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Intervista a Maurizio Mazzurco

Post n°69 pubblicato il 14 Aprile 2021 da touchstone0
 
Tag: poesia
Foto di touchstone0

Marco Belocchi intervista Maurizio Mazzurco
Giochi innocenti
di Maurizio Mazzurco
Edizioni Lithos 2021

1. Scrivi poesie da 50 anni e, come indichi nella tua nota biografica, hai avuto un silenzio per molti decenni, almeno dal punto di vista delle pubblicazioni. Ora, negli ultimi cinque anni hai già pubblicato tre sillogi. Come hai vissuto, da un punto di vista creativo ed evolutivo, sul piano della scrittura, questo lungo periodo?

La mia vita è trascorsa come quella di tanti, studio, lavoro, famiglia e problemi pratici, ma ... fin da ragazzo ho scritto poesie, che non sono quasi mai uscite da una piccola cerchia di amici e conoscenti. Per molti anni sono rimaste accantonate, tranne un paio di timidi tentativi, sfizi di gioventù. Riprendo tuttavia un brano dell'introduzione alla mia prima raccolta, pubblicata quasi quarant'anni fa a mie spese; vi scrivevo qualcosa che per me è ancora valido: "Questo libro è risultato e segno di un cammino iniziato nell'adolescenza semplicemente come espressione di una sofferta crisi esistenziale, poi questo cammino si è approfondito, divenendo sempre più consapevole ricerca; il legame con la poesia si è fatto quasi una vicenda, un rapporto personale; la poesia è diventata una coscienza, un modo di esprimere l'uomo e di vivere". Col tempo coscienza anche solidale, che ha voluto andare incontro agli uomini e al mondo, facendosi molte domande in tutta sincerità, senza avere risposte pronte.
Il percorso è continuato con alterne vicende lungo tutta la mia vita, alternando momenti di fecondità e di aridità, accogliendo la cosiddetta ispirazione come veniva, senza riflettere sul come e sul perché, acquistando un'esperienza artigianale.
Ho vissuto questo lungo periodo registrando me stesso e i miei versi, senza pensare ad altro. Poi cinque anni fa, dopo più di trent'anni, ha preso forma un'idea: perché non pubblicare ancora le mie poesie? Sono uscito di casa e ho fatto tanti incontri. Grazie alle nuove esperienze e al confronto vivo con altri poeti dalle personalità più varie, mi sembra di aver subito un'evoluzione notevole e di aver imparato tanto, in un periodo così breve.

2. Inevitabilmente ognuno ha i propri padri letterari, la tua poesia mi sembra affondi le sue radici in una certa poesia novecentesca che ritrova forse in Montale o Saba alcuni punti di riferimento. Quindi se sono loro, o altri, qual è stata per te la loro lezione?

A proposito di radici, forse molto ha significato per me trovarmi a vivere da sradicato. Nato a Udine da genitori siciliani, trasferito a Roma a 18 anni. "La sorte mi ha riservato l'esperienza / di essere estraneo nei luoghi aviti / e dove sono nato e dove vivo e dove finirò." (Da L'esperienza della vita, Edizioni Ensemble, Roma, 2018).
Ho una formazione classica e una cultura eclettica e assai poco sistematica, forse carente su alcuni versanti, ma in effetti la mia scrittura, pur non essendo, almeno spero, antiquata, è legata al passato.
In Giochi innocenti dico a me stesso "Ti inzacchera il pantano / del secolo scorso".
Nel tempo ho attraversato predilezioni diverse; forse gli echi più evidenti qui provengono da Montale, Saba, Betocchi, a cui aggiungo Biagio Marin, mia recente rilettura. Se voglio riconoscere i miei padri letterari e poetici, tuttavia, forse devo risalire alla Bibbia e al teatro di Shakespeare, in cui, osservati da diversi punti di vista, credo si rispecchino profondamente i vari aspetti della condizione umana.

3. Giochi innocenti, che ricordiamo è stato appena pubblicato dalla casa editrice Lithos, è la tua quinta silloge. Come scrive il prof. Giorgio Patrizi nella sua autorevole prefazione, questi giochi si pongono come tutt'altro che innocenti, "...di una significativa varietà e investono diversi livelli dell'esistenza, dal quotidiano che nasconde sorprese e inganni alla fantasia talora salvifica talora malinconica". Ti ci ritrovi in questa definizione? Come hai costruito la silloge, su quali temi centrali?

All'apprezzamento e alla prefazione di Giorgio Patrizi tenevo molto. Quando ho letto "Maurizio Mazzurco [...] ormai da tempo frequenta le stanze della poesia con l'esperienza e la saggezza - ma anche con la passione - di chi sa come la pagina scritta sia uno dei luoghi in cui possono accadere le cose più varie e singolari che si diano ad esperire", per me è stato come ottenere sul campo un diploma di laurea.
Giochi innocenti è il titolo di questa raccolta e della poesia che la apre. Che cosa sono alla fine le poesie? Giochi innocenti, con quello che si usa aggiungere. Il filo conduttore è quello delle stagioni: "Cerco stagione / per dare un senso a questo / scomposto sonno"; "infida è l'aria, / il mito è solo / un calco vuoto, ma non smette il canto". Ho raccolto qui più che altrove reperti, brandelli tratti dalla vita quotidiana mia e altrui e dalla realtà virtuale registrandoli, mi sembra, con franchezza e ironia, ma in fondo anche con un po' di compassione: "La cara amica lasciata adolescente / non è caduta all'apparir del vero; / riemersa dalla nube dei vent'anni / ha lottato è caduta si è rialzata / e senza poesia continua a fare il suo / come può."
Resta presente nei versi il pensiero dell'ultimo messaggio, dell'ultimo inverno: "Libero un pettirosso taglia l'aria / in attesa. Quello che spunterà / forse non sarà l'ultimo germoglio."

4. Sappiamo, frequentando il mondo letterario, dell'annosa questione che la poesia è molto scritta e poco letta, che spesso ci si accosta al fare poetico pensando che basti avere solo "una certa sensibilità", e non invece almeno una conoscenza di base dei cardini della poesia occidentale e magari anche delle regole che ne hanno dominato la struttura per secoli. Qual è la tua posizione?

In questi cinque anni ho sentito dire tante volte le stesse cose: tutti scrivono e nessuno legge, troppa velocità, minimalismo beota, nuova estetica, nuovi canali, nuovi linguaggi, nuovi progetti; qual è il futuro della poesia, il linguaggio si impoverisce; tutto congiura per un livellamento dell'essere umano verso il basso.
Che cos'è la poesia, a parte non andare a capo a fine riga, non lo so dire. Sarei molto ecumenico, c'è posto per tutti; ognuno, con onestà intellettuale, fa come vuole.
Tuttavia, a parte le questioni epocali ed estetiche, personalmente sono convinto che prima di scrivere bisogna leggere, e anche parecchio; se non conosciamo e conserviamo il nostro passato siamo senza futuro e, se vogliamo rompere le regole, le dobbiamo prima almeno conoscere. Per me è stata un'esperienza avvincente e sfidante affrontare, a 65 anni per la prima volta, la scrittura in terza rima.
Mi auguro di continuare questo cammino latrando silenzi al vento, secondo il titolo, con licenza poetica, di una delle mie sillogi (Enoteca Letteraria, Roma, 2016). Vorrei tanto fare lunghi latrati di silenzio, che il vento porta ai confini del mondo.

 

Maurizio Mazzurco
Pubblicazioni precedenti: Poetica, stampato in proprio, Roma, 1983; Non altrove, Lo Faro Editore, Roma, 1985; Latrando silenzi al vento, Enoteca Letteraria, Roma, 2016 (vincitore premio Patria Letteratura 2017); L'esperienza della vita, Edizioni Ensemble, Roma, 2018.

Cura il blog letterario https://mau56f7.wordpress.com/ 

 

 

 

 
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