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Gioiosa_mente

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tutto il giallo 3

Post n°198 pubblicato il 30 Giugno 2008 da lamente_mente08

Nessuna reazione visibile in Marta. Solo silenzio.

Marcello era agitato: “Non ne posso più, adesso regalo questa bottiglia al cliente, lo accompagno alla porta e chiamo la polizia!”.

   “Cosa?!” replicò Marta

   “Non dire assurdità! Vuoi che ci arrestino tutti per occultamento di cadavere?”.

   “Non mi sembri affranta… che c’è? La tua relazione clandestina non ti soddisfava più?”

   Marcello non aveva ancora terminato la frase che la mano destra di Marta si era già stampata sulla sua guancia.

   “Vai in sala e continua a lavorare!” gli urlò in un orecchio Amedeo, che era sceso in cantina e si era accorto del battibecco. Marta non sapeva da quanto il marito era lì e se aveva sentito la conversazione con Marcello.

Appena Marcello si allontanò, Marta gli si rivolse con voce tremante: “Ma cosa?!? Leggi qui Amedeo, un altro cadavere!” La voce gli si fece più stridula, il respiro più affannoso “… Cosa intendi fare ora?”

   “Voglio che questa giornata infernale finisca al più presto. Vai ad aiutare gli altri, appena la sala si sfolla
chiudiamo” replicò con tono freddo Amedeo, allontanandosi subito dopo.

“Che si sia accorto di qualcosa?” mormorò Marta tra sé e sé, “Devo controllare le mie reazioni: se scopre questa storia proprio adesso che… Per me è la fine!”.

 

Era quasi il momento della chiusura del locale e la tensione era così alta che la si poteva tagliare con il coltello. La notizia della morte di Daniele ad opera di un fantomatico barbone si era già diffusa, nonostante gli sforzi di Amedeo di impedire che i suoi dipendenti parlassero tra loro. L’ansia era palpabile. In mezzo a loro si celava un serial killer.

   Forse Daniele aveva scoperto l’assassino, ed era stato ucciso a sua volta.

   Agata, la cassiera, era letteralmente terrorizzata. Ora che Daniele era morto cominciava ad avere dei sospetti su Marta.  La tresca con Daniele si trascinava da diverso tempo e la gelosia della donna era fin troppo evidente. Aveva anche notato certi strani comportamenti fra i due, che erano forse riconducibili a questioni di altra natura.

   Un giorno li aveva sentiti bisbigliare qualcosa su un’ingente somma di denaro che Daniele doveva a qualcuno… ora che ci pensava… qualche mese fa Marcello le aveva parlato di Daniele, che – non ne era sicuro – ma  sembrava un accanito giocatore di corse di cavalli. O forse era stato Paolo a parlargliene? O la stessa Marta? Volti e voci si sovrapponevano nella sua testa.

  Solo Amedeo pareva non essersi accorto di nulla.  A questo punto doveva essere informato di tutto, prima che succedesse qualcosa a qualcun altro. Inoltre la polizia sarebbe venuta a fare domande su Daniele e sarebbe potuta saltar fuori anche la sparizione di Paolo e sarebbero finiti tutti nei guai per occultamento di cadavere.

   Si precipitò da Amedeo e vuotò il sacco. Amedeo la guardò e le disse:

   “Io mi ero già accorto della cosa, ma amo molto mia moglie, e non voglio perderla. Ero sicuro che prima o poi si sarebbe stancata di lui. Sapevo anche che Daniele giocava alle corse dei cavalli. Avevo anche il sospetto che chiedesse soldi a Marta. È da un po’ di tempo che i conti del ristorante non tornano.”

   A quel punto Agata non sapeva più cosa pensare. Magari era Amedeo che aveva ucciso il rivale… però… Paolo, cosa c’entrava?

   Intanto Marcello era riuscito a congedar alla meno peggio l’ultimo cliente. Aveva chiuso la porta e rimuginava sui suoi colleghi.

   Non riusciva a credere che qualcuno di loro fosse un assassino… Eppure i fatti erano evidenti. Il cadavere di Paolo era ancora all’interno del ristorante, ed anche Daniele era morto. In cuor suo Marcello sperava che almeno lui fosse stato ucciso da qualcun altro. Forse qualcuno a cui doveva dei soldi… aveva avuto in passato il sospetto che Daniele giocasse ai cavalli, ma nel ristorante non ne parlava mai e si limitava a fare il galante con le signore…

   Eppure non riusciva assolutamente a sospettare di qualcuno in particolare.

   A volte fra di loro c’era qualche screzio, ma al momento delle difficoltà si erano sempre aiutati a vicenda.

   Come l’altro giorno, quando aveva  ritirato lui gli acquisti di  Margherita. Si era accorto che la merce non era di primissima qualità, ma non aveva detto nulla e l’aveva coperta. Era sempre talmente di corsa… e poi in fondo gli stava simpatica. Non ne era innamorato, ma  le voleva bene come si vuole ad una cara amica

 

 

SOLUZIONE

 

Finalmente a casa, non sognavo  altro. Nei momenti di stress la mia metà giapponese, quella tramandatami da mia  madre, prende sempre il sopravvento. Devo assolutamente riordinare le idee, voglio assolutamente capire e, per farlo, devo assolutamente concentrarmi. Mi prendono sempre in giro,meglio mi prendono per matto,  quelli che vengono a casa mia: 30 metri di stanza da bagno e altrettanti tra living e notte. La cultura dell'acqua viene sempre dalla famiglia di mia madre: "Nell'acqua si può trovare  la verità", diceva mio nonno.  E infatti è solo immerso nell'acqua tiepida, lo sguardo perso tra le ombre lasciate dalla luce delle candele, che posso pensare di ricostruire gli avvenimenti. La vasca sta riempiendosi, ci vuole delle musica, sì il "Confutatis" del Requiem di Mozart mi sembra proprio adatto. Certo che la vista del dito galleggiante nella zuppa mi aveva proprio sconvolto: altro che imperturababilità orientale, stavo per mettermi ad urlare come faceva mia nonna dal suo banco del pesce al mercato di Sorrento. Non so come sia riuscito a mascherare l'orrore, per fortuna gli occhi a mandorla non si possono sgranare più di tanto! Dunque, vediamo come è come è cominciata questa brutta storia...

Appena ho realizzato che quella cosa che galleggiava nella zuppa era un dito umano mi sono precipitato dal capo, Amedeo, seguito dalle solite occhiate di compatimento dei miei colleghi, che sono convinti che io sia un po' matto. Non riuscivo ancora a parlare e quindi ho afferrato il tagliacarte sulla scrivania per mostrare il dito e lì, per un attimo, ho avuto la netta sensazione che Amedeo fosse convinto che l'avrei colpito. Boh, a me sembra che i più strani siano proprio tutti loro. Comunque torniamo al dito. A questo punto Amedeo, ripresosi dallo spavento per la temuta aggressione, ma terrorizzato dal macabro reperto (e ancor più sulle ripercussioni negative sul suo ristorante, tanto che mi vietò di chiamare la polizia!), mi ordinò di andare alla ricerca del legittimo proprietario del dito, che non doveva essere molto lontano da quel piatto.  Iniziai le mie ricerche, cercando di non dare nell'occhio, ma naturalmente quell'impicciona di Agata aveva notato i miei movimenti e stava mettendo tutti sul chi vive a furia di sms.  Poveretta, si credeva affascinante, irresistibile, fatale, ma, come mi aveva insegnato mia madre, le vere signore si riconoscono per la discrezione e una naturale gentilezza d'animo, qualità sconosciute alla nostra pettegola cassiera. A quel punto, comunque, mi restava solo la stanza del congelatore e lì mi diressi, con lo stomaco chiuso all'idea di quello che avrei potuto trovare.  Accesi la luce, mi guardai intorno, tutto sembrava in perfetto ordine, sospirai di sollievo e, giusto per abitudine aprii la porta del congelatore, due occhi mi fissavano, occhi sbarrati, vitrei, senza vita, gli occhi di Paolo. La bocca aperta, come alla ricerca di una boccata d'aria, l'ultima. I suoi resti non erano neppure completi, l'assassino non si era limitato al dito, probabilmente stava cercando di eliminare il cadavere, pezzo per pezzo. Vomitai. Mi sembrava di essere stato catapultato in uno dei miei Manga preferiti, ma questo non era un fumetto, questa macabra violenza non era il frutto della fantasia di un disegnatore. Mi ricomposi e andai alla ricerca di Amedeo.

Ormai il proprietario del dito era stato individuato. Paolo non era affatto a quello stage di Alta Pasticceria a Salisburgo, dove lo credevamo tutti: il poveretto, anzi alcuni suoi pezzi, erano stati ritrovati proprio nel congelatore. Da quel momento l'atmosfera del ristorante divenne sempre più pesante. Anche prima, quello che dall'esterno sembrava essere un gruppo affiatato di persone amiche, accomunate dallo stesso interesse, nascondeva invidie, gelosie, ripicche, tradimenti, ma ora, la tragedia che si era abbattuta su di noi, invece di unirci, aveva dilatato i nostri sentimenti più negativi. L'apoteosi si raggiunse quando incominciarono le accuse dirette: prima venne incolpata Noemi. In fondo la rivalità tra lei e Paolo era sempre stata sotto gli occhi di tutti, ad un certo punto molti pensarono che fossi stato io, in preda a qualche oscuro raptus. E, se non fosse che il povero Paolo era morto davvero ed io sapevo di non averlo ucciso, avrei trovato la cosa anche divertente. Tutti avevano visto la mia collezione di Katana e, visto che il corpo era stato in parte sezionato, una bella spada giapponese avrebbe potuto essere utile! D'altronde l'assassino di Paolo doveva per forza essere uno di noi, già, ma chi? La sua espressione e la bava rappresa ad un angolo della bocca mi avevano fatto subito pensare che fosse stato avvelenato, ma chi avrebbe potuto procurarsi del veleno? La situazione precipitò ulteriormente quando venne ritrovato anche il cadavere di Daniele. Sono certo che, per un attimo, tutti sperarono che il colpevole fosse davvero un barbone alla disperata ricerca di soldi, ma quella ricostruzione non reggeva. Il barbone era una figura nota del lungolago, un poveraccio pacifico, che non aveva mai fatto del male a nessuno. E poi si trattava di un uomo non più giovane, le gambe malferme e le mani tremanti, a causa della lunga frequentazione con la bottiglia, come avrebbe potuto sopraffare un giovane atletico e in perfetta forma fisica come Daniele? E ancora due morti che lavoravano insieme, impossibile non collegare i due omicidi.  Le due morti dovevano avere un qualche legame...andava oltre ogni probabilità il fatto che due persone che lavorano nello stesso posto fossero trovate morte in poco tempo!

Ormai, ci scambiavamo solo occhiate sfuggenti, di sospetto e paura, la fiducia reciproca era scomparsa. Tutti dubitavano di tutti. In fondo alcuni fatti (e possibili moventi) erano noti a tutti: prendiamo la relazione tra Marta e Daniele, Amedeo, devastato dal tradimento della moglie, avrebbe potuto aver ucciso il rivale, oppure la stessa Marta avrebbe potuto perdere la testa ed uccidere per gelosia il suo amante sorpreso con un'ennesima donna. Il veleno, però, non me lo vedo in un omicidio passionale...  Daniele aveva anche il vizio del gioco e Marta gli aveva già allungato delle belle somme, ma i debiti erano sempre troppi. E se lui, disperato, avesse tentato di ricattare qualcuno?  ma chi? e perché? Già, ma se avesse tentato di ricattare proprio l'assassino di Paolo che, vistosi scoperto, invece di pagare aveva preferito eliminarlo? Paolo, Paolo, la chiave del mistero era la sua morte. Chi avrebbe avuto vantaggi dalla sua morte?

 

 
 
 
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