Creato da ShadeOfTheVampire il 20/01/2008

L'ombra del vampiro.

si aggira in ogni dove...

 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 17 Febbraio 2008 da ShadeOfTheVampire

Cavalchiamo, Immortali Signori
di antiche nebbie e di oscure e scarlatte profezie,
Attraverso i Mondi e le Ere,
attraverso i sogni e gli incubi dei mortali.
Siamo la Stirpe Oscura, siamo i Figli del Primigenio,
siamo i Custodi delle Porta della Notte,
siamo i Neri araldi delle Ombre,
siamo i Guardiani del trono della Dea Luna,
siamo i Figli di Caino.

Come Lui dissetiamo le nostre labbra dal Calice Scarlatto,
oscuro Graal dei Figli della Notte Eterna.
Come Lui nutriamo le nostre anime immortali
con l'essenza degli umani.

Siamo temuti, adorati, invidiati, odiati, cacciati...
Guerrieri, Necromanti, Oscuri Angeli, Demoni...

Siamo Coloro che gli umani temono...
o desiderano, in fondo ai loro cuori tremebondi.

Siamo la Stirpe di Caino.
Siamo Vampiri.

 
 
 

Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 23 Gennaio 2008 da ShadeOfTheVampire

Il treno di sangue

Era una calda sera primaverile.Antonio era in stazione perchè doveva prendere l'ultimo treno per Parma,dove lo aspettava la sua ragazza.Era contento,non la vedeva da una settimana e gli mancava terribilmente.Stava seduto sui gradini davanti al tabellone delle partenze e continuava a guardare l'orologio.D'un tratto sentì un annuncio,incredulo alzò il capo e il tabellone confermò ciò che era stato detto dall'annunciatrice:La corsa del treno per Parma era stata annullata.
Deluso decise di andare alla cabina a chiamare la sua ragazza per avvertirla che non sarebbe andato da lei.Proprio mentre si stava alzando vide che sul tabellone era stato segnato un altro treno,un diretto Milano-Parma che sarebbe partito dopo due minuti.Antonio si sentì sollevato e si diresse verso il binario 6.Il treno era lì,nero e stranamente non aveva scritte o pubblicità.Non ci fece caso,era troppo felice per quel colpo di fortuna.Una volta salito decise che avrebbe cercato un posto tranquillo,il treno era quasi vuoto,vi erano solo un uomo sulla cinquantina che leggeva il giornale e una donna molto bella che guardava fuori dal finestrino.Si mise all'ultimo posto dietro la ragazza,si tolse il giubbotto e mise lo zaino sul sedile di fronte.Mentre aspettava la partenza del treno iniziò a guardarsi in giro,che strano treno,pensò.le carrozze erano divise da spesse tende di velluto nero e i sedili erano rossi come il rubino.La tenda nera si scostò è apparve un ragazzetto sui sedici anni,capelli rasati,tatuaggi e anfibi.Si sedette proprio di fianco ad Antonio.Egli pensò che avrebbe dovuto stare attento,sicuramente il ragazzo era un balordo e aveva la faccia di uno che fà uso di droghe.D'un tratto si sentì un fischio,il treno stava per partire.
Il paesaggio scorreva veloce,autostrade,piccoli paesi illuminati che in lontananza formavano un immenso presepe e distese di prati interrotti da qualche cascina qua e là.Antonio osservava distrattamente pensando alla sua ragazza che di lì a un ora avrebbe rivisto.Sentì una voce alle sue spalle,si girò per vedere chi era.Il controllore passava chiedendo i biglietti,Antonio gli porse il suo e lo guardò in faccia,era strano,il suo viso era liscio e bianco,quasi marmoreo e portava degli occhiali da sole.Strano,pensò Antonio,è sera.
Mentre chiedeva agli altri passeggeri i rispettivi biglietti il controllore fissava Antonio,tanto che a quest'ultimo parve che avesse accennato un sorriso.
Il viaggio trascorreva tranquillo,Il ragazzo seduto al suo fianco si era addormentato,quindi Antonio poteva stare tranquillo.Mentre cercava di leggere due righe di giornale la luce si spense completamente,Antonio pensò ad un normalissimo calo di tensione,chiuse il giornale e prese lo zaino tra le braccia,per evitare uno scippo,appoggiò la testa al finestrino e ascoltò il rumore ovattato del passaggio in una galleria.D'un tratto le luci si riaccesero,Antonio strizzo gli occhi,si era quasi abituato al buio e ora la luce lo infastidiva un pò.Guardò davanti a se,si accorse subito che il signore che leggeva il giornale non c'era più,pensò che forse era andato in bagno.Rimase paralizzato per un attimo,sentì delle gocce cadergli sulla felpa,alzò lo sguardo e un urlo gli si fermò in gola,non riuciva a parlare.Guardò terrorizzato il sedile di fianco al suo.Il ragazzo non c'era più.Era sulla mensola porta bagagli,occhi sbarrati,bocca aperta e uno squarcio gocciolante di sansue nella gola.Antonio indietreggiò sconvolto.Si diresse verso la pesante tenda di velluto nero tremando e guardandosi indietro.Fece gli ultimi passi verso la tenda correndo.Voleva cercare il controllore,avvertirlo che c'era un assassino a bordo,che un ragazzo era morto,non riusciva a ragionare.Iniziò a camminare nel lungo corridoio che separava le carrozze,vedeva la pesante tenda nera di velluto a pochi metri da lui,quando la luce si spense di nuovo.Non poteva fermarsi,aveva paura,brividi freddi percorrevano la sua schiena e si sentiva sudato.Continuava a camminare,si appoggiava alle pareti tremando,inciampò su qualcosa,cadde a terra facendosi male ad una caviglia.Rimase ranicchiato appoggiato alla fredda parete,il suo cuore batteva veloce,il dolore era insopportabile,mise la testa fra le ginocchia e chiuse gli occhi.Quando la luce tornò Antonio scatto in piedi,ma si riaccasciò subito per il dolore lancinante alla caviglia,con la coda dell'occhio vide su cosa era inciampato,non aveva il coraggio di girarsi:Era un cadavere,il cadavere del signore che leggeva il giornale,aveva il volto terrorizzato e gli occhi rovesciati.Il suo petto e il suo ventre erano squartati.Antonio balzò in piedi,non gli importava del dolore,cominciò a correre più che poteva verso la pesante tenda di velluto nero,la spostò frettolosamente e la oltrepassò.Lo spettacolo che gli si presentò davanti era orribile,pensò per un attimo di svenire.La giovane e bella donna che era davanti a lui,ora stava appesa per un piede al soffitto,aveva la lingua fuori e il sangue grondava dal suo petto e gli imbrattava i lunghi capelli neri.Le braccia erano rigide i pugni chiusi,la gonna strappata e la caviglia gonfia di un tenue colore bluastro.Antonio fu costretto ad indietreggiare ancora una volta,piangeva,tutto questo gli sembrava un incubo spaventoso.Decise di correre verso il suo scompartimento a riprendere lo zaino.Aveva dentro il cellulare,pensava di chiamare la polizia e far bloccare il treno.Era convinto che anche il controllore fosse ormai un gelido cadavere intriso di sangue.Aveva già oltrepassato la prima pesante tenda di velluto nero,superò anche la fredda carcassa dell'uomo col giornale,il sangue si era raggrumato in fretta su quel corpo morto.Antonio sentiva il suo sangue pulsargli nella testa mentre correva,il dolore alla caviglia lo rallentava ma la paura di morire in quel modo così atroce lo faceva andare avanti.Si spensero di nuovo le luci quando era a pochi passi dalla tenda,trovandosi al buio Antonio accellerò la corsa,quando si accorse di essere davanti alla pesante tenda di velluto nero era già troppo tardi,si impigliò nella tenda che si staccò e lo avvolse completamente.Antonio cercò in tutti i modi di liberarsi,quando tornò la luce pensò che sarebbe stato più facile.Ora gli dolevano tutti i muscoli,la caviglia lo tormentava,il suo cuore batteva all'impazzata,d'un tratto vide sopra di se il volto del controllore,un brivido freddo lo fece irrigidire.Il controllore tolse gli occhiali da sole,i suoi occhi erano completamente neri e la parte bianca non c'era.Si avventò sopra antonio e quest'ultimo sentì un dolore lancinante alla gola.
Laura era appena uscita dalla doccia quando sentì il citono suonare.Si infilò velocemente la vestaglia e corse ad aprire.Aspettò ansiosamente sulle scale,le mancava così tanto Antonio le sarebbe saltata subito al collo e lo avrebbe baciato.Non lo vedeva da solo una settimana ma le sembrava un'eternità,lui era giunto con il treno apposta da Milano fino a Parma solo per lei.Si amavano davvero tanto.Antonio giunse di fronte a lei,ma aveva qualcosa di strano,perchè portava gli occhiali da sole a quell'ora?Laura ci pensò un attimo,ma non gli importava,era di nuovo con lui.Antonio l'abbracciò con forza e le porse un pezzo di stoffa:Una tenda pesante di velluto nero.Poi la guardò negli occhi e si tolse gli occhiali,ora staremo insieme per sempre,le disse.Laura era tra l'incredulo e il terrorizzato,i suoi occhi erano completamente neri,neri come la tenda pesante di velluto nero.Lui la baciò sulle labbra e poi le ripiegò il collo lateralmente.Insieme per sempre,ripetè.

racconto di: ladydeath

 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 21 Gennaio 2008 da ShadeOfTheVampire

I MISTERI DELLA CAPPELLA DI SAN SEVERO (NA)

Vi segnalo un mistero di Napoli, esattamente sulle "macchine anatomiche" e sul "Cristo Velato" della cappella di S. Severo, in questa cappella sono conservati dei manufatti alquanto bizzarri.
I più "Raccapriccianti" sono le cosid dette Macchine anatomiche, ossia due corpi di esseri umani, un uomo e una donna, trattati con un procedimento alchemico ancora sconosciuto che ha "metallizzato" i vasi sanguigni dei due corpi rendendoli immuni alla decomposizione. Infatti i due corpi presentano solo lo scheletro e la fitta rete di vasi sanguigni, cuore compreso, reso un po' più gonfio del normale appunto per via del procedimento alchemico sopra citato.
I due individui sono un uomo ed una donna, nell'immagine che vedete ritratta la donna, con un braccio alzato, da notare che la donna era incinta ed è possibile vedere anche i vasi sanguigni del bambino.
Non si sa ancora se le due "vittime" siano state trattate da vive o da morte, ma dal braccio alzato si potrebbe pensare fosse in vita.

                               

 
 
 

SOLO, VAMPIRO

Post n°2 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ShadeOfTheVampire

Il sole viene schiacciato dall’avanzare del buio.
La fresca brezza della notte striscia sulla mia pelle. La mia pelle. Bianca e fredda come neve immonda.
La trasparenza a rivestire il nulla.
Le mie vene svuotate, il mio cuore spento.
L’aria che si tinge di nero, il nero che inonda, come inchiostro colato dall’alto, tutto il mondo.
La mia bocca è secca, la mia lingua è un pezzo di carne asciutto e inerte.
Ho le mani appiccicose, mi sposto i capelli dalla fronte e le dita mi rimangono impigliate tra le ciocche dure. SANGUE. Sangue ovunque su di me e ora anche sui miei capelli sottili come liane sfibrate. Sangue rappreso.
Il mio ultimo pasto. Mi lecco la pelle per sentirne il sapore. Avariato, le ore trascorse ne hanno rovinato il gusto.
Lo stomaco è un antro che rimbomba di movimenti sonori. La mente barcolla dentro pensieri sfilacciati. Ho fame.
Mi alzo lentamente, le mie ossa scricchiolanti, i piedi nudi sul pavimento.
L’attico in cui dormo è il più accogliente degli ultimi duecento anni. Non ho mai sopportato cantine, seminterrati, cunicoli o quant’altro. Gli altri come me li usano perché è più difficile essere scoperti in quei luoghi non frequentati ma io odio svegliarmi sotto il livello della terra.
La finestra è alta e le tende sono di lino blu pesante. Il cielo è striato di colori chiari, tracce morenti del giorno passato. Forse è per questo che dormo sempre negli attici, per avvicinarmi al cielo, per stare più vicino a Dio. Io, essere dannato in eterno che sguazza nella perdizione, ho bisogno di osservare quello che mai conoscerò, ho bisogno di osservare Dio.
Le persone in strada rincasano frettolose, in cerca di calore e cibo.
Cibo.
Odore di morte sulle mie mani.
I miei denti che affondano nella carne morbida, perforano i tubi delle vene e il flusso, l’incantevole, dolce flusso del sangue che confluisce in me. Divino piacere è sentire la vita scorrere dentro la mia morte infinita.
Le mie vittime… Prima c’è l’ipnosi poi il tremito del morso che si propaga come elettricità nel loro corpo, e infine l’immobilità, la pelle che scolorisce, il loro zampillo vitale che si affievolisce lentamente, verso l’oblio.
Quando vado a caccia, sento l’odore acre e pungente del dolore. Lo portano dentro alcuni umani, lo emanano dalla pelle, si affaccia dai loro occhi.
Sono loro le mie vittime preferite. Le anime perse, affogate nella sofferenza. Affondo le mie zanne nel loro collo e gli succhio via tutto quello che gli rimane con una avidità feroce di belva.
Prima di sprofondare nel sonno che mi ripara dai raggi del sole, mi piace attardarmi a pensare a quelli che ho ucciso. Così mi sfilano davanti tutte le mie prede, azzannate a morte, gli occhi sbarrati dalla paura, il sangue, rosso vivido o scuro, il sangue che zampilla fuori dalle loro vene per nutrire la mia gola arida.
Le mie vittime che muoiono per farmi esistere nei secoli, per farmi continuare ad uccidere.
La brezza notturna si alza leggera e la notte bussa alle mie finestre.
E’ leggera come me, i miei passi felpati, la mia presenza-assenza, tolgo il panno scoprendo lo specchio. Nulla, nessun volto riflesso, non esisto.
Ho fame.
Perché ho fame?
Sciacquo via i residui di sangue dalle mani, dai capelli e dalle labbra.
Questa maledetta fame.
Maledetta fame di vita.
I canini mi tirano nella bocca, le lame appuntite pronte a ferire, le mie prede lì fuori nel mondo che mi aspettano per morire. Quando vedo i loro corpi a terra, svuotati involucri di carne in putrefazione, mi piace pensare di averli salvati.
Io sono come Dio. Io sono il loro Dio. Mi prendo le loro vite senza chiedere il permesso a nessuno.
Dio dove sei? Perché non mi fermi? Perché non recidi la mia vita dannata?
La fame mi fa vorticare i pensieri, la stanza si sforma sotto i miei occhi vitrei, e la notte, la notte, la notte continua a chiamarmi in canti silenziosi, strisciati di pena. Sento che mi sto trasformando, che sto diventando il suo re immortale.
La mia fame cresce, fa tremare le mie cellule morte, mi urla nel cervello, lo trapana di bisogno, urgente, urgente, urgente.
Se riuscissi a smettere, se potessi smettere, solo smettere.
Vorrei sedermi qui all’ombra ed essere travolto da un sonno senza risveglio che interrompa il mio tormento. Bloccato in un mondo senza uscita, io, vampiro, senza salvezza, condannato all’eterno appetito. Perenne desiderio di cibo mai appagato, ogni notte la fame che riaffiora insieme al piacere di sentirmi vivo mentre succhio la vita degli altri. La schiavitù del sublime piacere del sangue, che deperisce durante giorno e si risveglia di notte.
Sono morto ma continuo a vivere.
Una risata mi sgorga dalle viscere e sommerge la stanza di dolore.
Non so piangere, non ho calore.
Se solo riuscissi ad estinguere questa fame maledetta, potrei finalmente morire.
E così spegnere questa solitudine che mi allaga.
Solo, vampiro, un vampiro sono solo.
Dalla strada si propagano le voci. Mi affaccio. Gruppi di persone che parlano e si salutano e si tengono per mano.
Io dall’alto della mia stanza, li osservo come da una torre invalicabile che svetta nelle tenebre. Freddo nella mia solitudine, li fisso in silenzio. Per sempre sarò inaccessibile a tutti.
Davanti a me si allungano notti interminabili, uguali a se stesse, cerchi che si aprono e si chiudono. In eterno, solo notti da trascorrere, da solo.
L’angoscia sale dalle viscere alla mia bocca.
Vorrei gridare.
Se solo qualcuno potesse liberarmi.
Uno spasmo.
Desiderio.
Feroce.
Di sangue.
Tento di resistere.
Fame.
Non riesco.
Non posso.
RESISTERE.

racconto di: Carlotta Servidei.

 
 
 

Una notte da Vampiro

Post n°1 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ShadeOfTheVampire

Durante la mia crociata di sangue nella terra Ligure, scorsi una finestra che attirò la mia attenzione,un raggio di luna penetrava in quella stanza buia e tetra. Scrutai al suo interno,ed ecco che vidi una creatura di rara bellezza dormire beatamente nel suo letto.
Con i miei poteri aprii la finestra ed entrai furtivamente, fluttuai sopra di quella splendida visione. Era sdraiata sulla schiena, il lenzuolo stropicciato è stato spostato talmente da trovarsi in fondo all'etto. Ero sopra di lei,fluttuando a una ventina di centimetri. Il suo viso era bellissimo dolce e trasmetteva un armonia e tranquillità,i suoi capelli bagnati dai raggi della luna assumevano un colore platinato e fungevano da cornice sparsi intorno al suo viso.
Forse era lei, forse avevo trovato quell'angelo caduto dal cielo, la musa della mia ispirazione, colei per la quale rinunziai alla mia vita da umile mortale.
Si! non poteva essere altrimenti.
Mi avvicinai al suo viso, il suo respiro era flebile e impercettibile, la sua pelle profumava più di un campo di margherite,e il suo odore mi inebriava la testa invadendo i miei più reconditi pensieri.
Mi avvicinai un altro po le nostre labbra,ormai, erano separate solo da un filo d'aria,sentivo il suo calore così puro e candido
quando
un sussulto, un sobbalzo e lei aprii gli occhi.
"Un sogno?" si chiese mentre lo sguardo cadeva su quella finestra spalancata nella notte.
"Sicuramente", voltò lo sguardo e allora capì, una rosa del colore del sangue che scorre nelle arterie era appoggiata sull'orlo del suo cuscino.

racconto di: Emanuele Arturo Silvio Guzzo 

 
 
 
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Non c' è riflesso per ricordarmi com ' ero
Non esiste luogo nel quale possa tornare
Non c' è tempo o era che mi ricordi
Esisto da sempre
Esisterò per sempre
Nell oscurità muovo i miei passi
Lenti e silenziosi senza traccia
Fatto di nebbia e ghiaccio il mio corpo
non invecchia
La mia forza non si spegne come
una candela
Ma cresce più forte di un incendio
Distruttivo come la più grande
delle tempeste
Desideratemi e odiatemi
Chiamatemi ma non con l' ulrlo della morte
Chiamatemi ma non con la forza dettata
dal terrore
Ma con parole serene
Perchè è con esse che mi avvicino a voi
mie prede
E' con esse che vi attiro nel mio abbraccio gelido
Vi darò solo ciò che mi chiederete
La vita e la morte
La forza e la debolezza
Lo splendore e l' oscurità
La bellezza e l' orrore
Ho viaggiato in ogni epoca e voi non mi potete ricordare
Nè lo potrete mai fare
E forse non lo vorrete mai fare
 
              
 
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