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Dal libro: MOS ME"LE non lasciarmi" di Caterina Camarda (le pagine più interessanti) ed. Color&more 2^ PUBBLICAZIONE

Post n°138 pubblicato il 10 Novembre 2013 da loredanafina1964

Pag. 21

Il guerriero mi portò in casa e poi giù nel seminterrato, in un locale senza altri mobili che un tavolo e due sedie. Il capo era seduto, l'architetto alla sua destra e la guardia del corpo alla sua sinistra, entrambi in piedi, nessuno fiatava, tutti parevano in attesa. Al centro della stanza, , proprio a ridosso del tavolo, un grande cellophane ricopriva il pavimento. Mi ricordò la scena di un film in cui un tizio veniva ammazzato proprio su un cellophane messo così, per non sporcare di sangue il pavimento. Il guerriero mi fece sedere nell'altra sedia, le mani ancora legate dietro e rimase vicino a me, ero agitata, sapevo che doveva succedere qualcosa e non riuscivo a stare ferma.

Un uomo entrò restando a lato della porta, subito dopo arrivò un altro uomo con uno spolverino lungo blu e una valigetta in mano, seguito da altri due in tenuta sportiva, probabilmente le guardie del corpo e si fermarono davanti al tavolo, sul cellophane.

"Holà, hombre!" disse il tizio con lo spolverino, rivolto al capo.

"Buongiorno,  Gonzaga!" rispose il capo in tono amichevole alzandosi per dargli la mano e abbracciarlo.

"Hola, senor Lar!"

"Senor Gonzaga..." l'architetto gli strinse la mano.

"Senora...." disse poi rivolto a me guardando le mie mani legate con aria imbarazzata.

Io abbassai la testa senza fiatare.

L'architetto fece una domanda, Gonzaga posò la valigetta sul tavolo e la aprì porgendola al capo. Cominciarono a discutere, non capivo cosa dicessero, l'uomo parlava in spagnolo e l'architetto traduceva al capo che nel frattempo era tornato a sedersi, ma mi accorsi che qualcosa stava andando storto, i toni si andavano scaldando e la discussione pareva prendere una brutta piega. L'architetto scuoteva la testa facendo avanti e indietro, il capo si era alzato di nuovo e urlava agitando le braccia, puntando il dito e inveendo contro lo spagnolo che, a sua volta, balbettava tentando di capire attraverso la traduzione dell'architetto e che ora aveva il sudore che gli colava giù dalla fronte. Anche le due guardie del corpo si stavano agitando e continuavano a guardarsi intorno preoccupate, mentre altri uomini erano entrati fermandosi sulla porta. Io avevo seguito ogni movimento con gli occhi, immobile, lo stomaco stretto in una morsa, qualcosa doveva accadere.

Poi tutto accadde. Il capo fece un cenno e la sua guardia del corpo estrasse la pistola dalla cintura, i due uomini cercarono di fare altrettanto ma non fecero in tempo, il ragazzo fu più veloce e i due caddero sul cellophane, poi puntò l'arma contro Gonzaga.

"Madre de Dios!" esclamò appena, poi cadde sotto il terzo colpo.

Io lanciai un urlo balzando in piedi con uno scatto, la sedia cadde all'indietro, stavo per finirle addosso ma il guerriero mi afferrò bloccandomi.

!No! Lasciami!" gridai spaventata cercando di divincolarmi "Lasciami!"

Tutti si girarono verso di me.

"Portala qua!" ordinò secco il capo andando vicino ai corpi.

Il guerriero guardò l'architetto che annuì, quindi mi portò sul cellophane lasciandomi davanti al capo, questi mi prese per i capelli obbligandomi a mettermi in ginocchio e mi tenne giù, le mani ancora dietro la schiena e la testa tutta reclinata all'indietro, gli occhi sbarrati.

Non riuscivo a muovermi nè a vedere granchè ma sentivo le gambe toccare i corpi e bagnarsi, attraverso i jeans, del loro sangue caldo. 

L'architetto seguiva ogni mossa in silenzio.

"Dammi la pistola!" disse alla sua guardia del corpo.

Lui si avvicinò e gli porse la pistola, il capo l'afferrò e l'avvicinò alla mia fronte poi me la passò sulla guancia, la canna era ancora calda.

Tremavo fin dentro lo stomaco, non riuscivo a respirare, poi cominciò a parlare.

"Hai visto tutto? Ti è piaciuto?" e mi strattonò forte i capelli. 

"Aaaah.... " mi lamentai.

Lasciò la presa buttandomi la testa in avanti e passò la pistola nella mano sinistra, poi estrasse qualcosa dalla tasca posandola davanti alle mie ginocchia.

" E' questo quello che vuoi?" Guarda bene, guarda!"

Erano alcune foto di Forte e dei bambini mentre giocavano in giardino, emisi un grido soffocato, non capivo le parole ma capivo che stava minacciando la mia famiglia. Mi afferrò di nuovo per i capelli.

" E' questo quello che vuoi?" ripetè quasi sottovoce, "E' questo?" mi sfiorò l'orecchio con le labbra bagnate e la guancia con la pistola.

Scossi la testa convulsamente, capivo a senso.

"Cos'hai detto?" strinse ancora più forte.

"No..no" balbettai senza fiato.

" E' vero che tu farai tutto quello che ti chiederò?" disse piano tirandomi indietro la testa per i capelli, "E' vero?" ripetè ancora più piano.

Lo guardai disperata, non capivo.

"Adrian, traduci!" ordinò qualcosa a qualcuno.

"Tu fa tutto che lui dice" il guerriero tradusse.

" S-si..." ero in preda al panico.

"Non ho capito!" ripetè a voce altra tirando ancora di più i capelli e facendomi quasi cadere all'indietro.

"Si!" urlai allora con tutto il fiato che avevo. "Lo farò! Farò tutto quello che vuoi! Tutto quello che vuoi!" e scoppiai a piangere.

Lui guardò l'architetto compiaciuto poi, lentamente, lasciò la presa e restituì la pistola alla sua guardia del corpo. Io mi accostai col busto sulle ginocchia singhiozzando, gli occhi chiusi, ero esausta.

All'improvviso uno degli uomini a terra emise un lamento, io sollevai la testa., Gonzaga era ancora vivo. Feci uno scatto indietro cercando di alzarmi, ma la caviglia non mi resse e scivolai ricadendo sul cellophane sporco di sangue.

"Mark, la pistola!" disse subito l'architetto.

Il capo lo guardò sorpreso, Gonzaga continuava a lamentarsi.

"Ora tu prenderai la pistola!" disse ancora l'architetto rivolto a me.

"N-no...." scossi violentemente la testa, "per favore..."

Diede la pistola al guerriero.

"Puliscila!" gli disse.

Lui prese un fazzoletto e lo passò sulla pistola pulendola per bene, poi gliela porse. L'architetto mi tirò su, non riuscivo più a stare in piedi, le gambe mi tremavano e la cavigli ami doleva, tutto stava cominciando a girare. Mi slegò tenendomi da dietro di peso, poi mi prese la mano destra poggiando le sue dita sulle mie e fece per farmi impugnare la pistola, io cercai di ritrarre il braccio ma non avevo più forze.

"Devi prenderla!"

Me la fece stringere tenendoci sopra la sua mano, poi mise il mio dito sul grilletto, sotto il suo e , guidando col suo braccio, la puntò su Gonzaga e premette sparando un colpo.

"No!" urlai disperata.ùIl contraccoltpo mi fece buttare indietro la testa contro il suo petto.

"Dammi il fazzoletto" disse poi al guerriero.

Lui aprì il fazzoletto, l'architetto mi ci fece posare sopra la pistola allontanando poi la mia mano e il ragazzo richiuse il fazzoletto avvolgendola.

Mentre svenivo capii che mi aveva legata a loro per sempre, non sapevo che mi aveva appena salvato la vita.

 
 
 
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Ciao, bel post, complimenti. Ti auguro una dolce notte....
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Il verso della lepre o il raglio dell'asino invece non...
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