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Da: "COSI' PARLO' ZARATHUSTRA" di F. W. Niethzsche - LE FRASI PIU' BELLE - VENTITRESIMA PUBBLICAZIONE.

Post n°96 pubblicato il 31 Agosto 2012 da loredanafina1964

IL SALUTO (parte 2)

(pag. 237) - Dopo questo saluto, i suoi ospiti si inchinarono una seconda volta e tacquero riverenti: il re di destra rispose poi in loro nome."Noi ti riconosciamo o Zarathursta, dal modo con cui ci hai offerto la tua mano e il tuo saluto. tu ti sei umiliato davanti a noi: quasi quasi hai ferito il nostro sentimento di reverenza:

- ma chi potrebbe in modo uguale al tuo umiliarsi con tale fierezza? Questo innalza anche noi, è un ristoro per i nostri occhi e i nostri cuori.

Soltanto per vedere ciò, avremmo salito montagne ancor più alte.

Smaniosi di vedere infatti siamo venuti qui, di vedere che cosa rende limpidi occhi torbidi.

Ed ecco, nessuno di noi lancia più l'invocazione  di soccorso. Già i nostri sensi e il nostro cuore si riaprono, estasiati. Poco manca che il nostro coraggio diventi smodato.

O Zarathustra, nulla di più rallegrante cresce sulla terra che una volontà alta e forte: questa è la pianta più bella sulla terra. Un intero paesaggio si allieta alla vista di questo albero.

Io ti paragono al pino, che, come te, Zarathustra, cresce alto, silenzioso, duro, solitario, dal legno pregevolissimo, splendido, - ma verso la cima proteso coi suoi rami robusti, forti, rivolge vigorose domande ai venti e agli uragani e a tutto ciò che sta di casa lassù,

- risponde a voce più alta, imperioso, vincitore. chi non dovrebbe salire sulle più alte montagne, per vedere tali piante?

O Zarathustra, qui dal tuo albero trae vita anche l''uomo più cupo, il fallito, alla tua vista anche l'incerto acquista sicurezza e guarisce il suo cuore.

E, in verità, alla tua montagna e al tuo albero si dirigono oggi molti occhi: è sorta una grande brama e molti hanno imparato a chiedersi: chi è Zarathustra?

E TUTTI COLORO A CUI UNA VOLTA VERSASTI NEGLI ORECCHI LE TUE CANAONI E IL TUO MIELE; TUTTI I NASCOSTI, GLI EREMITI, LE COPPIE DI EREMITI, IMPROVVISAMENTE HANNO DETTO AL LORO CUORE: "Vive ancora Zarathustra? non vale più la pena di vivere, tutto è indifferente, tutto è vano: a meno che noi non viviamo con Zarathustra!

Perchè lui non viene dopo essersi da tanto tempo annunciato? questo chiedono molti. O l'ha inghiottito la solitudine? Oppure noi dobbiamo andare da lui?".

Ora accade che la solitudine stessa infracidisce e si dissolve, come una tomba che si frantuma e non può più contenere i morti. Dovunque appaiono resuscitati.

Le onde salgono, continuamente salgono intorno alla tua montagna, o Zarathustra. E per quanto alta sia questa tua vetta, molti si sono sforzati di salire fino a te: la tua barca non resterà in secco per lungo tempo.

E che noi siamo venuti disperati nella tua caverna e già non disperiamo più: costituisce un presagio e un segno che altri migliori di noi sono in cammino, - poichè infatti è in cammino verso di te quanto di Dio rimane fra gli uomini: tutti gli uomini della grande brama, della grande nausea, della grande noia, - tutti coloro che non vogliono più vivere se non imparano nuovamente a sperare - se non l'imparano da te, Zarathustra, la grande speranza!".

Così parlò il re di destra e afferrò la mano di Zarathustra per baciarla; ma Zarathustra respinse il suo omaggio e si ritrasse spaventato, tacendo e come se si rifugiasse improvvisamente in una grande distanza. Ma dopo un attimo era ritornato fra i suoi ospiti, li guardava con occhi limpidi, indagatori, e diceva:

"Ospiti miei, uomini superiori, io voglio con voi parlar tedesco e chiaro. Io, su questi monti, non aspettavo voi": ("Tedesco e chiaro? Dio ci guardi!" disse a questo punto il re di sinistra, parlando per sè; "si vede che egli non conosce i cari Tedeschi, questo savio dell'Oriente! Ma egli pensa tedesco e grossolano. - Ebbene! Ai tempi che corrono questa non è poi proprio la cosa di gusto peggiore!"):

"Voi potete, in verità, essere, presi insieme, uomini superiori, - continuò Zarathustra: - ma per me non siete ne alti ne forti a sufficienza. 

Per me, vale a dire per l'inesorabile che in me tace, ma non sempre tacerà. E se voi siete dei miei, non siete però il mio braccio destro. - Chi cioè si tiene su gambe inferme e delicate, come voi, innanzi tutto, lo sappia oppure se lo dissimuli, vuole essere risparmiato. 

Ma io non risparmio le mie braccia, le mie gambe, io non risparmio i miei guerrieri: come potreste dunque essere adatti alla mia guerra?

Con voi, sciuperei perfino ogni vittoria. E parecchi di voi cadrebbero riversi solo a udire il rullio dei miei tamburi.

E nemmeno siete voi a sufficienza belli e di buona stirpe. Per la mia dottrina ho bisogno di specchi limpidi e levigati; sulla superficie vostra anche la mia immagine di deformerebbe. Sulle vostre spalle pesano molti fardelli, molti ricordi; e alquanti nani maligni stanno accocccolati nelle pieghe delle vostre anime. Anche in voi vi è molto volgo celato.

E anche se foste alti e di specie superiore: molto di voi è contorto e deforme. Non esiste fabbro al mondo che vi possa raddrizzare e aggiustare al mio talento.

Voi siete soltanto dei ponti: possano altri, a voi superiori, passare camminando su di voi, raggiunge la sua vetta!

Dalla vostra semente può darsi che un giorno nasca un vero figlio e un erede perfetto: ma è cosa lontana. Voi non siete coloro a cui un giorno apparterrà la mia eredità e il mio nome.

Non voi dunque aspetto qui su questa montagna, non con voi discenderò per l'ultima volta. Voi siete arrivati qui soltanto, come preannuncio che già altri, a voi superiori, sono in cammino, - non gli uomini della grande brama, della grande nausea, della grande noia, non quello che chiamaste l'ultimo resto di Dio, - no! no! tre volte no!. Altri io aspetto qui su queste montagne e semza di essi non leverò i miei piedi di qui, - aspetto altri, più alti, più forti, più vittoriosi, più lieti, resistenti nel corpo e nell'anima: debbono venire i leoni ridenti!

O miei ospiti, o miei ospiti strani, - voi non avete ancora saputo nulla dei miei figlioli? E che sono in cammino per venire da me? 

Parlatemi dunque dei miei giardini, delle mie isole beate, della mia nuova bella stirpe, - perchè non mi parlate di ciç?

Io chiedo dal vostro amore, questo dono opitale, di parlarmi dei miei figli. Per questo sono ricco, per questo divenni povero: che cosa non diedi, - che cosa non darei, per avere una cosa: questi figli, questa piantagione vivente, questi alberi di vita della mia volontà e della mia suprema speranza!":

Così parlò Zarathustra e a un tratto fermò il discorso: poichè l'aveva assalito la sua nostalgia, e chiuse gli occhi e la bocca per la violenza dei moti del suo cuore. E tacquero anche tutti i suoi ospiti e stettero immobili e commossi: soltanto il vecchio indovino accennava con le mani e con i gesti.

                                      ___________________________________

                                    PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.

 

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Commenti al Post:
odolevoci
odolevoci il 31/08/12 alle 20:28 via WEB
Cosa conosci tu di F.N.? Perché questa idea di pubblicare i suoi scritti?
 
 
loredanafina1964
loredanafina1964 il 03/09/12 alle 22:24 via WEB
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