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Post N° 226
Post n°226 pubblicato il 04 Novembre 2007 da mediareport
Coraggioso “mea culpa” del curatore dell’inserto culturale
Prendendo spunto da una mostra sui cosiddetti “anni di piombo”, Chiaberge ricorda l’assassinio di Carlo Casalegno, freddato dalle Brigate Rosse nel novembre 1977, or son giusto trent’anni. Allora Casalegno lavorava alla “Stampa” di Torino, come del resto l’attuale curatore della “Domenica” del “Sole 24 Ore”. Pochi giorni prima il direttore del quotidiano, Arrigo Levi, aveva risposto ad un volantino di minaccia dei terroristi annunciando la sua fiera resistenza intellettuale, ed accusando il movimento politico “Lotta Continua” di Adriano Sofri di fiancheggiare la violenza brigatista. Allora (come oggi) molti giornalisti avevano il cuore a sinistra, oltre ad essere ciechi verso l’insorgente violenza rossa: era l’epoca dei “compagni che sbagliano” e delle Brigate Rosse sospettate di essere in realtà fascisti provocatori travestiti. Ci fu una levata di scudi all’interno della redazione. Venne redatto e firmato da molti un documento di censura alla direzione, e tra i firmatari c’era lo stesso Chiaberge il quale, molto onestamente e coraggiosamente, oggi rivela di aver firmato e di pentirsene da trent’anni, almeno da quando è stato ucciso Casalegno. Chiaberge ha durissime parole di critica verso sé stesso, ed è da ammirare per questo. Velenosa, però, la conclusione della sua riflessione: “Non ho mai smesso di pentirmi di aver firmato quel documento. E gli altri della lista? Coraggio, colleghi, se ci siete battete un colpo”. Qualcuno farà autocritica? Sia consentito dubitarne.
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