Creato da diegomenegon il 09/11/2006
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articoli e comunicati di o segnalati da Diego Menegon
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articoli e comunicati di o segnalati da Diego Menegon « Pedofilia e Vaticano | Gli errori in cattiva fe... » |
Post n°58 pubblicato il 19 Maggio 2007 da diegomenegon
http://www.centrodiascolto.it/videopress/videobox.php?idcat=162&path=131,162&id=34427&frx=1
Alla cortese attenzione
della redazione di Le storie
vorrei
con La presente esprimere l'amarezza che la visione della trasmissione
sulla pena di morte ha suscitato in me per la scarsa competenza ed
onestà intellettuale, ma anche etica, del conduttore.
Parlo di scarsa competenza perché scimmiottare qualche citazione e
fingere di conoscere grossomodo quello che la Costituzione afferma non
basta a colmare lacune evidenti in merito alla vera e complessa vicenda
della battaglia per la moratoria e contro la pena di morte. La
sensibilità che oggi il governo italiano e il ministro degli affari
esteri in parte mostrano, senz'altro meritoria, non può farci
dimenticare che molti politici hanno battuto nel mondo per qualche
tempo questa strada e soprattutto non può farci dimenticare che è
soprattutto una fetta di società civile, di associazioni come quella
dell'On. D'Elia, i Radicali che fanno i radicali in Italia e all'estero
ad aver sempre, costantemente, lottato per il riconoscimento del più
banale diritto civile, quello alla vita, e ammonito gli stati a non
imitare chi sbaglia.
Parlo di disonestà intellettuale ed etica perché non è compito del
consuttore della TV di stato e non è servizio pubblico offendere e
ripetere un processo ad una persona che, dopo aver pagato per gli
errori commessi, da anni contribuisce al progresso civile del paese con
la sua opera. Evidentemente il conduttore non condivide fino in fondo
il principio della pena rieducativa e riabilitativa. Apprezzo lo sforzo
di ipocrisia fatto per non mostrare di ripudiarlo del tutto. Un umile
conduttore televisivo non dovrebbe permettersi un attacco personale ad
un uomo che svolge il suo ruolo istituzionale e continua a servire la
causa dei diritti civili con la stessa umiltà con cui l'ha perseguita
negli ultimi trent'anni. Quando poi si invita una personalità politica,
aggredita verbalmente, a non manifestare la sua identità,
sottintendendo un giudizio di valore di certo non lusinghiero, si
scende alla mera propaganda elettorale. "non faccia il radicale", "non
la butti in politica"... da queste frasi si evince il vero scopo a cui
mirava la puntata: non parlare di diritti civili, di una questione
politica nel senso buono, che riguarda l'uomo in quanto uomo, una
questione radicale, ma per lanciare dal pulpito di un Balanzonesco
parafilosofo un sermone di cattivo gusto, un'invettiva personale e
"anti", ossia politica nel suo peggior significato.
Umilmente,
un cittadino che cercando di capire il mondo per migliorarlo
fa il radicale
della redazione di Le storie
vorrei
con La presente esprimere l'amarezza che la visione della trasmissione
sulla pena di morte ha suscitato in me per la scarsa competenza ed
onestà intellettuale, ma anche etica, del conduttore.
Parlo di scarsa competenza perché scimmiottare qualche citazione e
fingere di conoscere grossomodo quello che la Costituzione afferma non
basta a colmare lacune evidenti in merito alla vera e complessa vicenda
della battaglia per la moratoria e contro la pena di morte. La
sensibilità che oggi il governo italiano e il ministro degli affari
esteri in parte mostrano, senz'altro meritoria, non può farci
dimenticare che molti politici hanno battuto nel mondo per qualche
tempo questa strada e soprattutto non può farci dimenticare che è
soprattutto una fetta di società civile, di associazioni come quella
dell'On. D'Elia, i Radicali che fanno i radicali in Italia e all'estero
ad aver sempre, costantemente, lottato per il riconoscimento del più
banale diritto civile, quello alla vita, e ammonito gli stati a non
imitare chi sbaglia.
Parlo di disonestà intellettuale ed etica perché non è compito del
consuttore della TV di stato e non è servizio pubblico offendere e
ripetere un processo ad una persona che, dopo aver pagato per gli
errori commessi, da anni contribuisce al progresso civile del paese con
la sua opera. Evidentemente il conduttore non condivide fino in fondo
il principio della pena rieducativa e riabilitativa. Apprezzo lo sforzo
di ipocrisia fatto per non mostrare di ripudiarlo del tutto. Un umile
conduttore televisivo non dovrebbe permettersi un attacco personale ad
un uomo che svolge il suo ruolo istituzionale e continua a servire la
causa dei diritti civili con la stessa umiltà con cui l'ha perseguita
negli ultimi trent'anni. Quando poi si invita una personalità politica,
aggredita verbalmente, a non manifestare la sua identità,
sottintendendo un giudizio di valore di certo non lusinghiero, si
scende alla mera propaganda elettorale. "non faccia il radicale", "non
la butti in politica"... da queste frasi si evince il vero scopo a cui
mirava la puntata: non parlare di diritti civili, di una questione
politica nel senso buono, che riguarda l'uomo in quanto uomo, una
questione radicale, ma per lanciare dal pulpito di un Balanzonesco
parafilosofo un sermone di cattivo gusto, un'invettiva personale e
"anti", ossia politica nel suo peggior significato.
Umilmente,
un cittadino che cercando di capire il mondo per migliorarlo
fa il radicale
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La CEI italiana si difende arrampicandosi sugli specchi...
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Non è ammissibile che la Chiesa protegga i preti pedofili...
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