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Mentre tutto scivola via

Post n°180 pubblicato il 02 Maggio 2010 da maiden.casoria
 

E’ un tipo bassino che cammina veloce come un gatto nella notte. Ha questi capelli folti, scurissimi come il cielo che incombe lassù e sopracciglia altrettanto spesse che gli danno un’aria da duro. E non stonano con gli angoli degli zigomi, con la linea delle labbra, con il collo magro, con le dita affusolate e frenetiche che tengono stretta quella sigaretta che brucia. Ha quattro soldi in tasca. Dentro a quel maglione blu stinto di seconda mano che ha indossato per sembrare se stesso, avanza leggero e deciso nelle strade di quel sobborgo di cemento. Non dice a nessuno che non sa che farsene di quella vita da poco. E’ già troppo che si sente dire: “Questa ti è capitata, prima ti abitui e meglio è per te”.

Stasera è speciale. Sente il battito nel petto - un battito sconosciuto - e la mano nella tasca dei pantaloni che fruga come impazzita picchiettando con le dita sul pacchetto di sigarette ammaccato.  E’ uscito di casa chiudendo dietro la porta la voce grossa di sempre che suo padre fa alla mamma. E’ suo padre, ma è lo stesso un cretino. Purtroppo una cosa non aveva escluso l’altra. E’ sceso senza badare alla scena già vista di quello del piano di sotto che beve stravaccato a terra sulla soglia guardando il vuoto fisso e grigio del pianerottolo. Nel tragitto ha evitato di fare tappa al bar dove i ragazzi non l’avrebbero lasciato andare e sarebbero finiti a fare sempre le stesse cose. Va fischiando quella canzone che passano sempre alla radio e che gli è entrata in testa.

Lei arriva sbuffando già dimentica della mamma che resta a guardare storto e di soppiatto quel ragazzaccio che da qualche tempo passa a prendere sua figlia la sera. Quando lo vede esplode tutta in un gran sorriso e lui non ha granché da dire adesso. Gli basta ricambiare. Lei non è come le altre: non è di qui, è venuta ad abitarci quando suo padre se n’è andato. Lei è pulita.

Hanno rubato un auto, una vecchia e un po’ malandata che piace a lei. “La prendiamo solo in prestito” le ha detto. Lei lo ha guardato fare, attratta dalla perizia, dalla sicurezza dei gesti. Dovrebbe avere qualche timore, invece no. L’auto è ferma in un posto appartato mentre loro dentro ci fanno l’amore. Lui non sa di acqua di colonia, ma ha l’odore buono della pelle e quel corpo nervoso e forse acerbo che le sembra suo da sempre, sebbene sia la prima volta insieme. E mentre tutto scivola via, in quell’auto sgangherata stanotte c’è tutto ciò che conta al mondo: gli occhi carismatici di lui vivi, con il mare dentro, la pelle di burro e la voce sottile di lei, le mani delicate. C’è la voglia.

“Non abbiamo niente in comune io e te” nota lei ad un tratto, stretta in quell’abbraccio, con gli occhi puntati oltre il finestrino al cielo e alle stelle lassù.

“Abbiamo l’anima in comune noi”.

“Passerai la vita con me, allora?”

“Forse”.

“Andremo via da qui?”

“Forse”.

“Insieme?”

“Forse”.

“E se ci perdiamo, ci rincontreremo?”

“Forse”.

Ridono. “Tu sei quello del definitivamente forse. Te lo dico io cosa succede: tu andrai via di qui perché non sei come gli altri, farai una vita diversa. Io me la caverò, studierò lontano magari. Ci perderemo di vista, non ci incontreremo più. Però ci ricorderemo di tutto questo”.

“Per sempre”.

“Non hai detto forse”.

“Ho detto per sempre”.

Di ritorno con l’ultima sigaretta del pacchetto tra le dita e confortato da quel maglione blu stinto di seconda mano che ne ha viste troppe e che ha visto pure questa, ha i pensieri che vanno a lei e a questa notte che se ne va col cielo che rischiara leggero. Non la sposerà: quelle come lei finiscono sempre con qualcun altro. Lo sa. Ma l’idea di sposarla un giorno non lo disturba: “Forse”, si dice. E riprende a fischiare quella canzone che gli è entrata in testa.

Mariantonietta Milano

 
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