.I. siciliano e il suo autista Rocco Di Salvo. Il giorno dopo il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa è nominato prefetto di Palermo. 6/8/1980: Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo. Aveva appena firmato sessanta ordini di cattura contro altrettanti mafiosi, dopo che i suoi sostituti si erano rifiutati di farlo. 4/5/1980: a Monreale (Palermo) il capitano dei carabinieri Emanuele Basile. 6/1/1980: il presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, politico della sinistra democristiana. 25/9/1979: a Palermo il giudice istruttore Cesare Terranova e il suo autista, il maresciallo di polizia Lenin Mancuso. 21/7/1979: Boris Giorgio Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo. 12/7/1979: a Milano viene ucciso Giorgio Ambrosoli, avvocato liquidatore dell'impero economico di Michele Sindona, il giorno dopo averne presentato la documentazione. 26/1/1979: a Palermo ucciso il cronista del Giornale di Sicilia Mario Francese. 9/5/1978: Giuseppe Impastato, militante antimafia. E’ stato il boss Tano Badalamenti ad ordinarne l’eliminazione per le accuse che gli rivolgeva dai microfoni di una radio locale. 20/8/1977: il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e l'insegnante Filippo Costa vengono uccisi mentre passeggiano nei boschi della Ficuzza. 5/5/1971: Pietro Scaglione, procuratore della repubblica di Palermo e il suo autista Antonino Lo Russo. Per la prima volta nel dopoguerra la mafia colpisce un tutore della legge. 16/9/1970: Mauro De Mauro, redattore del quotidiano "L'Ora", rapito a Palermo e mai più ritrovato. 30/6/1963: strage di Ciaculli. Una “giulietta” carica di tritolo uccide sette tra poliziotti, carabinieri e artificieri. 30/3/1960: ucciso il commissario Cataldo Tandoy (provincia di Agrigento). 1944/1966: lotta per l'occupazione delle terre contro la mafia che spalleggia gli agrari, muoiono 38 sindacalisti, uccisi da campieri, guardaspalle e boss emergenti (6/8/1944 Andrea Raja, 7/6/1945 Nunzio Passafiume, 4/1/1947 Accursio Miraglia, 10/3/1948 Placido Rizzotto, 6/3/1955 Salvatore Carnevale, 20/7/1960 Paolo Bongiorno, 24/3/1966 Carmelo Battaglia). 1/5/1947: massacro di Portella della Ginestra (collina vicino Palermo), la banda Giuliano apre il fuoco su una folla di contadini che celebra la festa del lavoro: 11 morti e 56 feriti. 2/9/1943: a Quarto Mulino di San Giuseppe Jato, Salvatore Giuliano, un contadino dedito alla borsa nera, uccide il carabiniere Antonio Mancino il quale aveva intercettato i suoi traffici.

 
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ELENCO DEI PENTITI DI MAFIA CHE HANNO ACCUSATO A GIULIO ANDREOTTI

Post n°254 pubblicato il 07 Giugno 2011 da tignalucida

GIULIO ANDREOTTII PENTITI CHE LO ACCUSANO La carica dei ventitre Tommaso Buscetta E' il primo ad aver parlato di Andreotti, anche se in modo informale,al giudice Giovanni Falcone nel 1984, secondo la testimonianza di Richard Martin, vice procuratore distrettuale di Manhattan. Le sue accuse legano il senatore a vita ai casi Moro, Pecorelli e Dalla Chiesa. Antonio Calderone Fratello del capomafia Giuseppe, ha messo a fuoco per primo i legami mafiosi di Salvo Lima e ha raccontato i rapporti di Nino e Ignazio Salvo con i luogotenenti di Andreotti:. E ha parlato dei rapporti tra mafia e Dc nella citta' etnea. Francesco Marino Mannoia E' l' unico insieme con Di Maggio a dire di aver visto il senatore incontrare i boss di Cosa Nostra. La sua testimonianza abbraccia anche i rapporti di Cosa Nostra con Sindona e Gelli. ha rivelato che Andreotti impazziva per un quadro che poi Calo' gli procuro'. Leonardo Messina Ha rivelato che Andreotti era un vero e proprio uomo d' onore con tanto di giuramento rituale. Ha descritto a fondo la massoneria deviata e i suoi rapporrti con Cosa Nostra Gaspare Mutolo Ha descritto il triangolo Lima-Andreotti-Carnevale per condizionare il maxiprocesso e, dopo l' esito infelice, l' uccisione di Lima per mandare un segnale al suo padrone. Giuseppe Marchese Ha arricchito la ricostruzione delle attese, poi deluse, dei boss rinchiusi nelle gabbie del maxiprocesso Baldassare Di Maggio Ha parlato del bacio tra i due capi, andreotti e Riina, a suggello di un accordo che il primo non avrebbe poi mantenuto, scatenando la reazione di Cosa Nostra. Ha visto Andreotti che poggiava le sue labbra sottili sulle guance rosse da contadino del boss corleonese. E' il momento piu' spettacolare dell' accusa contro il senatore a vita Mario Santo Di Matteo Ha parlato dei rapporti tra gli esattori Salvo e il sette volte presidente del consiglio Gioacchino La Barbera Killer di Ignazio salvo, anche lui ribadisce l' ira dei boss contro l' Andreotti che per la prima volta non aveva mantenuto il patto d' onore Salvatore Cancemi Parla dell' omicidio Pecorelli e dei rapporti con il senatore per aggiustare i processi in Cassazione Gioacchino Pennino Tani Sangiorgi, genero di Salvo, gli confermo' di aver ricevuto da Andreotti un grosso piatto d' argento, come regalo di nozzze. Vecchia volpe dc, con un piede nella mafia e l' altro nella politica, ha passato ai raggi x la corrente andreottiana in Sicilia Salvatore Annacondia Descrive i rapporti tra Andreotti, Gelli e la massoneria deviata Gaetano Costa Detenuto a Pianosa, nel 1983 voleva organizzare una rivolta ma Bagarella lo' fermo' confidandogli che il gobbo si sarebbe adoperato per trasferirli. Il trasferimento avvenne dopo qualche giorno Marino Pulito Ha rivelato di aver assistito ad una telefonata tra Gelli e Andreotti. Motivo: l' aggiustamento di un processo in Puglia Orlando Galati Giordano Riferisce discorsi in carcere tra detenuti. Nino Marchese, fratello del pentito, gli disse che la gobba di Andreotti era piena di omicidi Fabiola Moretti Compagna di Danilo Abbruciati, ha raccontato le cene di Claudio Vitalone con i boss della Magliana e ha indicato uno dei Killer del delitto Pecorelli. Ha pesantemente accusato il giudice Carnevale Antonio Mancini Esponente della banda della Magliana accusa la corrente andreottiana di aver fatto uccidere Pecorelli perche' era in possesso di documenti scottanti sul rapimento di Aldo Moro Maurizio Abbatino Ha confermato i rapporti tra Vitalone e la banda della Magliana e tra quest' ultima e Cosa Nostra Rosario Spatola Ha raccontato i rapporti tra Cosa Nostra e la massoneria e i legami tra esponenti andreottiani del trapanese e la mafia. Bartolomeo Addolorato Ha confermato che la mafia in provincia di Trapani votava per la Dc andreottiana. Giovanni Drago Ha raccontato nei dettagli il voto di mafia nel 1987, con il passaggio dalla Dc al Psi. Il candidato socialista era Claudio Martelli, impegnato in una durissima battaglia contro la Procura di Palermo e il Sindaco della stessa citta' Leoluca Orlando. Giuseppe Pulvirenti Ha raccontato il voto di mafia alla Dc di Andreotti a Catania e ha descritto nei detttagli i rapporti tra i palermitani andreottiani e Cosa Nostra a Catania negli anni del dominio di Santapaola, di cui egli era il luogotenente. Paolo Severino Ha raccontato il voto di mafia alla Dc di Andreotti a Enna , dove le famiglie mafiose sostenevano la candidatura dell' on. andreottiano Luigi Foti, il cui ufficio elettorale era retto da Michelangelo Cammarata, uomo d' onore della famiglia di Enna

 
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ARRESTO DI MAURIZIO ABBATINO

Post n°251 pubblicato il 07 Giugno 2011 da tignalucida

ARRESTO DI MAURIZIO ABBATINO26 nov 2008 Arrestato di nuovo Maurizio Abbatino detto Crispino Quando gli agenti della polizia penitenziaria hanno bussato alla porta dell´appartamento dove viveva, protetto da un´identità di copertura, "Il Freddo" è sbiancato. Prima di tornare in cella, ha chiesto di telefonare al suo avvocato e, con poche parole concitate gli ha spiegato cosa stava accadendo. Poi, rassegnato, è salito su un cellulare diretto a un carcere, segreto anche questo, dove, presumibilmente, resterà solo qualche giorno. Nuovo arresto, per una banale violazione degli obblighi imposti dal regime di arresti domiciliari, per Maurizio Abbatino, 59 anni, uno dei leader storici della Banda della Magliana: ha incautamente rivelato l´indirizzo (ovviamente top secret) del suo rifugio in un´istanza al magistrato. Custode di tenebrosi misteri e collaboratore di giustizia, con tanto di stipendio del programma di protezione, "Crispino"(come lo chiamavano ai tempi degli omicidi in serie e delle feste a champagne e cocaina) oggi è un uomo ben diverso da allora, distrutto nel fisico dalla malattia (era sieropositivo già nel 1986 quando Nicola Cavaliere, allora capo della mobile, lo individuò a Caracas) ma ancora capace di ritrovare un po´ dell´antica verve. Come nell´intervista del 7 novembre a "Chi l´ha visto" (e culminata nella querela di un ex funzionario di polizia) in cui ricordò i fasti passati della gang: «Avevamo a disposizione quasi tutti gli avvocati di Roma, medici, dottori, perché no, anche qualche politico. C´è stato un periodo in cui entravamo con le macchine al servizio dello Stato, entravamo sotto al tribunale, scaricavamo pellicce, oggetti d´antiquariato, avevamo un contratto con un capo cancelliere che ci diceva che quei giudici erano corrotti... i processi prendevano la direzione che volevamo noi». «Non ho ancora potuto vedere il provvedimento - spiega l´avvocato Alessandro Capograssi, legale di Abbatino - entro due mesi dev´essere fissata un´udienza in cui si deciderà se convalidare o no la decisione e spero di farla revocare. Le condizioni di salute del mio cliente sono molto precarie e sarebbe gravissimo, tra l´altro, se fosse stato rinchiuso in un penitenziario dove si trova qualche ex componente della banda. Maurizio Abbatino non ha commesso reati, non è uno di quei pentiti che tornano dentro per spaccio o estorsione, è una persona completamente diversa da un tempo». Già due anni fa Maurizio Abbatino (a pochi giorni dalla testimonianza al processo per la morte di Roberto Calvi) fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Sulmona perché girava in macchina con l´assicurazione scaduta. Il provvedimento non fu confermato, proprio alla vigilia del trasferimento di "Crispino" a Secondigliano dove si trovava un ex complice Giorgio Paradisi che aveva qualche buon motivo per fargliela pagare (Paradisi, in seguito, è morto di malattia)La decisione di collaborare maturò probabilmente, nel 1990 dopo l´assassinio del fratello Roberto, venditore di souvenir. Il cadavere venne ripescato nel Tevere con 33 ferite da taglio. UN' INTERVISTA RILASCIATA DA CRISPINO AL GIORNALISTA Giuseppe Rinaldi Int.: Pino Rinaldi - Giornalista M.A.: Maurizio Abbatino - Leader storico della Banda della Magliana Voce: voce fuori campo Int.: E' la prima volta che lei si trova di fronte ad una telecamera a fare un'intervista. La rilascia in questo momento perché lei ha paura, ha paura di qualche cosa. Ha paura, di che cosa? Maurizio Abbatino... M.A.: Ho paura, ho paura perché è cambiato lo stato di sicurezza, non è più quello che avevo una volta, nonostante che alcune persone siano ancora fuori, dei processi sono ancora in corso, mi trovo particolarmente esposto... io non sapevo neanche che era stato riaperto, il processo Calvi. Int.: Processo? M.A.: Processo Calvi. Sarà anche una casualità però io sono stato addirittura arrestato, per una stupidaggine, una crisi insomma, una macchina che non aveva la revisione, sono stato arrestato e sono stato trasferito in un carcere duro, il carcere di Sulmona. Int.: Sulmona... M.A.: Sulmona è un carcere... Int.: Famoso per i suicidi. M.A.: Famoso per I suicidi... durante questa detenzione sono stato chiamato a Roma per un interrogatorio - per il processo Calvi, come testimone - e nello stesso giorno mi viene detto che durante il trasferimento non sarei più ritornato a Sulmona mai sarei andato in altro carcere che fino all'ultimo momento hanno tenuto segreto. Int.: Dove volevano mandarla? M.A.: Nel carcere di Secondigliano. Int.: Ecco, chi c'è al carcere di Secondigliano? M.A.: Mi risulta che c'è un componente della Banda della Magliana. Int.: Come si chiama? M.A.: Paradisi Giorgio. Int.: Paradisi è andato a finire dentro anche per le cose che ha detto lei? M.A.: Certo... Int.: Soprattutto per le cose che ha detto lei. M.A.: Ma non solo, sembra che ultimamente abbia ricevuto un mandato di cattura per traffico di stupefacenti, diretto dall'interno del carcere. Penso che sia una persona che quantomeno, come dire, abbia a disposizione dei movimenti all'interno del carcere. Int.: Lei a Secondigliano per ora non c'è andato. M.A.: No, sono ritornato a Sulmona. Int.: Lei ritiene che questi movimenti che lei ritiene "particolari", siano dovuti al fatto che deve testimoniare al processo Calvi? M.A.: Secondo me sì, perché non si spiegherebbe questo tempismo...lo stesso magistrato mi ha domandato per che cosa ero detenuto - mi ricordo ancora la parola, dice: - ma questa è un fesseria - sarà una fesseria ma io sto dentro ad uno dei carceri più duri, per una fesseria del genere... A quel punto ho detto proprio io vorrei sapere se, che cosa vuole [questo qualcuno], se vogliono che parli o vogliono che non parli, è questo quello che voglio sapere, che siano più chiari. Voce: Nel 1998, Maurizio Abbatino, come collaboratore di giustizia, aveva testimoniato nel processo per l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. M.A.: secondo me dopo quel processo sono cominciati i guai miei, sotto il profilo di... come collaboratore di giustizia. Voce: A metà degli anni '70, Maurizio Abbatino, insieme a Franco Giuseppucci, detto "Er Negro", ed Enrico De Pedis, detto "Renatino", costituiscono il primo sodalizio che sarà successivamente definito come "La Banda della Magliana", una organizzazione criminale, che in pochi anni estenderà il suo controllo su tutti i quartieri della capitale, e non solo. Int.: Voi riuscivate a sapere non solo quello che accadeva nel mondo, diciamo malavitoso, ma anche molte cose che riguardavano voi, ma, per quanto riguarda l'attività di polizia. C'era qualcuno che veniva pagato, voi riuscivate ad avere delle informazioni, da una semplice perquisizione a cose ancora più importanti. M.A.: Io mi ricordo che in una delle prime rapine una volta siamo stati arrestati in P.zza Pio XI - dovevamo commettere una rapina, avevamo la macchina piena di armi, io avevo dei documenti falsi... - bè è logico, no? - siamo stati fermati e portati al commissariato, e qui Franco (Giuseppucci) ha subito chiesto di un questore. Int.: un questore... Chi era questo questore? M.A.: Il questore Pompò. E' stato portato in una stanza, e nonostante che le persone che ci avevano arrestato erano persone famose, che facevano parte di una squadra antirapina, e quindi io le conoscevo, le indagini si sono subito chiuse, siamo stati arrestati per favoreggiamento e documento falso, la macchina non è stata ritrovata e lì mi sono reso conto che Franco (Giuseppucci) aveva fatto qualcosa perché non si andasse a fondo nella storia. Int.: Quant'era il vostro volume d'affari? M.A.: Il gruppo Magliana penso che è il gruppo che meno ha accumulato ricchezze, però eravamo diventati una macchina, una pompa, un'idrovora, che poi tutto quello che entrava, la maggior parte dei proventi insomma, andava retribuito ai vari avvocati, perché noi avevamo a disposizione quasi tutti gli avvocati di Roma, medici, dottori e perché no anche qualche politico, cancellieri, c'è stato un periodo in cui noi entravamo con le macchine al servizio di stato, entravamo sotto il tribunale, scricavamo, lasciavamo insomma, pellicce, oggetti di antiquariato, noi avevamo un contatto con un capo cancelliere, poi lui ci diceva che quei giudici erano corrotti, non so se si vantava o no, sta di fatto che poi quei processi prendevano la direzione che volevamo noi. Int.: Cosa portavate a questo capo cancelliere? M.A.: di tutto, a parte i soldi ci chiedevano pellicce, cornici, specchi, oggetti di Bulgari, e c'era Claudio Sicilia... [che diceva:] questa cosa si può controllare, aveva un processo per omicidio che doveva andare in definitivo, [e] se lei controlla quanti anni, noi ogni volta che andavamo lì, veniva aperto un armadietto e il fascicolo veniva messo sempre sotto, lasciavamo dieci, quindici milioni, il fascicolo riguardava un omicidio commesso dal Sicilia e già condannato in I° e II° grado, non lo mandavano in definitiva, non veniva mai fatta la Cassazione, veniva sempre ritardato. Int.: Per quanto riguarda invece, diciamo i rapporti con I politici e con la magistratura, lei teneva i rapporti con la sfera medica soprattutto, con i politici e i magistrati chi è che se ne occupava? M.A.: Il gruppo del Testaccio (Trastevere - Enrico De Pedis). [Noi] avevamo gli Ospedali di Roma, Sant'Eugenio, San Camillo, le cliniche,il Centro Clinico Regina Coeli, il Centro Clinico di Rebibbia, sono cose importanti, ma sono importanti... il dirigente sanitario del carcere, penso che ha un valore importante ai fini del processo, della carcerazione. Immagini un po', insomma, una persona importante che entra nel carcere e non vuole fare il carcere, basta insomma che il dirigente sanitario lo manda in clinica, cose che succedono anche adesso, lo manda in clinica, ricoverato, e dopo tre o quattro mesi prende la libertà provvisoria per causa malattia. Per quanto riguarda il dirigente sanitario di Rebibbia, un giorno venne nella mia cella, mi disse che era in difficoltà perché era stato arrestato, era stato portato [in carcere] Michele Sindona... Int.: Nel carcere di Rebibbia... M.A.: Era stato messo nella cella di Alì Agca, perché lui era momentaneamente assente, e stava ricevendo delle pressioni sia dalla Chiesa che dalla politica per il trasferimento, c'era chi lo voleva far trasferire e chi lo voleva invece fermare a Rebibbia. Int.: Quando Sindona viene trasferito, e lascia Rebibbia, poi... M.A.: Poco dopo... si suicida? Diciamo così? Int.: Prende il caffè. M.A.: Prende il caffè. Int.: E... questo dirigente sanitario aveva delle pressioni, chi è che voleva che sindona lasciasse Rebibbia? M.A.: Non me lo ricordo bene. Int.: Erano personaggi dello Stato e della Chiesa? M.A.: Politici e della Chiesa. C'era chi lo voleva fermo, lì a Rebibbia, insomma chi lo voleva proteggere, e chi lo avrebbe mandato in un carcere fuori Roma. Int.: I rapporti della Banda della Magliana con il Vaticano... M.A.: I rapporti già c'erano appunto negli anni settanta, dal settanta. All'epoca si conosceva Monsignor Casaroli, il rapporto ce l'aveva Franco (Giuseppucci). In quel tempo Renato (Enrico De Pedis) era detenuto, e lui si occupava, insomma, del processo di Renato per farlo uscire. Int. Dopo il rapimento di Moro chi è che viene a chiedervi qualcosa? M.A.: E' venuto l'onorevole Piccoli, ma non è tanto il fatto che sia venuto lui, ma chi ce l'ha mandato. Int.: Ci racconta come è avvenuto questo incontro, dove eravate... M.A.: E' avvenuto a Viale Marconi sul bordo del fiume, insomma. Int.: Chi eravate? M.A.: Eravamo un po' quasi tutti della Banda. Comunque c'eravamo io, Franco Giuseppucci, Nicolino Selis che appunto aveva preso il contatto ...ma vede Flaminio Piccoli era stato mandato da Raffaele Cutolo... Int.: Che era amico di Nicolino Selis... M.A.: ...di Nicolino Selis, e voleva sapere insomma, se potevamo fare qualcosa per salvare la vita di Moro. Oggi non escludo che abbia dato anche qualche informazione Franco, senza dirmi niente, conoscendolo... Int.: Che tipo di informazione? M.A.: Può aver detto dove si trovava? ... All'epoca, anche perché era la zona nostra. Voce: Il covo dove fu tenuto prigioniero l'Onorevole Moro prima di essere ucciso fu in Via Montalcini, tra via Portuense e via della Magliana poco distante dalle abitazioni di alcuni componenti della Banda della Magliana. Int.:Altri politici vi hanno fatto sapere che non dovevate più interessarvi alla liberazione, all'individuazione del covo di Moro, è vera questa storia? M.A. No, non sarebbero venuti proprio da me... Int.:Da chi sarebbero andati? M.A. Da Franco, o da Danilo Abbruciati. Voce: L'iniziativa di Franco Giuseppucci, di De Pedis e di Abbruciati venne bloccata dai referenti romani di Cosa Nostra. Secondo le deposizioni che sono agli atti Pippo Calò intervenne dicendo che politici importanti della Democrazia Cristiana, in realtà, Moro, lo volevano morto.

 
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EMIDIO SALAMONE

Post n°250 pubblicato il 07 Giugno 2011 da tignalucida

NEL 2009 UEMIDIO SALAMONECCISO EMIDIO SALOMONE CONSIDERATO L'EREDE DELLA BANDA DELLA MAGLIANA Roma, 04-06-2009 Gli hanno sparato due colpi di pistola in pieno volto. Secondo gli investigatori si è trattato di una vera e propria esecuzione, un agguato per uno sgarro o un regolamento di conti. È morto così Emidio Salomone, 55 anni, pregiudicato, considerato l'ultimo boss erede della Banda della Magliana, il gruppo criminale egemone a Roma tra gli anni '70 e '80. L’agguato è avvenuto ad Acilia, alla periferia della Capitale.L'esecuzione intorno alle 19:45 davanti a una sala giochi di via Cesare Maccari. Secondo una prima ricostruzione a sparare sarebbero stati due uomini a bordo di una moto. I sicari si sono avvicinati alla vittima e hanno urlato il suo nome: il boss si è girato verso di loro e uno dei due ha mirato al volto facendo fuoco due volte. Emidio Salomone è caduto in una pozza di sangue tra le urla della gente che affollava la strada. I killer invece sono fuggiti indisturbati.il nome del morto - Emidio Salomone - spuntato dai vecchi fascicoli sulla banda della Magliana, seppure nel ruolo del gregario. E la località dove s' è consumato l' omicidio: Ostia, da sempre terreno di coltura e di affari per i trafficanti di droga, compresi quelli ormai entrati nella leggenda, quantomeno letteraria. E' molto probabile che la morte violenta di Emidio Salomone abbia a che fare più con i suoi traffici attuali che con le storie in cui entrò all' inizio degli anni Ottanta. Così come quella di Paolo Frau, altro nome che compare negli stessi vecchi verbali, assassinato a Ostia nell' ottobre del 2002. «Certo che Salomone fu legato ad ambienti della banda della Magliana», conferma il colonnello Giuseppe La Gala.Nelle storie della «banda» Salomone non ha mai svolto il ruolo del protagonista. Di lui parlò Fabiola Moretti, «la pentita della Magliana», donna molto vicina ai veri capi d' un tempo come Enrico De Pedis e Danilo Abbruciati, morti ammazzati tutti e due. Lo inserì nell' elenco di «maggiori acquirenti abituali della sostanza stupefacente, in quantitativi oscillanti tra i 100 e i 300 grammi, operanti a Ostia. Accanto a quello di Salomone la Moretti aveva indicato il nome di un personaggio oggi imputato nello stesso processo in cui era coinvolto Salomone; certe amicizie non finiscono mai. Vittorio Carnovale detto «il coniglio» raccontò ai giudici che Salomone si trovava in macchina con lui e altre due persone, una sera del marzo 1991, quando qualcuno sparò contro l' auto e uccise uno dei passeggeri. Successe ad Acilia, una decina di chilometri da Ostia. La vittima si chiamava Pietro Sante Corsello, e - sempre secondo i pentiti - prendeva l' eroina al porto di Napoli, la tagliava e la consegnava agli spacciatori; era uno dei gregari di Gianni Girlando chiamato «il roscio». Un anno prima avevano ammazzato anche lui, con un colpo di pistola alla nuca nella pineta di Castelporziano.Trattava la «roba» direttamente con l' Olanda, la vendeva e ne faceva uso. Quello fu il periodo in cui la resa dei conti all' interno della banda della Magliana si trasformò in una vera e propria mattanza, e il gruppo di Acilia-Ostia pagò un conto salatissimo. A cominciare dal leader, Nicolino Selis, ucciso dagli ex amici e sotterrato chissà dove lo stesso giorno in cui suo cognato, Antonio Leccese, venne fulminato per strada dopo aver firmato al commissariato di zona; era un «sorvegliato speciale», Leccese, al pari di Giuseppe Magliolo detto «il killer», imbottito di piombo (sempre a Ostia) prima che riuscisse a vendicare il suo amico Selis. Vecchie storie. Oggi è cambiato tutto, a Roma come a Ostia e Acilia. Ci sono altre bande, altri traffici, altri rapporti di forza. Qualche superstite della «Magliana», anche di seconda o terza fila come Salomone e Frau, ha provato a inserirsi nei nuovi equilibri ed è stato bloccato

 
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