Post n°15 pubblicato il 20 Agosto 2018 da lucasti1955
Siamo stati ad un passo dal cielo, o forse ad un braccio... ma non ci siamo arrivati... Hai respirato la luna mentre perdevi lo sguardo dentro ai miei occhi e le tue dita vagavano sulla seta bianca, mentre il vento pettinava le foglie e i campanacci tacevano nell'ovile. che alberga nel letto e ogni tanto si gira e si rigira cercando di stare più comodo? e un amore che mai sazio cerca di mordere ogni boccone... e ci si guarda dal finestrino, ognuno dalla propria carrozza, seduto su quel sedile che prenotò in una stazione che ormai non c'è più...(ma c'è mai stata? ) quando l'aereo ci portò via verso quel cielo che stanco di starci a guardare cominciò a chiamare, a chiamare... e più non smetteva perché noi tardavamo? che il fiato si condensava sui finestrini e i nostri corpi sudati d'amore cercavano spazio nel corpo dell'altro? eppure me le ricordo tutte... mentre la tua pelle suonava canzoni solo da noi riconosciute. ma ne ho trovati più delle more, non sono andata nel tuo giardino ma le tue rose hanno invaso le mie narici, non sono andata molto lontano ma... mi accorgo che ancora ti amo... |
Post n°14 pubblicato il 23 Settembre 2012 da lucasti1955
Si son cercate parole Per tacere sentimenti Creati colori Per coprirti di luce IL TEMPO NON CANCELLA LA REALTA’ Il ricordo era nascosto In una curva dell’anima Sepolto dalla paura Di un dolore gemmato e mai sfiorito Di lunghe dita taglienti Di un respiro schiacciato Dell’assenza di forze Dell’ansimare sul collo E complice il buio.
LA COLPA DELL’ INNOCENTE Aldo, trent’anni circa, alto, magro, capelli neri e scapestrato, non è sposato, non ha nemmeno la ragazza: è una testa calda, troppo calda per così poco cervello. Fa il ragazzo di bottega da un macellaio, però è sempre al pronto soccorso: per ricucire qualche taglio che si procura con la sua leggerezza nel maneggiare i coltelli o per le cadute dal motorino sul quale viaggia a zig-zag. Una sera, prima di chiudere bottega, s’infilò nel portone accanto alla macelleria, nascosto sottoscala aspettò il momento opportuno per uscire e realizzare la bravata che aveva studiato non più di cinque minuti prima; lì accosciato, protetto dall’oscurità, si godé l’attesa gustando la soddisfazione di ciò che stava per realizzare, il solo pensiero di aver avuto quell’idea bastava ad accenderlo, si sarebbe preso un piccolo assaggio, o forse grande, chissà, di quello che non riusciva ad avere in altro modo. Fremeva, era impaziente, ma al tempo stesso si compiaceva di quell’attesa prolungata che ne accresceva il piacere. Era decisamente buio quando la piccola ombra entrò nel portone e si diresse verso l’interruttore della luce, Aldo le arrivò alle spalle senza il minimo rumore, con il braccio sinistro le circondò il corpo bloccando anche gli arti; l’altra mano, con la destrezza di un borseggiatore. salì sotto la gonna, andando a violare la corolla di carne, penetrando la piccola apertura nascosta, non troppo bene, dalla natura. Gustò il calore, l’umidità, l’odore acerbo di quell’anfratto con l’ ingordigia di chi non ne ha mai abbastanza; s’inebriò di quel corpo cedevole, si sentì potente, infinitamente potente; era una sensazione fantastica ma non poteva continuare a lungo, lo sapeva, così dopo un po’ lasciò la presa allontanandosi rapidamente. Si congratulò con sé stesso: “Proprio un lavoretto coi fiocchi, non se n’è neanche accorta!” fiero della sua spacconata aveva la testa in ebollizione, si sentiva entusiasta, esaltato, vittorioso, pronto a qualunque altra prodezza gli fosse venuta in mente in quel senso. Alice, dieci anni, magra, biondissima e con grandi occhi azzurri: la vicina di casa la chiama “signorina Fiordaliso” per il colore delle sue iridi. E’ vivace, intraprendente e ribelle, qualità che spesso le fanno guadagnare qualche scapaccione dal padre severo e intransigente. Quando va da lui a lamentarsi che si è fatta male o ha litigato con le compagne di gioco, lui la sgrida dicendole che la colpa è sua perché si caccia sempre nei guai. Quella sera Alice entrò nel portone di casa che era ormai notte, prima di salire le scale si diresse verso il pulsante della luce, non aveva fatto in tempo ad allungare la mano che si sentì afferrare in una stretta soffocante, spalancò la bocca ma non riuscì ad articolare alcun suono, nello stesso istante si sentì frugare in modo convulso sotto la gonna, fra le gambe: un artiglio stava graffiando una parte del suo corpo che lei ancora non conosceva, le si piegarono le ginocchia e avvertì un senso di vuoto nella testa, l’aria continuava a mancare nei polmoni e il cuore le saltò in gola, ebbe voglia di vomitare, le faceva male, mancava l’aria, era buio, era sola, il corpo la tradiva, le faceva male, era colpa sua, era stata tradita ma era colpa sua, era colpa sua. L’artiglio affondò nel piccolo boccio indifeso, la vista le si annebbiò, la voglia di annullarsi l’assalì, voleva eliminare il presente, l’asfissia, l’oscurità, quelle dita appuntite, i graffi, lo sgomento, il tradimento, il dolore, la sua colpa, la sua colpa, LA SUA COLPA Un istante prima di svenire si sentì abbandonare da quel braccio che l’aveva sostenuta impedendole di finire per terra; perse l’equilibrio ma non cadde, cercò ancora l’aria, la trovò, un vortice di sensazioni mulinava dentro di lei: era stordita, impaurita, debole, tradita dal suo organismo che era stato violato ma che a sua volta aveva violato lei. Non avrebbe saputo definire con precisione di cosa si trattasse, era confusamente consapevole che le era successa una cosa grande, troppo grande: la vita si era scolorita, la luce era meno luminosa, si era frantumata la sua infanzia. Confusamente intuiva che era meglio non parlarne perché in qualche modo sentiva che doveva essere colpa sua quello che le era successo. Si, doveva essere proprio colpa sua. Incapace di affrontare il ricordo, la sofferenza, il panico, l’ arroganza che aveva sentito in quelle braccia e in quelle mani che l’avevano immobilizzata, rovistata, scandagliata nella sua sacralità; incapace di comprendere il voltafaccia del suo corpo che non aveva reagito, che non aveva saputo difendersi nemmeno con un suono, che aveva ceduto a quell’assalto bloccandosi, consentendo, accettando tacitamente la profanazione, Alice rimosse la vicenda dalla sua mente e non fu più la stessa.
2005 |
Post n°13 pubblicato il 23 Settembre 2012 da lucasti1955
...e poi verranno i giorni dell'assenzio che prenderanno il posto del miele... e le braccia saranno vuote, e le mani non troveranno pelle... e ci saranno occhi fissi alla luna che cercheranno un viso, uno sguardo, un sorriso... e ci saranno brividi che non ci apparterranno, e bocche chiuse che grideranno nomi... ...Lontani echi... E l' Assenza pudica si vestirà di scelte nascoste. |
Post n°12 pubblicato il 01 Febbraio 2011 da lucasti1955
Ci sono anime di cristallo |
Post n°11 pubblicato il 30 Novembre 2010 da lucasti1955
Emma, nuda, si guardava nello specchio, sconsolata per il tempo che segnava il suo corpo “sono anni che nessuno mi sfiora” pensò accarezzandosi il seno. |
Inviato da: lucasti1955
il 09/09/2016 alle 15:46
Inviato da: bepaapranz
il 19/02/2016 alle 07:18
Inviato da: lucasti1955
il 09/10/2013 alle 10:37
Inviato da: tinamodotti_1956
il 08/10/2013 alle 15:39
Inviato da: lucasti1955
il 10/10/2012 alle 11:11