Creato da loredanafina1964 il 10/10/2011

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scrivere scrivere scrivere!

 

 

Dal libro: "La Rabbia e l'Orgoglio" di Oriana Fallaci- Rizzoli ed.- Le pagine più inteeressanti- 2^ PUBB.

Post n°182 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da loredanafina1964

3^ PARTE (dalla prefazione di Ferruccio de Bortoli)

Si fece tardi, molto tardi. Io ero distrutto. Lei sprizzava energia, la voglia repressa di uscire di casa, di andare a Ground Zero. Di tornare in prima linea, come quando era più giovane. Ma non si poteva, ed era del tutto inutile avvicinarsi. "Ci vediamo domani?" "Si, domani, ma pensaci, inutile fare un'intervista. Scrivi tutto tu. Io farò un box a parte, in cui spiegherò come si è arrivati alla tua decisione di rompere il silenzio. Non vuoi un articolo? Scrivi una lettera. Scrivila a me, ti va? "Ci penso stanotte, a domani, ora sono un po' stanca" Non lo sembrava affatto, nonostante la tosse, i i segni di una malattia con la quale lottava, ignorandola, in ogni minuto di un'esistenza solitaria. Oriana aveva sempre un fronte sul quale stare, ....questo era il più pericoloso e maligno.

La mattina dopo la raggiunsi un pò sul tardi. Le portai dei fiori. Che lei prese, aprendomi la porta con distrazione e senso di fastidio. Bevemmo un caffè e parlammo di tante cose. Io non avevo il coraggio di tornare sull'argomento della sera prima, l'articolo o la lettera. E, dunque, aspettai che lo facesse lei. Passò del tempo. Lunghissimo. Poi Oriana mi chiese se avevo  pensato a come presentare la sua cosa. La cosa, generica. "In prima pagina, di spalla, e poi dentro, con l'impaginazione e le foto che dici tu." Lei non rispose e andò subito a rovistare fra tante sue immagini. Quella che le piaceva di più la ritraeva in macchina, la portiera aperta, le torri gemelle riflesse sul finestrino, un grande cappello e occhiali scuri. "Questa può andare." "E il box l'hai scritto?"

Aprii il computer e le mostrai quello che avevo messo giù in albergo. Con la tentazione di leggerlo ad alta voce. Come faceva lei. Ma rinunciai subito. E lei lo lesse con lo sguardo corrucciato, in silenzio. Come un esame. Fallito. Non le andava che facessi riferimento a Penelope alla guerra o a Insciallah. Le dava fastidio leggere un testo sul computer. "Insopportabile e anche scomodo." "Guarda, Oriana, lasciamo perdere. Qualsiasi testo accanto al tuo apparirebbe inutile e stonato." "Beh, se proprio insisti...."  Oriana sapeva distillare il sapore delle proprie vittorie. Anche le più piccole. "Ma in prima come lo metti?" "Faremo un palchettone, a nove colonne (c'erano ancora), poi girerai all'interno in un inserto speciale. Sarà come un libro che si pubblica la prima volta su un quotidiano, va bene?" Lei fece si con la testa, preoccupata di non sembrare mai soddisfatta. "E il titolo?" Qui la discussione si fece lunga. Si gettarono le parole sul tavolo, come in un improvviso Shanghai. E lei le scartò una a una. 

Alla fine io insistetti per "Il massacro e l'orgoglio". E lei sembrava convincersene, ma forse più per stanchezza. Poi accendendosi una delle tante sigarette di quella mattina, si alzò di scatto dalla poltrona e disse: "La rabbia...". Tutta quella che aveva dentro. La Rabbia e l'Orgoglio.

 
 
 

Dal libro: "La Rabbia e l'Orgoglio" di Oriana Fallaci- Rizzoli ed.- Le pagine più inteeressanti- 2^ PUBB.

Post n°181 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da loredanafina1964

2^ PARTE (dalla prefazione di Ferruccio de Bortoli)

Quell'Undici Settembre non fui io a chiamare lei. Non lo feci per una sorta di timidezza. Lei detestava sentirsi chiedere un articolo. "Voi direttori, siete tutti uguali, alla fine volete  solo quello, vi conosco...." Ci avevo provato tante volte. Senza il minimo risultato. La misura dell'articolo era qualcosa che aveva finito per sembrarle persino insultante. Chiamò lei. E parlammo a lungo. Descriveva l'orrore di quei corpi che cadevano dalle torri, la sensazione spettrale di una New York svuota e percorsa solo da mezzi di soccorso. Mi colpì perchè parlava dell'odore che si respirava anche lì da lei, sulla 61esima, fra la Seconda e la Terza. Un odore di morte. "Potremmo fare un'intervista, Oriana, che ne dici?" Si fece convincere. "Ma la devi fare tu, d'accordo?" "Va bene." "Prendi il primo aereo e vieni." Attesi la riapertura dei collegamenti fra l'Europa e gli Stati Uniti e salii sul primo aereo fra Milano e New York. Era il 15 settembre. I passeggeri sembravano muti. Solo sguardi straniti, tentativi goffi di apparire normali. Un viaggio surreale. Arrivato a New York, feci un salto in albergo. Il Waldorf Astoria era deserto; il personale incollato ai televisori continuava a guardare le immagini della tragedia; gli aerei che entravano nei grattacieli, come lame nella carne viva di una città, di un popolo. Poche auto. Lunghe file di taxi vuoti. Il tempo si era fermato. 

Quando Oriana aprì la porta del suo appartamento, al numero 222 della 61esima, ricominciai a respirare, nonostante l'ambiente fosse chiuso, l'aria viziata, le finestre sempre serrate. Cataste di libri, un disordine insopportabile ma affascinante. Lei cordiale e persino affettuosa. La sigaretta sempre accesa. L'intervista? Non cominciò neppure perchè era già stata fatta. L'aveva già scritta lei, domande comprese. E cominciò subito a leggerla davanti a me. Le piaceva farlo, le piaceva ascoltarsi. E subito dopo apparire insoddisfatta di quello che aveva scritto. Una specie di gioco, con un pizzico di vanità. Come se si guardasse allo specchio. La voce dava corpo ai sentimenti. Era tutt'uno con le parole. Come nella Lettera a un bambino mai nato, che forse le era piaciuto più leggere, e incidere, che scrivere.

"Benissimo, Oriana, ma sei tu che intervisti te stessa (poi l'avrebbe fatto). Io non c'entro nulla, ogni mia parola rovinerebbe tutto. Devi fare una cosa tua, con la tua firma." £Ci risiamo, tu vuoi l'articolo, lo so, non te ne frega niente di tutto il resto." L'umore era cambiato di colpo, la voce ancora più roca e tagliente.  Si alzò dal divano e se ne andò in cucina. Ricordo che restò in silenzio per qualche minuto interminabile. Pensai: adesso mi caccia via.

Si era fatto tardi. "Mangiamo qualcosa?" disse lei. "Possiamo andare da qualche parte." "No, ho delle aragoste in frigorifero, mancherebbe lo champagne." Uscii, in una New York ancora più deserta e lunare e andai a comprare una bottiglia di Cristal, il suo champagne preferito. Mi vergognavo un po'. Lo sguardo del rivenditore era di condanna. Che cosa avrà mai da festeggiare questo qui? Boh.

Non riflettemmo un attimo sull'inopportunità di un menù, diciamo così, spensierato. Si cominciò a parlare d'altro. Della sua vita, della mia. Di come era riuscito il giornale del dodici settembre, del mio editoriale che le era piaciuto solo per il titolo, diventato poi famoso ("Siamo tutti americani"), ma non per il contenuto. Lei avrebbe fatto ben altro. "Si vede che non hai le palle, non vi sporcate mai le mani, state troppo in ufficio...." Dall'esterno, a un certo punto, cominciarono ad arrivare delle voci concitate. Oriana si alzò di scatto. "Sono i soliti bastardi...." Ce l'aveva con gli avventisti che aspettavano in strada. Molti dei quali di origine araba. Rovesciò un po di epiteti, ma le impedii di andare alla finestra. "Oriana..... e poi dici che sei costretta a barricarti in casa...."

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Dal libro: "La Rabbia e l'Orgoglio" di Oriana Fallaci- Rizzoli ed.- Le pagine più inteeressanti- 2^ PUBB.

Post n°180 pubblicato il 04 Febbraio 2015 da loredanafina1964

2^ PUBBLICAZIONE      

P R E F A Z I O N E di  Ferruccio de Bortoli  

1^  PARTE

Devo essere sincero. Non so se Oriana avrebbe gradito questa mia prefazione. Il nostro è stato un rapporto intenso, tempestoso. Interrotto più volte. E mai ripreso prima della sua morte, purtroppo. Avrei voluto esserle vicino. Non è stato possibile. La colpa credo sia mia. E dunque, queste poche e insignificanti righe cominciano con una confessione maturata in otto lunghi anni. Oriana andava difesa di più. Il merito di convincerla a scrivere, dopo l'Undici Settembre e un silenzio decennale, ma il grande torto di seguire poi le maledette regole del politicmente corretto. "L'Italia si divide nel nome di Oriana" titolammo il giorno dopo la pubblicazione del suo articolo. Un titolo corretto, ma freddo, distaccato.

Con La Rabbia e l'Orgoglio , l'Italia venne investita da un ciclone di sentimenti. Un pugno nello stomaco alle sue viltà. Si divise, certo. Ma fu abbracciata all'improvviso da uno straordinario atto d'amore che in qualche modo la rese più unita, più consapevole della propria identità. Oriana colpì al cuore, facendo pensare, scuotendolo, anche chi non condivideva nulla del suo pensiero. Persino chi lo trovava, sbagliando, un po' razzista. Scrisse bene Giuliano Zincone, il 17 Ottobre 2001, sul "Corriere": "Oriana ha sbriciolato il pigolio del buonsenso, le cautele ecumeniche, afferando il nuovo spirito del tempo. Non conta la correttezza dei suoi argomenti, ma la forza con la quale mi costringe a riflettere".

Uno scrittore, un grande scrittore, crea emozioni, scopre gli angoli più remoti della nostra coscienza, muove le passioni. Oriana in quel settembre di sangue, con l'America ferita dal terrorismo e il mondo impaurito, ci prese a schiaffi, ci spinse contro un muro, insultandoci, ma risvegliò il nostro orgoglio sopito con l'affetto profondo che solo una madre, lei che non lo era, può avere nei confronti dei suoi figli. 

Ecco, Oriana è stata la nostra Madre Coraggio. "I profeti ha scritto Fiamma Nirenstein in una bella recensione al libro - vedono tutto ciò che è proibito vedere e il dono del cielo che ricevono è poterlo ammantare di poesia. Così è il testo di Oriana Fallaci: veritiero, poetico e disperato." "Un calcio violentissimo sferrato contro il castello delle nostre ipocrisie.

Oriana, prima di pubblicare La Rabbia e l'Orgoglio, l'aveva definito, al telefono con Howard B. Gotlieb, il gestore del suo fondo di scritti all'Università di Boston, un sermone.  "Call it a sermon!" ....gli aveva urlato. 

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Dal libro: "La Rabbia e l'Orgoglio" di Oriana Fallaci- Rizzoli ed.- Le pagine più interessanti- 1^ PUBB

Post n°179 pubblicato il 24 Gennaio 2015 da loredanafina1964

PRIMA PUBLICAZIONECon "La Rabbia e l'Orgoglio (2001), Oriana Fallaci rompe un silenzio durato dieci anni, dalla pubblicazione di "Insciallah", epico romanzo sulla missione occidentale di pace nella Beirut dilaniata dallo scontro tra cristiani e musulmani e dalle faide con Israele. Dieci anni in cui la Fallaci sceglie di vivere ritirata nella sua casa newyorchese, come in esilio, a combattere il cancro. Ma non smette mai di lavorare al testo narrativo dedicato alla sua famiglia, quello che lei chiama "il-mio-bambino", pubblicato postumo nel 2008, "Un cappello pieno di ciliege".L'Undici Settembre le impone di tornare con furia alla macchina da scrivere per dar voce a quelle idee che ha sempre coltivato nelle interviste, nei reportage, nei romanzi, ma che ha poi "imprigionato dentro il cuore e dentro il cervello" dicendosi "tanto-la-gente-non-vuole-ascoltare". Il risultato è un articolo sul "Corriere della Sera" del 29 settembre 2001, un sermone lo definisce lei stessa, accolto con enorme clamore in Italia e all'estero. Esce in forma di libro nella versione originaria e integrale, preceduto da una prefazione in cui la Fallaci affronta alle radici la questione del terrorismo islamico e parla di sè, del suo isolamento, delle sue scelte rigorose e spietate. La risposta è esplosiva, le polemiche feroci. Mentre i critici si dividono, l'adesione dei lettori in tutto il mondo è unanime di fronte alla passione che anima queste pagine.________________________PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO dalla Prefazione di Ferruccio de Bortoli________________________

 
 
 

Dal libro: "Diceria dell'Untore" di Gesualdo Bufalino- Sellerio Ed. Le pagine più interessanti. 12^ PUBB.

Post n°178 pubblicato il 23 Gennaio 2015 da loredanafina1964

12^ PUBBLICAZIONE 

Di ritorno nella mia stanza mi buttai sul letto a pensare e m'addormentai a tradimento, con un braccio serrato sugli occhi. La stanza era scura quando mi svegliai. Scura e unida. Guardai fuori e vidi un cielo tanto nero, non capivo cos'era. Quand'ecco un odore che avevo già sentito prima, senza decifrarlo, entrare nel mio sonno, s'illuminò d'improvviso, e fu odore di piccola pioggia sull'erba, odore di nebbia, fioca aria di temporale lontano. Allora uscii sulla veranda e m'affacciai a guardare il giardino. Era buio, il giardino, ma distinsi il lustrare di una cesoia dimenticata nell'erba, percepii la soddisfazione delle radici dentro la terra bruna e bagnata. E' piovuto, ecco dunque l'autunno. Bisogna che parta, mi dissi, troppo tempo ho perduto fra i morti, simulandomi morto, scordandomi dell'ironia. E ripensai a un vecchio del mio paese, un Ecce Homo da Venerdì Santo, che pagavano per mimare ogni anno sul sagrato una posticcia Mort'e Passione. Amava, dopo la recita pavoneggiarsi un poco fra la folla nella divisa divina, prima di restituirsi alla sua bottiglia di peccato feriale. Chissà se è morto, mi chiesi, chissà se la parte è vacante...

Intanto quieta quieta veniva giù di nuovo  la pioggia. Io restavo col capo sporto fuori a metà, sotto l'acqua che gocciava dai coppi del tetto, e mi sentivo stranamente lieto. O pago, piuttosto, mentre guardavo nel giardino il prato imbeversi ancora e l'acqua battere il suo mite alfabeto sulle sedie di ferro rovesce, sul fogliame e gli aghi degli alberi.

E mi dicevo che l'estate era finita, e la mia gloria insieme. E che di tante febbri, e frasi, e fazzoletti zuppi di lacrime e sangue, perfino il ricordo presto si sarebbe consumato, una vacanza era stata, una debolezza del cuore che voleva educarsi a morire. Come tutte le grandi pesti, anche questa infima mia finiva con una pioggia. In compagnia dell'acqua che mi colava dai capelli e mi rigava le gote, il male si scorporava da me, se ne andava. Ma con esso ogni resto d'orgoglio; con esso, forse, la gioventù. Mi attendevano altre strade, domani. Facili, rumorose, comuni. Le mezze fedi, le false bandiere. Mi ci sarei rassegnato, che altro potevo fare? Poichè la seduzione del nulla era inutile, riluttando il cuore per tanti segni a farsene persuadere. E l'infelicità, col suo miele amaro, neppure essa serviva più.

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DA QUI IN POI SI SNODA L'ULTIMO MERAVIGLIOSO CAPITOLO DAL QUALE NON PUBBLICHERO' PAROLA ALCUNA, NEL RISPETTO DI QUEI LETTORI CHE DESIDERASSERO LEGGERE QUESTO LIBRO PER INTERO.

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                                   F I N E

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PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO:

DAL LIBRO "LA RABBIA E L'ORGOGLIO" DI ORIANA FALLACI (BUR RIZZOLI ED.)

 
 
 

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il 31/01/2015 alle 19:15
 
Ciao, bel post, complimenti. Ti auguro una dolce notte....
Inviato da: leggenda2009
il 23/01/2015 alle 23:28
 
:)
Inviato da: loredanafina1964
il 15/01/2014 alle 22:53
 
Il verso della lepre o il raglio dell'asino invece non...
Inviato da: dakota_07
il 13/01/2014 alle 22:58
 
grazie :) NMHRK
Inviato da: loredanafina1964
il 13/01/2014 alle 21:58
 
 

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