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LA DIDATTICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini (Bel Ami Edizioni) - le frasi e le pagine più belle - NONA PUBBLICAZIONE

Post n°131 pubblicato il 08 Agosto 2013 da loredanafina1964

Arrivo di un'altra lettera dattiloscritta.

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Nel mio ufficio c'è qualcosa fuori posto. Sulla scrivania, campeggia una delle solite lettere. Mi siedo, ancora un po di tensione sulla schiena, in attesa di leggere il verdetto del mio amico sulla mia discesa nell'agone politico. Accendo un sigaro, apro il sigillo e inizio a leggere.

Io credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico figlio, Nostro Signore, il quale fu concepito dello Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto: discese all'inferno. Il terzo giorno risuscitò dalla morte, salì in cielo e siede alla destra del Dio Padre Onnipotente; e di là la verrà, a giudicare i vivi e i morti.

In settantacinque parole sono riassunte le oltre mille pagine della favola di Lor Signore Dio.

Oltre ogni dubbio la favola più famosa della nostra epoca moderna. E l'hanno chiamata "Credo", questa preghiera perchè fosse chiara la direttiva che bisognava seguire: non chiedere ma credere, credere fermamente senza domandarsi se le indicazioni che ci venivano date fossero o meno reali.

Pure, non hanno potuto nascondere la verità. E infatti a voler leggere bene fra le righe si potrebbe tracciare una linea di condotta giusta.

Che però, caso strano non coincide con la condotta consigliata.

Bada bene, la Chiesa non ha mai detto "fate come Gesù Cristo". Al contrario ha detto "non sacrificatevi, ci ha già pensato lui per tutti.

Sarà bene però che io vada con ordine.

Cinque parole appena su Dio, oltre sessanta su suo figlio: è evidente, da subito chi è la vera Star.

Che Dio sia onnipotente ci viene specificato, che lo sia anche Gesù Cristo suggerito per induzione.

Quindi, Gesù è onnipotente. Ed è doveroso che lo sia: siamo tutti d'accordo che un Dio che non sia onnipotente non è un Dio.

Ebbene, questo Dio è stato tradito dal più stretto dei suoi amici, si è fatto strappare a frustate la carne dalle ossa, coperto di sangue e di sputi ha trascinato la propria croce su cui poi è stato inchiodato e lasciato soffocare dal suo stesso peso fino a morire di un arresto cardiaco.

Ma, in quanto onnipotente, avrebbe potuto evitare tutto questo.

Quindi per come la vedo io, ma anche per come la vedono loro, Lui scelse tutto questo.

Ci danno ancora la colpa, da bambini, al catechismo, e in chiesa ogni domenica, di essere stati noi, con i nostri peccati, a farlo soffrire. Chiedete agli ebrei, per anni li hanno perseguitati con questa storia del deicidio perchè spettatori impassibili della mattanza divina.

La verità, signori, è un'altra.

La verità è che il nostro caro Cristo la sapeva lunga.

Sapeva bene che il dolore forgia e, sopratutto, non è insopportabile.

Lo sa bene lei, Dario, che nell'esercizio della sua boxe avrà sicuramente incassato parecchi colpi.

Se ricorda, il difficile era il prima, l'attesa del colpo, la fantasia di quanto male abrebbe fatto.

Salvo poi scoprire che non era nulla di intollerabile e dopo si sarebbe sentito più forte.

Con le dovute proporzioni fra la nostra fragilità e la sua onnipotenza, quella morte per Cristo non era insopportabile.

Cristo non voleva salvare il mondo dai peccati degli uomini, ma costruire un nuovo cielo, distante da quello che suo padre aveva imposto.

A quanto pare anche il buon Dio aveva un dissidente in famiglia, come ogni famiglia che si rispetti.

Costruire un nuovo cielo è quindi possibile, ma si può solo camminando, prima, attraverso il proprio inferno, per uscirne poi più forti, per aver sperimentato gli effetti che l'Odio più grande che possiamo immaginare produce su di noi.

Ma l'autorità non vuole che si intuisca un nuovo cielo e quindi ha frainteso (volutamente) il sacrificio di quel figlio un pò ribelle servendo al popolo bovino la spiegazione preconfezionata che tanto faceva piacere al Padre.

Ed è così che la morale cristiana ci ha reso davvero un popolo bovino, ovino, un popolo da cortile. Se da animali ci serviva un Capobranco e da primitivi ci è servito un Condottiero, a partire dal tradimento di Cristo ad opera della Chiesa, in poi, a guidarci è stato un Prete.

Che, non a caso viene anche chiamato Pastore.

Chi ha deciso che io, o lei, abbiamo bisogno di un pastore?

Avanti, provi a chiedere ai suoi spettatori, giovedì prossimo, se hanno voglia o meno di avere un pastore.

Risponderanno no.

Eppure, è quello che abbiamo costruito. Ci siamo creati una struttura statale che prevedesse un gruppetto di pastori a scegliere il sentiero per noi migliore. L'abbiamo fatto perchè avevamo paura. Ecco tutto. Ci hanno messo paura loro, tutti, e quando eravamo più vulnerabili ci hanno offerto la via d'uscita: una strada comoda, in cui tutte le decisioni sono prese da loro e che ci avrebbe portato a essere, si estranei alle responsabilità.... ma anche agli eventuali vantaggi.

E' il potere  dell'illusione della sicurezza, salire a bordo del Titanic convinti che quel mezzo invincibile e la bravura del capitano ci porteranno ovunque senza problemi. E poi, di botto, scoprire l'esistenza degli iceberg.

Di tanto in tanto, qualche pecora temeraria ha provato ad uscire dal gregge e quando questo è accaduto, loro l'hanno riportata nel mucchio, attirandola con la promessa di nuove scintillanti diavolerie, (com'è lucido il Titanic, che belli i suoi pavimenti ed eleganti le divise del suo equipaggio), diavolerie che la tenessero abbastanza affascinata ed occupata da non pensare più alla propria libertà. Oppure con minacce, dapprima velate, poi sempre più esplicite. Ove anche queste non hanno funzionato, si è proceduto eliminandola fisicamente dal gregge. Se dico ad esempio "Giordano Bruno", sono certo che qualcosa vi sovviene.

Se siamo rimasti vivi fin qui, evidentemente siamo frutt di generazioni di pecore mai troppo "scomode". L'abitudine al gregge ha distrutto ogni cosa, ormai siamo totalmente abbandonati: al punto in cui siamo arrivati siamo convinti di non poter più vivere senza il nostro pastore.

Tutto questo muore, qui ed oggi.

Noi saremo quello che nessuno finora è stato dall'anno zero ad oggi. Noi offriremo a Cristo la sua vendetta. Cresceremo i nostri figli come ribelli, li spingeremo a camminare attraverso il deserto dei loro inferni e, a differenza di quel che successe millenni di anni fa, al momento della resa dei conti non li fraintenderemo.

Visto che i pastori ci hanno voluto animali, beh, noi da a nimali ci comporteremo.

Sceglieremo però noi la razza e rifiutando di essere formiche, saremo lupi.

Le spiego cosa intendo: nelle formiche il ruolo che un individuo ricoprirà per tutta la sua vita è stabilito dalla genetica. La formica regina nasce già regina e non potrebbe decidere di essere un soldato.

Viceversa un'operaia sarà condannata a svolgere il suo ruolo senza obiezioni dacchè la natura l'ha generata priva degli strumenti atti ad offendere o riprodursi.

Ecco, questa è la società come i nostri pastori la sognano. Una società in cui a loro sia garantito di continuare  a generare altri pastori che li sostituiscano, quando sarà il momento, e nella quale ognuno nel gregge occupa un proprio ruolo senza la possibilità di cambiare prospettiva. 

Ma noi siamo, per natura , molto più simili ai lupi: rispettiamo un capobranco che si imponga in quel ruolo grazie a superiori capacità (nei lupi non è la sola forza fisica a determinarlo, come si potrebbe credere, ma anche l'intelligenza nel guidare il branco verso il cibo e al riparo dai pericoli), un capobranco che accetti, ogni giorno, implicitamente il rischio che il suo ruolo possa essere rivendicato da un altro con capacità migliori.

In linea puramente teorica, nel sistema democratico questo rischio è compreso. In linea pratica, ho già visto la classe politica farsi beffe di troppi referendum per crederci.

Branco, si diceva.

Bene, un fattore determinante dell'identità di un branco è l'odore. Suona strano, non siamo abituati a pensare in questi termini e anche di questo dobbiamo ringraziare i nostri pastori.

Difatti, l'uomo moderno, sopratutto occidentale, restringe i suoi rapporti sociali, fatta eccezione ovviamente per quelli sessuali, al campo di apparteneza di due soli sensi: la vista e l'udito. Saltuariamente affidiamo la nostra socializzazione al tatto, come quando stringiamo una mano o abbracciamo un amico, più di rado al gusto, per esempio quello del caffè che, universalmente, è passato ad indicare un momento principe d'incontro. Praticamente mai, però, all'odore.

Conoscendone la pericolosità, il Potere ha fatto sì che l'odore diventasse politicamente scorretto, sconveniente, fuori moda. Non a caso, nella Bibbia i riferimenti all'odore di Cristo sono praticamente assenti. E' un'altro modo per delegittimarlo come capobranco.

L'unico che viola questa regola è l'apostolo Paolo (non a caso, il più rivoluzionario degli apostoli), che nella seconda lettera ai Corinzi ci parla del "profumo di Cristo" come di  un odore che, se respirato, potrebbe portare "odore di vita a quelli in odore di morte". Ribellione, in altri termini.

Per cui, caro Dario, se intendiamo restituire alla gente la propria libertà, sarà bene prima restituirgli il loro naso.

Anche per respirare al giorno d'oggi, si deve ricorrere a una Didattica dell'Odio.

A presto.

______________________________

PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.


 

 
 
 
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