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LA DIDATTICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini (Bel Ami Edizioni) - le frasi e le pagine più belle - NONA PUBBLICAZIONE

Post n°131 pubblicato il 08 Agosto 2013 da loredanafina1964

Arrivo di un'altra lettera dattiloscritta.

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Nel mio ufficio c'è qualcosa fuori posto. Sulla scrivania, campeggia una delle solite lettere. Mi siedo, ancora un po di tensione sulla schiena, in attesa di leggere il verdetto del mio amico sulla mia discesa nell'agone politico. Accendo un sigaro, apro il sigillo e inizio a leggere.

Io credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico figlio, Nostro Signore, il quale fu concepito dello Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto: discese all'inferno. Il terzo giorno risuscitò dalla morte, salì in cielo e siede alla destra del Dio Padre Onnipotente; e di là la verrà, a giudicare i vivi e i morti.

In settantacinque parole sono riassunte le oltre mille pagine della favola di Lor Signore Dio.

Oltre ogni dubbio la favola più famosa della nostra epoca moderna. E l'hanno chiamata "Credo", questa preghiera perchè fosse chiara la direttiva che bisognava seguire: non chiedere ma credere, credere fermamente senza domandarsi se le indicazioni che ci venivano date fossero o meno reali.

Pure, non hanno potuto nascondere la verità. E infatti a voler leggere bene fra le righe si potrebbe tracciare una linea di condotta giusta.

Che però, caso strano non coincide con la condotta consigliata.

Bada bene, la Chiesa non ha mai detto "fate come Gesù Cristo". Al contrario ha detto "non sacrificatevi, ci ha già pensato lui per tutti.

Sarà bene però che io vada con ordine.

Cinque parole appena su Dio, oltre sessanta su suo figlio: è evidente, da subito chi è la vera Star.

Che Dio sia onnipotente ci viene specificato, che lo sia anche Gesù Cristo suggerito per induzione.

Quindi, Gesù è onnipotente. Ed è doveroso che lo sia: siamo tutti d'accordo che un Dio che non sia onnipotente non è un Dio.

Ebbene, questo Dio è stato tradito dal più stretto dei suoi amici, si è fatto strappare a frustate la carne dalle ossa, coperto di sangue e di sputi ha trascinato la propria croce su cui poi è stato inchiodato e lasciato soffocare dal suo stesso peso fino a morire di un arresto cardiaco.

Ma, in quanto onnipotente, avrebbe potuto evitare tutto questo.

Quindi per come la vedo io, ma anche per come la vedono loro, Lui scelse tutto questo.

Ci danno ancora la colpa, da bambini, al catechismo, e in chiesa ogni domenica, di essere stati noi, con i nostri peccati, a farlo soffrire. Chiedete agli ebrei, per anni li hanno perseguitati con questa storia del deicidio perchè spettatori impassibili della mattanza divina.

La verità, signori, è un'altra.

La verità è che il nostro caro Cristo la sapeva lunga.

Sapeva bene che il dolore forgia e, sopratutto, non è insopportabile.

Lo sa bene lei, Dario, che nell'esercizio della sua boxe avrà sicuramente incassato parecchi colpi.

Se ricorda, il difficile era il prima, l'attesa del colpo, la fantasia di quanto male abrebbe fatto.

Salvo poi scoprire che non era nulla di intollerabile e dopo si sarebbe sentito più forte.

Con le dovute proporzioni fra la nostra fragilità e la sua onnipotenza, quella morte per Cristo non era insopportabile.

Cristo non voleva salvare il mondo dai peccati degli uomini, ma costruire un nuovo cielo, distante da quello che suo padre aveva imposto.

A quanto pare anche il buon Dio aveva un dissidente in famiglia, come ogni famiglia che si rispetti.

Costruire un nuovo cielo è quindi possibile, ma si può solo camminando, prima, attraverso il proprio inferno, per uscirne poi più forti, per aver sperimentato gli effetti che l'Odio più grande che possiamo immaginare produce su di noi.

Ma l'autorità non vuole che si intuisca un nuovo cielo e quindi ha frainteso (volutamente) il sacrificio di quel figlio un pò ribelle servendo al popolo bovino la spiegazione preconfezionata che tanto faceva piacere al Padre.

Ed è così che la morale cristiana ci ha reso davvero un popolo bovino, ovino, un popolo da cortile. Se da animali ci serviva un Capobranco e da primitivi ci è servito un Condottiero, a partire dal tradimento di Cristo ad opera della Chiesa, in poi, a guidarci è stato un Prete.

Che, non a caso viene anche chiamato Pastore.

Chi ha deciso che io, o lei, abbiamo bisogno di un pastore?

Avanti, provi a chiedere ai suoi spettatori, giovedì prossimo, se hanno voglia o meno di avere un pastore.

Risponderanno no.

Eppure, è quello che abbiamo costruito. Ci siamo creati una struttura statale che prevedesse un gruppetto di pastori a scegliere il sentiero per noi migliore. L'abbiamo fatto perchè avevamo paura. Ecco tutto. Ci hanno messo paura loro, tutti, e quando eravamo più vulnerabili ci hanno offerto la via d'uscita: una strada comoda, in cui tutte le decisioni sono prese da loro e che ci avrebbe portato a essere, si estranei alle responsabilità.... ma anche agli eventuali vantaggi.

E' il potere  dell'illusione della sicurezza, salire a bordo del Titanic convinti che quel mezzo invincibile e la bravura del capitano ci porteranno ovunque senza problemi. E poi, di botto, scoprire l'esistenza degli iceberg.

Di tanto in tanto, qualche pecora temeraria ha provato ad uscire dal gregge e quando questo è accaduto, loro l'hanno riportata nel mucchio, attirandola con la promessa di nuove scintillanti diavolerie, (com'è lucido il Titanic, che belli i suoi pavimenti ed eleganti le divise del suo equipaggio), diavolerie che la tenessero abbastanza affascinata ed occupata da non pensare più alla propria libertà. Oppure con minacce, dapprima velate, poi sempre più esplicite. Ove anche queste non hanno funzionato, si è proceduto eliminandola fisicamente dal gregge. Se dico ad esempio "Giordano Bruno", sono certo che qualcosa vi sovviene.

Se siamo rimasti vivi fin qui, evidentemente siamo frutt di generazioni di pecore mai troppo "scomode". L'abitudine al gregge ha distrutto ogni cosa, ormai siamo totalmente abbandonati: al punto in cui siamo arrivati siamo convinti di non poter più vivere senza il nostro pastore.

Tutto questo muore, qui ed oggi.

Noi saremo quello che nessuno finora è stato dall'anno zero ad oggi. Noi offriremo a Cristo la sua vendetta. Cresceremo i nostri figli come ribelli, li spingeremo a camminare attraverso il deserto dei loro inferni e, a differenza di quel che successe millenni di anni fa, al momento della resa dei conti non li fraintenderemo.

Visto che i pastori ci hanno voluto animali, beh, noi da a nimali ci comporteremo.

Sceglieremo però noi la razza e rifiutando di essere formiche, saremo lupi.

Le spiego cosa intendo: nelle formiche il ruolo che un individuo ricoprirà per tutta la sua vita è stabilito dalla genetica. La formica regina nasce già regina e non potrebbe decidere di essere un soldato.

Viceversa un'operaia sarà condannata a svolgere il suo ruolo senza obiezioni dacchè la natura l'ha generata priva degli strumenti atti ad offendere o riprodursi.

Ecco, questa è la società come i nostri pastori la sognano. Una società in cui a loro sia garantito di continuare  a generare altri pastori che li sostituiscano, quando sarà il momento, e nella quale ognuno nel gregge occupa un proprio ruolo senza la possibilità di cambiare prospettiva. 

Ma noi siamo, per natura , molto più simili ai lupi: rispettiamo un capobranco che si imponga in quel ruolo grazie a superiori capacità (nei lupi non è la sola forza fisica a determinarlo, come si potrebbe credere, ma anche l'intelligenza nel guidare il branco verso il cibo e al riparo dai pericoli), un capobranco che accetti, ogni giorno, implicitamente il rischio che il suo ruolo possa essere rivendicato da un altro con capacità migliori.

In linea puramente teorica, nel sistema democratico questo rischio è compreso. In linea pratica, ho già visto la classe politica farsi beffe di troppi referendum per crederci.

Branco, si diceva.

Bene, un fattore determinante dell'identità di un branco è l'odore. Suona strano, non siamo abituati a pensare in questi termini e anche di questo dobbiamo ringraziare i nostri pastori.

Difatti, l'uomo moderno, sopratutto occidentale, restringe i suoi rapporti sociali, fatta eccezione ovviamente per quelli sessuali, al campo di apparteneza di due soli sensi: la vista e l'udito. Saltuariamente affidiamo la nostra socializzazione al tatto, come quando stringiamo una mano o abbracciamo un amico, più di rado al gusto, per esempio quello del caffè che, universalmente, è passato ad indicare un momento principe d'incontro. Praticamente mai, però, all'odore.

Conoscendone la pericolosità, il Potere ha fatto sì che l'odore diventasse politicamente scorretto, sconveniente, fuori moda. Non a caso, nella Bibbia i riferimenti all'odore di Cristo sono praticamente assenti. E' un'altro modo per delegittimarlo come capobranco.

L'unico che viola questa regola è l'apostolo Paolo (non a caso, il più rivoluzionario degli apostoli), che nella seconda lettera ai Corinzi ci parla del "profumo di Cristo" come di  un odore che, se respirato, potrebbe portare "odore di vita a quelli in odore di morte". Ribellione, in altri termini.

Per cui, caro Dario, se intendiamo restituire alla gente la propria libertà, sarà bene prima restituirgli il loro naso.

Anche per respirare al giorno d'oggi, si deve ricorrere a una Didattica dell'Odio.

A presto.

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PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.


 

 
 
 

LA DIDATTICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini (Bel Ami Edizioni) - le frasi e le pagine più belle- Ottava pubblicazione

Post n°130 pubblicato il 05 Agosto 2013 da loredanafina1964

Dario rimase quieto nell'ansiosa attesa di una nuova lettera.

Il nuovo plico arrivò durante la giornata del lunedì. Questo concedeva a Dario più tempo per organizzare la nuova diretta. Federico, che aveva passato gli ultimi quattro giorni con le dita incrociate, terrorizzato dalla paura di possibili rappresaglie, scrociò le dita per ricominciare a farle scorrere sulla tastiera del telefono ed organizzare la nuova puntata.

Dario si chiuse nello studio di cui aveva (con l'arroganza tipica del re spodestato che ritorna al suo posto) ripreso possesso.

Comodamente seduto sul suo trono di pelle, isolato dal resto del mondo, si accese un sigaro. Poi staccò il sigillo della lettera e iniziò a leggere.

Ci troviamo di nuovo, caro Dario.

L'avevo lasciata alle prese con formiche, termiti e altri esseri poco raccomandabili, animali come lei e come me, ma della cui parentela, per quanto lontanissima, un pò tutti ci vergognamo. Provi un po lei ad andare da una donna che le piace e sulla quale vuole far colpo e dirle: "tu sei la mia termite". Non credo che la serata finirebbe sul sedile posteriore della sua automobile. Ma avrà sentito spesso qualcuno dire "sei la mia Bambina", ed è un nomignolo che in genere non dispiace. Questo perchè alla categoria "Bambini" abbiamo dato, da ormai parecchio tempo, connotati positivi. E' successo subito dopo esserceli inventati, i Bambini. Già, perche - sia chiaro - i Bambini sono una nostra invenzione.

Ma sarà bene fare un po di luce sulla questione.

Pressappoco fra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo ha avuto luogo una rivoluzione silenziosa ma di importanza estrema. Potremmo ben dire che sia stata più importante di quelle simpatiche puttanate - scoperta dell'America, la prima macchina a Vapore, il Telefono - a cui universalmente tributiamo l'onore di aver cambiato stabilmente le regole della nostra Esistenza. No, queste rivoluzioni sono state, in realtà, solo cose nuove da gestire. La rivoluzione di cui parlerò cambiò le modalità della gestione stessa.

E' stata una rivoluzione che abbiamo preso in bocca.

Il passaggio, più o meno indolore, della società "del Vino e della Birra" alla società del The e del Caffè".

Seguiamo Aner, muratore egiziano, attraverso l'inizio della sua giornata venti secoli circa prima dell'arrivo di Cristo. Il pover'uomo sa che lo aspettano diverse ore di fatica bestiale sotto l'inclemente sole del deserto a cesellare blocchi di pietra da sei tonnellate per impilarli in una Piramide che testimoni la grandezza di un altro uomo, per nascita più fortunato di lui, agli occhi di altri uomini ancora che, invece, con il nostro Aner condivideranno una vita fatta di sole, sudore, arcaiche bestemmie, pane e birra.

Infatti, Aner si sveglierà presto al mattino, si laverà la faccia in un catino sporco, indosserà la tunica da lavoro e, salutata la moglie, farà colazione nel suo modo consueto: pane e birra.  A questo c'è un perchè: i carboidrati del pane e dell'alcool contenuto nella birra gli forniranno le energie necessarie per il lavoro terrificante che lo aspetta e, a buon bisogno, lo stordimento alcolico indispensabile per immunizzarsi alla fatica (e all'ira divina causata dalle arcaiche bestemmie) e, pertanto, proseguire efficientemente il suo compito.

Se anzichè Aner, volessimo seguire Philippe, nel 1380, nel suo ruolo di capomastro durante la costruzione della cattedrale di Reims, probabilmente la variazione più significativa che troveremmo sarebbe quella di sostituire alla birra il vino e alle bestemmie arcaiche qualcosa di più consono ad un uomo del basso medio-evo (le quali presumibilmente ci suonerebbero familiari).

Se però voliamo con la fantasia a Theodor, mercante di lana della contea di North Yorkshire nel 1734, questo austero inglese si scandalizzerebbe all'idea di un pasto simile. Con buona approssimazione potremmo sbirciare, sulla sua tavola, un bicchiere fumante di caffè nero.

Non ci sono piramidi, nel North Yorkshire, e la cattedrale di zona, a York, è già stata costruita da operai avvinazzati qualche centinaio di anni prima. La più grande Cattedrale gotica della Gran Bretagna, fra l'altro.

Theodor, dovrà tenere conti, sorvegliare i trasportatori, a buon bisogno tenere il timone della sua piccola barca lungo le coste della perfida Albione. A Theodor non dovranno funzionare i muscoli, ma il sistema nervoso. Non dovrà essere anestetizzato ma, al contrario, vigile. 

E il caffè, così come il the, è un neuro stimolatore.

Qualcuno vigile, come il nostro Theodor, una mattina di circa un secolo prima aveva dato un nome a un fenomino che esisteva, in incognito, già ai tempi di Aner: la gravità. Qualcun altro, sempre molto vigile, ha capito come sfruttare il vapore, dando un senso nuovo a un elemento - l'acqua - la cui età misuriamo in milioni di anni.

Grazie alla ritrovata lucidità si sono, in sostanza, capire le regole a cui Dio ha sottomesso l'universo. Regole talmente valide che, nella sua infinita saggezza, Dio ha deciso di non fare eccezione, sottomettendosi a sua volta.

Come suggeriva Leibniz, Il Signore ha creato il grande Orologio che è il mondo. Una volta caricato l'Orologio, ha lasciato che il tempo scorresse da sè, secondo il ritmo prestabilito. Quando, di tanto in tanto, vede che l'orologio rallenta di qualche minuto, dà semplicemente un colpetto alla rotella e la ricarica.  E quando questo succede, noi Uomini alziamo lo sguardo al cielo e gridiamo "Miracolo", per queste lancette che si riallineano, mentre il buon Dio, lassù, probabilmente impreca per aver fatto tardi a un appuntamento importante per colpa di questo fottuto orologio in ritardo. Ma, salvo riallineamenti, per tutto il resto del tempo l'Orologio va avanti col solito ritmo.

Voglio dire: le mele cadono.

Tutte, anche quelle che crescono nel sagrato di una chiesa. 

Non c'è eccezione alle Regole dell'Orologio.

Una volta intuite le norme dell'Orologio Mondo, gli esseri umani hanno smesso di interessarsi a Dio, l'Orologiaio, e hanno cercato di concentrarsi su di esse, probabilmente nella fantasiosa speranza di capire così bene come funzionasse il meccanismo da poter battere il Padreterno sul suo stesso terreno.

Non so se adesso è chiara la portata della rivoluzione: dopo una sbronza durata più di cinquanta secoli, finalmente eravamo lucidi abbastanza da poter competere con Dio. Ma nel guardare l'Orologio se non possiamo affidarci all'aiuto delle linee che ne dividono il quadrante, capire che ora è risulta più difficile. Per ovviare a questo problema, gli uomini hanno deciso di dividere l'Orologio-Mondo secondo le linee delle Categorie.

Le Categorie, ovviamente, esistevano già. Ma erano poche, molto labili, assolutamente generali.

Per fare un esempio, esistevano gli Uomini Sani oppure i Malati. I Malati si dividevano in due grosse categorie, quelli malati per qualcosa di rotto nel corpo e quelli che avevano qualcosa di rotto in testa per i quali la spiegazione, di solito, era che avevano avuto un qualche malsano rapporto col demonio.

Punto, la cosa si chiudeva là. Uno schizofrenico o un aggressivo compulsivo, non esistevano non perchè non esistessero queste malattie, di per sè molto evidenti a livello sociale, ma semplicemente perchè venivano archiviati tutti nella categoria "Intrallazzi col Demonio".

Chiaro però che nel momento in cui fu creata la categoria "Schizofrenici", ovviamente questi comparirono, e si distinsero dagli altri. Il solo fatto di averli pensati li rese reali, riconoscibili e a loro modo unici. Conosciuti.

In breve, gli uomini ci presero gusto, ubriachi di questa inedita sobrietà e nella smania di rendere tutto conosciuto e conoscibile iniziarono a proliferare in categorie e sottocategorie sempre più precise. E fu così che si inventarono i Bambini.

Prima erano soltanto Piccoli Uomini.  E come Piccoli Uomini venivano trattati. A cinque anni lavoravano già nei campi o alla manutenzione della casa, a sette bevevano birra come gli adulti per sostenersi nel lavoro manuale e come gli adulti fronteggiavano una vita vera, venivano lasciati liberi d'azzuffarsi fra loro, in una versione, in scala, delle guerre quotidiane che avrebbero dovuto affrontare negli anni a venire e, se qualcuno perdeva un occhio o un dito, beh, erano incidenti di percorso dovuti all'addestramento.

Un addestramento, proprio questo era l'Educazione prima della creazione della categoria "Bambini", non il processo di formazione carico di speranze e aspettative che oggi intendiamo noi.

Dalla creazione della categoria in poi la soglia che Natura aveva stabilito per l'autosufficienza del giovane essere umano fu spostata drasticamente in avanti. Si generò uno scudo protettivo via via più ampio e che, ad oggi, va ben oltre i diciotto anni che la legge ha convenzionalmente stabilito.

Nella speranza di ottenere generazioni future in cui i bambini senza un occhio, o mancanti di un dito, o sfregiati da cicatrici, fossero decisamente meno, su prolungò l'ombra protettiva dell'adulto sulla categoria bambini, e si cominciarono a inserire quelle grosse X nere di cui parlavamo nella scorsa lettera su tutta una serie di campi della vita che, improvvisamente, si ritenne che questi soggetti non fossero in grado di affrontare, nonostante fino a pochi decenni prima, invece, li affrontassero facilmente. Facile prevedere l'ovvia debolezza mentale che questo ha generato.

In sostanza, abbiamo barattato la testa dei nostri figli con un migliore aspetto fisico, abbiamo ottenuto una Razza esteticamente migliore ma definitivamente più immatura. Il Nazismo, in tempi successivi, ha battuto molto sulla bellezza delle proprie generazioni future, con i risultati che tutti conosciamo bene.

La nostra insana attenzione ha vanificato quel pò di addestramento che ancora avevamo conservato nei nostri usi, mutandolo dalla natura, e ci ha portato a richiudere i nostri cuccioli in zuccherose gabbie dorate costellate da  nere, poste a tappare molti spiragli della luce che dall'esterno cercava di illuminarle.

Anche per questo ci occorre una Didattica dell'Odio. 

A presto.

Nel corso della lettura la faccia di Dario era andata via via rischiarandosi di un sorriso sempre più vasto. Mentre il suo anonimo suggeritore gli spiegava che, contrariamente a quanto si pensi, i bambini non li porta la cicogna ma sono un parto della nostra mente razionale. Dario Sensoli sentiva crescere nelle orecchie il ticchettio di un immenso orologio che si rimetteva in moto.

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Prossima pubblicazione al più presto.

 

 
 
 

LA DIDATTDICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini - (Bel Ami Ed.) - Le frasi e le pagine più belle - CONTINUA SETTIMA PUBBLICAZIONE

Post n°129 pubblicato il 01 Agosto 2013 da loredanafina1964

Contenuto del foglio dattiloscritto:

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Data una Rana, HILA ARBOREA, anfibio molto diffuso di una specie fra le più comuni, e dato un pentolino, posto su un fornello a un fuoco di media intensità, cosicchè la temperatura possa aumentare al suo interno di un grado alla volta ad intervalli regolari, chiudendo la rana nel pentolino l'anfibio di cui sopra avrebbe tempo sufficiente per abituarsi alle variazioni tanto che morirebbe per il troppo caldore senza nemmeno accorgersene fino ad un solo secondo prima che la temperatura diventi, per lei, letale.

La rana muore, in definitiva. E se ad un'analisi attenta tutto sembrerebbe indicare che è per il calore che la rana è morta, capiremmo che la rana non è morta di calore. E' morta di educazione. Mi segue Dario?

Quella stessa rana messa nel pentolino di colpo alla temperatura critica che ne causerebbe la morte non esiterebbe un secondo a saltarne fuori. La nostra rana, invece, viene "educata" alla temperatura e in questo modo uccisa.

Ora pensi alla nostra, di educazione. Se torna indietro abbastanza da pter guardare bene sotto lo strato di quotidianità che la riveste vedrà che c'è una grossa X nera che copre la metà delle nostre emozioni e pulsioni. 

Chi ci educa ci insegna l'amore un grado alla volta.... Come rane ci danno un grado dopo l'altro di distillato di buoni sentimenti attraverso la famiglia, la scuola, il catechismo.

Ci viene insegnato che Amare la propria mamma non è come amare la maestra, che a sua volta non è come volere bene alla tua compagna di banco delle elementari destinata poi, a diventare l'adolescente che inonderà la tua mente durante le lunghe ore di autoerotismo, poi la ragazza che ti spingerà a litigare con i tuoi amici e poi, forse la donna da sposare, da ingravidare, da cui divorziare - assegni di mantenimento, avvocati e figli in lacrime inclusi.

Fino a morire, morire d'amore, si, ma.... un grado alla volta. Educatamente.

Senza lotta, senza ribellione, senza spargimento di sangue. L'educazione all'Amore ci rende docili.

Tutto questo però non viene fatto per quanto riguarda l'Odio. Uso qui la parola Odio in un senso molto generico. Non ho grande scelta, purtroppo. Come lei, non sono stato educato ad esso.

Ci si meraviglia, dunque, che l'Odio sia, per noi, così complicato? E' ovvio,, non ne abbiamo alcuna esperienza!

E poi, anche l'Amore è complicato, ma non per questo ci viene proibito. E l'Odio è, dell'Amore, il sentimento complementare.

Così affine che non molti anni fa un gruppo di neuroscenziati dell'University College of London ha dimostrato che in uno studio condotto su un campione di centosettanta soggetti, cento uomini e settanta donne, (centoventi dei quali destrimani), con un'età media pari a 34,8 anni, che il cosiddetto "Circuito dell'Odio" coincide in larga parte con le zone del cervello che si attivano in relazione all'Amore. Vuole sapere qual'è l'unica differenza fra i due circuiti?

Una vasta area di corteccia cerebrale si disattiva in caso di sentimenti di Amore mentre solo una minima parte della stessa viene "spenta" in caso di Odio.

Ci vuole più cervello per odiare che per amare, Dario!

L'Odio risale a quando eravamo Animali, prima di diventare anche Uomini.

Attenzione, dico anche. Noi siamo sia Uomini che Animali, ma questo, al giorno d'oggi, tendiamo a dimenticarcelo. Prima di essere Uomini l'unica pulsione che storicamente ha preceduto quella che ci spingeva ad accoppiarci è stata  quella che ci teneva vivi, e a odiare tutto ciò che voleva impedircelo.

Non sto dicendo che dovremmo odiarci come gli animali Dario.

Dario, gli animali non odiano. Non ne hanno necessità perchè ognuno ha il Diritto di sfidare l'altro e se vince prenderne il posto in nome del miglioramento della specie. Si uccide, si, ,a per il bene comune. E in nome della vita ci si difende, senza Odio.

Dicevamo, fra gli animali, l'Odio inteso come pura aggressione non esiste. La natura fa presperare il suo frutteto sfrondando e potando: l'Odio è il suo falcetto, è sciocco illuderci di poter fare a meno dei suoi servigi.

Nell'imprinting dei cuccioli di quasi ogni specie l'Odio viene insegnato dagli adulti in maniera scientifica e in maniera scientifica se ne studiano gli effetti. Ne consegue che nell'animale adulto tutte le emozioni diciamo negative sono gestite in maniera efficiente, senza disastrose ripercussioni, ma solo secondo l'unico principio che veramente porti ad un progresso, l'unico sinceramente al di là del bene e del male: il principio di utilità.

A chi mi dice che se lasciassimo l'Odio libero di esistere la conseguenza sarebbe l'annientamento della razza umana, risponderò che in natura l'Odio è già libero, e nella sua perfezione la Grande Madre ha stabilito regole ferree per evitare guai, regole che proprio l'educazione che ci è stata imposta ci porta a trasgredire: l'atteggiamento sottomissorio di un lupo sconfitto che offre la gola, scatena nel vincitore un meccanismo inibitorio biologico che lo porterà non mordere a morte l'avversario. Quando il lupo grida "finiscimi", il lupo più forte non lo fa. Un pio uomo, molto probabilmente, messo davanti ad un suo simile nelle stesse condizioni, lo farebbe.

Scommetto che se ora le chiedessi di indovinare quali sono i pochi animali in cui sia possibile riscontrare comportamenti assimilabili all'Odio non impiegherebbe molto tempo ad intuire la verità. Proprio così, sono quelle specie dove sopravvivono condizioni tipiche delle società umane, ovvero Gerarchia, Lavoro organizzato, e sopratutto proprietà.

Parliamo di leoni, api e - sopratutto- formiche, oh sì, Dario, lei non riesce ad immaginare quale fottuto e maledetto concentrato di Odio sia una Formica.

In tutti gli altri casi, gli animali non si odiano. Non si fanno la guerra. Semmai competono e solo col fine, utilitaristico, della sopravvivenza, del miglioramento della specie.

E per quelli che cacciano per vivere, la loro attività predatrice è rivolta contro classi ben determinate di altri animali e senza alcuna connotazione di Odio ma solo secondo la naturale linea tracciata dall'evoluzione.

Non vedremo mai un falco o un ragno uccidere per il mero gusto di odiare. Occorre ricordarci che l'Odio esiste, e concordare un modo equo per viverlo, senza proibirlo ma semplicemente gestendolo, provandolo, sentendone il gusto e le conseguenze, senza paure, senza proibizioni.

Occorre ricordarci del principio d'utilità, e delle regole della Natura, le uniche alle quali alla lunga siamo tutti sottomessi. Non siamo educati ad odiare, è per questo che quando lo facciamo, lo facciamo in modo così infantile - e dannoso. Occorre, in sostanza, una Dialettica dell'Odio.

Faccia buon uso di queste mie parole, le scriverò ancora, molto presto. 

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Aveva ragione Federico, questa lettera è un'attentato. Ma ne aveva frainteso il bersaglio. Un uomo che non conosco, che non si firma, che nemmeno scrive con la sua calligrafia, mi sta offrendo un'arma per scagliarmi contro le leggi che il Governo ha appena varato. Che fosse diretta proprio a me non c'è dubbio, mi ha chiamato più volte per nome.

E a questo punto mi domando: Perchè? Perchè proprio io? Probabilmente deve aver pensato che io sia talmente disperato per la mia condizione di recluso in una gabbia di politically correct da essere disposto ad un attentato suicida contro lo status quo.

La cosa bella è che ha ragione. 

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PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO!  :)


 
 
 

LA DIDATTICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini (Bel Ami Edizioni) - le frasi e le pagine più belle - SETTIMA PUBBLICAZIONE

Post n°128 pubblicato il 01 Agosto 2013 da loredanafina1964

Dieci minuti dopo, sono nella stanza presso gli studi televisivi riservata alla produzione del mio ex-programma. Per un attimo avevo temuto che avessero tolto anche la targhetta col mio nome sopra la porta, ma fortunatamente scopro che non è così (probabilmente non avrei retto e ciò sarebbe bastato a farmi fare dietro front e tornare a letto).  Federico mi accoglie coi soliti esagerati convenevoli, non ha ancora rinunciato alla sua missione di farmi sentire sempre una persona speciale, il che è commovente, o ridicolo, questo devo ancora deciderlo. Quando con lo sguardo più sincero che gli riesce, arriva a dirmi che mi trova "dimagrito" (dimagrito!?!), decido di bloccarlo in nome della nostra vecchia amicizia prima che si riduca a chiedermi di sposarlo pur di tirarmi su di morale.

Salto volutamente ulteriori tintillamenti e punto dritto all'argomento "lettera".

Quando la nomino, Federico assume un'espressione talmente seria che per un attimo temo voglia dirmi che è stato tutto uno scherzo orchestrato per farmi tornare il buon umore e non c'è nessuna lettera. 

Poi capisco che è solo il suo modo per dare solennità al momento e seguo il suo dito che indica, teatralmente, un punto preciso della grande scrivania ingombra di carte.

La mia lettera, amata lettera.

E' una busta abbastanza spessa, il che significa che, se davvero si tratta di una casalinga nostalgica, o la signora non ha davvero nulla da fare o si tratta della mia più accanita fan. Quando scopro che sul retro è sigillata da una strana ceralacca rossa, la tesi della casalinga perde quota e si aprono in me una serie di scenari più gratificanti, che vanno dal complotto massonico ai miei danni alla laurea honoris causa.

Mi siedo, sbottono i polsini della camicia, accavallo le gambe: questa va gustata con calma.

Ora, se dipendesse da me, mi godrei questa fase di supposizioni ancora a lungo, ma la presenza di un'altra persona qui dentro mi costringe a mantenere un pò di contegno, quindi assumo un'aria vagamente infastidita e con simulata indifferenza faccio per staccare il sigillo e aprire la busta.

"Aspetta!" mi grida Federico, "E se fosse un attentato? Ci hai pensato? Se ci fosse dell'antrace? E' pesante, senza mittente, chiusa con quello strano sigillo..."

Non ci avevo riflettuto e - ad essere onesti - l'ipotesi di avere ancora celebrità sufficiente da motivare un attentato è un toccasana per il mio egocentrismo. Piccola, adorata busta..... Mi viene quasi voglia di lasciarla chiusa, così da potermi illudere che sia proprio vero, che, sì, in effetti, qualcuno ce l'abbbia ancora con me e mi reputi tanto importante, così pericoloso, da volermi eliminare. Pensa che bello, che soddisfazione! Magari poteri scrivere ad un giornale denunciando l'attentato. Ma poi penso che, di questi tempi, probabilmente mi indegherebbero per aver istigato all'odio contro i poveri terroristi indifesi.

E poi diciamocelo, questa dell'attentato è proprio grossa. Non si arrivava mai oltre gli insulti, a qualche ingiuria quando sparlavo di chiunque una volta a settimana in prima serata, figuriamoci se proprio ora che sono fuori dal giro qualcuno si prende il fastidio di provare a farmi fuori. 

La curiosità non è solo donna, è anche comico, perciò mando a fanculo le psicopippe e con un gesto secco apro il sigillo.

Niente antrace, peccato.

Niente bomba nascosta, nè armi batteriologiche, nemmeno una ferocissima puntina da disegno che possa indicare cattive intenzioni, solo qualche foglio dattiloscritto.

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Seguirà la pubblicazione del contenuto del foglio dattiloscritto.

 
 
 

LA DIDATTICA DELL'ODIO di Danilo Cipollini (Bel Ami Edizioni) - le frasi e le pagine più belle - SESTA PUBBLICAZIONE

Post n°127 pubblicato il 31 Luglio 2013 da loredanafina1964

Non mi aspetto grosse novità ma, visti i tempi, anche il rimpianto di una casalinga che senta la mancanza del mio show sarebbe, per il mio morale, una manna dal cielo. Sto cominciando ad accettare l'idea di essere sceso dal treno del successo e, sopratutto, a convivere col sentore che questo dannato treno non fermerà mai più alla stazione di Dario Sensoli.

Ma questa piccola impennata nella routine degli ultimi tempi mi suggerisce che forse mi sono pianto addosso a sufficienza e, se quel che mi aspetta è uscire di scena, beh, non intendo andarmene in punta di piedi.

Ore dieci e venicinque, bestemmio nel traffico romano alla ricerca di un buco in cui infilare la mia auto, incazzato come un'astronave perchè quei figli di buona madre degli studi televisivi hanno disattivato la mia chiave elettronica di accesso al parcheggio. Condivido il mio status di incazzato con gli altri mille disperati che, imprigionai nel traffico, sprecano con me preziose ore di sole di questo giovedì mattina. Siamo piccoli space shuttle di cattivi sentimenti, piazzati su orbite tutte nostre ognuno verso il mirabolante paese di Checcazzovuoi. Di tanto in tanto le orbite si sfiorano e, se nessuno degli shuttle cambia direzione, intempestive collisioni degenerano in furibonde litigate che aumentano la caoticità del tutto. Immerso nella mia bolla di silenzio, gelosamente custodita dai vetri della mia automobile, mi sento davvero solo come se fossi su una base spaziale. Il Dio dei cosmonauti mi sorride e sulla mia destra si libera un hangar, pardon, un parcheggio, dove piazzo la mia auto.

Nemmeno faccio in tempo a spegnere il motore che già un sigaro fuma fra le mie labbra, il mio tonico per riprendermi dalla spossante crociera appena sostenuta.

Finalmente calmo, mi concedo il lusso di considerare per qualche secondo l'ipotesi di pagare il parcheggio (ipotesi rapidamente accantonata come mia abitudine).

Non comprendo la moda, ultimamente in voga in quasi tutte le città italiane, delle famose "strisce blu". Il colore, quel blu, mi sono sforzato a lungo di capire da dove l'avessero preso. Poi ho capito: è il blu dell'invidia degli automobilisti. No, non rabbia. 

Dico invidia e c'è un perchè. Facciamo due conti: uno spazio 2 metri per 4 di nudo asfalto costa, in media, poco più di un euro all'ora. Il giorno in cui ho capito che qualcuno mi stava affittando 8 metri quadrati di una cosa che è anche mia, la mia città, per quasi ottocento euro al mese, devo ammettere di aver provato invidia per il genio che ha avuto questa pensata. C'è una generazione di fenomeni al potere e sfortunatamente non ne faccio parte. Da qui la mia scelta di non pagare mai il parcheggio. E' una questione di etica. 

_______________________________

Prossima pubblicazione al più presto. 

 

 
 
 

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