Creato da loredanafina1964 il 10/10/2011

loredanafina

scrivere scrivere scrivere!

 

 

Dal libro:"MOS ME"LE non lasciarmi di Caterina Camarda-Ed. Color&more-Le pagine più interessanti 11^ PUBBLIC.

Post n°146 pubblicato il 17 Novembre 2013 da loredanafina1964

Pag. 175

Non vidi l'architetto a cena ma avevo deciso di affrontarlo, lui aveva tutte le risposte di cui avevo bisogno e solo lui poteva farmi emergere da quello stato di incertezza in cui vivevo ormai da quattro mesi. Andai a bussare alla sua porta, non rispose, Ardian mi aveva detto che era in camera così bussai ancora.

"Forse è sul balcone..." pensai, così provai ad aprire.

Tremavo, l'ultima volta che avevo fatto così avevo ricevuto una profonda delusione, ma ancora una volta non potevo rimandare, non avrei sopportato un'altra notte insonne, non adesso, dovevo affrontare il Nemico, anche se questo voleva dire non riuscire a stare in piedi dall'ansia, che mi prendeva fin dentro lo stomaco. Anche stavolta la porta era aperta a metà, tesi le orecchie ma non sentivo alcun rumore, dalla finestra spalancata entrava la luce del piazzale ma ugualmente non vedevo nulla e sul balcone non c'era nessuno.

"Non è qui..." pensai.

Mi stavo voltando per uscire quando vidi una minuscola lucina che si muoveva sul letto, era una sigaretta accesa. Il cuore mi saltò in gola, non era così che avevo immaginato la scena, non sapevo che fare.

"Chiudi la porta" disse la sua voce.

Non mi mossi. Vidi allora la lucina sollevarsi e venire verso di me, istintivamente feci un passo indietro appoggiandomi al muro, la porta si chiuse e tutto si fece ancora più buio. Mi appiattii contro la parete, non era così che doveva andare, non era così che l'avevo immaginata.

"M-mi..." balbettai, "mi stai spaventando..." sentivo il suo odore vicinissimo, "io...volevo parlarti ma..." vedevo la sua sagoma controluce, "ma forse..." faticavo a respirare.

La lucina finì a terra e scomparve del tutto.

"Dimmi..." mi sussurrò, "ti ascolto..."

Era davanti a me, sentivo il suo alito di fumo fresco, era l'unico momento in cui il fumo non mi dava fastidio e, anzi, mi piaceva moltissimo.

"Lar..." dissi piano, "per favore..."

Feci per fermarlo ma lui avvicinò il suo viso al mio, carezzandomi appena la guancia con le labbra. Chiusi gli occhi, il suo odore mi faceva impazzire, il mio respiro stava rallentando, poi la sua bocca sfiorò la mia mentre la sua lingua mi scivolava sulle labbra. Schiusi la bocca, lui mi strinse a sè e mi baciò con passione, il mio cuore smise di battere. Mi resi conto di aver desiderato fare l'amore con lui fin dal primo momento in cui l'avevo visto, anche se inconsiamente avevo sempre scacciato quel pensiero dalla mia mente e ora volevo fare l'amore con lui più di ogni altra cosa al mondo. Mi sfilò la maglietta a maniche corte e mi accarezzò le spalle, sentivo le sue mani avvolgermi tutta mentre la sua bocca passava delicatamente sul mento e piano scendeva lungo il collo e più giù. Aveva addosso la maglietta a maniche corte, gliela tolsi e gli toccai il petto, era massiccio, gli carezzai le braccia, erano forti, poi le mie mani arrivarono fino in basso, allora lui mi sollevò da terra e mi portò sul letto, mi spogliò del resto e si mise sopra di me. Mi baciò ancora sulle labbra.

"E dashura ime..."  "non sai quanto ti amo..." 

"Lar..."  dissi turbata, "Lar, io..." avevo paura.

"Non temere piccola..." mi baciò sulla fronte, "non temere, sono io..." disse piano, "e ti amo da impazzire..."

"Tu...tu mi ami..."

Un brivido mi percorse la schiena mentre mi lasciavo andare a un'emozione indescrivibile e finalmente abbassai le mie difese abbandonandomi a quelle sensazioni fortissime. Mi fece sussultare fino a togliermi il respiro per un attimo, sentii la sua bocca ancora sulla mia mentre si muoveva lentamente, molto lentamente.

"Lar..." staccai le mie labbra.

"Si..." disse lui in un sospiro, "anch'io..."

Una sensazione di piacere intenso pervase tutto il mio corpo, una sensazione lunghissima mai provata prima, tutto il mio essere stava partecipando, ogni singola cellula e ogni singolo pensiero, in quel momento tutta me stessa stava provando qualcosa di immenso.

I nostri cuori battevano forte, lui si accasciò sopra di me ma pesava troppo sui miei polmoni.

"Non...non riesco a respirare..." dissi senza fiato.

Lui si sollevò un poco, gli occhi si erano abituati a quella luce fioca, ma non riuscivo a vederlo chiaramente.

"Stai sorridendo, vero..." gli chiesi.

Per tutta risposta mi diede un bacio sulle labbra.

"Tieniti, vado a prendere un po di carta" e si alzò.

In bagno finalmente accese la luce, io mi coprii gli occhi per l'improvvisa luminosità ma ugualmente riuscii a vedere la sua figura, era bello e lo amavo da morire.

Mi portò la carta e mi tirai su, lui si stese sul letto mentre io andavo in bagno. Ero sicura che al mio ritorno l'avrei trovato già addormentato, con Ilir era sempre stato così. Spensi la luce pensando di raccogliere la mia roba e uscire.

"Perchè vuoi andartene?"

Mi voltai sorpresa.

"Sei...sei sveglio..."

"Vieni qua, bambina" e mi tese la mano.

Ero confusa, quell'uomo riusciva sempre a sorprendermi e io mi stavo perdendo per lui. Mi stesi sul letto soto il trapuntino, lui mi tirò a sè e mi strinse forte.

"Mos me" le..." disse piano accarezzandomi il viso, "mos me" le Kurre", e dashura ime..."

Sollevai la testa, nella penombra vidi che non sorrideva più.

"Non lasciarmi..." tradusse, "Non lasciarmi mai..." e mi spostò una ciocca di capelli dalla fronte.

Lo guardai in silenzio, non riuscivo a credere di essere lì in quel momento e che lui stesse dicendo questo a me. Temevo che parlando avrei rovinato tutto, così non feci domande quella sera, godendo appieno di quel momento così meraviglioso quanto inaspettato.

"Lar..." dissi solo, "e dashura ime... vuol dire..." esitai un attimo, "vuol dire... amore mio...vero..."

"Si"

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Dal libro: "MOS ME"LE non lasciarmi di Caterina Camarda- Ed. Color&more-Le pagine più interessanti 10^ PUBBLIC.

Post n°145 pubblicato il 17 Novembre 2013 da loredanafina1964

Pag. 152

Per due giorni rimasi a letto, l'architetto veniva a portarmi da mangiare e mi controllava la schiena ma non gli rivolgevo la parola, mi ero chiusa nel mio silenzio. Ogni volta che tentavo di muovermi il dolore mi ricordava quella scena e, insieme a quella, anche tutte le altre.

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Pag. 154

Continuava a parlare in modo arrogante e rideva, sentivo Ardian urlargli contro furiosamente mentre i ragazzi ridevano insieme a lui e facevano domande su domande e commentavano e poi ridevano.

Strinsi i pugni e chiusi forte gli occhi, mentre la rabbia prendeva il posto della paura.

"La deve pagare...." pensai.

Aprii il cassetto senza fare rumore e presi un coltello a punta, con uno scatto fulmineo gli fui alle spalle, lo afferrai per i capelli e gli puntai il coltello alla gola premendolo forte.

"Metti le mani sul tavolo!" dissi secca.

Fece per reagire ma premetti ancora più forte, una goccia di sangue gli scivolò lungo il collo.

"Ah..." sussultò piano.

Non se l'aspettava, rimase immobile con le mani sollevate, pronte ad attaccare.

"Le mani sul tavolo!" ripetei calma.

Qualcuno tradusse, fose Ardian, lui si mosse lentamente, abbassò le mani e le posò sul tavolo. Girai gli occhi verso la porta, l'architetto stava entrando in quel momento e si bloccò, gli occhi spalancati fissi su di me, poi guardai ancora Mark.

"Ti ringrazio..." cominciai a dire piano, "per avermi insegnato a essere forte..." la mia voce era bassa, "ora non mi spaventi più..."

mi fermai un momento e guardai Ardian, "mi hai preso l'unica cosa che potevi avere..." lui capì e continuò a tradurre le mie parole, "non potresti nemmeno lontanamente aspirare ad avere altro da me..." la lama premeva contro la gola, "la tua crudeltà non ha nemmeno sfiorato la mia anima..." e la mano tirava forte all'indietro la testa.

Mi fermai ancora facendo una smorfia, davanti agli occhi le immagini di quel giorno, poi continuai.

"Ora avrò la mia rivincita..." la schiena mi doleva per lo sforzo, "e tu non potrai fare nulla..." ma dovevo farcela, "sei nelle mie mani..." fino alla fine, "come io ero nelle tue"

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Dal libro: "MOS ME"LE non lasciarmi" di Caterina Camarda - Ed. Color&more- le pag. più interessanti 9^ PUBBLICAZ.

Post n°144 pubblicato il 17 Novembre 2013 da loredanafina1964

Pag. 136

Naturalmente quella notte non riuscii a dormire, mi ritornarono in mente tutti quei pensieri che per una decina di giorni ero riuscita ad accantonare in un angolo remoto della mia mente. Lui mi aveva chiamata e io mi ero presentata addirittura da sola per paura di ritorsioni, mi sentivo ancora più umiliata del solito, mi sentivo ancora più una cosa nelle sue mani, senza dignità nè amor proprio, non più una persona dotata di carattere e stima di sè stessa ma una stupida, inutile, insulsa cosa da prendere, usare e poi gettare via e, sopratutto, mi sentivo colpevole fin nel profondo per aver accettato tutto con codardia.

"Non sei stata capace nemmeno di buttarti di sotto! Sei una stupida! Stupida! Stupida!" continuai a ripetermi rigirandomi nel letto.

Al mattino non ce la feci ad alzarmi, ero riuscita a dormire forse solo mezz'ora, ero distrutta. Qualcuno bussò alla porta poi l'aprì, mi voltai dall'altra parte, non volevo vedere nessuno, non me la sentivo di affrontare nessuno.

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Dal libro "MOS ME"LE non lasciarmi" di Caterina Camarda Ed. Color&more le pagine più interessanti 8^ PUBBLICAZ.

Post n°143 pubblicato il 17 Novembre 2013 da loredanafina1964

Pag. 100

"Siamo rimasti soli" disse piano avvicinandosi, "ora mi farai vedere cosa sai fare..." e cominciò a carezzarmi il viso, "Non aver paura..." poi scese sul collo, "se collabori non ti farò male, anzi..." io tremavo, " vedrai che ti piacerà..." non volevo, "io sono un ottimo amante..." ma sapevo di cosa era capace.

Fece per baciarmi, io scostai la testa di lato appiattendomi contro il muro, non ce la facevo, non ce la facevo proprio, il cuore batteva forte e respiravo a fatica, lui mi prese la testa da dietro senza scomporsi e l'avvicinò a sè, quindi mi baciò piano.

La sua lingua era grossa e il suo sapore mi infastidiva, ma la mano dietro mi impediva di staccarmi, le lacrime cominciarono a scendere lentamente. Fece per sollevarmi la maglietta, provai a fermarlo ma lui me la sfilò lanciandola lontano, poi prese ad accarezzarmi il seno passando la sua grossa e viscida lingua dappertutto e abbassandomi un pochino i jeans.

"No...no per favore..." piagnucolai con un filo di voce.

Mi guardò e sorrise, poi si tolse la giacca e la buttò a terra, la stessa cosa fece con camicia e pantaloni continuando a guardarmi in silenzio, mentre io cercavo di coprirmi con le mani, mi vergognavo da morire. 

Si avvicinò ancora, feci per allontanarmi.

"Non vorrai che chiami Mark, vero?" disse afferrandomi per un braccio.

Avevo capito solo il nome, scossi la testa cominciando a piangere in silenzio.

"Brava..." disse baciandomi sul collo, "così mi piaci..." e mi fece stendere sul letto sfilandomi completamente i jeans.

Gli lasciai fare tutto quello che voleva senza opporre ulteriore resistenza, non c'era nulla che potessi fare per evitarlo e ormai speravo solo che finisse in fretta. E infatti finì in fretta, poi lui si addormentò e io scesi dal letto, andai in bagno a lavarmi, tornai in camera a prendere la mia roba e uscii avvolta nel suo accappatoio.

Mark era ai piedi della scala e, quando mi vide, salì bloccandomi a metà rampa. Non avevo la forza di reagire, ero stanca, mi sentivo svuotata, così mi lasciai schiacciare contro la parete.

"No!" scosse la testa, "Non così! Ti voglio più combattiva!" e mi lasciò andare.

Continuai a scendere, l'accappatoio era scivolato in parte scoprendomi le spalle, arrivata alla porta della mia camera l'aprii ed entrai, tolsi l'accappatoio e lo lasciai cadere a terra fuori, volevo che niente di lui entrasse ancora nella mia camera, poi chiusi la porta. Nell'attraversare la stanza al buio, completamente nuda, la mia roba in mano, sollevai lo sguardo verso la telecamera sopra la scrivania.

"Spero ti sia piaciuto..." dissi amaramente a mezza voce.

Andai all'armadio, presi maglietta e mutandine pulite, le infilai e mi ficcai sotto il trapuntino, restai sveglia fino a notte alta.

Il giorno dopo mi alzai presto, più presto del solito, avevo dormito pochissimo e alle cinque ero già completamente sveglia. Mi lavai e mi vestii, poi scesi. Non c'erano tazze nel lavandino, bevvi il solito caffelatte ma senza mangiare nulla e andai alla villa, il sole stava sorgendo in lontananza e il silenzio avvolgeva ogni cosa. La radio era spenta, nella sala c'era pochissima luce ma presi ugualmente la fusaggine e cominciai a disegnare un nuovo riquadro.

La mia mente era in apnea, non riuscivo nemmeno a pensare, disegnavo e basta. Quando Ardian arrivò come al solito verso le dieci, mi resi conto che non avevo idea di che ore fossero perchè la radio, che mi diceva l'orario, era rimasta spenta e avevo disegnato tutto il tempo come un automa, finendo tre riquadri. Entrò senza dire una parola, lasciò sul tavolo il termos e il sacchettino dei biscotti e fece per allontanarsi.

"Hai visto Ardian..." gli dissi senza voltarmi, lo sentii fermarsi, "te l'avevo detto che non avresti potuto aiutarmi..." e continuai a disegnare.

Sentii che usciva chiudendo la porta.

Per il resto della settimana la scena alla sera si ripetè più o meno uguale, salvo per Mark che non mi fermava più all'uscita dalla mansarda ma si limitava a guardarmi con un ghigno di biasimo e, per il resto della settimana, l'architetto continuò a non rivolgermi nè uno sguardo nè una parola. La radio era sempre rimasta spenta e io mi ero ben guardata dal chiedergli di accenderla, le poche volte che per sbaglio l'avevo incrociato avevo solo sentito l'odio per lui riempirmi il cuore.

Quella domenica restai a letto, la notte avevo dormito poco come al solito e mi ero svegliata presto, ma era domenica e la domenica difficilmente riuscivo a lavorare, era più forte di me, dovevo fare qualcosa di diverso. A fatica tirai le sette.

"Non ce la faccio più..." mi dissi, "andrò al algo ..." e mi alzai.

Come ogni domenica in giro non c'era nessuno, feci colazione e uscii dalla casa. Guardai la moto e la grossa macchina nera, abbassai la testa e misi le mani in tasca addentrandomi nel bosco. Il lago era sempre bellissimo, quella settimana non c'ero mai andata, così mi sedetti al masso sotto al mio albero. Non avevo con me il blocco, mi sentivo talmente svuotata da non avere nemmeno due parole da scrivere, così mi rannicchiai su me stessa e chiusi gli occhi, godendo solo di quello che il lago potesse offrirmi a quell'ora del mattino.

Forse mi appisolai, un rumore mi fece aprire gli occhi, mi alzai spaventata tendendo l'orecchio e appiattendomi contro l'albero.

"Non violare anche il mio luogo sicuro, non farlo...." pregavo tra me temendo fosse Ilir.

Attesi un pò poi, non vedendo nessuno, guardai fuori attraverso le foglie dell'albero ma non si vedeva granchè, allora provai a uscire ma miente, non vedevo anima viva.

"Forse qualche animaletto..." pensai e mi voltai per tornare sotto l'albero.

Un altro rumore mi fece girare di nuovo ma stavolta ne avevo capito la provenienza, così mi diressi cautamente nella sua direzione. Mi fermai di colpo, l'architetto stava camminando a testa bassa lungo la riva del lago, la sigaretta in mano, andava in là molto lentamente.

"Maledetto bastardo...." pensai indietreggiando.

Inciampai su qualcosa e persi l'equilibrio, emisi un leggero suono mentre cercavo di non cadere a terra ma, in quel silenzio, tanto bastò a fargli sollevare la testa. Si voltò e mi vide. Non avevo intenzione di parlargli, così mi girari per andarmene.

"Aspetta!" disse venendomi vicino.

"Va via..."  gli risposi senza fermarmi.

Lui mi afferrò un braccio.

"E lasciami!" strattonai per liberarmi. "E' mai possibile che qui tutti vogliate mettermi le mani addosso!"

Mi lasciò facendo un passo indietro.

"Hai ragione, scusa..."  disse piano, "volevo solo dirti che stai facendo un buon lavoro".

Lo fissai negli occhi, sentivo il sangue ribollirmi nelle vene.

"Con lui, intendi dire..." la mia voce era una lama.

Non rispose, i suoi occhi parevano tristi.

"Non temere..." strinsi forte le labbra, "anch'io mantengo sempre le promesse..."

Mi guardò stupito, non capiva.

"Avevo detto che l'avrei fatto e lo stò facendo..." dissi, "non ho bisogno di te nè di nessun altro!" lo fissai con rabbia, "So badare a me stessa, l'ho sempre fatto..." volevo che sapesse quanto lo odiavo, "sono capace di fare qualunque cosa e di trasformarmi in chiunque, anche in una..." esitai, "anche in una..." non riuscivo a dirlo, "...puttana..." mi fermai a prendere fiato, il cuore martellava forte, "Non è difficile, sai, basta estraniarsi.... ce la faccio benissimo..."

Lui continuava a guardarmi senza dire nulla. Abbassai la testa davanti agli occhi l'immagine di lui che mi faceva spogliare e mi toccava, poi mi baciava e mi leccava con quella lingua grossa e bagnata, mi riempiva di saliva dappertutto, era rivoltante il suo odore mi dava il voltastomaco, mi obbligava a partecipare con la minaccia di chiamare Mark e infine mi veniva sopra e entrava con forza seguendo il suo istinto come un animale.

Dopo qualche minuto tutto finiva, non c'era sentimento, non c'era grazia, non sentivo niente, solo dolore e schifo.

"E' rude..." dissi a voce bassa soprapensiero, "mi fa sempre male..." avevo appena detto il contrario.

Mi accorsi che stavo per mettermi a piangere.

"Non ho bisogno di te!" alzai la voce e sollevai la testa, "Non ho bisogno di nessuno!" quindi mi girai fuggendo via di corsa.

Arrivai alla casa che non avevo più fiato, feci le scale a fatica ed entrai in camera, mi buttai a peso morto sul letto poi, finalmente scoppiai in un pianto liberatorio.

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Dal libro "MOS ME"LE non lasciarmi" di Caterina Camarda Ed. Color&more le pagine più interessanti 7^ PUBBLICAZ.

Post n°142 pubblicato il 16 Novembre 2013 da loredanafina1964

Pag. 94

Mi appoggiai alla ringhiera allargando le braccia a destra e a sinistra sullo stretto parapetto e mi sporsi un poco. Chiusi gli occhi, l'aria mi spostava i capelli sulla fronte, era calda, anche se il sole ogni tanto si nascondeva dietro le nuvole. Aprii gli occhi, avrei potuto lanciarmi in volo e arrivare giù giù fino a sfiorare l'erba, per poi risalire librandomi alta nel cielo, sopra il bosco e più in là, sarebbe bastato scavalcare il parapetto e lasciarsi andare.

Tieni duro bambina.... aveva detto l'architetto.

Le sue parole mi risuonarono improvvisamente nella testa bloccando ogni altro desiderio di volo. Mi portai una mano sugli occhi, in un modo o nell'altro pensavo sempre a lui, non riuscivo a odiarlo davvero.

"C'è qualcos'altro...."  pensai rianimandomi.

Mi sedetti sul pavimento, tra l'infisso e la ringhiera, la testa dietro.

"Nessuno fa tutto questo solo per delle stupide pitture..." pensai, " ci dev'essere qualcosa di molto più forte..." aveva letto il mio libro, "qualcosa che ne valga la pena..." aveva ricordato quelle frasi in fiera, "non può essere solo per delle stupide pitture..." e mi aveva baciata in quel modo.

"Perchè lo stai facendo..." dissi infine a bassa voce, "perchè lo stai facendo..." e mi portai di nuovo la mano sugli occhi, "perchè..."  chiudendoli.

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Inviato da: Laranichinyo
il 31/01/2015 alle 19:15
 
Ciao, bel post, complimenti. Ti auguro una dolce notte....
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:)
Inviato da: loredanafina1964
il 15/01/2014 alle 22:53
 
Il verso della lepre o il raglio dell'asino invece non...
Inviato da: dakota_07
il 13/01/2014 alle 22:58
 
grazie :) NMHRK
Inviato da: loredanafina1964
il 13/01/2014 alle 21:58
 
 

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