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I SOFISTI E SOCRATE -

Post n°42 pubblicato il 10 Gennaio 2012 da loredanafina1964
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I Sofisti

(Sofistica: = Corrente filosofico-culturale fiorita in Atene intorno alla metà del V° Sec. A.C.)

I Sofisti erano coloro che esercitavano professione di insegnanti, recandosi di città in città ad impartire ai giovani aristocratici le arti utili alla vita civile ed in particolare all'attività politica.

I Sofisti non si rifacevano ad una medesima dottrina ne impartivano tutti gli stessi insegnamenti: alcuni insegnavano l'arte di persuadere mediante discorsi (filosofia retorica=arte di saper parlare bene "in senso classico". Oggi invece "retorica" stà ad indicare ciò che è inutile), altri insegnavano l'arte politica, altri ancora quella del governo della casa ed altri l'astronomia, la geometria, la musica, la medicina e il calcolo.

I maggiori esponenti della Sofistica furono, Protagora di Abdera e Georgia di Lentini, nati il primo sopratutto per aver rivendicato all'arte e alla cultura politica il carattere di "universalità" che le distinguono da tutte le altre arti e che derivano dall'occuparsi dell'uomo nella totalità di ciò che può e ciò che gli preme, il secondo sopratutto per la polemica contro la tesi degli eleati.

Altri Sofisti furono: Prodico di Ceo, noto per le ricerche sui sinonimi e per aver tentato una spiegazione antropologica della religione stessa. Ippia di Elide, che sottolineò la convenzionalità delle leggi e individuò il criterio della loro giustezza nella natura. Crizia di Atenem che riconobbe nella legge il più perfezionato mezzo di incivilimento, Trasimaco di Calcedone per il quale la legge era il sugello della naturale preminenza del più forte sul meno forte.

Politicamente i Sofisti furono per lo più fautori del partito conservatore, tuttavia rinnovarono la tradizione etico-politica rifiutando di agire e giudicare sulla base dei vecchi criteri moralistici e proponendo di sostituirli con uno spregiudicato esame delle possibilità e dei limiti dell'uomo.

                                      -      S O C R A T E    -

Le fonti principali per lo studio di Socrate sono: I dialoghi di Platone, le opere di Senofonte (sopratutto i Memorabili); varie testimonianze che risalgono alle scuole socratiche minori; varie affermazioni di Aristotele, che però visse parecchi decenni dopo la morte di Socrate e dovette a sua volta ricostruire la figura sulla base di testimonianze altrui.

Socrate nacque ad Atene nel 469 A.C. dallo scultore Safronisco e dalla levatrice Fenarete. Di condizioni economiche appena mediocri, esercitò dapprima la professione del padre; in seguito riuscì ad organizzarsi una vita modesta, senza però urgenti preoccupazioni di guadagno.

Ebbe due mogli: la prima fu Mirto, nipote di di Aristide; la seconda fu Santippe, la cui figura passò alla tradizione con difetti molto esagerati rispetto alla realtà.

Fu padre di tre figli, uno solo dei quali alla sua morte era grandetto. Compì scrupolosamente i doveri di cittadino e di soldato partecipando alle battaglie di Potidea, Delio ed Anfipoli, dove si comportò valorosamente.

Diversamente dai Sofisti, non amava viaggiare, amava invece, come loro, circondarsi di giovani intelligenti con i quali dibattere i problemi più vivi dell'ora. La sua passione per la discussione giunse a fargli avvicinare persone di ogni età, ceto e professione. Non si occupò di politica ma il suo insegnamento fu ricco di riflessi politici.

Accusato di empietà e di opera corruttrice sui giovani, fu condannato a bere la cicuta nel 399.

Taluni scrittori presentano Socrate come uomo rozzo ed incolto quasi per opporre la sua onestà popolaresca allo spirito raffinato e scettico dei Sofisti. Nulla di più falso. Risulta infatti che egli era molto istruito e aggiornatissimo su ogno problema. Da giovane cercò di ascoltare i maestri più insigni di passaggio ad Atene (in particolare segui i discorsi di Zenone e Anassagora). Nell'età matura, non solo non disdegnò la compagnia dei Sofisti, ma fu con loro in frequenti e stretti rapporti.

Non scrisse alcun libro, ma seppe impartire un insegnamento orale eccezionalemente efficace. Sviluppando ed integrando il processo di rinnovamento e di umanizzazione della cultura, già iniziato dai Sofisti, fu considerato dai conservatori non meno pericoloso di essi. Proprio perciò divenne il centro della crisi politico-culturale di Atene, e dovette subirne le tragiche e ben note conseguenze che cominciarono con una clamorosa azione giudiziaria nei suoi confronti.

Unanimamente riconosciuto come il più caratteristico rappresentante del movimento intellettuale, la iniziarono quindi con piena coscienza della sua sua importanza. Essi speravano in questo modo di costringere Socrate al silenzio, disperdendo i suoi allievi e scoraggiando per molto tempo chiunque avesse voluto porre in discussione gli stessi problemi. Con tutta probabilità avrebbero preferito farlo tacere con una condanna meno grave della morte (per esempio con l'esilio) anche per non trasformarlo in eroe. Ma Socrate non si prestò al loro gioco, e la dialettica degli eventi portò l'azione giudiziaria all'estrema conclusione.

Due furono i perni del processo: Socrate avrebbe cercato, secondo gli accusatori di scardinare con il proprio insegnamento la religione tradizionale dello Stato, e, di conseguenza , avrebbe compiuto opera corruttrice sui giovani.

Ricordiamo che accuse del genere erano già state mosse, pochi decenni prima contro Anassagora e poi contro Protagora, con il risusultato di allontanarli dalla città, non però di stroncare l'intero movimento culturale da essi rappresentato. Ora le cose avrebbero dovuto condurre, nella speranza degli accusatori, ad un risultato più decisivo, essendo sotto accusa non più uno straniero ma un ateniese, e proprio un ateniese dal valore e dalla notorietà di Socrate.

Il significato schiettamente politico dell'accusa era evidente, tanto più che la religione dominante nella Grecia di quell'epoca non si appoggiava sopra alcun preciso sistema di dogmi (come accade invece per le religioni moderne). Il fine voluto dagli accusatori di Socrate risultava chiaro a tutti: far tacere il pericoloso animatore di tanti dibattiti e gettare il discrdedito sul movimento culturale da lui rappresentato.

Socrate però impostò la sua difesa in modo che non era stato assolutamente previsto dai suoi avversari: con tono sprezzante dimostrò che la propria opera non solo non era pericolosa, ma anzi di sommo giovamento per la città; meritava dunque lode e premio, non riprovazione.

L'urto fra le due concezioni politico-culturali divenne, dopo le parole dell'accusato, aperto e drammatico, nè fu più possibile fermarsi a misure intermedie.

I giudici condannarono Socrate a bere la cicuta: ed egli affrontò la morte con tale nobiltà d'animo e sicurezza di sè, che il suo sacrificio si trasformò nella condanna senza appello di chi lo aveva giudicato.

Purtroppo però lo stesso alone di martirio, formatosi attorno a lui, e le passioni suscitate nei suoi discepoli, turbarono gravemente l'obbiettività di quanti scrissero sul grande maestro.

L'interesse concreto della sua personalità favorì molte alterazioni del suo insegnamento. Tutti ci trasmisero il "proprio" Socrate, e noi ci troviamo in gravi difficoltà per ricostruire la vera figura storica.

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Segue la prossima pubblicazione:

                        -    LE CARATTERISTICHE DEL DIALOGO SOCRATICO   -

Loredana Fina,   10-01-2012

                             

 

 

 
 
 
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