Creato da massimoturtulici il 11/05/2009

LINEE DI FUGA

racconti, evoluzioni, derive e vagabondaggi

 

 

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Avvoltoi

Post n°74 pubblicato il 03 Aprile 2013 da massimoturtulici
 
Foto di massimoturtulici

Si è appena svegliato e aprendo gli occhi dimentica di essere in ferie. Guarda la sveglia, la mette a fuoco, per un istante teme che sia tardi. Poi ricorda. Decide che farà colazione al bar. Si lava, si veste in fretta. E’ una giornata strana, il tempo potrebbe cambiare da un momento all’altro. Ordina il suo caffè, si siede a un tavolo appartato, da cui non distingue le parole degli altri. Solo un fittissimo, uniforme ronzio. Getta un’occhiata distratta al giornale, gli sembra di sapere già tutto. Ma quanto sono vecchie queste notizie?. Sfoglia veloce, in cerca delle pagine di cronaca. La tazzina resta sospesa a mezz’aria. In una fotografia gli è sembrato di vedere un volto somigliante al suo. Lo fissa più a fondo, il cuore sembra già impazzito. Legge il titolo, sillaba per sillaba. Riguarda lui. Legge “Quest’uomo è in pericolo. Avvisatelo”.

Si alza terrorizzato scaraventando a terra il tavolo a cui era seduto e tutto quel che sosteneva. Gli altri si voltano verso di lui, ma è solo un istante, nessuno gli dice nulla, nessuno sembra averlo riconosciuto. Ritorna nell’ovattato e ormai opprimente mondo da cui pensava di essere uscito, una volta per tutte. Raccoglie il giornale, lo arrotola e lo mette sottobraccio. Esce senza sapere dove andare, cammina, attraversa la piazza, poi torna indietro, entra nel piccolo giardino comunale. Siede su di un panchina, il respiro affannoso, raccoglie un giornale abbandonato, lo apre e scorge ma in una foto diversa ancora la sua faccia, i capelli spettinati, la barba lunga e le pupille dilatate, in una fotografia che non ricorda di avere mai visto, né chi possa averla scattata.

Perché tutto questo interesse per la sua vita scialba? Di cosa vorrebbero avvisarlo? E soprattutto perché lui?

Respira profondamente, ma non serve a molto, il respiro è ancora più spezzato. Si alza ma fa solo pochi metri. Si accascia sulla panchina successiva mentre accanto gli passa un uomo. Vorrebbe fermarlo ma non ha il coraggio. Vorrebbe chiamarlo, ma vede che l’uomo ha perso il quotidiano. Lui si affretta e lo raccoglie con una curiosità morbosa che lo atterrisce, gli fa tremare le gambe, ma gli impedisce di tornare indietro, lo obbliga a procedere, a sfogliare le pagine e come temuto rivede ancora la sua faccia, la odia ormai. Non vorrebbe ammetterlo, ma non è la sola cosa che non sopporta più di se stesso. Adesso ha un profondo e lancinante dolore che gli perfora la testa da parte a parte, trafigge gli occhi che vedono e scende in profondità dove gli occhi non servono. Bastano solo i ricordi, avvoltoi che girano in tondo, senza fretta, attendono il momento propizio, che la vittima ceda alla fatica, all’affanno a quelle ombre alte che volteggiano minacciose sopra la testa. Legge la didascalia della foto che lo ritrae sorridente in un momento di insolita felicità. Sa benissimo quando gli è accaduto di sorridere in quella maniera, gli capita talmente di rado. Ricorda benissimo cosa lo fece sorridere. Una donna lo guarda uscire dal giardino, poi guarda la prima pagina del giornale, ma non fa a tempo a fermarlo, è troppo veloce, troppo spaventato. Attraversa la strada rischiando di essere investito dal bus, procede con un ansia che cresce di passo in passo, veloce sull’asfalto come se fosse fatto di brace ardente. Vorrebbe che finalmente piovesse, che il clima opprimente e minaccioso si trasformasse in vento, in turbini di nubi, in pioggia scrosciante e rumorosa. Invece ci sono solo queste nuvole giallastre che si addensano e creano una cappa di aria densa e appiccicosa. Insistente, toglie il respiro, ma non è solo l’aria, non solo il caldo. Quelle immagini, tutte le fotografie che non ricorda di avere scattato lo spaventano. Tutte le immagini che lo ritraggono in momenti che pensava di avere vissuto in assoluta solitudine o in profonda intimità, lo lasciano davvero senza respiro. Basta! Vorrebbe gridare, ma non ci riesce, il suo cervello non fa altro che ricordare e tutto rimbalza fragorosamente all’interno della sua testa, tutte queste immagini, questi ricordi minuti, questi frammenti, queste minutissime scaglie che come vetro sondano i ricordi e li risvegliano. Basta!  Continua a camminare, incerto, barcollante, adesso mette davvero paura. A se stesso prima di tutto perché la sua faccia non è più solo sui giornali, ma in ogni volto di uomo che incrocia, anche i bambini non sono altro che lui a varie età e di ogni età ricorda il momento, la ragione di quel transito, di quel passaggio attraverso.

Un tuono scuote l’aria e prende a piovere con fragore, lui si volta come scosso da un altro ricordo sente dire da qualcuno “ma non era l’uomo del giornale?” Troppo tardi lui vola sotto la pioggia, cammina sospinto dalla pioggia, da ogni singola goccia che contiene un ricordo e sono troppi, come i chilometri da camminare per i suoi piedi, i ricordi che deve contenere la sua testa, troppi, non ci stanno tutti, non possono proprio entrarci e poi tutte quelle foto, quei giornali. Qualcuno lo insegue. Scappa, dice a se stesso, si ma a quanti chilometri di distanza è la salvezza? Dov’è di preciso il posto in cui tutti questi ricordi, queste immagini stivate alla rinfusa, finiranno per svanire come vapore nell’aria. Cammina ordina a se stesso, taci e cammina. Talvolta ritorna sui suoi passi ed è li che lo vedo, determinato seguire un filo invisibile, poi sparisce di nuovo alla vista sagoma nera in un orizzonte saturo di luce.

 

 

 
 
 
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