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50 ANNI DI PENSIONE

Post n°13 pubblicato il 18 Agosto 2012 da mluccis
Foto di mluccis

Pensate che si possa stare in pensione in buona salute per interi 50 anni? La maggior parte di voi risponderà di no.

 

Chiunque, invece, voglia fare due conti scoprirà che con il vecchio sistema delle baby pensioni e dei riscatti del corso di laurea (quasi gratis) e del servizio militare (gratis), sono ancora tantissimi oggi i lavoratori andati in pensione giovanissimi, dopo pochissimi anni di servizio effettivo e avendo addossato alle generazioni successive l’onere di versare i contributi per le pensioni che riscuotono.

 

Fermandoci al lavoro pubblico per il quale vigeva il periodo minimo di 19 anni, 6 mesi e 1 giorno (14 anni, 6 mesi e 1 giorno per le donne sposate) per godere del diritto alla pensione, la possibilità di andare in pensione ad appena 38 o 39 anni (33 o 34 le donne con figli) e con appena 14 o 15 anni di servizio (6 o 7 per le donne con figli e insegnanti di scuola pubblica), era un fatto ben conosciuto e sopportato senza nemmeno troppa meraviglia.

 

Ciò significava che, con un’aspettativa di vita media collocata a 84,3 anni per le donne e 79,1 per gli uomini, (fonte Libro bianco sulla salute della donna presentato da O.N.D.A - Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna, dati 2010), una signora che fosse stata dipendente pubblica avrebbe potuto godere della pensione per quasi 50 anni (49 anni e 9 mesi). Al suo collega maschio il beneficio era ridotto comunque a più di 40 anni (41 anni e 7 mesi se avesse riscattato un corso di laurea di 5 anni e un anno di servizio militare).

 

Sia chiaro, non punto l’indice contro i baby pensionati e/o contro la classe dirigente, politica e sindacale, a cui si deve una situazione del genere. Ragiono soltanto su una proposta che recuperi gettito senza tasse in più. E sono in linea con l’esortazione che il 13 agosto il presidente Napolitano ha rivolto a Monti: va bene tagli, ma con equità.

Lo faccio anche perché impressionato dai costi che sopportiamo per le baby pensioni: secondo Confartigianato le 531.752 pensioni di vecchiaia e di anzianità concesse a lavoratori pubblici e privati che sono andati in pensione con meno di 50 anni di età, costano 163,5 miliardi, cioè 6.630 euro per ciascuno dei 24.658.000 italiani occupati.

 

La proposta, che copia il modello dei contributi di solidarietà sui redditi più alti dei dirigenti della pubblica amministrazione, è questa.

 

Non toccheremo i baby pensionati che non godano di altri redditi. Ma sul reddito di quelli che alla baby pensione ne assommino altri superiori a quello di pensione, sia applicato un contributo di solidarietà per finanziare il costo dell’assicurazione sociale per l’impiego introdotta dalla riforma del lavoro per sostituire i vecchi ammortizzatori sociali. E magari anche il costo della pensione ai c.d. esodati.

 

Ai tecnici il compito di graduare le aliquote di questo contributo di solidarietà in rapporto all’entità del reddito diverso da quello derivante dalla baby pensione: più alto è il primo rispetto al secondo, più si chieda di contribuire.

 

Ho la presunzione di pensare che oltre che equo e utile, un sistema di questo genere sia anche applicabile senza costi aggiuntivi per la macchina statale: diamo ai baby pensionati il compito di calcolare il dovuto e versarlo all’erario con l’F24 in uno con la dichiarazione dei redditi annuale.

 

Sarebbe anche una maniera di riconciliare due generazioni che di questi tempi si guardano in cagnesco, quella dei beneficiati e quella che vive l’attuale drammatica prospettiva del peggio.

 

Michele Luccisano

Ferragosto 2012

Ranica

 

 
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